ESG e cambiamento climatico

Bilancio di sostenibilità: una guida per le aziende



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L’attenzione ai criteri ESG nelle PMI è in crescita. Dalla rendicontazione di tali parametri alla gestione del cambiamento climatico, il punto sulle sfide e le opportunità che le PMI affrontano nel contesto della sostenibilità ambientale e delle performance aziendali

Pubblicato il 22 dic 2023

Giuseppe d’Ippolito

European Climate Pact Ambassador



Esg,Concept,Of,Environmental,,Social,,And,Governance.esg,Icon,On,A

L’attenzione verso le tematiche ESG (Environmental, Social and Governance) da parte delle PMI è in costante ascesa. Sempre più imprese riconoscono il valore di una rendicontazione che integri parametri ambientali, sociali e di governance, delineando un quadro completo e trasparente dell’impatto della loro attività.

Il cambiamento climatico e la sua potenziale influenza sul business diventano così punti centrali dello scenario ESG: l’informazione relativa al clima entra a far parte del bilancio di sostenibilità, contribuendo a definire standard di rendicontazione sempre più accurati e affidabili.

Guardando al futuro, l’integrazione di questi parametri si prospetta come un elemento fondamentale per le strategie aziendali: tra green marketing e nuove normative europee, l’ESG rappresenta una chiave di lettura imprescindibile per comprendere e gestire i mutamenti in atto nel mondo dell’economia e degli affari.

L’aumento della rendicontazione ESG tra le PMI

Chi dice che la UE approva direttive e regolamenti che non saranno mai applicati, in mancanza di controlli interni? Il riferimento è, in questo caso, alle recenti normative in materia di sostenibilità e di rendicontazione ambientale e sociale, da rilasciare periodicamente, ad integrazione delle abituali rendicontazioni societarie e contabili. Quello che di solito si chiama “bilancio di sostenibilità” e che in realtà è un’informativa al mercato sull’impegno ambientale, sociale e gestorio di una impresa o società in forza dei principi ESG (Environmental, Social e Governance).

Ebbene, nonostante direttive e regolamenti prevedano obblighi solo per soggetti di grande o grandissima dimensione e secondo un calendario di adempimenti che va dal 2024 al 2026, i dati forniti da Infocamere (riportati dal Sole24ore del 20/11/23) fotografano una situazione, riferita al 2022, in cui non solo questi nuovi report sono più che raddoppiati negli ultimi anni ma, soprattutto, che ad avervi fatto ricorso sono state, nel 46% dei casi, le piccole e medie imprese con volumi di ricavi inferiori ai 50 milioni di euro e un numero di addetti da zero a nove. Cioè, proprio quelle PMI che non hanno nessun obbligo particolare, né alcuna scadenza da rispettare, in base alle normative sulla informativa ESG. Si è già avuto modo di scrivere che, in materia di sostenibilità, il controllo lo fanno le regole del marketing, della competition, del consumer market e della finanza, sotto la spinta delle banche centrali e/o nazionali. E questi sono controlli ben più efficaci dell’intervento di una qualunque Autorità.

Rendicontazione ESG e mutamenti climatici: l’impatto sul business

Partendo quindi dalla considerazione dell’opportunità di fornire un minimo strumentario utile in particolar modo a quei soggetti motivati all’adozione volontaria dei principi di sostenibilità ESG (che magari, come si è detto, sono anche coloro che hanno minore disponibilità di ausili specialistici) e alle Società Benefit (il cui modello d’impresa è orientato, in Italia per legge, agli ESG), l’argomento principale da affrontare per l’attualità e per la sua cogenza sul più vasto tema della sostenibilità ambientale, è quello legato ai mutamenti climatici e all’informativa legata al clima.

Standard della rendicontazione di sostenibilità: panorama attuale

Sarà bene premettere che l’ESG rappresenta un approccio ampio (una sorta di cornice tematica) all’integrazione dei fattori ambientali, sociali e di governance nelle decisioni aziendali. L’ ESG considera l’intero ecosistema di fattori in cui opera un’azienda e cerca di valutare e integrare tali fattori nelle strategie, nelle operazioni e nella gestione aziendale.

