La trasformazione digitale delle città metropolitane passa da un nuovo modello di cooperazione tra livelli di governo e da un maggiore coordinamento istituzionale/tecnico per i Piani di Investimento che valorizzi il riuso, garantisca indirizzi chiari, efficacia nella spesa e coerenza dell’azione anche a livello territoriale.
Che cos’è la Città metropolitana
La Città Metropolitana (CM) è introdotta in Italia con la legge 56/2014 (Legge Delrio) con un impianto normativo incerto (sia nella governance che nella funzione) e perciò slegato da una reale capacità di gestire i temi dell’urbanizzazione e delineare nuovi modelli di servizio. La via italiana alla città metropolitana non è quindi ancora chiara mentre le trasformazioni tecnologiche potrebbero potenzialmente offrire nuovi sistemi di vita e schemi produttivi.
Risorse per la trasformazione digitale
La dotazione di risorse per le città metropolitane per la trasformazione digitale è limitata ma sull’efficacia delle misure a costruire un ecosistema abilitante pesa la debolezza del disegno nazionale. Infatti, per governare il network dei sistemi territoriali metropolitani e assicurare la missione di motore dello sviluppo è in corso sostanzialmente solo il Programma Operativo Nazionale Città Metropolitane 2014-2020 (PON Metro) che rappresenta la parte più cospicua delle poche risorse pubbliche, nazionali ed europee stanziate e servirebbe alla loro trasformazione in smart cities.
I due driver strategici del programma per le città metropolitane
Il Programma di cui beneficiano le 14 Città Metropolitane è strutturato su due driver strategici:
1. Smart City per il ridisegno e la modernizzazione dei servizi urbani (Asse prioritario I – Agenda Digitale metropolitana e Asse prioritario II – Sostenibilità dei servizi e della mobilità urbana);
2. Innovazione sociale per l’inclusione dei segmenti di popolazione più fragile e per aree e quartieri disagiati (Asse prioritario III – Servizi per inclusione sociale; Asse prioritario IV – Infrastrutture per inclusione sociale).
La dotazione finanziaria totale per l’Asse I è di circa 152 milioni di euro di cui, in media, 7,95 milioni di euro per le otto città del Centro Nord e 14,73 milioni di euro per le sei città del Sud. Nelle immagini successive è rappresentata la distribuzione di tali risorse fra le varie CM in considerazione dei criteri di allocazione che discendono dall’Accordo di Partenariato tra Italia e Commissione Europea e quindi della localizzazione di tali città nelle diverse Regioni. Ciò ha comportato per le città del Mezzogiorno disponibilità di risorse superiori.
L’obiettivo ambizioso sarebbe quello di arrivare a realizzare quello che Stephen Goldsmith e Neil Kleiman in “a New City O/S: The Power of Open, Collaborative, and Distributed Governance” definiscono l’ecosistema socio-tecnologico per traguardare migliori outcomes per la comunità in termini di efficienza e produttività.
Le CM dovrebbero prevedere nel loro ecosistema sia cambiamenti del modello amministrativo-organizzativo che piattaforme digitali abilitanti, per rappresentare il vero motore della quarta rivoluzione. Città più rapide e performanti nella risposta ai cittadini, che attuano una vera democrazia partecipativa, che danno impulso alla cooperazione con i privati, il mondo della ricerca e gli innovatori, che promuovono la formazione di nuove competenze e che sono in grado di accompagnare la trasformazione.
Da un’analisi dei Piani Operativi del PON Metro 2014-20 -ribadiamo, principale programma di finanziamento per le CM sull’Asse Agenda Digitale- si scorgono, tuttavia, una serie di azioni municipali e territoriali di qualità ma slegate da una strategia veramente complessiva del sistema Paese.
Una governance multilivello per ottimizzare le risorse
E’ vero che AgID e il Team Digitale hanno pubblicato il Piano Triennale 2017-2019 per l’informatica nella Pubblica Amministrazione che contiene indirizzi di metodo e specifiche tecniche per la trasformazione digitale. Ma manca una governance multilivello capace di una strategia efficiente che ottimizzi le poche risorse messe a disposizione degli enti territoriali.
Indicativo è il fatto che nel Piano Triennale i fondi del PON Metro non vengano nemmeno citati. La conseguenza è che l’approccio all’innovazione tecnologica adottato dalle CM appare, nel complesso il frutto di intuizioni e strategie territoriali, in taluni casi troppo verticale (per silos), con soluzioni dedicate a singoli settori dell’amministrazione e limitata attitudine all’interoperabilità, apertura, riuso e cooperazione.
Rischia di perdersi quindi l’opportunità di valorizzare e condividere le qualificate competenze dei protagonisti delle smart cities insieme agli sforzi di chi opera a livello nazionale.
La figura seguente mostra il costo in milioni di euro degli interventi PON Metro proposti dalle CM su Asse I – Agenda Digitale distinti per area tematica.
