Il rapporto BEUC

Tutelare i diritti dei cittadini Ue nell’era digitale: problemi urgenti e contromisure

Un recente rapporto del Bureau Européen des Unions de Consommateurs (BEUC) evidenzia la necessità di modificare il diritto dei consumatori UE per tutelare i consumatori digitali dallo strapotere delle big tech e, di conseguenza, la loro autonomia in qualità di cittadini. Gli aspetti esaminati e le azioni regolatorie Ue

Pubblicato il 18 Mar 2021

Federica Maria Rita Livelli

Business Continuity & Risk Management Consultant, BCI Cyber Resilience Group, Clusit, ENIA

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Il Bureau Européen des Unions de Consommateurs (BEUC) – associazione nata per difendere gli interessi di tutti i consumatori europei e composta da 45 organizzazioni nazionali dei consumatori indipendenti provenienti da 32 paesi europei (UE, SEE e paesi candidati) – ha pubblicato ad inizio marzo 2021 il rapporto dal titolo “Eu Consumer Protection 2.0 – Structural asymmetries in digital consumer market” in cui si affrontano le problematiche che affliggono i consumatori digitali di oggi e che minano la società digitale nel suo complesso.

Particolare attenzione è stata rivolta alla manipolazione comportamentale, allo sfruttamento delle vulnerabilità, alla personalizzazione onnipresente che influisce sulla libertà di scelta, nonché al potere sempre più crescente delle grandi piattaforme digitali, diventate un elemento sempre più essenziale della società moderna.

Vediamo gli aspetti più salienti del rapporto.

Report BEUC – Eu Consumer Protection 2.0: lo scopo del rapporto

Lo scopo principale del rapporto è quello di dimostrare e sostenere la necessità di modificare il diritto dei consumatori dell’UE in modo tale da tutelare i consumatori digitali moderni e, di conseguenza, la loro autonomia in qualità di cittadini in una società sempre più digitale.

Il report si sviluppa in tre sezioni che analizzano diversi aspetti.

Sorveglianza, consenso e consumatore vulnerabile. Riconquistare la centralità dei cittadini nell’economia dell’informazione

Viene svolta una valutazione dell’adeguatezza del paradigma di equità, come sancito dalla Direttiva europea, relativamente alle pratiche commerciali sleali, nel contesto del monitoraggio comportamentale, dell’estrazione dei dati e delle pratiche di nudging (far compiere alle persone le scelte desiderate) proprie di quello che l’economista dell’Università di Harvard Shoshana Zuboff ha chiamato, in un suo libro del 2019, “Il capitalismo di sorveglianza”.

Il report, partendo da una valutazione delle carenze del quadro “concettuale” del consumatore medio/vulnerabile/individuale, alla luce delle pratiche di profilazione e di influenza comportamentale delle imprese online, si propone di discutere la fattibilità del paradigma delle informazioni e del consenso del GDPR nell’affrontare la gestione reale dell’accesso ai dati personali e la capacità dell’interessato di dare un valido consenso informato. Inoltre, fornisce una valutazione complessiva delle asimmetrie strutturali dei mercati digitali in cui si trovano agire i consumatori digitali di oggi che conduce a una proposta di un nuovo approccio concettuale e normativo per ripristinare il ruolo svolto dai consumatori e proteggerne la scelta autonoma nell’era dei big data.

The Age of Surveillance Capitalism - Shoshana Zuboff, Carole Cadwalladr, Paul Hilder & Shahmir Sanni

The Age of Surveillance Capitalism - Shoshana Zuboff, Carole Cadwalladr, Paul Hilder & Shahmir Sanni

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Prezzi personalizzati e attività di marketing “individuale” ai sensi del diritto EU dei consumatori

Questa sezione si incentra su un’analisi del diritto dei consumatori per quanto riguarda i fenomeni di mercato scaturiti dalle piattaforme digitali che detengono informazioni personalizzate su ogni utente, prezzi personalizzati e marketing individuale (individualized marketing). Il fatto di creare messaggi di marketing individuale, in termini sia di informazioni sui prezzi sia di messaggio di marketing, permette ai vari trader di stabilire ciò che ogni singolo consumatore è autorizzato a sapere ponendo, in questo modo, le Big Tech nella posizione di detentori dell’economia dell’informazione.

