Il legislatore italiano continua a sorprendere. Il 22 dicembre 2017 è stata approvata definitivamente dal Senato, in Commissione Lavori Pubblici e Comunicazioni in sede deliberante, una legge che – pur motivata dal generale e condivisibile risentimento nei confronti delle molestie telefoniche per fini di marketing “selvaggio” – rischia di affossare il marketing diretto italiano, non solo in ambito commerciale ma anche per il non profit e le raccolte fondi. L’evoluzione normativa nazionale è preoccupante, agli occhi dell’interprete esperto di questi temi, per il probabile contrasto di queste disposizioni con la disciplina europea sul trattamento dei dati personali (e sulla loro libera circolazione), ma, ancor prima e maggiormente, per la plateale disarmonia tra le disposizioni di legge nazionali in materia che dovrebbero essere oggetto di riordino in base alla delega contenuta nella legge n. 163/2017.
Di seguito, alcuni commenti “a caldo” – per comodità posti direttamente sotto ai singoli commi presi in esame – sulla legge anti-telemarketing appena approvata in Parlamento e ancora non pubblicata in Gazzetta Ufficiale alla data del 23 dicembre 2017.
Nuove disposizioni in materia di iscrizione e funzionamento del registro delle opposizioni e istituzione di un prefisso unico nazionale per le chiamate telefoniche a scopo promozionale e di ricerche di mercato
Art. 1
- Ai fini della presente legge si applicano le definizioni di cui all’articolo 4 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all’articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 178.
Se ne riportano alcune, tra le più rilevanti:
“interessato”, la persona fisica cui si riferiscono i dati personali;
“titolare”, la persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente, associazione od organismo cui competono, anche unitamente ad altro titolare, le decisioni in ordine alle finalità, alle modalità del trattamento di dati personali e agli strumenti utilizzati, ivi compreso il profilo della sicurezza;
“utente”, qualsiasi persona fisica che utilizza un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico, per motivi privati o commerciali, senza esservi necessariamente abbonata;
“abbonato”, qualunque persona fisica, persona giuridica, ente o associazione parte di un contratto con un fornitore di servizi telefonici accessibili al pubblico per la fornitura di tali servizi, o destinatario di tali servizi anche tramite schede prepagate, la cui numerazione sia comunque inserita negli elenchi di cui all’articolo 129 del Codice;
“operatore”, qualunque soggetto, persona fisica o giuridica, che, in qualita’ di titolare ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettera f), del Codice, intenda effettuare il trattamento dei dati di cui all’articolo 129, comma 1, del Codice, per fini di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale, mediante l’impiego del telefono.
- Possono iscriversi, a seguito di loro specifica richiesta, anche contemporaneamente per tutte le utenze telefoniche, fisse e mobili, loro intestate, anche per via telematica o telefonica, al registro pubblico delle opposizioni istituito ai sensi del comma 1 dell’articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 178 del 2010, tutti gli interessati che vogliano opporsi al trattamento delle proprie numerazioni telefoniche effettuato mediante operatore con l’impiego del telefono per fini di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta, ovvero per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale.
Se ne deduce che, essendo un interessato (secondo le definizioni richiamate dal comma 1) solo una persona fisica e dovendosi riferire l’adempimento alle utenze di cui tale persona fisica sia intestataria, questa nuova disciplina non riguardi le utenze intestate a persone giuridiche e ad altri soggetti diversi dalle persone fisiche.
- Nel registro di cui al comma 2 sono comunque inserite anche le numerazioni fisse non pubblicate negli elenchi di abbonati di cui all’articolo 2, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 178 del 2010, che gli operatori sono tenuti a fornire al gestore del registro con la stessa periodicità di aggiornamento prevista per la base di dati unica.
Significa che nel registro delle opposizioni sono inserite, d’ufficio, anche tutte le numerazioni non ancora pubblicate sugli elenchi telefonici. Come noto, non tutti i numeri sono pubblicati sugli elenchi di abbonati (ex art. 129 D, Lgs. 196/2003, di seguito anche solo Codice Privacy) ma unicamente quelli di chi ne faccia richiesta. E, fino ad oggi, solo i numeri di chi era pubblicato sugli elenchi potevano essere iscritti nel registro delle opposizioni.
