Il nuovo provvedimento restrittivo sull’esportazione dei chip più sofisticati, emanato dall’amministrazione americana e diretto in particolare contro la Cina, ci introduce a una nuova escalation nello scenario conflittuale già molto netto tra le due superpotenze.
Con questa mossa l’amministrazione americana ha detto chiaro e forte a Xi Jinping, vecchio ma rinnovato padrone della Cina, che la via della supremazia tecnologica, uno dei suoi obiettivi strategici, è pavimentata di ostacoli[1].
L’opposizione interna alle restrizioni contro la Cina
L’obiettivo dichiarato dell’amministrazione è quello di impedire alla Cina l’accesso ai chip sofisticati che vengono utilizzati nell’intelligenza artificiale.
Ai primi annunci di settembre l’opposizione interna all’intervento del governo aveva argomentato le proprie obiezioni:
- le aziende cinesi non possono competere nel progetto dei chip avanzati con Nvidia e AMD neppure nel mercato cinese;
- le aziende cinesi non possono raggiungere Nvidia e AMD nelle prestazioni perché non hanno abbastanza clienti per poter raggiungere economie di scale ed effetti di rete;
- i nuovi controlli all’export delle aziende americane verso la Cina devierà la spesa sulle aziende cinesi che avranno perciò la strada aperta per crescere e raggiungere economie di scala oggi inarrivabili;
- nel breve periodo i provvedimenti restrittivi avranno l’effetto voluto di mettere in difficoltà le aziende cinesi che offrono servizi di data center di intelligenza artificiale;
- tuttavia, bloccando la vendita dei chip più avanzati progettati negli Stati Uniti l’effetto a lungo termine per la Cina sarà positivo poiché rafforzerà l’ecosistema cinese di progettazione[2].
L’impatto dei provvedimenti restrittivi
L’associazione delle aziende cinesi del settore (CSIA) ha protestato auspicando che il governo americano ritorni ai sistemi di negoziazione internazionale guidati dal World Semiconductor Council[3].
Nel complesso, considerando sia il lato americano sia quello cinese, i provvedimenti restrittivi sui chip sembrano avere un certo impatto.
Prendiamo Nvidia, compagnia che progetta e produce processori avanzati per l’intelligenza artificiale, i videogiochi, la crittografia e decrittazione tra cui quella legata alle cryptocurrencies. I risultati a valle del secondo trimestre 2022 ad agosto denunciavano una tenuta del fatturato ottenuta grazie ad un contrazione fortissima dei margini, ma le previsioni per il terzo trimestre sono ancora pessimistiche: rallentano gli investimenti nei data center, per il crollo della domanda in Cina, in parte compensato dalla crescita negli Stati Uniti, per la crisi delle criptovalute e il rallentamento del mining delle valute cyber, per il rallentamento della domanda di videogiochi dovuto alle aspettative pessimistiche delle famiglie, strette tra disoccupazione e inflazione[4].
L’impatto di queste circostanze avverse è una ulteriore riduzione delle quotazioni, dopo due contrazioni drammatiche verificatesi nel gennaio e nell’aprile di quest’anno.
Figura 1. Quotazioni di Nvidia negli ultimi dodici mesi
Come si vede dal grafico, i problemi di NVIDIA non sono stati creati dal recente provvedimento dell’amministrazione, che è stato preannunciato il primo settembre: quei provvedimenti hanno aggravato una tendenza negativa che era già in atto da una decina di mesi. L’opposizione ai provvedimenti del governo, guidata dalle due aziende più esposte sul mercato cinese, come NVIDIA e AMD ha visto invece altre aziende, come Intel, meno esposte su questo fronte. Anzi, dalle parole dell’amministrato delegato Pat Gelsinger, sembra che Intel apprezzi l’intervento governativo, condividendone gli obiettivi relativi alla sicurezza nazionale: “Il provvedimento è inevitabile…per gli equilibri geopolitici dei prossimi anni… e noi dobbiamo ribilanciare la supply chain, che oggi è molto squilibrata”[5]. Ricordiamoci che Intel è tra i più entusiastici sostenitori dei chips act sia nella versione americana, sia in quella europea.
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Tecnologie e geopolitica
Già le scelte dell’amministrazione Trump contro Huawei e per il blocco dell’export della società olandese ASML, che produce le più avanzate macchine (EUV) per la litografia dei chip di minori dimensioni, avevano rallentato lo sviluppo da parte cinese dei propri semiconduttori rendendolo molto costoso[6].
Ma la pressione sull’amministrazione viene anche dall’opinione pubblica, che sta scoprendo gli aspetti più efferati del progetto di controllo globale di Xi Jinping, non solo per le immagini sulla gestione attuale della pandemia, ma anche per quelle assai meno note e propagandate sulla repressione degli Uiguri.
IPVM è una piccola azienda fondata da John Honovich, transfuga da aziende di sorveglianza dove, secondo le sue parole: “inganno e menzogne erano pane quotidiano”. Il suo sito all’inizio aggregava informazioni e notizie sull’industria della sorveglianza e della sicurezza, un settore che fa il suo marketing sulle paure della gente.
