Bambini e Web

Stop ai “baby influencer”: la proposta di legge italiana



Indirizzo copiato

Lavinia Mennuni (Fratelli d’Italia) e Marianna Madia (Partito Democratico) propongono una legge per tutelare i minori nell’uso del web e dei social. La proposta, nata dall’inquietudine per l’uso eccessivo di strumenti digitali da parte dei minori, regola la verifica dell’età e l’impiego di baby influencer e si inserisce in un clima internazionale, americano, di stretta…

Pubblicato il 6 giu 2024

Antonino Mallamaci

avvocato, Co.re.com. Calabria



social minori bambini azione

Nei giorni in cui si vedono gli effetti deleteri dell’irrompere di internet presso una tribù isolata dell’Amazzonia (artefice Elon Musk), in Italia si registra un fatto insolito, nel clima politico reso ancor più incandescente dalla campagna elettorale in corso. Il 13 maggio scorso Lavinia Mennuni, di Fratelli d’Italia, e Marianna Madia, del Partito democratico hanno presentato, insieme, una proposta di legge per “la tutela dei bambini e degli adolescenti nell’utilizzo degli strumenti digitali”.

Una proposta che rientra in un più ampio clima internazionale – statunitense soprattutto – di stretta giuridica nei confronti del rapporto tra teen e social.

Lae preoccupazioni alla base della proposta di legge italiana

La convergenza di parlamentari appartenenti a due partiti decisamente contrapposti è il sintomo più evidente del clima di estrema inquietudine che si respira intorno al tema dell’utilizzo (eccessivo, incontrollato) del web e delle piattaforme social da parte dei minori. L’iniziativa arriva dopo una serie di studi e di indagini sul campo che, in Italia e nel mondo, hanno acclarato che ormai non vi possono essere dubbi sulla correlazione tra disturbi psichici, aumento della suicidarietà, comportamenti anomali di bambini e adolescenti, da un lato, e uso smodato degli smartphone (soprattutto), dall’altro.

Le premesse al provvedimento motivano la necessità dell’intervento normativo partendo dalla pandemia, che ha accelerato l’ingresso di milioni di bambini e adolescenti nel mondo digitale. Opportunità “preziosa e da promuovere”, ma che “presta inevitabilmente il fianco all’aggravarsi di alcune tendenze preoccupanti”. Si fa quindi riferimento ai rischi per i bambini, le cui immagini, attività, tempo e dati personali “vengono utilizzati nell’ambito di operazioni commerciali a fronte del riconoscimento di compensi di natura economica, talvolta anche rilevanti”.

Baby influencer e sfruttamento commerciale dei dati dei minori: servono regole

Si fa riferimento anche ai cosiddetti baby influencer, bambini piccolissimi che prestano la propria immagine per promuovere prodotti e servizi attraverso le grandi piattaforme di condivisione video e di social network. E poi, nel gaming on line – i videogiochi in rete – alla “tendenza a remunerare gli utenti in proporzione al tempo trascorso a giocare o a premiarli per i risultati ottenuti”. Segue il paragone con “l’impiego dei bambini nel mondo dello spettacolo e della pubblicità” regolamentato dalla legge (ci si riferisce all’art. 4 della legge 977/67, mentre le sanzioni sono inserite all’art. 26) nonostante il minor tempo impiegato rispetto a quello sul web.

Infatti, per utilizzare i bambini nella pubblicità e nello spettacolo è necessaria un’autorizzazione rilasciata dalle autorità preposte su istanza dei genitori, “la quale è limitata a intervalli di tempo predeterminati e deve avvenire in presenza di una serie di condizioni idonee a garantire uno sviluppo sostenibile del bambino”. La proposta, perciò, prevede innanzitutto di applicare le stesse regole all’impiego dei bambini nelle attività digitali. Ancora nelle premesse si rammentano

Il provvedimento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato n. 27432 del 29 novembre 2018 (confermato con sentenze del TAR del Lazio del 2020 e del Consiglio di Stato del 2021) con il quale “è stato intimato a Facebook di non promuovere i propri servizi come gratuiti, dal momento che la loro fornitura avverrebbe come corrispettivo dello sfruttamento commerciale dei dati personali degli utenti”. È ciò che avviene, ovviamente, anche per i minori, nonostante specialmente i bambini “non siano in grado di apprezzare il valore giuridico-economico di un diritto personalissimo come la protezione dei propri dati personali”.

