European Accessibility Act

Accessibilità digitale, conto alla rovescia: obblighi e scadenze



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Con 101 milioni di europei con disabilità, l’EAA richiede adeguamenti entro il 2025. L’Italia, pioniera con la Legge Stanca, prevede sanzioni significative per le aziende inadempienti

Pubblicato il 19 feb 2025

Gianni Adamoli

CEO di Execus



Accessibilità (2) (1)

L’accessibilità è un termine molto specifico che non riguarda solamente i siti web o le app, ma tutte le interfacce digitali, dai bancomat alle tv, fino agli smartphone, e significa garantire che queste tecnologie siano fruibili anche da persone con disabilità.

Talvolta confusa con l’usabilità, che si concentra sul miglioramento dell’esperienza utente attraverso pratiche per rendere un sito semplice e intuitivo, l’accessibilità implica invece l’eliminazione delle barriere che impediscono l’utilizzo di strumenti digitali da parte di persone con bisogni specifici.

Questo significa, ad esempio, integrare screen reader per non vedenti, navigazione da tastiera per persone con difficoltà motorie e opzioni personalizzabili per chi ha disabilità cognitive, epilessia o ADHD. Strumenti come IRIS e OCR, inoltre, rendono i contenuti multimediali comprensibili attraverso descrizioni testuali per immagini e video.

La situazione europea: dati e disuguaglianze

I dati Eurostat indicano che il 27% della popolazione dell’UE sopra i 16 anni vive con una qualche forma di disabilità, pari a 101 milioni di persone, ossia un adulto su quattro. Non solo. Da un’indagine Eurobarometro è emerso che nel 2023 il 28,8% delle persone con disabilità era a rischio di povertà o esclusione sociale, contro il 18% delle persone senza disabilità.

Ostacoli persistenti nell’accessibilità digitale

Nonostante le normative europee e gli obiettivi dell’Agenda ONU 2030, le persone con disabilità affrontano ancora enormi ostacoli in termini di accessibilità, anche quando parliamo di digitale. I dati parlano chiaro: secondo l’analisi delle Nazioni Unite, il 98% dei siti web più visitati al mondo non rispetta le linee guida internazionali sull’accessibilità, e il 63% dei portali governativi nazionali risulta ancora inadeguato. A complicare la situazione, una percentuale inferiore di persone con disabilità riporta di possedere competenze ICT di base, con un divario medio di 3 punti percentuali rispetto alla popolazione generale, che in alcuni paesi supera i 10 punti.

Eeuropean Accessibility Act: le scadenze in vista

L’European Accessibility Act (Direttiva 2019/882) rappresenta un passo importante per colmare queste lacune, in linea con i principi della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità del 2006 (United Nations Convention on the Rights of Persons with Disabilities). In vigore dal 2019, la Direttiva obbliga gli Stati Membri ad adottare – quando si parla di tecnologia e digitale – gli adeguamenti necessari entro il 28 giugno 2025.

Questa normativa estende i vincoli di accessibilità dalla pubblica amministrazione al settore privato, con l’eccezione delle microimprese con meno di 10 dipendenti o bilancio annuale inferiore a 2 milioni di euro, anche se quest’ultime sono comunque incoraggiate a perseguire aggiornamenti che favoriscano l’accessibilità. Gli operatori saranno tenuti, ad esempio, a introdurre descrizioni per immagini e video, semplificare i menu di navigazione e garantire la compatibilità con strumenti di assistenza.

Per i contratti già esistenti prima del 28 giugno 2025, l’obbligo scatterà entro il 28 giugno 2030, salvo che il contratto scada prima di cinque anni, in quel caso la scadenza si anticipa.

Il quadro normativo italiano

In Italia, l’accessibilità è un tema caldo già dal 2004, con la “Legge Stanca”, che ha introdotto obblighi per migliorare l’accessibilità dei siti web della pubblica amministrazione.

Nel 2020, l’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) ha esteso tale obblighi anche alle aziende private con fatturati superiori a 500 milioni di euro nei tre anni precedenti, introducendo linee guida e regolamenti per le procedure di verifica e sanzione. Un sistema di vigilanza è stato infatti affidato al Ministero delle Imprese e del Made in Italy (per i prodotti) e ad AgID (per i servizi), con specifici poteri sanzionatori in caso di inadempienza.

Nello specifico, AgID può infliggere sanzioni fino al 5% del fatturato aziendale, superando persino le multe previste dal GDPR. Inoltre, gli utenti con disabilità possono agire legalmente per chiedere risarcimenti, con conseguenze negative sulla reputazione aziendale. Il mancato rispetto delle norme sull’accessibilità, infatti, non è solo un problema etico, ma comporta anche conseguenze economiche, e gli amministratori che non avviano per tempo i processi di adeguamento potrebbero essere considerati responsabili di eventuali danni subiti dall’azienda.

Strategie per la conformità all’accessibilità

Per evitare di incorrere in queste sanzioni e garantire un’efficace conformità, le imprese devono adottare un approccio strutturato e strategico che parte da un’analisi accurata dei siti web e delle applicazioni per verificare la conformità ai criteri WCAG. Questo processo consente di identificare le aree da migliorare, grazie al lavoro di esperti che redigono un rapporto dettagliato con le azioni necessarie. Successivamente, è fondamentale investire nella formazione del personale coinvolto nello sviluppo e nel design digitale, così da rendere inclusivi non solo i touchpoint esistenti, ma anche quelli futuri. Infine, data la rapida evoluzione tecnologica, è indispensabile prevedere aggiornamenti e verifiche periodiche per garantire che i contenuti restino sempre accessibili e conformi nel tempo.

Verso una società più inclusiva

L’implementazione dell’European Accessibility Act, in Europa e in Italia, rappresenta quindi un passo fondamentale verso una società più inclusiva, garantendo a tutti l’accessibilità di prodotti e servizi. Considerando l’imminente applicazione dei nuovi obblighi, è consigliabile che le aziende adottino tutte le misure necessarie per garantire la conformità normativa, non solo per evitare il rischio di contenziosi legali, ma anche per perseguire l’uguaglianza sociale a cui aspirano gli Stati membri dell’UE, Italia compresa.

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