Oggi voglio parlarvi di un tema spinoso: il danneggiamento della reputazione online aziendale tramite i social media, con la sovrapposizione di identità e senza attacchi hacker o furti di credenziali. Ovviamente mi pongo dalla parte peggiore delle conseguenze possibili, perché ogni buon imprenditore sa che è bene lavorare per il meglio ma prepararsi per peggio.
Sappiamo ormai tutti che le nostre aziende non possono non essere presenti sui social media, ovviamente per ogni attività ci sono le piattaforme più adatte, ma la strategia di essere su più social contemporaneamente forse è quella migliore, perché dalle ultime statistiche pare che ogni persona utilizzi attivamente da 5 a 8 luoghi di socializzazione digitale contemporaneamente, dividendo il tempo in base al suo preferito.
Social zombing: cos’è e come mette KO i nostri profili social (anche aziendali)
Cosa succede quindi se è in corso una sovrapposizione e soprattutto come avviene?
Non è raro imbattersi in personaggi famosi che pubblicano post di dubbia utilità o sconvenienti, ma spesso, seppur identici agli originali, gli account in questione sono dei cloni, che purtroppo è semplicissimo fare. Ne abbiamo già parlato nell’ambito del Social Zombing e questa è una delle strategie per zombificare la presenza online di una persona o una azienda.
Come avviene la sovrapposizione di identità
Avviene questo: qualcuno prende tutti i nostri contenuti, crea una nuova pagina, crea un nuovo profilo e inizia col tempo a pubblicare esattamente quello che pubblichiamo noi. Contemporaneamente cerca di diffondere la pagina o l’account, andando a interagire e a commentare post dei nostri follower, dei nostri clienti e dei nostri utenti. Essendo la lista dei follower spesso in chiaro, i nomi dei like dei commenti pubblici, è facilissimo fare questa operazione seppur impegnando diverso tempo, ma questo tipo di attacchi alla reputazione avviene sempre in un medio/lungo periodo.
È forse ancora peggio quando qualcuno mette in atto una sovrapposizione a una persona importante dell’azienda: il CEO, l’amministratore delegato o un manager in una posizione strategica che gestisce parti importanti delle attività perché diviene comunque una sovrapposizione correlata all’identità aziendale.
Perché viene fatto questo? Le motivazioni sono davvero molte e disparate, ma la reputazione aziendale è il “bene” che viene attaccato più spesso. Amo dire che la presenza online, la reputazione e l’identità digitali sono asset fondamentali da difendere e da tenere in altissima considerazione. Così come investiamo nella flotta di mezzi, in risorse umane e in macchinari, così dobbiamo fare con questi valori non tangibili.
Sappiamo bene quanto sia difficile costruire la propria reputazione, quanto tempo serva per costruirsi una credibilità elevata, ma è inversamente proporzionale al tempo che occorre per distruggerla; questo può avvenire in pochissimo tempo, anche se la sovrapposizione è una operazione lunga a un certo punto esplode l’attacco e così si può sgretolare tutto il nostro asset non tangibile.
Attacco alla credibilità tramite cloni online dei manager
Immaginiamo ora il profilo LinkedIn di un amministratore delegato, magari di una piccola azienda, che ha fra le sue amicizie il direttore di banca, qualche fornitore, alcuni clienti. Ora immaginiamo che pian piano venga costruito un secondo account fasullo, che inizialmente parla, scrive, pubblica come quello reale. Ma ad un certo punto contatta le persone più importanti del nostro network, inizia a postare messaggi di lamentele sul lavoro che non ingrana, sui problemi economici, su un bilancio insoddisfacente, su clienti che non pagano le fatture o addirittura a lamentarsi di diversi clienti platealmente.
Pensiamo ora al direttore di banca che ci legge pensando sia il profilo vero, di sicuro andrà in allarme, soprattutto se abbiamo una linea di credito attiva, magari invece di chiamarci contatta i suoi superiori per riportare la cosa; questo potrebbe far iniziare addirittura dei problemi finanziari o comunque far crollare la fiducia in noi e nella nostra azienda.
Se d’altro canto la sovrapposizione avviene direttamente sui profili aziendali, con pagine che per mesi si comportano come l’originale e ingranano a livello di numeri raccogliendo migliaia di follower, comprandone qualcuno fake per sembrare più affidabili agli occhi degli utenti, la cosa si fa pericolosa: quando sarà sferrato l’attacco, la falsa identità inizierà a drenare clienti verso un concorrente, raccontare falsità su altre aziende, operando calunnie verso terzi, magari per drenare visite verso un ecommerce identico al nostro, ma falso. Quest’ultimo potrebbe essere un attacco solo per vendere i propri prodotti, ma alla peggio potrebbero essere perpetrate truffe con false vendite.
A questo punto i nostri clienti, che si sono fidati della falsa identità perché sovrapposta alla nostra, vengono truffati e passano alle azioni legali, alle lamentele sui social media, alle segnalazioni su grossi gruppi Facebook. Purtroppo, i giornali sono sempre alla ricerca di facili scoop e li cercano proprio sui social sperando di scoprire qualche magagna di marchi famosi e non. Così capita che si finisce prima sulle pagine dei giornali che in tribunale. Hai voglia poi di far partire la gestione della crisi, i comunicati stampa, le smentite… insomma se esplode lo shitstorm ne saremo investiti in modo spesso pesantissimo.
Come difenderci dalla sovrapposizione di identità aziendale online?
Monitoraggio e ascolto dei clienti sono alla base. Dobbiamo prestare attenzione ad ogni segnalazione, email, telefonata o tag che parli di noi e dei nostri prodotti, a maggior ragione se negativa. Mai prendere sottogamba una comunicazione di possibile truffa o consegna saltata. Dietro a ogni segnalazione ci potrebbe essere una attività di sovrapposizione e se tenute in giusta considerazione, ci aiuteranno a scovarla. Importante anche cercarci spesso sui motori di ricerca e sui social media, noi, i nostri collaboratori più importanti e la nostra azienda. Anche usare attivamente i social media è importante, controllando spesso i commenti per verificare se qualche pubblicazione ha il nostro nome ma non la abbiamo fatta noi. Ma è fondamentale tenere sempre le orecchie dritte e tenere aperti i canali di comunicazione con i nostri clienti, fornitori e stakeholders.
Concludendo, e mi scuserete se sono stato troppo dalla parte dei cattivi nell’illustrarvi questa tecnica di attacco alla reputazione, il detto “a pensar male si fa peccato, ma…” è più che mai attuale, soprattutto sui canali digitali. Quindi occhi aperti, motori di ricerca sempre accesi e tool di monitoraggio ben impostati!
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