Se già per questo scambio dati-servizi, che consente alle big tech di spacciare per gratuiti i servizi resi, sono emersi forti dubbi di legittimità quando ad essere coinvolti sono i maggiorenni, “a maggior ragione, esso dovrebbe essere vietato quando avviene tra minori e fornitori di servizi digitali”.

Verifica dell’età e protezione dei dati personali: le sfide tecniche

Tuttavia, “manca una disposizione che espressamente escluda la capacità giuridica del minorenne in relazione a questo tipo di contratti”. Anche perché Internet è stato concepito, progettato e implementato per gli adulti, ma “la maggior parte delle piattaforme è frequentata da minori che non hanno l’età minima richiesta” perché per l’iscrizione è, nella stragrande parte dei casi, sufficiente una dichiarazione dell’utente, cosicché è molto semplice per i minorenni saltare l’ostacolo.

E qui troviamo un passaggio che ricalca esattamente quanto sostenuto da tantissimi esperti in tutto il mondo, e anche da molti politici negli USA: “Si tratta di prendere atto che, esattamente come avviene per una serie di attività del mondo analogico, quali la guida, l’alcol, il fumo, il lavoro eccetera, anche nella dimensione digitale è naturale prevedere un’età minima con l’obbligo per i fornitori di verificare in maniera affidabile che i loro utenti abbiano l’età minima richiesta”. Uno dei punti critici risiede quindi nelle procedure per la verifica dell’età (age verification), per la quale è indispensabile individuare modalità di tutela della privacy, evitando che i soggetti che la mettono in atto entrino in possesso dei dati degli utenti.

L’articolato della proposta di legge Agcom

Per questo problema specifico accenniamo soltanto, in questa sede, alla consultazione avviata da Agcom con Delibera n. 61/24/CONS e dichiarata conclusa il 29 maggio sorso dal Consiglio dell’Autorità. Vediamo quindi l’articolato della proposta di legge. Innanzitutto, essa si applicherà a tutti i fornitori di servizi della società dell’informazione che forniscono i loro servizi in Italia a prescindere dal luogo di stabilimento.

L’Art. 2 tratta l’obbligo di verifica dell’età degli utenti: fermo restando quanto previsto dall’articolo 42 del d.lgs. 208/2021 (TUSMA), in particolare dalla lettera f) del comma 7 (I fornitori di piattaforma per la condivisione di video sono in ogni caso tenuti a: f) predisporre sistemi per verificare, nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali, l’età degli utenti delle piattaforme di condivisione di video per quanto attiene ai contenuti che possono nuocere allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minori) l’AGCOM, entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge, provvede, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, a stabilire modalità tecniche e procedure per l’accertamento dell’età degli utenti. Obbligati sono i fornitori con un numero di accessi unici mensili superiore a quello che verrà stabilito dalla stessa Autorità.

L’art. 3 costituisce una norma di radicale cambiamento rispetto al passato: i contratti conclusi tra fornitori e minori infraquindicenni sono nulli e non possono costituire idonea base giuridica per il trattamento dei dati personali, a meno che il consenso sia stato validamente prestato, per conto dei minori medesimi, da chi esercita la responsabilità genitoriale o dal tutore. Ma sono gli stessi fornitori, nel quadro del principio di accountability, a dover provare che i contratti sono stati conclusi da ultraquindicenni o, nel caso di infraquindicenni da chi esercita la responsabilità genitoriale o dal tutore. Le violazioni, accertate da Agcom e/o Garante, sono quelle previste dal decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e dal regolamento (UE) 2016/679.

