Il settore automotive sta subendo una repentina e radicale trasformazione sia a livello produttivo che di servizi annessi alla mobilità. Il nostro paese, come l’Europa intera, è chiamato in tempi stretti a scelte strategiche chiave e di lungo termine per il futuro, accompagnate da un importante investimento in termini di risorse monetarie e non solo.
Auto e tecnologia, settori sempre più legati: i nuovi scenari
In questo contesto, il recente studio “EY Electric Vehicle Global Readiness Index” sui principali mercati nell’ambito del settore dell’e-mobility mostra chiaramente come l’automotive e la mobilità elettrica siano al centro delle agende dei principali paesi europei e come, tra di essi, ci sia ancora una forte discrepanza in termini di strategie, investimenti e grado di maturità dell’intero ecosistema.
Secondo lo studio, Cina, Svezia e Germania si collocano nella Top 3 delle nazioni leader nella svolta elettrica. Tra i player “aspiranti” posizioni di leadership si annoverano invece paesi come UK, Corea del Sud e USA che vedono nell’ultimo periodo importanti investimenti e impegni anche a opera dei policy makers (es. incentivi, petrol ban, …) che trainano in parte la crescita della domanda e favoriscono la creazione di un sistema auto-sostenibile.
I 3 fattori chiave nei paesi leader dell’eMobility
I 3 fattori chiave nei paesi leader dell’eMobility:
- Ingente sforzo pubblico/privato nella predisposizione di un ecosistema produttivo e una supply-chain il più possibile integrata come base per un vantaggio competitivo e di costo;
- una maggiore propensione nei consumatori all’approcciarsi ad un possibile acquisto/consideration di un veicolo elettrico BEV/PHEV;
- un importante stimolo governativo e di policy making combinato da azioni regolatorie e, al contempo, da incentivi e azioni di supporto alle imprese e più in generale all’ecosistema mobilità.
La rivoluzione dell’auto elettrica avrà conseguenze ad ampio raggio
Credo sia sfuggito a molti che la transizione verso auto elettriche sta avvenendo molto rapidamente, con conseguenze di sistema: non solo sul mercato e sull’ambiente, ma anche sul lavoro, la geopolitica.
Anche se i veicoli elettrici rappresentano ancora una piccola fetta del mercato – quasi il 9 per cento delle nuove auto vendute l’anno scorso in tutto il mondo erano elettriche, dal 2,5 per cento nel 2019, secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia – la loro rapida crescita potrebbe rendere il 2022 l’anno in cui le auto a batteria faranno il vero boom, cancellando ogni dubbio che il motore a combustione interna sta sbandando verso l’obsolescenza.
La proliferazione delle auto elettriche migliorerà la qualità dell’aria e contribuirà a rallentare il riscaldamento globale.
Allo stesso tempo porterà conseguenze di altro tipo. I produttori di marmitte, sistemi di iniezione del carburante e altre parti potrebbero fallire, lasciando molti lavoratori senza lavoro.
Alcune aziende – più legate ai motori a combustione – potrebbero chiudere. Contraccolpi anche per i territori ancorati al business delle auto che vanno a combustibile fossile.
Non solo. Sembra inevitabile che gli ingredienti delle batterie come il litio, il nichel e il cobalto diventeranno più preziosi del petrolio. I prezzi di questi materiali stanno già salendo alle stelle, il che potrebbe limitare le vendite a breve termine facendo salire il costo delle auto elettriche. Ma anche portare a scontri geopolitici su questi materiali, ora abbondanti soprattutto in Cina. Allo stesso modo in cui da tempo le tensioni geopolitiche seguono le linee dello sfruttamento del petrolio.
Alessandro Longo
Gli italiani e la mobilità sostenibile
Il nostro paese, invece, si colloca tra le nazioni “followers” insieme a Giappone, Canada e India dove alcuni fattori quali presenza di una filiera industriale già in stadio avanzato di conversione all’elettrico, infrastrutture e mercato non sono ancora maturi come accade ai paesi ad oggi trainanti.
Nonostante il ritardo accumulato dal nostro Paese rispetto ad altre nazioni “early adopters” della e-mobility, negli ultimi mesi si è percepita a livello nazionale una grande attenzione verso le tematiche green, anche per via degli effetti della pandemia da Covid-19 che ha cambiato le abitudini di spostamento e la percezione dei consumatori. Da una recente analisi EY si evidenzia come il consumatore italiano sia pronto per il passaggio alla mobilità elettrica ed in particolare alla possibile scelta di veicoli BEV e PHEV per la prossima auto. I motivi di tale scelta possono essere ricondotti sia agli incentivi governativi monetari e non proposti, sia a una crescente consapevolezza ambientale nell’opinione pubblica.
