Una finestra zero-day è un’enorme opportunità di guadagno, soprattutto per gli hacker: ormai si vendono per milioni di euro sul mercato.
Ma un ruolo sempre più importante, in questo contesto, è quello dei Governi di tutto il mondo che ormai utilizzano lo spazio cibernetico per i propri interessi sfruttando queste vulnerabilità informatiche “zero day”, sconosciute al pubblico e per cui non esiste una patch. Uno sfruttamento a volte fatto a fini di anti-terrorismo e spionaggio (ma anche di sorveglianza sugli attivisti e dissidenti, nei Paesi dittatoriali). In ogni caso, questa pratica ha come conseguenza l’aumento dell’insicurezza di tutti.
Vediamo come funziona il mercato e le implicazioni politiche.
Gli exploit zero-day
Gli hacker che trovano una vulnerabilità zero-day generano rapidamente pacchetti di codice dannoso, chiamati exploit, per attaccare i sistemi vulnerabili prima che l’azienda possa rilevarla e di conseguenza correggerla.
L’attacco tramite exploit prevede il susseguirsi di tre fasi:
- Il software presenta vulnerabilità di nuova generazione: durante la creazione del software, gli sviluppatori hanno generato inavvertitamente la vulnerabilità.
- L’hacker scopre la nuova vulnerabilità: anziché mettere a conoscenza lo sviluppatore o l’azienda produttrice del software, l’hacker iniziata a lavorare per trovare un modo per sfruttare tale vulnerabilità attraverso una serie di exploit, con lo scopo di rivendere il “pacchetto” al miglior offerente.
- L’azienda produttrice del software si rende conto, o le viene comunicato da terzi, del problema, adoperandosi rapidamente nel trovare una patch al problema (questa operazione può risultare, nella maggior parte dei casi, non immediata).
Il mercato della vulnerabilità zero-day
Esistono mercati dove è possibile vendere specifiche delle vulnerabilità e gli exploit zero-day.
Questi si differenziano in tre tipologie:
- Mercati diretti: dove le case produttrici di software (come Google) vendono il proprio programma affinché gli ethical hacker (o chiunque voglia provarci) possano cercare ed eventualmente scovare un bug nella sicurezza dei loro sistemi in cambio di premi in denaro
- Mercato nero: non ufficiale dove l’anonimato è garantito e una terza parte funge da garante. Viene utilizzata una valuta e un sistema di pagamento specifico
- Broker: In questo caso, non sono le case produttrici di software a tratta con i ricercatori, sono i broker a farlo. Questi verificano la vulnerabilità zero-day scoperta e pagano lo scopritore in base alla sua gravità.
Dunque, troviamo da un lato, il mercato diretto che include i premi offerti dai fornitori di software per le informazioni sulla vulnerabilità nei propri prodotti, nonché le vendite a terze parti che collaborano con lo sviluppatore del software per risolvere il problema. Dall’altro lato, si è evoluto un mercato nero attorno alla vendita di vulnerabilità alle imprese criminali.
Al centro si trova il mercato più interessante per le vulnerabilità: un “mercato grigio” di acquirenti legittimi composti da catene di intermediari disposti a riconoscere una somma di denaro nel caso in cui la scoperta del ricercatore fosse fondata. Questo “mercato grigio” viene spesso utilizzato da agenzie governative di tutto il mondo, le quali si appoggiano ai broker per nascondere le tracce delle loro transazioni. Un esempio di tali attività nascoste è contenuto negli archivi, resi pubblici successivamente a un attacco hacker, della società italiana con sede a Milano Hacking Team. Nello stesso archivio è stato riscontrato che società terze come Cicom e Robotec hanno negoziato contratti rispettivamente per conto dell’FBI e della DEA.
Il ruolo dei governi
In questo scenario le agenzie governative giocano un ruolo di primo piano. Quando un governo viene a conoscenza di una vulnerabilità in un software può decidere di comunicarla ai produttori dello stesso in modo da far chiudere la falla; oppure di sfruttare le vulnerabilità per attaccare gli oppositori nel cyberspazio.