Altro tema quello dei proventi delle attività che coinvolgono i minori. Secondo l’art. 5, la diffusione dell’immagine di un minore di anni quindici attraverso un servizio di piattaforma on line è soggetta all’autorizzazione di chi esercita la responsabilità genitoriale o del tutore, nonché della DPL, direzione provinciale del lavoro (viene applicato l’articolo 4 della legge n. 977/67 sui minori nella pubblicità e nello spettacolo), quando la diffusione dei contenuti non è occasionale e produce, o è finalizzata a generare, proventi di importo complessivo superiore a 12.000 euro annui. Importante il ruolo riconosciuto alla DPL che, se autorizza, è chiamata a stabilire: tempi, durata massima, misure da adottare da parte di chi esercita la responsabilità genitoriale o dal tutore per limitare i rischi, in particolare psicologici; misure per consentire la frequenza della scuola obbligatoria.

Se l’attività del minore comporta un guadagno superiore ai 12.000 euro, le somme eccedenti vanno versate su un conto allo stesso intestato e non possono utilizzate da chi esercita la responsabilità genitoriale o dal tutore, salvo che per esclusive necessità del minore e previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria minorile.

I soggetti che chiedono l’inserimento su una piattaforma online a fini pubblicitari di un proprio prodotto o servizio regolamento (UE) 2022/2065, in cui il soggetto principale è un minore di anni quindici, hanno l’obbligo di verificare il rispetto delle predette norme. In caso di inosservanza degli obblighi elencati si applicano le sanzioni di cui all’articolo 26 della legge 977/1967.

L’art. 6, l’ultimo, obbliga i fornitori a inserire una funzionalità che consenta ai minori di mettersi in contatto immediato con il numero di emergenza per l’infanzia 114, provvedendo al finanziamento del servizio. Prima di concludere su questo tema, approfondiamo l’esame dell’art. 4 della legge 977 del 1967 (Tutela del lavoro dei bambini e degli adolescenti), la cui applicazione viene richiesta anche per i minori che operano sulle piattaforme. Nelle attività non industriali, i “fanciulli” (sic! È del 1967) di età non inferiore ai 14 anni compiuti possono essere occupati in lavori leggeri che siano compatibili con le particolari esigenze di tutela della salute e non comportino trasgressione dell’obbligo scolastico e sempreché non siano adibiti al lavoro durante la notte e nei giorni festivi. Altre prescrizioni per la partecipazione dei minori, di età inferiore ai 15 anni e fino al compimento dei 18, nella preparazione o rappresentazione di spettacoli o a riprese cinematografiche: autorizzazione della DPL, su previo assenso scritto del genitore o del tutore, subordinata all’esistenza di condizioni necessarie ad assicurare la salute fisica e la moralità del minore e l’osservanza dell’obbligo scolastico; non si deve trattare di lavoro pericoloso; non si deve protrarre oltre le ore 24; riposo successivo di almeno 14 ore consecutive.

Come abbiamo visto, si tratta di una proposta di legge di pochi articoli, che però introduce importanti novità, tra le quali quella dell’applicazione, anche in questo ambito, della legge del 1967 appena esposta.

Fondamentale anche la previsione della nullità, in certi casi, dei contratti tra i minori e i fornitori. Per l’implementazione della legge, quando sarà approvata, essenziale è il ruolo dell’Agcom, chiamata, d’altra parte già da norme previgenti, a mettere a punto un AVM (modello di verifica dell’età) per il quale sta già lavorando.

L’esperienza negli Stati Uniti: tra autoregolamentazione e interventi legislativi

Si diceva di un clima internazionale incline a una stretta.

New York

Lo Stato di New York prevede questa settimana di approvare una legge per vietare alle società di social media di utilizzare algoritmi per indirizzare i contenuti (quindi mediante feed automatizzati) ai bambini senza il consenso dei genitori (ricordiamo per le regole europee del Dsa non si può fare pubblicità targettizzata ai minori).

