In un contesto di crescita esponenziale dell’industria dello streaming e delle trasmissioni on demand, potrebbe essere rilevante l’impatto del regolamento approvato il 22 novembre dal Consiglio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom). Si tratta nello specifico del Regolamento per l’attuazione dell’art. 41, comma 9, del d. lgs. n. 208/21 “in materia di programmi, video generati dagli utenti ovvero comunicazioni commerciali audiovisive diretti al pubblico italiano e veicolati da una piattaforma per la condivisione di video il cui fornitore è stabilito in un altro Stato membro”.
La nuova normativa prevede infatti una serie di procedure regolamentate, tra cui una procedura d’urgenza specifica, e definisce in maniera chiara i possibili esiti del provvedimento finale dell’Agcom. Inoltre, introduce un elemento di cooperazione internazionale attraverso l’utilizzo del sistema IMI per lo scambio di informazioni con le Autorità straniere. L’introduzione di questo regolamento rappresenta un ulteriore passo verso la creazione di un quadro normativo completo e coerente per il settore dei servizi audiovisivi nel nostro paese.
Nuovo regolamento Agcom: entrata in vigore delle nuove norme
Su espressa richiesta degli intervenuti alla consultazione, accolta dall’Autorità, le norme entreranno in vigore l’8 gennaio per consentire agli obbligati di adeguarsi alle sue previsioni. Il regolamento è consultabile per intero nell’allegato A) alla delibera 298/23/cons, adottata a conclusione della consultazione pubblica avviata con delibera n. 76/23/cons. In prima approssimazione, le regole sono finalizzate a tutelare minori e consumatori da contenuti nocivi diffusi sulle piattaforme digitali di condivisione di video (VSP, video sharing platform).
A chi è diretto il Regolamento
Come abbiamo visto, la rubrica cita espressamente il comma 9 dell’art. 41 del d. lgs. 208/21 che, a differenza dell’art. 1 dello stesso articolo, fa riferimento alla “libera circolazione – che “può essere limitata, con provvedimento dell’Autorità” – di programmi, video generati dagli utenti e comunicazioni commerciali audiovisive veicolati da una piattaforma per la condivisione di video “il cui fornitore è stabilito in un altro Stato membro e diretti al pubblico italiano”.
Innanzitutto, perciò, il regolamento è diretto alle piattaforme che non hanno sede in Italia, ma i cui contenuti sono in ogni caso diretti al pubblico del nostro Paese.
È la stessa legge a stabilire i tre criteri da applicare, sia pure “a titolo esemplificativo”, per determinare ciò:
- la lingua utilizzata;
- il raggiungimento di un numero significativo di contatti presenti sul territorio italiano;
- il conseguimento di ricavi in Italia.
Criteri da considerare congiuntamente o disgiuntamente? Ci torneremo, visto che l’argomento è stato oggetto di discussione in sede di consultazione. La fonte primaria, sempre all’art. 41, contempla anche altre prescrizioni, recepite e precisate poi dal regolamento.
I fini dell’eventuale limitazione nella diffusione dei video
Quali sono i fini dell’eventuale limitazione nella diffusione dei video? In primo luogo, la tutela dei minori da contenuti che possono nuocere al loro sviluppo fisico, psichico o morale a norma dell’articolo; in secundis, la lotta contro l’incitamento all’odio razziale, sessuale, religioso o etnico, nonché contro la violazione della dignità umana; infine, la tutela dei consumatori, ivi compresi gli investitori. L’Autorità, prosegue la norma, definisce la procedura per l’adozione dei provvedimenti; compila e aggiorna un elenco dei fornitori di piattaforme per la condivisione di video stabiliti in Italia, o che si considerano operanti sul territorio nazionale, indicando su quale dei criteri di cui ai commi precedenti si fonda l’intervento; può inviare segnalazione all’autorità di regolazione di un altro Stato membro quando ritiene che il fornitore in esso stabilito abbia compiuto qualche violazione.
Le definizioni per comprendere la portata del Regolamento
Venendo al regolamento, è fondamentale riportare alcune definizioni in esso contenute.
