La creazione di nuovi materiali, biocarburanti e alimenti sicuri, sani e ricchi di macronutrienti dall’utilizzo di residui forestali, rifiuti organici, scarti e sottoprodotti dell’industria alimentare è solo una delle applicazioni concrete della bioeconomia che riguarda da vicino la nostra vita oggi e sempre più lo farà nel nostro futuro.
Purtroppo, in Italia, esiste ancora una scarsa consapevolezza del grande valore della bioeconomia circolare in termini di rigenerazione territoriale, creazione di valore per la nostra economia e conseguentemente di posti di lavoro altamente qualificati.
Ne è una dimostrazione la mancanza di spazio per la bioeconomia circolare nel PNRR a cui è affidata la transizione ecologica dell’Italia. Eppure la bioeconomia potrebbe essere di grande supporto alla transizione ambientale.
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Di cosa parliamo quando parliamo di bioeconomia
In parole semplici, per bioeconomia si intende quella economia che utilizza le risorse biologiche terrestri e marine, così come i rifiuti, come input per l’alimentazione, la produzione industriale e di energia.
La bioeconomia è quindi un meta settore importante per contribuire allo sviluppo sostenibile, un’economia prospera e rispettosa dell’ambiente, meno dipendente dai combustibili fossili e dalle risorse non rinnovabili. La sua applicazione offre la possibilità di superare il sistema basato sul consumo lineare delle risorse per uno basato maggiormente sulla circolarità.
Mai come in questo contesto storico è necessario quindi riportare all’attenzione questo nuovo paradigma, promuovendo la definizione di piani d’azione che possano tradurre l’enorme potenziale presente da Nord a Sud dell’Italia in applicazioni innovative e sostenibili nell’industria così come nell’agricoltura.
A che punto siamo in Italia
L’Italia ha presentato nel 2017 la sua prima strategia nazionale per la bioeconomia, aggiornandola nel 2019 e presentando, lo scorso gennaio, un action plan 2020 -2025 per la sua implementazione.
Nel nostro Paese è poi attivo, dal 2014, il Cluster della Bioeconomia Circolare SPRING di cui Federchimica, di cui Assobiotec fa parte, è socio fondatore. Si tratta di un’Associazione che aggrega soggetti innovativi lungo tutta la filiera della chimica da fonti rinnovabili per contribuire a consolidare un modello italiano della bioeconomia volto alla riduzione delle emissioni di CO2 e all’uso efficiente di risorse. Il Cluster nel 2019, tramite il decreto del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, viene formalmente riconosciuto come componente della cabina di regia nazionale – sul tema della Bioeconomia – “per il coordinamento delle politiche di ricerca industriale a livello nazionale e locale, nonché di raccordo tra le misure promosse a livello centrale e regionale e, con riferimento alle regioni del Mezzogiorno, anche quale strumento facilitatore per l’attuazione e l’impiego degli interventi sul territorio”.
Il valore delle bioeconomia
Secondo le stime presentate nel Rapporto “La bioeconomia in Europa”, redatto dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo in collaborazione con il Cluster SPRING e ASSOBIOTEC – Federchimica, nel 2020 la bioeconomia in Italia ha generato un output pari a circa 317 miliardi di euro, occupando poco meno di due milioni di persone.
Dopo aver chiuso il 2019 con un incremento dell’1,4%, nel 2020 la bioeconomia ha perso nel complesso il 6,5% del valore della produzione, un calo inferiore rispetto a quanto segnato dall’intera economia (-8,8%): il peso della bioeconomia in termini di produzione è pertanto salito al 10,2% rispetto al 10% del 2019 e al 9,9% del 2018.
In tutti i paesi europei il valore della bioeconomia, che comprende molte attività essenziali, ha registrato un calo meno rilevante rispetto al totale dell’economia (-4,3% per il Regno Unito, -3,1% per la Germania, -3% per la Spagna, -2,3% per la Francia e +3,3% per la Polonia), evidenziando una maggiore resilienza allo shock pandemico, con risultati che dipendono sia dalla severità della pandemia e delle relative misure di contenimento sia dalla differente composizione della bioeconomia nei diversi paesi.
