YouTube è utilizzato da tantissimi minori, i quali – confermano recenti ricerche – sono diventati il pubblico più profittevole per la piattaforma, che però non solo non adotta misure adeguate per tutelarli dai contenuti inadatti alla loro età, ma ne tratta illecitamente i dati. E per questo motivo Google è stata da poco multata negli Usa per 170 milioni di dollari dall’Authority FCC.
Le dimensioni del fenomeno
Per comprendere quanto sia stretto il rapporto tra Youtube e i minorenni, basta guardare ai numeri forniti dallo studio statunitense, “2017 kid & family trends report”, pubblicato da Brandlove e secondo cui che l’80% dei ragazzi in età compresa dai 6 ai 12 anni utilizza quotidianamente il sito di streaming (di proprietà di Google).
La situazione non è molto diversa nel Regno Unito dove i dati rivelano come, già nel 2016, di media, per ogni 2 ore passate davanti alla televisione ogni bambino abbia speso 3 ore navigando su servizi di streaming online.
Queste le ragioni che, con molta probabilità, hanno portato un big come Disney, da sempre molto presente in televisione con canali dedicati a bambini e ragazzi, a decidere di investire diversi miliardi di dollari sullo streaming creando una propria piattaforma di streaming on line, denominata Disney+, in competizione con YouTube e Netflix.
I motivi del successo di YouTube tra i ragazzi
Ma perché ai ragazzi piacciono così tanto i servizi tipo YouTube e simili? Non esiste un unico motivo capace di spiegare tale fenomeno. Potremmo dire che si tratta di un insieme di fattori.
In primo luogo – stando a quanto emerge dal ricorso recentemente depositato dinnanzi alla Federal Trade Commission da alcune associazioni americane contro YouTube – ha giocato un ruolo fondamentale la vasta gamma dei contenuti accessibili. E infatti, i ragazzi su YouTube possono guardare di tutto. Dai cartoni animati a show in live action, sino a video di propri coetanei che comprano giocattoli e li aprono per testarne le funzioni.
L’altro vantaggio riguarda il tempo, fattore chiave nella società di oggi. Con YouTube il bambino non deve più attendere l’inizio delle trasmissioni ma può scegliere autonomamente il momento in cui iniziare a guardare il video. Può fermare la visualizzazione, può condividere i video con gli amici e può commentare. Tutte funzioni non concesse utilizzando il mezzo televisivo.
Tali possibilità non possono che risultare potenziate dal fatto che, differentemente da un canale televisivo, Youtube può essere fruito tramite device mobili che permettono al ragazzo di godere dell’esperienza video ludica senza l’intromissione dell’adulto. Il più delle volte infatti, è sufficiente girare leggermente lo schermo per impedire ai genitori di intromettersi nell’esperienza video del minore e questo è un problema sotto una moltitudine di aspetti, non ultimo l’aspetto educativo.
Peraltro, in alcuni casi, sono proprio gli adulti a creare i primi contatti tra il bambino ed il servizio on line, ad esempio, per distrarre il bambino in momenti in cui non sono graditi i capricci. Non possono quindi stupirsi se, una volte cresciuti, i ragazzi creino un legame così forte con il device mobile e con le app in esso contenute.
E’ quindi evidente che YouTube (come anche altre piattaforme simili) sia utilizzata da numerosi bambini. Posto questo dato di fatto, è interessante capire se i dati dei minori sono trattati correttamente o meno, soprattutto se si consideri che, negli Stati Uniti, Youtube è stata multata per 170 milioni di dollari proprio in ragione di un presunto trattamento illecito dei dati dei minori.
Le tutele delle norme (Gdpr e Coppa)
Il Regolamento Generale sulla Data Protection stabilisce (GDPR), per l’Europa, regole chiare in merito al trattamento di dati personali riferiti a minori di età.
L’articolo 8 GDPR prevede infatti che:
Qualora si applichi l’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), per quanto riguarda l’offerta diretta di servizi della società dell’informazione ai minori, il trattamento di dati personali del minore è lecito ove il minore abbia almeno 16 anni. Ove il minore abbia un’età inferiore ai 16 anni, tale trattamento è lecito soltanto se e nella misura in cui tale consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale.
Analizzando nel dettaglio la norma possiamo osservare in primo luogo come la stessa risulti applicabile ai soli casi di trattamento basati sul consenso ([…]Qualora si applichi l’articolo 6, paragrafo 1, lettera a)[…]). Non solo, l’articolo in esame fa espresso riferimento ai servizi della società dell’informazione, dovendosi tra questi annoverare, di sicuro, anche YouTube e simili.
Ebbene, se un simile servizio è diretto ai minori e se il trattamento è basato sul consenso, sarà necessaria l’autorizzazione del genitore.
Posto che, come emerge dalla lettura dell’art. 2 quinquies del D.Lgs 196/2003, è da ritenere minore il ragazzo di età inferiori di anni 14, risulta opportuno soffermarsi sulla forma del consenso genitoriale richiesto dal GDPR.
Al fine di soddisfare l’obbligo di consenso da parte dei genitori, è sufficiente un banner con una sorta di tasto del tipo “clicca qui per consenso del genitore” oppure sono richieste formalità più stringenti?
In tal senso, risulta sicuramente meglio formulato il Children’s Online Privacy Protection Act il quale prevede che il Titolare del trattamento di dati di minori si munisca di un “verifiable parental consent” prima di raccogliere detti dati.