Dal giorno successivo alla pubblicazione della presente legge, invece, tutti i numeri intestati a persone fisiche saranno iscritti al registro delle opposizioni (sia pubblicati sia non pubblicati sugli elenchi) ad eccezione di quelli pubblicati sugli elenchi per i quali non sia stata esercitata l’iscrizione in registro delle opposizioni. Essere iscritti comporta non essere contattabili per telemarketing (telefonico con operatore) salvo preferenze specifiche sul singolo titolare/operatore espresse dall’interessato a norma dei successivi commi 4, 5 secondo periodo, e 6 della presente legge.
- Gli interessati iscritti al registro di cui al comma 2, le cui numerazioni siano o meno riportate negli elenchi di abbonati di cui all’articolo 2, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 178 del 2010, possono revocare, anche per periodi di tempo definiti, la propria opposizione nei confronti di uno o più soggetti di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), del medesimo regolamento, in qualunque momento, anche per via telematica o telefonica.
Si desume che il registro, oggi gestito dalla Fondazione Ugo Bordoni, dovrà prevedere campi di eccezione, variabili, nei quali l’interessato potrà indicare singoli titolari del trattamento nei confronti dei quali non varrà l’opposizione alla ricezione di contatti telefonici per fini di marketing. Da valutare se e come tale disposizione sia da attuare immediatamente anche prima e in attesa del DPR di cui al successivo comma 15.
- Con l’iscrizione al registro di cui al comma 2 si intendono revocati tutti i consensi precedentemente espressi, con qualsiasi forma o mezzo e a qualsiasi soggetto, che autorizzano il trattamento delle proprie numerazioni telefoniche fisse o mobili effettuato mediante operatore con l’impiego del telefono per fini di pubblicità o di vendita ovvero per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale ed è altresì precluso, per le medesime finalità, l’uso delle numerazioni telefoniche cedute a terzi dal titolare del trattamento sulla base dei consensi precedentemente rilasciati. Sono fatti salvi i consensi prestati nell’ambito di specifici rapporti contrattuali in essere, ovvero cessati da non più di trenta giorni, aventi ad oggetto la fornitura di beni o servizi, per i quali è comunque assicurata, con procedure semplificate, la facoltà di revoca.
A parere di chi scrive, un fulgido esempio di legislazione di stampo illiberale, che annienta e si sostituisce top-down alla volontà del singolo individuo. Il legislatore si arroga così il potere di vanificare ogni libera e autonoma volontà espressa dai propri cittadini-consumatori fino all’entrata in vigore della presente legge. Forse dimenticandosi, nell’anelito populista di demonizzare il marketing diretto telefonico sempre e comunque, del fatto che una società senza pubblicità equivale a una società – e ad un’economia – senza concorrenza, quindi estremamente più sfavorevole al consumatore stesso.
Questo comma 5 annulla la validità di qualsiasi consenso espresso sinora per la finalità di marketing diretto telefonico e vieta l’utilizzo dei dati, per quanto “consensati”, in liste cedute o noleggiate a terzi; si tratta di una previsione, ad avviso di chi scrive, in palese contrasto con gli articoli 7.a) della Direttiva 95/46/CE, 6.1.a) del Regolamento 2016/679(UE) – GDPR e 13.3 della Direttiva 2002/58/CE: in tutti questi articoli, si dà peso alla volontà dell’interessato/utente, laddove invece la presente norma ne annienta il valore con impatto retroattivo.
L’ultimo periodo fa salvi solo i consensi già rilasciati “nell’ambito di specifici rapporti contrattuali in essere, ovvero cessati da non più di trenta giorni, aventi ad oggetto la fornitura di beni o servizi”, tradendo così al contempo due elementi: in primo luogo, l’utilizzo dell’infelice e vaga formula “nell’ambito di” che ricorda con triste freschezza la penna del legislatore nella recente legge n. 167/2017 con il nuovo art. 110-bis del Codice Privacy, foriero di criticabili limitazioni (anch’esse in attrito con il GDPR) per l’uso secondario dei dati per finalità di ricerca scientifica o statistiche, facendo pensare l’interprete qualificato al medesimo e non sufficientemente esperto estensore tecnico-legistico; secondo, risalta il deficit di competenza specialistica nella lettera del comma in esame, poiché è chiaro che, se il trattamento del dato personale comune fosse necessario per eseguire il contratto di cui è parte l’interessato, nessun consenso sarebbe di conseguenza richiesto a norma dell’art. 24.1.a) del Codice Privacy e dell’art. 6.1.b) del GDPR, mentre gli unici consensi potrebbero configurarsi per finalità diverse dalla mera esecuzione del contratto.