- Innanzitutto, “Servizio di piattaforma per la condivisione di video” è quello il cui obiettivo principale è la fornitura di programmi, video generati dagli utenti o entrambi destinati al grande pubblico, per i quali il fornitore non ha responsabilità editoriale, (…) la cui organizzazione è determinata anche con mezzi automatici o algoritmi, in particolare mediante visualizzazione, attribuzione di tag e sequenziamento;
- il “programma” consiste in una serie di immagini animate, sonore o non, escluse le cosiddette gif, che costituiscono un singolo elemento, indipendentemente dalla sua durata, nell’ambito di un palinsesto o di un catalogo stabilito da un fornitore comprensivo di lungometraggi, videoclip, manifestazioni sportive, commedie di situazione (sitcom), documentari, programmi per bambini e fiction originali.
L’esclusione delle GIF
Prima di procedere con le definizioni, un accenno al dibattito in sede consultiva sull’esclusione delle GIF, criticata da un soggetto. Le gif (graphics interchange format) sono serie di immagini che possono essere definite solo tramite il loro formato e possono assumere durata significativa per le finalità di cui al regolamento. In particolare, anche gif di 10 o 20 secondi possono veicolare contenuti dannosi, e del resto la stessa norma afferma di voler prescindere dalla durata del programma a fini definitori. Questo il soggetto partecipante. Da parte sua, l’Agcom ha rilevato che la formulazione della norma (che stabilisce l’esplicita esclusione delle GIF) è stata prevista direttamente dal legislatore italiano all’articolo 3, comma 1, lett. g), del decreto legislativo 208/2023 con specifico riferimento alla definizione di “programma”. Peraltro, tale inserimento è stata una scelta operata in sede di recepimento della direttiva UE 2018/1808 da parte del legislatore italiano).
- Il “video generato dall’utente” è una serie di immagini animate, sonore o non, che costituiscono un singolo elemento, creato da un utente e caricato su una piattaforma dal medesimo o da altro utente; per “comunicazione commerciale audiovisiva” si intendono le immagini, sonore o non, destinate a promuovere i beni, i servizi o l’immagine di una persona fisica o giuridica che esercita un’attività economica e comprendenti, tra l’altro, la pubblicità televisiva, la sponsorizzazione, la telepromozione, la televendita e l’inserimento di prodotti, inserite o di accompagnamento in un programma o in un video generato dall’utente dietro pagamento o altro compenso o a fini di autopromozione; il “coordinatore dei servizi digitali del luogo di stabilimento” è quello dello Stato membro in cui è situato lo stabilimento principale di un prestatore di un servizio intermediario o in cui il suo rappresentante legale risiede o è stabilito;
- la “Autorità nazionale competente” (“ANR”) è il Coordinatore dei servizi digitali dello Stato membro (per l’Italia, l’Agcom) in cui il fornitore è stabilito o si considera stabilito, e che è competente a conoscere delle fattispecie disciplinate dal regolamento.
Criteri per determinare se un contenuto è diretto al pubblico italiano
Il regolamento precisa i criteri, cui abbiamo già fatto riferimento, per verificare se il contenuto attenzionato, diffuso da un fornitore non stabilito in Italia, sia diretto al pubblico italiano, e quindi possa essere limitato dall’Agcom. Ecco, appunto, i criteri fissati nell’art. 3:
- l’utilizzo prevalente della lingua italiana nel contenuto da valutare in relazione all’audio, ai sottotitoli o all’impiego della lingua dei segni italiana;
- l’utilizzo della lingua italiana all’interno del servizio di piattaforma, da valutare in relazione alla presenza di elementi testuali realizzati in lingua italiana nell’interfaccia utente, nonché alla disponibilità della funzione multilingua che includa la lingua italiana;
- il raggiungimento da parte del servizio di piattaforma, o del programma, del video generato dagli utenti o della comunicazione commerciale di un significativo numero medio di utenti unici mensili sul territorio italiano sulla base dei dati forniti da organismi dotati della massima rappresentatività la cui organizzazione risponda altresì a princìpi di terzietà, autonomia e indipendenza;
- il conseguimento da parte del fornitore del servizio di ricavi realizzati in Italia, anche se contabilizzati nei bilanci di società aventi sede all’estero.
