clima e finanza

Combustibili fossili, banche troppo esposte: torna lo spettro di una crisi finanziaria globale



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Il settore bancario mondiale è esposto ai rischi legati ai combustibili fossili in misura superiore a quanto lo fosse rispetto ai mutui subprime prima della crisi finanziaria globale del 2008. Ritorna, dunque, lo spettro di una nuova crisi mondiale

Pubblicato il 22 dic 2023

Roberto Bonino

Volt Europa

Lucia Levato

Lusval Parigi



Climate Tech: le tecnologie per decarbonizzare

Nel contesto della crescente preoccupazione per il cambiamento climatico e dell’evoluzione verso fonti di energia più sostenibili, gli investimenti legati ai combustibili fossili espongono le banche a un serio rischio finanziario.

Il deprezzamento dei beni e una diminuzione della domanda di combustibili fossili a causa di normative più rigorose costituiscono una fonte di rischio per tali investimenti.  Il settore bancario mondiale è esposto ai rischi legati ai combustibili fossili in misura superiore a quanto lo fosse rispetto ai mutui subprime prima della crisi finanziaria globale del 2008.

Le autorità di vigilanza ammettono che i rischi dell’attuale esposizione ai combustibili fossili non sono ancora integralmente rispecchiati nei requisiti patrimoniali per le banche. C’è un rischio di crisi mondiale? Cosa fare per evitarlo?

L’Accordo di Parigi e il bilancio del carbonio

L’aumento della temperatura globale oltre 1,5°C rispetto alla media preindustriale è la principale preoccupazione legata ai cambiamenti climatici (Kim 2023). Un grado e mezzo può sembrare irrisorio, ma ricordiamo che negli ultimi 10’000 anni, la temperatura media del pianeta ha oscillato in un intervallo di meno d’un grado (IPCC 2021). E non è un caso che gli ultimi 10.000 anni hanno visto il nascere e lo sviluppo dell’agricoltura e poi della civiltà. Purtroppo, secondo l’IPCC le emissioni di gas a effetto serra ci stanno portando fuori da questo intervallo di temperatura idilliaco.

L’Accordo di Parigi del 2015 mira a limitare l’aumento della temperatura a meno di 2°C e a perseguire sforzi per limitarlo a 1,5°C. Intendiamoci bene, con un aumento di 1,5°C andiamo incontro a conseguenze estremamente gravi, ma meno catastrofiche di quelle causate da un aumento di 2°C o più. Sarebbe come dire che se proprio devo saltare dalla finestra perché la casa è in fiamme, preferisco saltare dal primo piano piuttosto che dal secondo o da ancora più in alto. Ci si può quindi chiedere: quanto carbonio possiamo ancora buttare nella nostra atmosfera, senza danneggiare completamente il nostro futuro e quello dei nostri figli?

Il ruolo delle tecniche di cattura e lo stoccaggio del carbonio (CCS)

Il concetto di “bilancio del carbonio” si basa sull’idea che c’è una quantità massima di CO2 e altri gas a effetto serra che la Terra può sopportare senza superare determinati limiti di temperatura. Una modo per aumentare il margine di manovra nelle emissioni, consiste nel catturare il carbonio emesso. La cattura e lo stoccaggio del carbonio (CCS) implicano la raccolta del CO2 prodotto da fonti come centrali elettriche a combustibile fossile e impianti industriali come i cementifici. Occorre poi trasportare e stoccare in modo sicuro e a lunghissimo termine (migliaia d’anni) il CO2 catturato, ad esempio nei serbatoi depleti di giacimenti di idrocarburi.

Nei prossimi decenni le tecniche di CCS avranno un ruolo fondamentale per ottenere emissioni nette nulle, a livello globale, ma sono soggette a limiti tecnici ed economici. Fatih Birol, il Direttore Esecutivo dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), ha recentemente dichiarato che basarsi sul CCS per affermare che non c’è contraddizione tra continuare con l’attuale use dei combustibili fossili e il raggiungimento degli obiettivi climatici “è pura fantasia”( Video di presentazione del rapporto “The Oil and Gas Industry in Net Zero Transitions” Novembre 2023 00:11:21).