Vero è che la formula “nell’ambito di” pare prestarsi per la sua ingenuità, per l’appunto, all’interpretazione per cui il consenso al marketing telefonico pregresso possa rimanere valido ancora e sempre che ricorra la condizione, aggiuntiva rispetto ad un consenso marketing dato in precedenza, del persistere di un rapporto contrattuale in essere (o cessato da meno di trenta giorni); quindi, senza “necessità” del trattamento per fini di marketing diretto telefonico, basato su consenso dell’interessato, ai fini della mera esecuzione del contratto.
Ulteriore profilo di perplessità da segnalare, anch’esso evidentemente derivante da una grossolanità tecnica di fondo nella stesura della legge, è il fatto che non si chiarisce se degli “specifici rapporti contrattuali in essere” debba essere parte l’interessato; se così non fosse, e in effetti il legislatore non lo precisa come invece fa nell’art. 24.1.b) del Codice Privacy e nell’art. 6.1.b) del GDPR, si dovrebbe constatare che perfino un rapporto contrattuale tra due parti diverse dall’interessato (ad esempio un titolare del trattamento e il suo call center esternalizzato) potrebbe vanificare la portata di annullamento dei consensi pregressi implicata dal presente comma.
Infine, un rilievo allarmante: questa disciplina non travolge solo il telemarketing commerciale ma anche, in quanto assimilabili, le attività di raccolta fondi per via telefonica con operatore svolte da organizzazioni non profit. Anche il fund raising, infatti, costituisce una forma di contatto telefonico promozionale.
- È valido il consenso al trattamento dei dati personali prestato dall’interessato, ai titolari da questo indicati, successivamente all’iscrizione nel registro di cui al comma 2.
Ogni consenso al marketing telefonico o alla cessione di dati a terzi per fini di marketing telefonico, prestato dall’interessato dopo la propria iscrizione volontaria al registro delle opposizioni, deve valere in eccezione rispetto al regime di opposizione generale. Stupefacente che la norma non riconosca il medesimo valore alla volontà degli individui che siano iscritti “d’ufficio” al registro delle opposizioni ex comma 3 – in quanto la loro utenza non risulta pubblicata sugli elenchi telefonici.
È palese, ad avviso di chi scrive, il fatto che il legislatore non abbia considerato questa distinzione per disattenzione o mancanza di sensibilità specialistica in materia di protezione dei dati; per come il comma 6 è letteralmente scritto, purtroppo non resta che riferire la prevalenza del consenso successivo unicamente alle categorie di interessati che abbiano esercitato volontariamente il diritto di iscrizione al registro e non per gli altri iscritti “by default” in quanto aventi numerazioni non pubblicate sugli elenchi telefonici.
Oltre a porsi in probabile contrasto con il venturo art. 6.1.a) del GDPR e con l’attuale Direttiva 95/46/CE, il presente comma pecca – a parere dello scrivente – di irrealismo: come potrà ogni titolare del trattamento – di fronte alla richiesta esplicita e basata su consenso libero, specifico, informato di un interessato nel senso di essere tenuto aggiornato sulle proprie attività promozionali e commerciali tramite telefono con operatore – non dare seguito a tale manifestazione di volontà in quanto proibita ex lege per l’iscrizione d’ufficio del medesimo interessato nel registro delle opposizioni? Si confida in un’interpretazione ragionevole e conforme al diritto della UE della presente disposizione, da parte delle autorità chiamate a giudicare le condotte ad essa riferibili.
- A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono vietati, con qualsiasi forma o mezzo, la comunicazione a terzi, il trasferimento e la diffusione di dati personali degli interessati iscritti al registro di cui al comma 2, da parte del titolare del trattamento, per fini di pubblicità o di vendita ovvero per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale non riferibili alle attività, ai prodotti o ai servizi offerti dal titolare del trattamento.
Dall’entrata in vigore, ogni attività di list brokering o di cessione di liste di numerazioni di soggetti che abbiano optato per l’iscrizione volontaria nel registro delle opposizioni andrà considerata vietata. Varrà comunque, per quanto infelicemente limitata, l’eccezione alla regola prevista dal precedente comma 6, con riferimento ai consensi resi successivamente all’iscrizione, e l’altra eccezione prevista dal comma 5 ultimo periodo con riferimento ai rapporti contrattuali in essere o cessati da meno di 30 giorni.
- In caso di cessione a terzi di dati relativi alle numerazioni telefoniche, il titolare del trattamento è tenuto a comunicare agli interessati gli estremi identificativi del soggetto a cui i medesimi dati sono trasferiti.