Il disegno di legge dovrebbe essere votato a breve e proibirebbe inoltre alle piattaforme di inviare notifiche ai minori nelle ore notturne senza il consenso dei genitori. Il governatore dello Stato ha affermato che la misura renderebbe i social media meno avvincenti e di conseguenza metterebbe un argine all’utilizzo massiccio da parte degli adolescenti, preda negli ultimi tempi di molti casi di malattie mentali. Le aziende del settore hanno sollevato dubbi sulla costituzionalità della legge, asserendo che l’alfabetizzazione mediatica avrebbe un impatto più immediato. I legislatori di New York sperano che il loro approccio passi l’esame giurisdizionale federale perché regola il modo in cui i feed vengono assemblati ma non limita alcun particolare tipo di contenuto. I minorenni potrebbero scegliere di seguire qualunque account, ma i feed verrebbero presentati in ordine cronologico.

Secondo NetChoice, (associazione rappresentativa di tante Big Tech) ciò violerebbe comunque il Primo Emendamento perché limiterebbe l’organizzazione dei contenuti e la libertà di parola ai cittadini di New York. I lobbisti delle aziende tecnologiche hanno ottenuto l’eliminazione dal testo della legge della possibilità per i genitori di citarle in giudizio in caso di infrazioni. Il procuratore generale dello Stato di New York, che ha esercitato pressioni a favore del disegno di legge, emanerà regolamenti sui metodi da utilizzare, da parte delle piattaforme, per determinare l’età degli utenti.

California

Il mese scorso, il Senato della California ha approvato quasi all’unanimità un disegno di legge simile a quello dello Stato di New York con un voto bipartisan. La stessa California nel 2022 ha promulgato una legge che impone ai produttori di app di social media di studiare prodotti e funzionalità a cui potrebbero accedere i minori e di mitigare qualsiasi potenziale danno prima di metterli a disposizione degli utenti. La legge sarebbe dovuta entrare in vigore a luglio, ma è stata sospesa in risposta a una causa intentata da NetChoice.

Colorado

In Colorado è in itinere un disegno di legge per limitare l’uso dei social media da parte dei bambini richiedendo, tra l’altro, una notifica pop-up che li informi quando hanno trascorso un’ora sulla piattaforma nelle 24 ore, o quando sono attivi tra le 22:00 e le 18:00. La notifica

includerebbe informazioni sull’impatto dei social media sulla loro salute mentale e fisica e si ripeterebbe almeno ogni 30 minuti dopo la quella iniziale. Tali notifiche, secondo la proposta, dovrebbero entrare in vigore dal 1° gennaio 2026.

Il governatore non si è ancora espresso sul disegno di legge; nella sua visione, la responsabilità è dei genitori, non del governo.

Così come per TechNet: l’associazione ritiene che, sebbene i bambini meritino un livello elevato di protezione online, dovrebbero essere le famiglie a regolare l’uso dei social media.

Ohio e Arkansas

Una legge dell’Ohio che ha il fine di regolare l’accesso dei bambini alle piattaforme di social media, è stata temporaneamente stoppata da un giudice per verificarne il rispetto del Primo Emendamento.

Per quanto concerne un altro Stato, l’Arkansas, un giudice federale ha bloccato temporaneamente una sua legge nella quale è prevista la verifica dell’età, caricando un documento di identità su un fornitore di terze parti incaricato dalla piattaforma, e il consenso dei genitori per gli account dei minorenni. L’ingiunzione preliminare è stata concessa su richiesta di NetChoice.

Nella sua sentenza, il giudice si è spinto a vaticinare che le argomentazioni delle big tech probabilmente avranno successo nel merito, mentre il procuratore generale dello Stato, affiancato dal governatore, non ha usato mezzi termini: “Le grandi aziende tecnologiche mettono a rischio la vita dei nostri figli”.

Connecticut e Texas

Altri stati, tra cui Connecticut e Texas, stanno prendendo in considerazione interventi per mitigare il problema, anche dopo che a maggio 2023 il chirurgo generale statunitense, la massima autorità federale per la sanità pubblica, aveva lanciato un avvertimento sui potenziali rischi dei social media per i giovani.