Non basta quindi un semplice banner, ma è necessario che il consenso del genitore sia verificabile.
A tal proposito, occorre evidenziare un’ulteriore differenza tra la normativa italiana e quella statunitense la quale ritiene che il trattamento dei dati dei minori sia sempre vietato, salvo il consenso del genitore. Un grande passo avanti rispetto al GDPR che, come visto, richiede invece il consenso solo laddove non esista altra base giuridica a giustificare il trattamento.
In ogni caso, ci si domanda: YouTube si premura di richiedere un consenso ai genitori? Parrebbe proprio di no. Ed infatti, questo è il disclaimer che appariva fino a qualche giorno fa sulla piattaforma: “You affirm that you are either more than 18 years of age, or an emancipated minor, or possess legal parental or guardian consent, and are fully able and competent to enter into the terms, conditions, obligations, affirmations, representations, and warranties set forth in these Terms of Service, and to abide by and comply with these Terms of Service. In any case, you affirm that you are over the age of 13, as the Service is not intended for children under 13. If you are under 13 years of age, then please do not use the Service. There are lots of other great web sites for you. Talk to your parents about what sites are appropriate for you”.
Come dicevamo, un simile disclaimer non può ritenersi sufficiente per considerare la piattaforma conforme al dettato normativo.
Non solo, tale banner, scritto in modo così complesso, non risulterebbe nemmeno idoneo ad essere compreso dal pubblico a cui è diretto.
L’obbligo di rendere un’informativa comprensibile, è difatti previsto tanto dalla normativa statunitense quanto dalla normativa italiane la quale, all’art. 2 quinquies comma 2 del D.Lgs 196/2003 afferma che: “In relazione all’offerta diretta ai minori dei servizi di cui al comma 1, il titolare del trattamento redige con linguaggio particolarmente chiaro e semplice, conciso ed esaustivo, facilmente accessibile e comprensibile dal minore, al fine di rendere significativo il consenso prestato da quest’ultimo, le informazioni e le comunicazioni relative al trattamento che lo riguardi”.
Youtube avrebbe dovuto creare una informativa semplice, magari con disegni, capace di essere capita anche da un minore, ma così non ha fatto.
Peraltro, tutta la normativa esaminata presuppone l’avverarsi di una condizione preliminare. Ed infatti tanto l’art. 8 GDPR quanto l’art 2 quinquies, risultano applicabili solo laddove il sito sia diretto ai minori.
Quando un sito può ritenersi diretto ai minori?
A tal riguardo non esiste un’indicazione certa su cosa si intenda con sito diretto ai minori, dovendo necessariamente ricorrere a criteri di evidenza riscontrabili nella realtà dei fatti.
In tal senso, nel predetto ricorso presentato contro YouTube, si evidenzia come utilizzando come chiave di ricerca “children’s video”, YouTube restituisca circa 250 milioni di risultati.
Una quantità enorme, per un sito che si dichiara non dedicato ai bambini.
Uno dei canali più popolari tra i ragazzi, vanta circa 20 miliardi di visualizzazioni e 12 milioni di sottoscrizioni. Per capirci, Google, da questo singolo canale guadagna circa 5 milioni di dollari all’anno e ne esistono una moltitudine di canali simili.
Non stupisce quindi che i ragazzi siano diventati il pubblico più profittevole per YouTube stando ad un report del 2017 denominato “The Kids”.
Ebbene, effettuando YouTube una moltitudine di trattamenti di dati per ogni singolo visitatore, ed avendo l’evidenza che numerosissimi visitatori sono minori, è da ritenere che YouTube sia quantomeno un sito dedicato anche ai minori, dovendo quindi sottostare a tutta la normativa sopra esaminata.
Come si comporta YouTube
La privacy policy di Google come evidenziato nel ricorso alla FTC con riferimento al servizio YouTube afferma:
“we collect information about the services that you use and how you use them, like when you watch a video on YouTube, visit a website that uses our advertising services, or view and interact with our ads and content.”
Non solo, la privacy policy, proseguendo, rivela che Google e le società correlate, usano cookie e tecnologie simili (quali?) per raccogliere e trattare dati nel momento in cui l’utente interagisce con i servizi di terze parti.
Esistono poi i Google Analytics e tutta un’altra serie di tecnologie che rendono evidente come Google raccolga dati di adulti e, come visto, anche di minori, circostanza quest’ultima che complica il tutto come abbiamo illustrato.
Youtube Kids, un’arma a doppio taglio?
Proprio per questo motivo è stata di recente lanciata la piattaforma YoutubeKids diretta proprio al pubblico in età tra i 6 e i 14.
Questa soluzione può però essere un arma a doppio taglio per i nostri figli e ciò in quanto, di fatto, si presta ad essere utilizzata per finalità secondarie di targeting e di profilazione. E’ del resto chiaro che il fatto di avere un campione “pulito” rappresentato al 100% da ragazzi, rappresenta una forte tentazione per chiunque voglia analizzare preferenze e comportamenti dei bambini. La piattaforma YouTube classica, in tal senso poteva fornire delle informazioni inquinate dal fatto che lo stesso user poteva essere riconducibile al genitore ed ai minori, restituendo risultati talvolta difficili da analizzare (es: il trailer del film Avengers lo stava guardando il minore o l’adulto?)
YouTube Kids di fatto crea invece un campione perfetto di soli minori.
La tentazione è quindi evidentemente molta ma speriamo che Google sappia resistervi trattando con rispetto i dati dei bambini che si affideranno a questo servizio.