Il settore delle energie fossili non ha colto l’allarme

Nei suoi recenti rapporti, l’IEA ha calcolato che se le attuali infrastrutture dei combustibili fossili vengono mantenute in funzione fino ad esaurimento delle loro riserve, le conseguenti emissioni di CO2 ci porterebbero ben oltre 1.5°C, anche tenendo conto di un realistico contributo del CCS (IAE International Energy Agency 2021).

In altre parole, il carbonio che possiamo emettere per restare sotto 1.5°C è già coperto, e quello per 2°C abbondantemente ipotecato dalle infrastrutture esistenti, se sfruttate al massimo del loro potenziale. Il messaggio dell’IEA non potrebbe essere più chiaro: “..non sono necessari nuovi progetti di petrolio e gas convenzionali a lungo termine. Alcune produzioni esistenti dovrebbero addirittura essere chiuse. Nel 2040, più di 7 milioni di barili al giorno di produzione di petrolio saranno messi fuori servizio prima della fine-vita tecnica delle infrastrutture in uno scenario di 1,5 °C.” (McGlade et al. n.d. p 13 e 15)

Come dice la rivista “The banker”, anche se il messaggio degli scienziati e delle organizzazioni mondiali è più che chiaro, il settore delle energie fossili in generale, “non sembra aver ricevuto il promemoria” e ogni giorno vengono effettuati nuovi investimenti in giacimenti di petrolio e persino in miniere di carbone sostenuti dalle maggiori banche del mondo (Hawser 2023).

Chiaramente gli investimenti fossili appaiono estremamente lucrativi e a basso rischio. Ma sono davvero a basso rischio? Ricordiamo qualche elemento dell’ultima grave crisi finanziaria, anch’essa favorita da lucrativi investimenti presumibilmente a basso rischio.

Il precedente della crisi subprime e la lezione che non abbiamo imparato

La Grande Recessione del 2008 ha avuto origine nel mercato immobiliare degli Stati Uniti, dove molti mutui, noti come “subprime”, erano concessi a famiglie potenzialmente insolventi e con una storia creditizia difficile. Questi prestiti venivano spesso aggregati, confezionati in complessi prodotti finanziari e rivenduti a istituzioni finanziarie in tutto il mondo. La qualità dei prestiti in questione era spesso nascosta o minimizzata dalla complessità del montaggio finanziario, e le agenzie di rating assegnavano un elevato grado di affidabilità a questi strumenti finanziari. L’ipotesi di base era che i prezzi delle case negli Stati Uniti non erano mai crollati in tutti gli stati contemporaneamente – cosa che in effetti non era mai successa nei precedenti 50 anni.

Con una diminuzione dei prezzi delle case e un aumento dei tassi di insolvenza ipotecaria, il mercato immobiliare negli Stati Uniti ha iniziato a crollare a metà del 2007 e la crisi si è estesa al mondo intero.

Forse stiamo commettendo lo stesso errore con i rischi finanziari legati al cambiamento climatico: si ignorano dei rischi evidenti, perché mancano riferimenti recenti affidabili. Nella stessa maniera l’esplosione del COVID ha trovato i governi del mondo impreparati a gestire una pandemia.

Beni bloccati ed esposizione al rischio fossile

Se vogliamo credere agli scienziati che paghiamo per studiare il clima e ai funzionari internazionali che paghiamo per gestire l’energia del mondo, dobbiamo ammettere che i beni legati ai combustibili fossili rischiano di perdere rapidamente valore diventando quelli che si chiamano “beni bloccati”, cioè attivi o risorse che, a causa di cambiamenti nelle condizioni di mercato o nelle politiche, perdono improvvisamente gran parte del loro valore economico. Ad esempio, un pozzo di petrolio ancora attivo ma il cui petrolio non può più essere venduto, è un bene bloccato e il valore dell’investimento è perso.