Florida

Concludiamo questa carrellata con la Florida, dove è stata approvata una legge che però entrerà in vigore il 1° gennaio 2025. Essa vieta ai minori di 14 anni di avere account sui social media, indipendentemente dal consenso dei genitori. I social media sono tenuti a chiudere gli account se ritengono che essi siano usati da minori di 14 anni e cancellare gli account, e tutte le informazioni in essi contenute, su richiesta dei genitori o dei minori.

La legge non nomina piattaforme specifiche, ma prende di mira i siti di social media che fanno affidamento su funzionalità come avvisi di notifica e video a riproduzione automatica che incoraggiano la visione compulsiva. NetChoice, l’associazione delle big tech, si mostra in questo caso preoccupata per la privacy degli utenti della Florida! La legge “costringe gli abitanti della Florida a consegnare informazioni personali sensibili ai siti Web o a perdere l’accesso a canali di informazione critici. Ciò viola il Primo Emendamento perché essi non possono condividere e accedere ai discorsi online.”

Le misure adottate dai social media

Alcune piattaforme di social media hanno già adottato misure per limitare i contenuti mostrati agli utenti giovani. Nella maggior parte dei siti, i bambini sotto i 13 anni sono protetti dalle leggi sulla raccolta dei dati, ma queste in genere non si applicano ai minori più grandi. L’età minima per molti servizi di social media deriva dal Children’s Online Privacy Protection Act, (Coppa) del 1998, che richiede alle piattaforme Internet di ottenere il permesso dei genitori prima di raccogliere informazioni personali sui bambini sotto i 13 anni.

Per concludere, la proposta di legge italiana e quelle analoghe in via di approvazione nel mondo non fanno che prendere atto che l’autoregolamentazione, i codici di condotta, la responsabilizzazione dei genitori, l’alfabetizzazione digitale, in questo settore non sono che pannicelli caldi, e che bisogna intervenire autoritativamente per evitare il disastro. In questo quadro, emerge l’incapacità delle istituzioni federali statunitensi di smarcarsi dal giogo delle grandi aziende tecnologiche per decidere di tagliare il dibattito infinito e passare ai fatti.

EU Stories - La coesione innova l'Italia

Tutti
Analisi
Video
Iniziative
Social
Programmazione europ
Fondi Europei: la spinta dietro ai Tecnopoli dell’Emilia-Romagna. L’esempio del Tecnopolo di Modena
Interventi
Riccardo Monaco e le politiche di coesione per il Sud
Iniziative
Implementare correttamente i costi standard, l'esperienza AdG
Finanziamenti
Decarbonizzazione, 4,8 miliardi di euro per progetti cleantech
Formazione
Le politiche di Coesione UE, un corso gratuito online per professionisti e giornalisti
Interviste
L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione dell’Emilia-Romagna
Interviste
La ricerca e l'innovazione in Campania: l'ecosistema digitale
Iniziative
Settimana europea delle regioni e città: un passo avanti verso la coesione
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
EuroPCom 2024: innovazione e strategia nella comunicazione pubblica europea
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia
Programmazione europ
Fondi Europei: la spinta dietro ai Tecnopoli dell’Emilia-Romagna. L’esempio del Tecnopolo di Modena
Interventi
Riccardo Monaco e le politiche di coesione per il Sud
Iniziative
Implementare correttamente i costi standard, l'esperienza AdG
Finanziamenti
Decarbonizzazione, 4,8 miliardi di euro per progetti cleantech
Formazione
Le politiche di Coesione UE, un corso gratuito online per professionisti e giornalisti
Interviste
L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione dell’Emilia-Romagna
Interviste
La ricerca e l'innovazione in Campania: l'ecosistema digitale
Iniziative
Settimana europea delle regioni e città: un passo avanti verso la coesione
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
EuroPCom 2024: innovazione e strategia nella comunicazione pubblica europea
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia

Articoli correlati

Articolo 1 di 3