Le criticità rilevate nel Regolamento
Su questo articolo si è appuntata l’attenzione dei partecipanti alla consultazione. Una precisazione preventiva: a questa hanno preso parte Confindustria Radio tv, Google Ireland Limited, Meta, Unione Difesa Consumatori, ma la delibera riferisce di soggetti, senza identificarli. In questo caso, “un soggetto” ha osservato, tra l’altro, la genericità e l’eccessiva ampiezza dei criteri; la legge non attribuisce all’Autorità il potere di definire i criteri, ma (art. 41, comma 9, sopra esaminato, n.d.r.), la potestà di regolamentare la “procedura per l’adozione dei provvedimenti di cui al comma 7”.
Il medesimo soggetto ha eccepito che l’intervento dell’Autorità non si limiterebbe a chiarire il dettato della normativa primaria, presentando, invece, un’indebita natura innovativa. La previsione in base alla quale il soddisfacimento di anche uno solo dei criteri sia sufficiente a qualificare un contenuto come diretto al pubblico italiano si pone in contrasto con l’articolo 41, comma 8, TUSMA, che menziona una serie di criteri a titolo esemplificativo.
Dall’altro lato, lo schema di regolamento introduce criteri estranei alla legge, non pertinenti. In particolare, che un fornitore di VSP generi dei ricavi in Italia, preveda un’interfaccia-utente in italiano o renda disponibile l’italiano come lingua di utilizzazione della piattaforma, è irrilevante per valutare se determinati contenuti siano diretti al pubblico italiano; l’applicazione dei criteri a un fornitore che operi nei diversi paesi UE farebbe rientrare tutti i contenuti della piattaforma stessa nell’ambito di applicazione del Regolamento. Il suggerimento è quello di eliminare l’intera previsione.
La risposta dell’Autorità
L’Autorità ha controdedotto rilevando: in merito all’eccezione secondo cui la normativa primaria non avrebbe attribuito all’Autorità il potere di definire i criteri per stabilire se un contenuto sia diretto al pubblico italiano, l’Agcom, in quanto Autorità amministrativa indipendente preposta alla regolazione e alla vigilanza dei settori di competenza, esercita le proprie prerogative in maniera funzionale al più efficace soddisfacimento dell’interesse pubblico sotteso alle norme attributive del potere. Può quindi adottare regolamenti o indirizzi interpretativi tesi a meglio chiarire la portata delle disposizioni di rango primario.
Nel caso di specie, l’Autorità ha ritenuto di formulare ulteriori indirizzi interpretativi ferma restando la facoltà di valutare la fattispecie caso per caso. Con specifico riferimento poi al fatto che l’Autorità abbia ritenuto di considerare i criteri ivi individuati come alternativi e non cumulativi, tale scelta si fonda proprio sulla portata meramente esemplificativa dell’elenco. Con riferimento al criterio relativo ai ricavi, l’Agcom ha sottolineato come esso sia stato inserito dal legislatore nazionale.
Procedura d’urgenza dell’Agcom: come funziona
I fini del regolamento, essenzialmente quelli dettati dalla legge, sono perseguiti dall’Agcom attraverso una procedura d’urgenza quando dall’attività preistruttoria emergano fatti o circostanze tali da poter costituire un pregiudizio grave, imminente e irreparabile dei diritti degli utenti. L’iter viene avviato d’ufficio o su istanza di parte e si concreta anche in ispezioni, richieste di informazioni e documenti, audizioni e segnalazioni. La competente Direzione dell’Agcom può avvalersi del supporto del Gruppo di Radiodiffusione Editoria della Guardia di Finanza e della Sezione della Polizia postale e delle comunicazioni della Polizia di Stato. L’attività di verifica preistruttoria si conclude normalmente entro 5 giorni (N.B. per tutti i termini previsti dal regolamento si computano solo i giorni liberi). Per quanto concerne il potere d’iniziativa di parte, la segnalazione concernente la diffusione di contenuti che vengano ritenuti in contrasto con le finalità del regolamento può essere fatta da chiunque utilizzando il modello reso disponibile sul sito internet dell’Autorità. Essa deve contenere i dati anagrafici del segnalante (denominazione, rappresentante legale e sede in caso di persone giuridiche); la denominazione del fornitore; il contenuto che si presume illecito ai sensi del regolamento, fornendo ogni elemento utile alla sua individuazione; ove possibile, il soggetto che lo ha caricato; ogni ulteriore elemento utile per la valutazione; copia delle eventuali segnalazioni inoltrate al fornitore (e il loro esito) e della corrispondenza intercorsa; le ragioni che giustificano l’istanza; l’interesse che si assume leso a causa della diffusione del contenuto.