Una delle politiche più discusse nel contesto della lotta al cambiamento climatico è la creazione di una tassa sulle emissioni di carbonio (Tassa sul Carbonio) prodotte da attività come l’estrazione e l’uso di gas e petrolio o la produzione di cemento. Una tassa di almeno 100€ per tonnellata emessa permetterebbe di incentivare il CCS, tecnologia, come abbiamo detto, non sufficiente ma indispensabile per conseguire le attuali ambizioni climatiche. Per dare un’idea, 100€ per ogni tonnellata di CO2 emessa si ripercuoterebbero in un aumento di circa 25 cts per litro di benzina. L’IAE nel suo scenario “Net Zero 2050”, prevede una Tassa sul Carbonio addirittura di 250 €/tonnellata nei paesi a economia avanzata. Se l’idea di fare il pieno a queste condizioni vi spaventa, non dimentichiamo che a partire dal 2035 le auto con motori a combustione termica non saranno più in vendita, eccetto forse Ferrari, Bugatti e altre auto di super lusso che, stranamente, per il momento sono esonerate.

La proposta di una tassazione progressiva del carbonio

Ovviamente parlare di tasse non è un tema piacevole. I vari partiti italiani, già piuttosto succinti nei loro programmi su come finanziare la transizione energetica (Piemontese 2022), non si spendono sull’argomento. Un’eccezione è Volt che, nel suo programma paneuropeo, propone di estendere l’attuale sistema di scambio di quote di emissione (ETS), e di introdurre una tassazione progressiva del carbonio, legando i proventi a progetti favorevoli al clima e alla protezione delle comunità a basso reddito (Volt Moonshot Program). Un approccio non demagogico che considera l’impatto a lungo termine delle scelte politiche e che si riflette anche in prese di posizione chiare su temi concreti come le accise sui carburanti (https://www.voltitalia.it/accise-transizione-energetica-giusta/).

L’esposizione delle banche europee nelle industrie ad alta emissione

La Banca Centrale Europea ha analizzato l’origine dei proventi delle banche europee e ha trovato che più del 60% del totale dei redditi non finanziari proviene da investimenti nelle 22 industrie che emettono più gas a effetto serra (ECB 2023, 6). Non è quindi sorprendente che gli investimenti nel settore dei combustibili fossili siano ormai talmente sostanziali che per alcune banche le somme investite sono superiori al valore del loro capitale. Per quel che riguarda i capitali investiti infatti, Finance Watch, in un rapporto del 2022, ha calcolato che le 60 banche più grandi al mondo hanno in bilancio un’esposizione di circa 1,35 mila miliardi di dollari legati ai combustibili fossili (Burns 2022). Questa somma esorbitante è superiore all’esposizione del settore bancario ai mutui “subprime” prima della crisi del 2008. L’assicuratore Swiss Re, mostrando come il settore assicurativo sia attento ai rischi legati al cambiamento climatico e alla transizione energetica, ha studiato l’impatto sul settore finanziario di una tassa sul carbonio. Lo studio indica che una Tassa sul Carbonio di 100 dollari per tonnellata porterebbe a un calo delle entrate per le aziende del settore energetico dal 40% a quasi l’80% a seconda dell’area geografica, e colpirebbe in particolare le riserve di combustibili fossili, con perdite di credito per la sola produzione di elettricità, petrolio e gas tra i 50 e i 300 miliardi di dollari, e una probabilità di mancato rimborso dei prestiti che potrebbe raddoppiare o addirittura triplicare (SwissRe 2021).

L’esposizione eccessiva ai combustibili fossili potrebbe costituire un rischio per la stabilità finanziaria mondiale altrettanto, se non più grave, della crisi dei “subprimes “ del 2008.

Azioni per limitare i rischi: trasparenza, incentivi e restrizioni

Le azioni che si possono considerare per limitare i rischi legati all’esposizione delle banche agli investimenti in combustibili fossili variano dalla richiesta di più trasparenza, agli incentivi fino alle restrizioni regolamentari.