Ci si trova, dunque, davanti a un dilemma: il governo dovrebbe rivelare tali vulnerabilità e quindi consentire che vengano riparate? O il governo dovrebbe mantenerle per scopi di sicurezza nazionale? Risulta essere un quesito di difficile risposta, in quanto collidono due interessi in competizione: il governo è contemporaneamente incaricato di proteggere la sicurezza nazione nel cyberspazio e dall’altra parte, di sfruttare tali vulnerabilità per missioni di intelligence sempre per scopi di sicurezza nazionale.
La decisione del governo di mantenere una vulnerabilità zero-day potrebbe danneggiare la sicurezza informatica in generale, come accaduto ai danni di Microsoft con l’ormai leggendario EternalBlue. L’NSA (National Security Agency) era sicuramente a conoscenza della vulnerabilità zero-day dietro questo exploit ma ha deciso di non portarla all’attenzione di Microsoft, di fatto impedendo la messa in sicurezza del protocollo SMBv1 con conseguenze deleterie come l’incredibile proliferazione del ransomware WannaCry.
Allo stesso tempo, tuttavia, divulgare le informazioni sulle vulnerabilità zero-day di modo che i fornitori possano correre ai ripari, potrebbe minare la capacità degli enti governativi di indagare sui crimini, di raccogliere informazioni e svolgere operazioni informatiche offensive. Di esempio in questo caso è il celebre worm Stuxnet, confezionato da Stati Uniti e Israele, che ha mandato in tilt le centrifughe di una centrale iraniana per l’arricchimento dell’uranio usando quattro zero-day.
Di grande interesse inoltre (legata a quest’ultima tematica) è la vicenda che ha coinvolto la “Project Zero”, ovvero la task force di cybersecurity di Google che si dedica esclusivamente alla ricerca di vulnerabilità zero day. Il team ha pubblicato un post per comunicare una recente scoperta: un complicato sistema di exploit sfruttava varie vulnerabilità zero day e n-day per inoculare malware sui dispositivi Windows e Android delle vittime. La mossa del team però ha interrotto una operazione antiterroristica condotta da un governo occidentale (nel comunicato viene omesso il nome) alleato degli USA. La decisione ha provocato non poche polemiche in quanto tali azioni sono raramente rese pubbliche quando vengono utilizzate da governi amici, “dato che sono riconoscibili rispetto ad altre entità” – ha affermato un ex alto funzionario dell’intelligence statunitense.
Tuttavia, esiste un’ulteriore problematica che si va ad aggiungere alle due sopracitate: quanti altri soggetti – Stati, loro agenzie, criminali – potrebbero scoprire la stessa falla e usarla?
A questa problematica ha risposto il governo degli USA pubblicando il piano Vulnerabilities Equities Process (VEP) per determinare se trattenere o divulgare informazioni sulle vulnerabilità di sicurezza di un software. Sotto il VEP, il governo valuterà se rivelare una vulnerabilità che ha ottenuto o scoperto, in modo che lo sviluppatore del software abbia la possibilità di risolvere il problema, oppure, come detto sopra, il governo può scegliere di trattenere le informazioni per usarle per scopi che includono la raccolta di informazioni e di sfruttamento per azioni offensive.
Conclusioni
Nuove vulnerabilità zero-day vengono scovate ogni giorno e “tale fenomeno non si fermerà in quanto gli interessi in gioco sono immensi”, dichiarò qualche anno fa alla Stampa Alberto Pelliccione, ex-dipendente di Hacking Team.
Non esiste, come sappiamo, un modo di garantire zero rischi, soprattutto in un ambito complesso come questo.
Gli utenti possono ridurre i rischi mantenendo il sistema operativo e il software aggiornati o utilizzando siti Web con certificati SSL (Secure Socket Layer), in modo che le informazioni possano essere scambiate in modo sicuro tra utenti e siti Web.
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Fonti:
Vulnerabilità zero-day: cosa sono e come funziona il mercato nero degli exploit