Smart sì, ma in maniera diversa. Quando si pensa alle cosiddette “città intelligenti“, termine ormai di moda anche nel lessico dei non addetti ai lavori, la prima immagine che viene in mente è un laboratorio del Mit o qualcosa di simile. Lucine, sensori, e altre diavolerie ipertecnologiche, pensate per trasformare oggetti ormai banali nella loro quotidianità in qualcosa di nuovo e – auspicabilmente – migliore. Razionalizzando i consumi energetici e rispettando l’ambiente.
Obiettivi condivisibili, per raggiungere i quali non occore però necessariamente indulgere in tecno-virtuosismi, come insegna l’esperienza del designer bolzanino Matteo Thun, uno dei maggiori architetti e progettisti italiani viventi, più volte vincitore del Compasso d’Oro e dal 2004 inserito nella prestigiosa Interior Hall of Fame di New York. Da anni fautore e promotore di un approccio, chiamato Ecotecture, all’insegna della progettazione di opere in armonia con l’ambiente, realizzate con materiali nobili e antichi come il legno e il vetro, e alimentate da energie rinnovabili da quella termica all’eolica. Ecco come ci ha descritto la sua visione.
Parliamo di Ecotecture: ci può spiegare in cosa consiste, da dove nasce, e perché è così importante?
Ecotecture è un approccio al design e all’architettura che tiene in considerazione le specificità del contesto in cui viene concepito una oggetto o un edificio. Ovvero: il progettista deve tenere presente il know-how e la maestria del produttore, i materiali locali e facilmente reperibili e le necessità dell’utente nel convivere con un manufatto nuovo. Così si ottengono oggetti di grande valore qualitativo e pratico, aspetti che li rendono duraturi nel tempo e quindi sostenibili sia ecologicamente, sia economicamente. Di pari passo, un’architettura che si inserisce nel luogo in base alle specificità climatiche, geografiche e geologiche e in base alla cultura della sua popolazione e all’utilizzo che essa ne deve fare, diventa automaticamente di valore a lungo termine. Ecotecture riprende quindi il concetto di sostenibilità partendo dal prefisso “eco” inteso sia come “Ecologia”, sia come “Economia”.
Come immagina, e come vorrebbe che fossero le città intelligenti del futuro?
La città intelligente del futuro dovrebbe guardare all’uomo e per questo motivo al luogo in cui viene costruita. Attraverso un inserimento armonioso del costruito nell’ambiente naturale è possibile creare luoghi artificiali e città, che conservino un valore e una loro autentica bellezza e che favoriscano la sensazione di appartenenza e una conseguente coesione comunitaria e sociale a lungo termine. Raggiungendo questi obiettivi, si può parlare di città sostenibile. Che auspicio migliore per le città future?
Si tende spesso ad associare il concetto di smart city a un uso intenso delle nuove tecnologie; è un approccio corretto, secondo lei?
Smart non è altro che “intelligente”, “astuto”. Dal mio punto di vista, rispettando i criteri ai quali accennavo prima, l’obiettivo della smart city, della città intelligente, è già raggiunto. In un quadro complessivo come dipinto da me, le nuove tecnologie sono una commodity in più, ma non un elemento indispensabile.
Ci sono però casi in cui l’uso della tecnologia, del digitale in particolare, può essere determinante e aggiungere valore al tessuto cittadino?
La tecnologia riguarda molti aspetti e ambiti: può assicurare durevolezza dei materiali, bellezza alle finiture e via dicendo. In questo senso, la tecnologia può contribuire a creare luoghi di valore estetico, affettivo, pratico, a lungo termine. Parlando delle conquiste digitali, esse dovrebbero servire a creare interazione reale, non virtuale. Non parlo quindi di tecnologie digitali che permettono l’interazione a distanza, ma che consentano agli anziani, ai diversamente abili. di approcciare la vita quotidiana con maggiore comodità e facilità per potersi inserire nel tessuto sociale con grande naturalezza. Questi e altri scopi simili dovrebbero essere soggetto degli sviluppi delle tecnologie digitali ed elettroniche.
Quali sono le pecurialità italiane, in questo scenario? Le nostre città sono pronte a diventare smart o ecosostenibili o da noi si riscontrano più resistenze che altrove nell’innovare l’ambiente urbano?
Storicamente parlando, l’Italia è un maestro dell’urbanistica sostenibile, nel senso in cui ho definito il termine sostenibilità all’inizio della nostra conversazione. Pensiamo alle roccaforti, ai paesi abbarbicati sulle montagne, agli anfiteatri, le chiese e le piazze italiane ecc.. Si inseriscono perfettamente nell’ambiente e dopo secoli il loro genius loci attrae e funziona ancora. Se riuscissimo a ritornare a costruire con materiali locali, di dimensioni adeguate. saremmo sulla giusta strada verso nuove città smart e sostenibili. Forse il freno messo dalla crisi economica potrebbe farci ritornare, in maniera forzata, su questa via. Ci sono poi altri aspetti organizzativi e politici che riguardano l’ecosostenibilità, che entrano nelle mie competenze solo in maniera marginale.