L’ ESG implica l’analisi e la valutazione di fattori quali l’impatto ambientale delle attività aziendali, il coinvolgimento delle parti interessate, la gestione dei rischi, la diversità e l’inclusione, la conformità alle norme etiche e la responsabilità sociale.

Ma sono gli Standard di Sostenibilità (il contenuto della cornice) che forniscono le linee guida specifiche per la divulgazione e la trasparenza delle performance aziendali, la pratica attuazione dei principi ESG. Essi sono quindi importanti perché permettono di misurare in modo preciso e sulla base di parametri standardizzati e condivisi le performance ambientali, sociali e di governance di un’azienda. Per lungo tempo l’impegno sociale, ambientale e le buone pratiche di governance di una organizzazione hanno rappresentato una scelta del tutto libera e indipendente da parte delle organizzazioni e così la loro rappresentazione e la relativa comunicazione. I risultati raggiunti venivano descritti sulla base di scelte e logiche legate a ciascuna realtà e non potevano essere “misurate” o “paragonate” a quelle di altre aziende e non potevano neppure essere oggetto di valutazioni “oggettive”. Oggi, invece, sono gli Standard di Sostenibilità a consentire di ricondurre a criteri di misurazione oggettivi e condivisi anche le attività ambientali, sociali e di governance.

Esistono quindi vari standard ma, tra quelli dedicati all’attuazione dei principi ESG, i più importanti sono due: quelli adottati dall’European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG) e gli International Financial Reporting Standards (IFRS) dell’International Sustainability Standards Board (ISSB). I primi sono utilizzabili solo in Europa; i secondi, invece, sono utilizzabili, ad oggi, in 132 giurisdizioni in tutto il mondo, tra cui, oltre la stessa Unione Europea, anche in Australia, Brasile, Canada, Cile, Paesi del GCC (Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman, Qatar), Hong Kong, India, Israele, Malesia, Pakistan, Filippine, Russia, Singapore, Sud Africa, Corea del Sud, Taiwan e Turchia.

Il primo Standard IFRS (S1) descrive gli adempimenti necessari per comunicare al mercato e agli stakeholder l’informativa finanziaria correlata alla Sostenibilità nella rendicontazione ambientale e sociale; il secondo (S2) è invece dedicato all’informativa integrativa relativa al clima.

I contenuti dell’informativa relativa al clima nel bilancio di sostenibilità

I requisiti dell’IFRS S2 sono strutturati attorno ai contenuti principali relativi alla governance, alla strategia, alla gestione del rischio, alle metriche e agli obiettivi. Si tratta di un’informativa integrativa per cui essa va sempre a completare la più generale rendicontazione di Sostenibilità.

Tenendo conto che gli argomenti chiave su cui ruota tutta l’informativa, sono i rischi e le opportunità legati al clima, occorre fornire informazioni su:

(a) I processi, i controlli e le procedure di governance.

(b) La strategia dell’ente.

(c) I processi per individuare, valutare, stabilire le priorità e monitorarle.

(d) Le prestazioni, i progressi compiuti verso il conseguimento degli obiettivi climatici fissati e quelli necessari per legge o regolamento.

I rischi possono essere presenti per quasi tutti gli enti e i settori economici. Un ente può esservi esposto direttamente o indirettamente (tramite terze parti quali fornitori e clienti). Ovviamente i rischi possono variare a seconda del settore, dell’industria, dell’ubicazione e delle circostanze specifiche del soggetto dichiarante.

Le opportunità legate al clima, si concentrano sulla mitigazione dei cambiamenti climatici e sull’adattamento ai loro effetti.

Come incidono i mutamenti climatici sui contenuti dell’informativa

Lo Standard prevede di distinguere i rischi in fisici e di transizione.

I rischi fisici

  • I rischi FISICI derivanti dai cambiamenti climatici sono poi diversamente classificati a seconda che essi siano:

(a) acuti, cioè dipendenti da eventi straordinari come tempeste, precipitazioni o aumento delle temperature. Per esempio, temperature estreme o forti tempeste possono incidere sui locali, sulle operazioni, sulla catena di approvvigionamento, sulle esigenze di trasporto o sulla sicurezza dei dipendenti, con conseguenti effetti sui flussi finanziari dell’ente, sul suo accesso ai finanziamenti o sul costo del capitale.