Un primo passo consisterebbe nel chiedere alle banche di divulgare in modo più completo e trasparente le informazioni riguardanti la loro esposizione ai rischi climatici, per esempio valutare come gli investimenti delle banche resisterebbero a scenari futuri legati al cambiamento climatico. L’introduzione di test di stress climatico fornirebbe dati preziosi per capire la robustezza dei singoli istituti. Uno stress test bancario è un’analisi condotta sotto scenari ipotetici concepiti per determinare se una banca ha abbastanza capitale per resistere a uno shock economico negativo. Questi scenari includono situazioni sfavorevoli, come una profonda recessione o un crollo dei mercati finanziari. In genere, le banche di una certa importanza sono tenute a sottoporsi a test di stress interni condotti dalle proprie squadre di gestione del rischio e dalle autorità di controllo.

Diventa urgente, anche se per il momento è difficile raccogliere tutte le informazioni utili, integrare la crisi climatica negli stress test delle banche (Forrester 2021). In un’analisi del 2023 infatti, l’ECB conclude che un’azione immediata e decisiva per mantenere il clima sotto controllo limiterebbe anche il rischio finanziario, ma sarebbe comunque necessario un monitoraggio più attento di talune entità durante il processo di transizione (Emambakhsh et al. 2023).

Per quel che riguarda la “politica della carota”, fino a poco tempo fa, c’erano poche indicazioni chiare e incentivi concreti per incitare le banche ad aumentare gli investimenti in attività sostenibili. Ora, sia il New Green Deal europeo che l’Inflation Reduction Act negli Stati Uniti offrono incentivi non solo per favorire la transizione ma anche per promuovere l’equità sociale (Beal et al. 2023). Questi incentivi, con l’aiuto degli istituti finanziari, potrebbero anche incitare le industrie delle energie a una strategia più aggressiva d’investimento nella transizione energetica. Attualmente infatti l’IAE stima che, mediamente, i produttori di idrocarburi investono in energia pulita solo il 2,5% della loro capacità di investimento, il che ammonta ad un magro 1% del totale degli investimenti nel settore. corrispondenti al (McGlade et al. n.d. p 13 e 15).

Quanto a una regolamentazione più stringente (il bastone), idealmente andrebbe fatta a livello globale, per evitare di falsare la concorrenza internazionale: si tratta chiaramente di un approccio politicamente difficile. Comunque, una prima opzione consisterebbe a imporre una gestione del rischio che rifletta più accuratamente i rischi associati agli investimenti nei combustibili fossili. Ciò potrebbe includere, come raccomandato dal Joint Research Centre della Commissione Europea, l’aumento dei requisiti patrimoniali delle banche per gli investimenti legati ai combustibili fossili. Questo limiterebbe i rischi e renderebbe allo stesso tempo più costoso per le banche finanziare tali attività (Alessi, Di Girolamo, and Marco 2022).

Alcuni, come l’Institut Rousseau, propongono un approccio molto più aggressivo suggerendo di trasferire la gestione degli investimenti legati ai combustibili fossili sotto il controllo pubblico. Nell’Unione Europea, si tratterebbe di far acquistare le attività fossili detenute dalle banche da una “banca fossile” europea e pubblica, filiale della BCE, incaricata della gestione dei beni fossili secondo una traiettoria di uscita compatibile con un riscaldamento di 1,5 °C. L’ipotesi è radicale, ma vi sono precedenti nella storia in situazioni particolarmente critiche, come la ricostruzione dopo la seconda guerra mondiale o la crisi finanziaria del 2008 (Coelho 2021, 4).

Tutti questi approcci riflettono una volontà di affrontare in modo proattivo il problema dell’esposizione del settore finanziario al rischio da combustibili fossili. Chiaramente ogni approccio ha pregi e difetti, detrattori e sostenitori entusiasti. Quello che è sicuro è che il mercato, lasciato a se stesso, non sta fornendo una risposta alla crisi climatica all’altezza della situazione.