Qui pare introdursi un obbligo generale di informativa sulla cessione da parte di qualsiasi titolare che, tra gli altri dati, ceda a terzi autonomi titolari del trattamento anche dati relativi a numerazioni telefoniche. Infatti, la disposizione non limita il perimetro della cessione alla finalità di marketing telefonico diretto con operatore. Vero è che, letta in tal modo, la nuova norma diverrebbe insostenibile per qualsiasi operazione di comunicazione/cessione a terzi di anagrafiche: più sensato sarebbe intenderla come riferita, giusto anche il titolo della legge in esame, alle sole cessioni di tali dati destinate a finalità di marketing telefonico con operatore.
- Al di fuori dei casi previsti dall’articolo 167 del codice di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003, in caso di violazione di uno dei divieti di cui al comma 7, si applica la sanzione amministrativa di cui all’articolo 162, comma 2-bis, del medesimo codice. In caso di reiterazione delle suddette violazioni, su segnalazione del Garante per la protezione dei dati personali, le autorità competenti possono altresì disporre la sospensione o, nelle ipotesi più gravi, la revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività.
Curioso come il legislatore italiano, nelle ultime settimane, stia intervenendo con nuove norme che integrano e/o modificano e/o richiamano altre norme del Codice Privacy che dal 25 maggio 2018 saranno da considerare inevitabilmente abrogate dal GDPR e che sono comunque, fra l’altro, in predicato di essere riordinate e superate dal decreto legislativo di cui alla delega della legge n. 163/2017. Si aggiunge rammarico al rammarico, per l’evidente bassa conoscenza della materia – e ridotto dialogo con il Governo – da parte dei decisori legislativi parlamentari e dei loro uffici tecnici.
- Ai sensi dell’articolo 12, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 178 del 2010, in caso di violazione del diritto di opposizione nelle forme previste dalla presente legge, si applica la sanzione amministrativa di cui all’articolo 162, comma 2-quater, del codice di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003. In caso di reiterazione delle suddette violazioni, su segnalazione del Garante per la protezione dei dati personali, le autorità competenti possono altresì disporre la sospensione o, nelle ipotesi più gravi, la revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività.
Idem come sopra, con l’aggravante che una previsione come quella contenuta nell’ultimo periodo del presente comma 10 potrebbe rappresentare – se poggiata su presupposti normativi incompatibili con il GDPR (e con l’attuale Direttiva 95/46/CE) – una violazione nazionale più generale delle norme europee in materia di libertà economica e di mercato.
- Il titolare del trattamento dei dati personali è responsabile in solido delle violazioni delle disposizioni della presente legge anche nel caso di affidamento a terzi di attività di call center per l’effettuazione delle chiamate telefoniche.
Nulla da commentare, se non per quanto già riportato relativamente ai commi precedenti.
- Gli operatori che utilizzano i sistemi di pubblicità telefonica e di vendita telefonica o che compiono ricerche di mercato o comunicazioni commerciali telefoniche hanno l’obbligo di consultare mensilmente, e comunque precedentemente all’inizio di ogni campagna promozionale, il registro pubblico delle opposizioni e di provvedere all’aggiornamento delle proprie liste.
Questa previsione dà per scontato che ogni attività di marketing telefonico diretto si suddivida in “campagne” isolabili l’una dall’altra, mentre così evidentemente, nella realtà, non è. Vi possono ben essere trattamenti continuativi, basati sul consenso degli interessati, tesi all’aggiornamento su promozioni, offerte e altre iniziative promozionali. Detto questo, con il presente comma 12 si introduce, in sostanza, una forma di tassazione nascosta e automatica di qualsiasi attività di marketing telefonico con operatore, imponendo a qualunque titolare del trattamento che intenda fare pubblicità telefonica di registrarsi come operatore presso il registro delle opposizioni, pagandone le tariffe obbligatorie per la consultazione e il “lavaggio” periodico delle liste di contatti. C’è da aspettarsi la registrazione presso il registro di milioni di operatori.
- Al fine di rendere più agevole e meno costosa la consultazione periodica del registro da parte degli operatori di cui al comma 12, il Ministro dello sviluppo economico, sentiti il gestore del registro, se diverso dal Ministero dello sviluppo economico, gli operatori e le associazioni di categoria maggiormente rappresentative, con proprio decreto da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge detta criteri generali per l’aggiornamento periodico delle tariffe con le modalità previste dall’articolo 6, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 178 del 2010, conformandosi ai seguenti criteri:
- a) promuovere l’adozione da parte del gestore del registro e degli operatori di forme tecniche, anche mediante l’utilizzo di tecnologie avanzate, con il fine di contenere il costo delle tariffe di consultazione preliminare del registro;
- b) prevedere modelli tariffari agevolati anche con forme di abbonamento temporale per gli operatori a cui non siano state comminate, negli ultimi cinque anni, le sanzioni di cui all’articolo 162, comma 2-quater, del codice di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003;
- c) prevedere comunque, nella determinazione delle tariffe, l’integrale copertura dei costi di tenuta del registro.