(b) cronici, cioè derivanti da fattori a lungo termine come l’aumento delle temperature medie, i cambiamenti nei modelli di precipitazione o l’innalzamento del livello del mare. I rischi cronici potrebbero anche avere conseguenze finanziarie a lungo termine per gli enti. Per esempio, l’innalzamento del livello del mare potrebbe influire sui locali o sulle operazioni di un ente.

I rischi di transizione

I rischi di transizione associati ai cambiamenti climatici sono invece quelli politici, giuridici, tecnologici e di mercato derivanti dagli sforzi per limitare il riscaldamento globale e passare a un’economia a basse emissioni di carbonio. Tali modifiche potrebbero includere nuove normative per ridurre al minimo le emissioni di gas a effetto serra o uno spostamento delle preferenze del mercato verso prodotti e servizi a basse emissioni di carbonio. Per esempio, le disposizioni normative introdotte a seguito dell’Accordo di Parigi o dell’Agenda Onu 2030, entrambi del 2015.

Le opportunità

Ma associati ai mutamenti climatici, lo Standard prevede anche le opportunità che sono da inserire nell’informativa relativa al clima, quando un ente realizzi una serie di risposte di mitigazione e adattamento per gestire i rischi fisici e di transizione connessi ai cambiamenti climatici. Gli sforzi di mitigazione, come quelli volti a ridurre le emissioni di gas a effetto serra, sono principalmente associati alle risposte di un ente ai rischi di transizione. Per esempio, un ente potrebbe adottare nuove tecnologie o modificare il proprio modello di business per introdurre nuovi prodotti e servizi che riducano le proprie emissioni di gas a effetto serra.

Si consideri bene che, nonostante le disposizioni dell’IFRS S2 non facciano esplicito riferimento ad alcuni singoli eventi legati al clima, quali la riduzione dell’accesso all’acqua dolce, la perdita di biodiversità, la deforestazione e gli impatti sociali legati al clima, l’informativa su questi e altri aspetti simili è richiesta se l’ente determina che le informazioni sono rilevanti per gli utilizzatori di bilanci per scopi generali. Per esempio, se un produttore di bevande determina di essere esposto agli effetti a breve, medio o lungo termine del cambiamento climatico sulla disponibilità di acqua, in particolare nelle regioni soggette a stress idrico, l’ente potrebbe determinare che le informazioni sulle implicazioni della ridotta disponibilità di acqua per la sua strategia, le operazioni, la pianificazione del capitale e i valori delle attività, sono rilevanti. Pertanto, tali informazioni sarebbero richieste dall’IFRS. Non saranno richieste, invece, se l’attività del soggetto dichiarante non è esposto a tali variabili. Nel precedente esempio, qualora l’ente disponga di un approvvigionamento idrico autonomo o, comunque, non suscettibile di variazioni.

Parametri per valutare i mutamenti climatici nell’informativa ESG

I fattori a cui fare riferimento per valutare la strategia, il processo decisionale, la pianificazione della transizione, e gli obiettivi legati al clima, sono:

(a) resilienza ai cambiamenti climatici;

(b) emissioni di gas a effetto serra;

(c) requisiti basati sulle specificità del settore economico di riferimento.

Si tratta di una metrica approvata nello Standard IFRS nel giugno scorso ma già in fase di una continua revisione. Ciò perché si tratta di fattori fortemente condizionabili dai vincoli di risorse (es. obblighi legislativi sulla costituzione di riserve di bilancio o da un’imposizione fiscale “green tax”), dalla disponibilità dei dati (se forniti da istituzioni esterne all’organizzazione del dichiarante), dalla disponibilità di contributi specialistici (che il dichiarante può non avere al proprio interno).

Per questi motivi, lo standard ha già previsto una fase di transizione per cui, solo per il primo anno di sua applicazione, cioè fino a tutto il 2024, sarà ad esempio consentito di misurare le proprie emissioni di gas a effetto serra in conformità ad un proprio standard aziendale, anche se diverso dallo standard GHG Protocol, universalmente adottato nel mondo.

Rimane ancora come tema aperto, ai fini dell’informativa sul clima e al report di sostenibilità, la valutazione del sistema per lo scambio delle quote di emissione, previsto dalle disposizioni EU ETS (Emissions Trading System), dal Programma Fit for 55, oltre che, sin da Kyoto 1997, dai meccanismi dei Carbon credits.