Non è proponibile il procedimento dinanzi all’Autorità se per il medesimo oggetto è pendente un procedimento davanti all’Autorità giudiziaria. Va disposta l’archiviazione entro 5 giorni se la segnalazione è priva degli elementi fondamentali (dati del segnalante, del fornitore, ecc.) o di informazioni essenziali. Altra previsione importante è l’archiviazione per manifesta infondatezza, in quanto la segnalazione si presenta palesemente priva dei presupposti di fatto e di diritto idonei a configurare una violazione. La Direzione competente, valutata dapprima la sussistenza della situazione d’urgenza, dà l’avvio al procedimento con contestuale notifica al fornitore presso il punto di contatto per l’Italia; se questo non è indicato, la notifica viene fatta presso la sede legale. Il procedimento si conclude nel termine di 15 giorni salvo sospensioni, non superiori a 15 giorni, per approfondimenti istruttori.
Con l’avvio del procedimento, il fornitore viene informato circa il contenuto presumibilmente in contrasto con gli interessi e le finalità del regolamento e della possibilità di adeguarsi spontaneamente entro 5 giorni (in tal caso il procedimento viene archiviato). Se ciò non accade la parola passa all’Organo collegiale, cui la Direzione competente formula una proposta di archiviazione ovvero di adozione del provvedimento conclusivo. L’archiviazione è disposta anche nel caso in cui la Direzione sia informata dal fornitore dell’avvio dell’azione davanti all’Autorità giudiziaria.
Il provvedimento finale dell’Agcom: quali sono i possibili esiti
Per quanto concerne il provvedimento finale, esso viene adottato quando venga ritenuto dall’Organo collegiale necessario e proporzionato in relazione alle finalità del Regolamento. Mediante esso ordina al fornitore della piattaforma di adottare ogni misura, ivi compresa la rimozione, idonea ad impedire l’accesso del pubblico italiano al contenuto ritenuto in contrasto con le finalità del Regolamento. L
’ordine deve contenere informazioni chiare, tali da permettere al fornitore di individuare e localizzare i contenuti illegali in questione, quali uno o più URL esatti e, se necessario, informazioni supplementari. L’ordine va di norma eseguito entro 3 giorni dalla notifica, e l’adempimento dev’essere comunicato tempestivamente alla Commissione europea e all’Autorità amministrativa compente presso lo Stato membro in cui il fornitore è stabilito o si considera stabilito, nonché a tutti i Coordinatori dei servizi digitali.
All’articolo 10 è contemplata la segnalazione, all’Autorità nazionale competente dello Stato membro in cui il fornitore è stabilito o si considera stabilito, da parte dell’Organo collegiale, ciò salvo che esso ritenga sussistere i presupposti per l’archiviazione ovvero per l’avvio del procedimento d’urgenza. Rilevanti, nei rapporti con le Autorità degli altri Stati membri, le procedure di cooperazione del sistema IMI (sistema di informazione del mercato interno per la cooperazione amministrativa utilizzato per le notifiche), e le indicazioni fornite dal Memorandum of Understanding (documento dell’ERGA, il Gruppo dei regolatori europei per i servizi di media audiovisivi, che definisce un quadro per la collaborazione e lo scambio di informazioni tra i suoi membri).
Qualora nel termine di 7 giorni dalla trasmissione degli atti, o nel diverso termine previsto dalle procedure di cooperazione, non sia pervenuta alcuna comunicazione da parte dell’Autorità nazionale competente, la Direzione ne informa l’Organo collegiale, e dispone l’avvio del procedimento. Se invece l’Autorità nazionale competente ha trasmesso entro il termine il provvedimento adottato, la Direzione ne valuta l’adeguatezza. L’ atto conclusivo del procedimento, quando consiste in un ordine al fornitore di adottare ogni misura, ivi compresa la rimozione, idonea ad impedire l’accesso del pubblico italiano ai contenuti ritenuti in contrasto con le finalità del Regolamento, è comunicato prima dell’adozione alla Commissione europea e all’Autorità nazionale competente mediante il sistema IMI.