Bibliografia

Alessi, Lucia, Francesca Erica Di Girolamo, and Pagano Andrea:petracco Marco. 2022. “Accounting for Climate Transition Risk in Banks’ Capital Requirements.” EU Science Hub.

Beal, Douglas, Kedra Newsom Reeves, Amine Benayad, Zahra Husain, and Christine Jiang. 2023. “Banks Can Ensure an Equitable Climate Transition.” BCG Global. May 25, 2023. https://www.bcg.com/publications/2023/banks-can-ensure-an-equitable-climate-transition.

Burns, Alison. 2022. “New Research Shows World’s 60 Biggest Banks Have $1.35 Trillion USD of Exposures to Fossil Fuel Assets.” Finance Watch. October 3, 2022. https://www.finance-watch.org/press-release/new-research-shows-worlds-60-biggest-banks-have-1-35-trillion-usd-of-exposures-to-fossil-fuel-assets/.

Coelho, Ophelie. 2021. “Actifs Fossiles, Les Nouveaux Subprimes ?” Institut Rousseau. https://institut-rousseau.fr/actifs-fossiles-les-nouveaux-subprimes/.

ECB. 2023. “2022 Climate Risk Stress Test,” March. https://www.ecb.europa.eu/pub/economic-bulletin/focus/2023/html/ecb.ebbox202302_06~0e721fa2e8.en.html.

Emambakhsh, Tina, Maximilian Fuchs, Simon Kordel, Charalampos Kouratzoglou, Chiara Lelli, Riccardo Pizzeghello, Carmelo Salleo, and Martina Spaggiari. 2023. “The Road to Paris: Stress Testing the Transition Towards a Net-Zero Economy.” https://doi.org/10.2139/ssrn.4564374.

Forrester, Paul. 2021. “The Results Are In! France’s ACPR Publishes Report of 2020 Pilot Climate Risk Assessment (aka Stress Test) for Participating French Banks and Insurers.” 2021. https://www.mayerbrown.com/en/perspectives-events/publications/2021/05/the-results-are-in-frances-acpr-publishes-report-of-2020-pilot-climate-risk-assessment-aka-stress-test-for-participating-french-banks-and-insurers.

Hawser, Anita. 2023. “Cover Story: Why Are Banks Still Financing Fossil Fuels?” The Banker, October 2, 2023. https://www.thebanker.com/Cover-story-Why-are-banks-still-financing-fossil-fuels-1696231243.

IAE Internationa Energy Agency. 2021. “Net Zero by 2050 – A Roadmap for the Global Energy Sector 2021 Version.pdf.” https://iea.blob.core.windows.net/assets/deebef5d-0c34-4539-9d0c-10b13d840027/NetZeroby2050-ARoadmapfortheGlobalEnergySector_CORR.pdf.

IPCC. 2021. “IPCC AR6 Climate Change 2021: The Physical Science Basis,” August. https://www.ipcc.ch/report/sixth-assessment-report-working-group-i/.

Kim, Jinmi. 2023. “IPCC AR6 Synthesis Report: Climate Change 2023.” IPCC. https://www.ipcc.ch/ar6-syr/.

McGlade, Christophe, Tim Gould, Simon Bennett, Tomás De Oliveira Bredariol, Paul Grimal, Jérôme Hilaire, and Peter Zeniewski. n.d. “The Oil and Gas Industry in Net Zero Transitions.” IAE. Accessed November 23, 2023. https://www.iea.org/reports/the-oil-and-gas-industry-in-net-zero-transitions.

Piemontese, Antonio. 2022. “Sulle Rinnovabili I Partiti Hanno Molte Idee, Ma Non Sempre Molto Chiare.” Wired, May 9, 2022. https://www.wired.it/article/rinnovabili-energia-verde-elezioni-2022-programmi-partiti/.

SwissRe. 2021. “The Economics of Climate Change-No Action Not an Option.” SwissRe. https://www.preventionweb.net/publication/economics-climate-change-no-action-not-option.

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