IPVM ha scoperto molte inaffidabilità delle app diffuse durante la pandemia, come quella che rilevava la presenza di febbre solo se toglievi gli occhiali. Altre inefficienze sono state diagnosticate da IPVM negli strumenti di rilevazione automatica delle armi nascoste, un business che trova sempre nuovi rilanci ad ogni episodio di esplosione di violenza. “Il nostro target non era la China, ma la Silicon Valley…ma l’industria cinese che si è affacciata nel mercato americano era molto più imponente di quanto avessimo pensato” ha dichiarato recentemente Honovich[7].
È così che IPVM ha incontrato il disegno di Xi Jinping di creare le infrastrutture e le app per la sorveglianza totale, con le più avanzate tecnologie di intelligenza artificiale e di riconoscimento facciale, per poter – (a partire dall’esperienza dello 0 covid) garantite a chi non si oppone al governo[8]. Le indagini di IPVM hanno contribuito a svelare gli abusi commessi dalla sorveglianza e dal riconoscimento facciale nel Xinjiang, contro la minoranza uigura, per poi destinare i cittadini sospetti di infedeltà al governo ai centri di rieducazione (vedi figura 2).
Figura 2. Sviluppo del centro di detenzione di Dabancheng a Uruimqi nel Xinjiang[9]
Se smart city e sorveglianza globale camminano a braccetto
Oggi la Cina ha installato mezzo miliardo di videocamere controllate dalla pubblica amministrazione, con la rilevazione di una quantità di dati che nei prossimi anni verrà archiviata e analizzata con strumenti di machine learning e intelligenza artificiale. Questi investimenti sono contemporaneamente parte degli sviluppi della smart city e parte del grande progetto di sorveglianza globale, legati indissolubilmente insieme.
“Gravi violazioni dei diritti umani sono state commesse in Xinjiang nel contesto dell’applicazione da parte del governo di strategie antiterrorismo e contro l’”estremismo”. L’attuazione di queste strategie e le politiche associate hanno portato a modalità di restrizioni severe e indebite su un’ampia gamma di diritti umani. Queste modalità di restrizione sono caratterizzate da una componente discriminatoria, come spesso gli atti soggiacenti possono influenzare direttamente o indirettamente gli uiguri e altre comunità a maggioranza musulmana.” Sono la parole conclusive dell’indagine delle Nazioni Unite sui diritti umani in Xinjiang, mentre tra le raccomandazioni, spicca, ai fini della nostra discussione, quella relativa ai diritti umani: “i cui rischi di violazione debbono essere autonomamente valutati nei confronti delle aziende della sorveglianza e della sicurezza, verificando se prodotti e servizi possano avere impatto negativo sui diritti umani come la privacy, la libertà di movimento e il rispetto della non-discriminazione”[10].
Conclusioni
Oggi, l’amministrazione Biden ha mosso passi decisi per rallentare in modo significativo il progresso tecnologico cinese nel campo dei semiconduttori, per motivi geopolitici di ampio respiro[11].
La guerra economica in risposta all’invasione russa dell’Ucraina e i rischi di dover difendere prima o poi Taiwan da una invasione cinese, spingono avanti il programma di “decoupling”, ossia di rottura del legame sinergico tra economie occidentali ed economia cinese che ha permesso alla Cina di compiere passi giganteschi sia in termini quantitativi che qualitativi, soprattutto nell’intelligenza artificiale, l’area dove gli Stati Uniti si sentono il fiato sul collo delle aziende cinesi.
Il decoupling punta ad un risultato di breve termine, ma importante nell’orizzonte creato dal rinnovo del mandato assoluto a Xi Jinping, poiché tutti gli analisti ben sanno che a lungo termine la supremazia non sarà affidata alle restrizioni commerciali[12].
Note
- ) Michael Schuman, Why Biden’s Block on Chips to China Is a Big Deal, The Atlantic, october 25, 2022. ↑
- ) Gregory Allen, Choking Off China’s Access to the Future of AI, Center for Strategic & International Studies, October 2022. ↑
- ) China’s chip association urges US to rectify its wrongdoings,disruptive and discriminate policies, Global Times, October 13, 2022. ↑
- ) Neil Rozenbaum, Nvidia Investors Should Embrace a Drop in the Stock Price, The Motley Fool, August 25, 2022. ↑
- ) Tim Higgins, Asa Fitch, Intel CEO Calls New U.S.Restrictions on Chip Exports to China Inevitable, The Wall Street Journal, October 24, 2022. ↑
- ) Tim De Chant, Biden’s new restrictions on exporting semiconductor tools hit China where it hurts, TechCrunch, October 18, 2022. ↑
- ) Timothy McLaughlin, The Tech Site That Took On China’s Survellance State, The Atlantic, September 29, 2022. ↑
- ) Charles Rollet, WSI Reporters On How China Built The World’s Biggest Surveillance State, IPVM, September 5, 2022. ↑
- ) United Nations – Human Rights, OHCHR Assessment of human rights concerns in the Xinjiang Uyghur Autonomous Region, People, People’s Republic of China, 31 August, 2022. ↑
- ) Ivi. ↑
- ) Ana Swanson, Edward Wong, With New Crackdown, Biden Wages Global Campaignb on Chinese Technology, The New York Times,October 13, 2022. ↑
- ) Jon Bateman, U.S.-China Technological “Decopupling”: A Strategy and Policy Framework, Carnegie Endowment for International Peace, Carnegie Endowment for International Peace, April 25, 2022. ↑