Rispetto alla mobilità sostenibile, il 54% del campione intervistato, in procinto di cambiare auto entro i prossimi tre anni, si orienterebbe verso modelli ad alimentazione ibrida (43%) o elettrica (11%). Il 20% del campione mostra apertura verso nuove formule di possesso (ad esempio Noleggio a Lungo Termine) e nuove modalità di acquisto proposte dalle case automobilistiche. Tra i motivi addotti a sostegno della predilezione, da parte dei consumatori di ibrido o elettrico, spiccano lo stile di vita attento all’ambiente (43%), la possibilità di accedere nel centro della città e nelle ZTL (35%), oltre al il minor costo chilometrico/di manutenzione (33%) e agli incentivi economici all’acquisto (30%).
Questa fotografia pone chiaramente l’Italia come uno dei paesi che necessiterà nei prossimi anni di una forte accelerazione per lo sviluppo del settore dell’eMobility con ingenti sfide da affrontare ma, al contempo, importanti opportunità da poter cogliere.
Le sfide industriali dell’eMobility
Il processo di decarbonizzazione nei trasporti è destinato a essere una delle leve chiave per affrontare il cambiamento climatico. Per raggiungere questo ambizioso obiettivo non si può prescindere dal pensare a un ecosistema efficiente, interconnesso, competitivo e sostenibile. Le sfide che si prospettano per il nostro paese riguardano tutti gli ambiti dalla sfera industriale a quella sociale passando per i servizi annessi al mondo dell’eMobility.
In merito alle sfide industriali, le parole d’ordine sono sviluppo e innovazione. L’Italia è stata nei passati decenni player di riferimento insieme alla Germania nel settore automotive con una leadership di primo ordine per quanto concerne l’indotto, in particolare per la fornitura di componenti e parti meccaniche (es. parti per il powertrain, chassis, freni) con realtà industriali affermate a livello mondiale. L’avvento dell’auto elettrica stravolge i paradigmi attuali, le aziende dell’indotto sono chiamate a una riconversione fatta non solo di macchinari e attrezzatura ma prima di tutto di processi, strumenti, risorse umane e skills. Il nostro paese deve trovare nell’ecosistema dell’e-mobility il proprio nuovo spazio di “leadership” puntando a un ruolo primario nella filiera produttiva o di ricerca e sviluppo. Sicuramente questo rappresenta un challenge, in primis a livello temporale, in quanto gli investimenti in innovazione comportano tempi lunghi nel passaggio alla produzione su vasta scala di tecnologie e prodotti.
Guardando invece al cittadino, la vera sfida è il cambiamento culturale nell’approccio alla mobilità, facendo leva su nuovi modelli (es. MaaS, Sharing, Servitization) richiedendo ai player tradizionali della mobilità e dei servizi di giocare un ruolo di primo piano nell’educazione e nell’accompagnamento delle persone al nuovo paradigma dell’elettrico.
Il ruolo dei fornitori di servizi
Proprio i fornitori di servizi sono uno dei possibili fattori abilitanti della mobilità se, con essa, sapranno evolversi nel prossimo futuro. Infatti, l’alta dispersione del mercato dei servizi di mobilità attuale non contribuisce al miglioramento dell’esperienza cliente e, più in generale, rappresenta una forte barriera all’ingresso al mondo della e-mobility in generale. Questo fattore, spesso sottovalutato nell’analisi della curva di adozione della mobilità elettrica, è in realtà determinante. L’aggregazione del settore in grandi player può rappresentare in questo senso un facilitatore e, forse, uno dei reali maggiori abilitatori nell’adozione di massa nel nostro paese.
Infine, non possiamo ancora dire conclusa la fase di creazione di un’infrastruttura capace di sostenere la crescita della mobilità elettrica. In particolare, l’avanzamento nello sviluppo e nella commercializzazione di veicoli o sistemi alimentati a elettricità deve andare di pari passo con il rafforzamento di una rete infrastrutturale adeguata a livello europeo e non solo nazionale.
Conclusioni
Quello che è necessario, dunque, a livello paese è la definizione di una strategia nel lungo termine, finalizzata allo sviluppo dei distretti industriali dell’auto. Solo per fare alcuni esempi, possono essere il polo della componentistica nel nord ovest, la Motor Valley e l’indotto in Emilia-Romagna o le aziende che già sono leader in specifiche tecnologie di stampaggio a caldo dei metalli per la costruzione di chassis per auto.
La chiave di volta può essere l’utilizzo efficiente delle risorse previste nei prossimi anni che possono diventare volano per l’implementazione del piano strategico di sviluppo del comparto. L’obiettivo è quindi accelerare la crescita attraverso i tre pilastri su cui poggiare questo cambiamento:
- incentivi delle logiche di co-opetition e collaboration intra settoriale tra settori affini alla mobilità sostenibile;
- sviluppo di nuove competenze in linea con le richieste di mercato;
- supporto alle attività di ricerca e sviluppo in modo diretto tramite incentivi e indiretto favorendo una de-burocratizzazione e tempi e regole certe.