I cinque elementi di debolezza dei piani operativi
- Scarso coordinamento del livello nazionale con le iniziative promosse a livello centrale. Si citano in particolare due aspetti. Diverse città hanno previsto di impegnare risorse nel potenziamento delle Infrastrutture fisiche e dei propri Data Center ma non è chiaro come questo si coniughi con il grande progetto di armonizzazione e razionalizzazione dei CED della Pubblica Amministrazione in cui sono impegnati AgID e il Team Digitale e che ha l’obiettivo di portare, a valle di un censimento tuttora in corso, al consolidamento delle risorse ICT in Poli Strategici Nazionali (PSN) riducendo la frammentazione degli investimenti in infrastrutture fisiche. Inoltre, non tutte le Città hanno programmato nell’ambito delle proprie realizzazioni la necessaria integrazione ai common service (SPID, PagoPA, ANPR) previsti dal citato Piano Triennale per l’informatica nella PA, con il rischio che non tutte le soluzioni messe in campo saranno dialoganti con le piattaforme centrali e probabilmente i cittadini a diverse latitudini avranno un’offerta di servizi e user experience disuguali.
- Rischio nel complesso di presidiare la frontiera dell’innovazione con interventi meramente tecnologici. Ciò è forse dovuto alla mancanza di un indirizzo condiviso e chiaro riguardo la necessità di cogliere l’opportunità di questi fondi per proiettarsi -con una visione a medio/lungo termine- nella PA del futuro e adottare: framework aperti per la cooperazione applicativa, sicuri e scalabili e soluzioni Open Source per favorire lo sviluppo di ecosistemi cooperanti; user centered design e soluzioni mobile first per ridurre la distanza fra cittadini e amministrazioni; l’internet delle cose (IoT) e tecniche BigData e di InfoData Visualization per un’azione amministrativa predittiva e data-driven cities; workflow standard per la dematerializzazione dei procedimenti e favorirne il riuso; l’Intelligenza Artificiale (IA) e il Machine Learning (ML) per l’automazione delle procedure burocratiche routinarie e il ridisegno del modello organizzativo; la condivisione dei dati in formato aperto (Open Data) a vantaggio della comunità.
- Ripetitività delle soluzioni e bassa attitudine alla condivisione e riuso. Diversi progetti contenuti nei Piani Operativi sono finalizzati alla digitalizzazione di funzioni di specifici settori con conseguenti costi di realizzazione di interventi replicati elevatissimi. Emblematico è il caso dello Sportello Unico per Edilizia e Catasto (SUE): i procedimenti adottati dalle Amministrazioni sono simili fra loro (Permesso di Costruire, CIL, CILA, SCIA, Agibilità ecc.), la modulistica è unificata e standardizzata a livello nazionale dal 2017, ma sul Programma sono previsti incredibilmente 11 progetti diversi per un totale di circa 24 Milioni di euro! Il riuso, ancora non praticato, è invece previsto dal CAD fin dal 2005.
- Sottovalutazione dei settori tecnici delle città (ad es. Lavori Pubblici). Sono poche le Città che hanno deciso di investire in interventi dedicati a questa area tematica, che invece grazie alle moderne tecnologie (in primis IoT e Big Data) potrebbe conseguire maggiore efficacia del servizio e l’abbattimento dei costi di manutenzione e gestione delle infrastrutture che pesano sui bilanci comunali e alle volte determinano debiti manutentivi.
- Assenza di indicatori di risultato per monitorare la spesa. Fa riflettere che l’unico indicatore di risultato (output) monitorato nell’ambito del PON Metro riguardi il numero di Comuni della cintura metropolitana che usufruiranno dei sistemi informativi integrati realizzati. Non è prevista invece una verifica del livello dello stato di attuazione ex ante dell’Agenda Digitale nei Comuni (as-is) e una misura degli impatti (to-be) che le realizzazioni produrranno in termini di avanzamento nello stato di attuazione e di outcome per i cittadini.
Strada in salita per le smart city
Complice una non omogenea diffusione di competenze che possano guidare la trasformazione digitale, il rischio è che le limitate risorse a disposizione vengano disperse in soluzioni senza una logica di sistema, frammentate, non interoperabili, non riutilizzabili, non risolutive. Si pone quindi un problema di coordinamento circa l’azione tecnica di supporto a livello centrale per l’attuazione dell’Agenda Digitale al fine di delineare in maniera compiuta una strategia nazionale che ottimizzi la spesa.
Altrimenti la strada per le città smart appare in salita, soprattutto per quelle città che in assenza di un disegno ben delineato e per carenza di competenze incontrano maggiori difficoltà,
Probabilmente, non è troppo tardi per realizzare un assessment dello stato di attuazione dell’Agenda Digitale nelle città per eventualmente ri-calibrare gli interventi e/o inquadrarli in un framework omogeneo e condiviso che porti ad uno sviluppo equo e sostenibile. Potrebbe servire un modello nazionale di ente digitale e un programma di trasformazione che si accompagni con un adeguamento delle figure, delle competenze e delle regole amministrative.
Ripensare il modello di cooperazione
Certamente, occorre un ripensamento del modello di cooperazione tra livelli di governo e uno sforzo di coordinamento istituzionale/tecnico per i Piani di Investimento delle Città sull’asse dell’Agenda Digitale che moltiplichi le chances dividendo i compiti, valorizzando il riuso, garantisca indirizzi chiari (in particolare per le questioni procedimentali e il procurement dell’innovazione), efficacia nella spesa e coerenza dell’azione anche a livello territoriale.
L’idea lanciata di recente dei Team Digitali Locali è uno dei tanti modi per aiutare una strategia condivisa.
In questa fase di transizione, sarà interessante comprendere gli intendimenti del nuovo Governo e provare, almeno nel digitale, a costruire un’azione strategica e partecipata tra tutti gli attori per affrontare sia il problema della Governance che il problema del sense del cambiamento digitale nelle aree urbane.