Le performance settoriali risultano, infatti, molto diversificate: la filiera agro-alimentare, che in Italia rappresenta oltre il 60% del valore della bioeconomia, è risultata meno colpita dalla crisi generata dalla pandemia, nonostante la chiusura della ristorazione a valle. Il sistema moda, che riveste un ruolo particolarmente importante per l’Italia, è invece il settore che registra la flessione più accentuata, a causa della chiusura della fase distributiva, del blocco negli arrivi di turisti stranieri e delle modifiche nelle preferenze d’acquisto dei consumatori.
L’impegno di Assobiotec
Come Assobiotec siamo impegnati per lo sviluppo di questo meta settore, non solo attraverso la definizione e la promozione di azioni di policy, ma anche con azioni di comunicazione e divulgazione per cercare di colmare il gap informativo legato alla bioeconomia.
Ad esempio, la bioeconomia, insieme alle Scienze della Vita e all’ecosistema biotech è un macro tema del progetto “Biotech, il futuro migliore”, giunto quest’anno alla sua seconda edizione, che prevede tavoli di lavoro a porte chiuse tra gli addetti ai lavori e dirette social dedicate al grande pubblico. In questo progetto, lo scorso 13 settembre si è svolto il gruppo di lavoro a porte chiuse “One health la salute del pianeta è la salute dell’uomo” nel quale abbiamo riflettuto sul ruolo dell’innovazione legata alle biotecnologie per garantire produttività e sostenibilità al sistema agricolo e agli altri settori della bioeconomia a esso legati.
Il settore delle biotecnologie, che vuole agire nella prospettiva trasversale di “One Health”, dove anche l’agroalimentare possa contribuire alla salute umana e alla tutela ambientale, vede in questo momento alcuni obiettivi molto concreti su cui focalizzarsi.
- Cogliere le opportunità che le tecniche di evoluzione assistita basate sul genome editing, come espressione di biotecnologie sostenibili, offrono alle diversificate produzioni tipiche dell’agricoltura italiana, sostenendo la ricerca pubblica, la sua integrazione con il settore privato e consentendo finalmente, pur con le limitazioni dell’attuale normativa, la sperimentazione in campo.
- Affrontare, anche nella prospettiva del programma europeo “Soil Health”, i problemi legati alla gestione dei suoli agricoli e dell’apporto di sostanza organica, sfruttando le opportunità che derivano dalla disponibilità di compostati e digestati, in una rigorosa garanzia di qualità dei potenziali apporti che ne possono derivare, anche nel rispetto di parametri ambientali e di salute.
- Verificare come la disponibilità di materie prime e seconde provenienti dal comparto agroalimentare, tenendo conto delle indicazioni dell’Unione Europea volte a diminuire il ricorso a materie prime destinate all’alimentazione umana ed animale, possa contribuire allo sviluppo di produzioni in altri settori, basate su biomateriali, nella prospettiva dell’economia circolare, tenendo conto delle disponibilità nel tempo e nello spazio e degli usi produttivi a cui sono già ora destinate.
Di bioeconomia si è parlato anche in occasione della Biotech week, una settimana di divulgazione scientifica per far conoscere, anche ai non addetti ai lavori, il valore delle biotecnologie e le loro innumerevoli applicazioni, in programma dal 27 settembre al 3 ottobre.
E poi c’è il Festival della Bioeconomia a Caltagirone, il Forum Internazionale sulle biotecnologie industriali e la bioeconomia a Trento, il Rapporto sulla bioeconomia in Europa di Intesa Sanpaolo tante iniziative sulle quali c’è anche l’impegno della nostra Associazione con l’obiettivo di far conoscere più da vicino e meglio un settore così importante.