C’è un tema che sta emergendo in modo sempre più rilevante nell’ambito delle iniziative di trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione Locale: si tratta della necessità di raccordarsi tra le città per velocizzare il percorso e ridurre le insidie di approcci non consolidati (esempio recente è il premiato Comunweb)
E questo diventa sempre più evidente quanto più matura la consapevolezza che non si tratta di attuare dei “piani di informatizzazione”, come purtroppo leggiamo ancora in diverse testate generaliste, ma di realizzare una trasformazione che si propone di cambiare profondamente le amministrazioni. Per questo, cambiamenti culturali. Di logica, di pensiero.
Cambiamenti culturali che però devono essere realizzati rapidamente, perché è chiaro che dalla velocità di realizzazione dipende la possibilità di favorire una crescita del territorio che tenga insieme sviluppo economico e sociale, sostenibilità e innovazione e resilienza. E se la velocità è uno dei fattori critici di successo, la collaborazione tra più attori, in questo caso più amministrazioni, diventa indispensabile. Ma non basta. Deve costruirsi sulla base di alcune linee di azione, tra le quali:
- acquisire una visione di sistema facendo sì che il digitale non sia più area di nicchia, ma pervasiva e trasversale. Una visione di sistema che consenta di rispondere a domande sul mondo del lavoro, sulle organizzazioni, sulle città, legandole all’evoluzione del digitale. E con programmi di azione organici che abbiano obiettivi comuni, chiari, condivisi e misurabili, sia nel traguardo finale sia nei passi intermedi. In questo senso, l’obiettivo dell’accountability è da perseguire come risultato naturale di una politica di programmazione e controllo di gestione;
- dare centralità e priorità al tema delle competenze (digitali e non solo), sapendo che questo significa, all’interno delle amministrazioni, dare valore alle professionalità ma anche alla proattività, alla capacità di essere soggetto attivo del processo continuo di miglioramento, e non semplice ingranaggio di una macchina spesso imperscrutabile;
- rifocalizzarsi sulla missione dell’amministrazione, ponendo senza ambiguità il cittadino al centro dell’intervento, come punto essenziale di riferimento per la progettazione dei servizi, per la loro verifica, per il loro monitoraggio, per la misurazione dell’efficacia reale dei processi interni;
- recuperare rapidamente sul terreno della maturità digitale, attraverso la valorizzazione e l’utilizzo degli standard e dei framework comuni (come Digcomp per le competenze), oltre che rendere sistematico, non occasionale, l’utilizzo delle esperienze altrui. Non semplice riuso. Non solo riuso. Ma scambio di esperienze in progress, a tutti i livelli e in tutte le fasi. Pensando alle esperienze della pubblica amministrazione, la conoscenza acquisita, le lezioni apprese, come bene comune;
- assumere la responsabilità della “forzatura” verso il percorso della trasformazione digitale, sapendo che i cambiamenti culturali hanno bisogno anche di strappi: per questo, agire dove necessario con sistemi di tolleranza zero, transizione forzata, switch-over digitale, superando la cultura dell’inadempienza, la logica dei silos. Ma sapendo che questo approccio è possibile solo se si basa su una scelta comune delle amministrazioni, se la scelta stessa diventa tassello di un nuovo pensiero, e utilizzando in questo senso le nuove norme come leve di cambiamento profondo e non formale.
Per questo bisogna mettere a sistema, con decisione ed esprimendolo come valore assoluto, la collaborazione tra le PA, ma anche l’openness, come condizione per la creazione di ecosistemi di innovazione. E su questo punto, trovare modalità non estemporanee di confronto e di scambio, di co-progettazione, di collaborazione operativa.
Per le amministrazioni locali significa collocarsi in un contesto in cui esistono già degli attori che hanno dei ruoli che si stanno via via chiarendo e specificando sul fronte dell’attuazione dei programmi dell’Agenda Digitale nazionale:
- AgID come soggetto che si occupa di coordinare tecnicamente l’attuazione, generalizzando come regole e linee guida le esperienze e le migliori pratiche, ma anche prendendo in carico la realizzazione delle piattaforme trasversali;
- le Regioni, supportate dalle loro società in-house, che assumono i Centri di Competenza come perno di supporto all’attuazione, e in alcuni casi sono direttamente realizzatori di piattaforme di servizio, applicative, per i loro comuni.
Il tema è quindi come favorire il raccordo tra le città in questo percorso di crescita che le vede spesso sugli stessi programmi di innovazione e quindi con una elevata possibilità di condividere problemi, esperienze, soluzioni.
Probabilmente la progettazione di questo percorso deve prendere in considerazione più elementi, come ad esempio:
- la presenza di una piattaforma di interscambio (e certamente Italiansmartcity si propone per esserlo, se sarà adeguatamente sostenuta e supportata);
- l’istituzione di tavoli permanenti di raccordo, che tengano conto delle notevoli differenze che esistono tra le città, per dimensione, soprattutto, oltre che per caratteristiche specifiche e vocazione (tavoli che per essere permanenti hanno bisogno anche qui di supporto, e Anci è certamente l’organizzazione deputata a farlo);
- una normativa che favorisca la co-progettazione, lo scambio, il riuso, sulla base di più strumenti, come licenze che evitino la necessità di convenzioni e protocolli uno-a-uno tra le amministrazioni, ma anche scambio di “competenze” ed esperti.
La complessità del tema è elevata, e la soluzione di governance va trovata probabilmente “in fieri”, sapendo che ogni percorso intrapreso può essere migliorato perché elemento anch’esso di innovazione. Ma bisogna partire concretamente sul versante della sistematicità.
Ci sono degli ottimi segnali dalle città. Gli assessori all’innovazione si stanno confrontando intorno a problemi concreti, in ottica collaborativa. È necessario che si arrivi rapidamente a una prima definizione organica di percorso.
Non possiamo perdere questa occasione.