Nonostante le argomentazioni esistenti a favore di una maggiore efficienza economica, il rifiuto quasi unanime di tali pratiche da parte dei consumatori alimenta il dibattito sull’equità, la fiducia e le implicazioni sociali e individuali della “giustizia” dei trader che controllano le informazioni sui prodotti e sui prezzi forniti individualmente a ciascun utente e sulla risposta appropriata che ci si dovrebbe attendere dalle leggi a tutela della protezione dei dati e dei consumatori.

Le piattaforme online, responsabilità e garanzia di servizio universale

È doveroso domandarsi se, dal punto di vista dei consumatori, le piattaforme online forniscono effettivamente servizi considerati essenziali. La posizione privilegiata delle più grandi piattaforme digitali, quali intermediari necessari (gatekeeper) nelle società moderne, tuttavia, ci porta a considerare che, in effetti, la natura dei servizi che forniscono sia essenziale; tuttavia, urge farsi domande sui parallelismi esistenti con il quadro concettuale e normativo per i servizi di interesse generale (Services of General Interest – SIG) e sulle implicazioni dell’adozione di tale prospettiva.

Le contromisure della Ue

Nell’economia digitale contemporanea, i fornitori di piattaforme e servizi offrono ambienti digitali ottimizzati per la ricerca, l’identificazione ed il targeting delle vulnerabilità degli utenti stessi, che, in questo modo, diventano “manipolabili e fruttabili”. Di fatto, nell’economia digitale, i consumatori diventano “cavie” ovvero, il “sistema” mira a identificarne e indirizzarne la vulnerabilità ma senza che essi ne siano consapevoli.

Pertanto, nell’economia digitale, per proteggere adeguatamente i consumatori, è necessario comprendere meglio come e a quali condizioni le pratiche di targeting digitale li rendono vulnerabili alla persuasione e alle forme sleali di comunicazione commerciale.

Siamo di fronte al potere delle “algocrazie” fondato sulla predeterminazione degli orientamenti, che conduce al cosiddetto “capitalismo di sorveglianza” esercitato dalle Big Tech. Queste, appunto, grazie alla tecnologia, possono giungere ad autorizzare od impedire comportamenti dei consumatori determinandone, così, le scelte.

Perché ci siamo ammalati di “big tech” e la cura è ancora lontana

La Comunità europea si sta adoperando per tutelare maggiormente i consumatori e, a tal proposito – lo scorso dicembre 2020 – sono state presentate dalla Commissione europea due proposte legislative, come il Digital Service Act e il Digital Market Act, in modo tale da delineare una nuova cornice di regolazione per i fornitori di servizi – in modo particolare per le grandi piattaforme digitali, come Facebook, Amazon, Google, Youtube – in grado di condizionare sia il mercato sia i consumatori. Tali proposte, una volta attuate, potranno garantire una maggiore trasparenza delle piattaforme e dei loro processi algoritmici; inoltre, i consumatori potranno essere più consapevoli della correttezza o della veridicità dei contenuti diffusi ed al contempo essere sia più autonomi nel gestire la propria presenza online sia liberi di essere destinatari di pubblicità o di contenuti personalizzati.

Conclusioni

Ricordiamoci che un mercato digitale non può funzionare senza porre al centro la persona e i suoi diritti fondamentali, dal momento che diritti e mercato sono due sistemi strettamente interdipendenti. Da qui parte la sfida della Comunità Europea, ovvero: diventare il riferimento mondiale per il più elevato standard di tutela possibile dei diritti fondamentali, dei principi democratici e della Rule of Law anche nello spazio digitale.

I processi algoritmici opachi, la “targhettizzazione” degli utenti, le “bolle” informative, manipolazione dei contenuti e delle informazioni ecc. sono tutti aspetti che la Commissione europea intende combattere con la futura regolamentazione e in questa direzione va interpretata anche l’adozione del Democracy Action Plan definito come complementare alla “Legge sui servizi digitali”. Ovvero, ora più che mai, non si tratta più (o non solo) di proteggere al meglio il consumatore, come parte contrattuale debole, bensì di tutelare il cittadino nei suoi diritti fondamentali sia individuali (in primis, la dignità) sia sociali e collettivi.

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