Nessun commento, se non quanto già specificato nelle considerazioni sul precedente comma 12.
- È vietato l’utilizzo di compositori telefonici per la ricerca automatica di numeri anche non inseriti negli elenchi di abbonati di cui all’articolo 2, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 178 del 2010. In caso di violazione di tale divieto, si applica la sanzione amministrativa di cui all’articolo 162, comma 2-bis, del codice di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003.
Non è chiaro cosa si intenda per “compositori telefonici per la ricerca automatica di numeri anche non inseriti negli elenchi di abbonati”. Se l’interpretazione fosse quella del divieto di utilizzare software che smistano le telefonate all’interno dei call center (assegnandole ai diversi operatori) di fatto si impedirebbe l’operatività dei call center che trattano liste massive di destinatari. L’interpretazione più ragionevole, invece, fa propendere per il divieto di uso di dialer che compongano numerazioni “inventandole” automaticamente, secondo algoritmi di combinazione numerica, e senza basarsi su elenchi telefonici o liste precompilate di numerazioni.
- Con decreto del Presidente della Repubblica, da emanare su proposta del Ministro dello sviluppo economico, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono apportate le opportune modifiche alle disposizioni regolamentari vigenti che disciplinano le modalità di iscrizione e funzionamento del registro delle opposizioni ed è altresì disposta l’abrogazione di eventuali disposizioni regolamentari incompatibili con le norme della presente legge.
Si attende l’intervento del Governo. Nel frattempo, non è chiaro come dare applicazione – senza paralizzare il mercato in attesa del DPR – ad alcune delle disposizioni di cui ai commi precedenti (tra tutte: l’annullamento dei consensi pregressi, l’annotazione di consensi prevalenti post-iscrizione, l’obbligo di consultazione del registro) che saranno vigenti dal giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Art. 2
- Tutti gli operatori che svolgono attività di call center rivolte a numerazioni nazionali fisse o mobili devono garantire la piena attuazione dell’obbligo di presentazione dell’identificazione della linea chiamante e il rispetto di quanto previsto dall’articolo 7, comma 4, lettera b), del codice di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003. A tal fine, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni individua, ai sensi dell’articolo 15 del codice di cui al decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259, due codici o prefissi specifici, atti a identificare e distinguere in modo univoco le chiamate telefoniche finalizzate ad attività statistiche da quelle finalizzate al compimento di ricerche di mercato e ad attività di pubblicità, vendita e comunicazione commerciale. Gli operatori esercenti l’attività di call center provvedono ad adeguare tutte le numerazioni telefoniche utilizzate per i servizi di call center, anche delocalizzati, facendo richiesta di assegnazione delle relative numerazioni entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni previsto al periodo precedente, oppure presentano l’identità della linea a cui possono essere contattati. L’Autorità vigila sul rispetto delle disposizioni di cui al presente comma applicando, in caso di violazione, le sanzioni di cui all’articolo 1, commi 29, 30, 31 e 32, della legge 31 luglio 1997, n. 249.
Un adempimento burocratico in più per gli operatori, che potrebbe comunque rivelarsi utile per gli interessati destinatari delle chiamate. Una luce fra tante ombre.
Art. 3.
- Agli adempimenti di cui agli articoli 1 e 2 si provvede senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Vista la previsione dell’obbligo di iscrizione massiva al registro delle opposizioni da parte di qualsiasi titolare che voglia svolgere attività di marketing telefonico con operatore, così tenuto al versamento dei costi per la sua consultazione periodica, i fondi necessari per l’attuazione della presente normativa non dovrebbero – in effetti – rappresentare un problema per la finanza pubblica, ma anzi una grande e ricca risorsa da cui attingere.
Art. 4.
- La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Si attende la pubblicazione, così come sarà oggetto di attesa – nel prossimo futuro – la valutazione di compatibilità di questa legge con il GDPR, ad opera del legislatore delegato e, successivamente o in alternativa, anche da parte delle autorità pubbliche tenute all’obbligo di interpretazione conforme del diritto interno rispetto alla normativa dell’Unione Europea.