Come è noto, il sistema opera secondo il principio del “Cap and Trade”: viene fissato un tetto o limite, che stabilisce la quantità massima di gas serra che può essere emessa dagli impianti che rientrano nel sistema. Oltre questo limite, le imprese possono acquistare o vendere quote, in uno specifico mercato, in base alle loro esigenze. Le quote rappresentano la valuta centrale del sistema (corrispondenti a finanziamenti di interventi ambientali) e per ogni quota il suo titolare ha diritto di emettere una tonnellata di CO2.

Il meccanismo, noto anche come “compensazione” delle emissioni climalteranti, è oggi rendicontabile sia nella Disclosure of Sustainability related Financial Information che in quella, integrativa, Climate related. Ma, invece, la possibilità di utilizzarlo al fine di sostenere un claim di Sostenibilità nel green marketing, è assai dubbia.

La legislazione dei vari paesi sulla misleading advertising va dall’apertura completa al divieto totale. Ma essa sta per uniformarsi, almeno per i paesi europei, perché a Bruxelles è nelle fasi finali di discussione una direttiva appositamente dedicata ai “Green Claims” che, almeno nella proposta iniziale, si preannuncia come assai restrittiva e rigorosa sui riferimenti di marketing alla sostenibilità. Se essa dovesse essere definitivamente approvata, senza significativi annacquamenti, sarebbe difficile pensare che anche tutti gli standard che si riferiscono ai principi ESG, non vi si adeguino.

Conclusioni

È una materia di una certa complessità, anche se più applicativa che concettuale. Sarà forse per questo che dal recente Rapporto Annuale dell’Esg Culture Lab, emerge che il 97% degli italiani ha sentito parlare almeno una volta di sostenibilità, ma solo il 24% sa a cosa si riferisce il termine Esg, acronimo di Environmental, Social, Governance. Numeri che non sembrano spaventare quel 46% di PMI (percentuale sempre in crescita) citato in introduzione, convinto che, al di là degli obblighi normativi, la Corporate Social Responsability, sta creando nei fatti, le condizioni per una Sostenibilità che assuma il ruolo di “driver esistenziale”, che caratterizzi e influenzi gli stili di vita, impattando direttamente sulle scelte di acquisto e di consumo.

Sitografia

  • D’Ippolito G., “Le imprese verso la prima dichiarazione di sostenibilità ecco tutti gli obblighi” in Agenda Digitale:
  • Ramenghi G., “IFRS-S2: l’informativa relativa al clima” in IPSOA:

  • Banca d’Italia, Rapporto Ambientale – 2022, in:

  • D’Avanzo W., Il bilancio ambientale nella rendicontazione sociale, in: Diritto e giurisprudenza agraria alimentare e dell’ambiente, n.1, 2020,

  • Gubelli S., La rendicontazione socio-ambientale, in Alta Scuola Impresa e Società, Università Cattolica del Sacro Cuore:

  • Azione per il clima e sostenibilità ambientale. Quadro generale 2023: in Banca europea per gli investimenti:

  • Molinari M. e Carungu J., “Rendicontazione non Finanziaria: dalla forma alla sostanza” in Osservatorio DNF:

  • Tassonomia, un obbligo per chi fa DNF in ETicalNews:
  • La rete di banche, assicurazioni e investitori convocata dalle nazioni unite per accelerare lo sviluppo sostenibile, in:

  • ESG, consumatori e investitori premiano le aziende sostenibili, in Cribis:

  • Sustainability concern and action, in GfK:

  • Kunming-Montreal global biodiversity framework, in Convention on Biological Diversity:

  • Decision adopted by the conference of the parties to the convention on biological diversity, in:

  • Bilancio di sostenibilità: che cos’è, quali sono gli obiettivi e le caratteristiche, in Network Digital360:
  • ESG: tutto quello che c’è da sapere per orientarsi su environmental, social, governance, in Network Digital360:
  • Proposta di direttiva del parlamento europeo e del consiglio che modifica le direttive 2005/29/ce e 2011/83/ue per quanto riguarda la responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde mediante il miglioramento della tutela dalle pratiche sleali e dell’informazione, in Eur-Lex:

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