Autoproducono energia rinnovabile e la scambiano al loro interno per l’autoconsumo tra i membri. Ma non solo. Ricevono incentivi statali favorendo la transizione ecologica e la lotta contro la povertà energetica. In Italia sono circa cento le comunità energetiche rinnovabili (le CER), con impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile dai 20 e i 50 kilowatt di picco, ma il numero (e la dimensione) delle stesse è destinato a crescere rapidamente come confermato dalla analisi condotta da EY ed ANIE Rinnovabili tra gli operatori di settore.
Comunità energetiche e modelli di gestione intelligente dell’energia: norme, sviluppi e tecnologie
La survey che abbiamo realizzato insieme ad ANIE Rinnovabili evidenzia infatti come il 65% del campione intervistato si aspetti che il numero di CER in Italia superi le cinquecento unità nel prossimo triennio e il 35% ritiene che se ne possano costituire più di 1.000. Una previsione che risulta ancora di più “vicina” se si pensa ai finanziamenti specifici volti a favorire la diffusione delle modalità di autoproduzione proprio delle comunità energetiche. Circa 2,2 miliardi di euro di fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) sono infatti destinati a promuoverne lo sviluppo nei Comuni sotto i cinque mila abitanti attraverso finanziamenti specifici al fine di generare 2.000 MW di nuova capacità di produzione elettrica in configurazione distribuita da parte di comunità delle energie rinnovabili e auto-consumatori.
I vantaggi delle comunità energetiche rinnovabili
Quali i vantaggi? In base a quanto emerge dall’analisi, il pensiero comune è che le comunità energetiche possano contribuire ad accelerare l’utilizzo di energie rinnovabili, con un ampliamento della platea di investitori, consumatori e prosumer, favorendo la ricerca di nuove soluzioni per aumentare l’efficienza dei sistemi esistenti e stimolando l’innovazione tecnologica per ridurre al minimo l’impatto ambientale.
Ma i benefici che si possono trarre da iniziative di comunità vanno ben oltre la dimensione energetica, che ne è soltanto il punto di partenza. Ogni comunità è chiamata a produrre benefici in ambito sociale, ambientale e territoriale, rispondendo a esigenze territoriali e comunitarie che vanno ben oltre la massimizzazione dell’autoconsumo da fonti rinnovabili. L’attivazione di questi schemi determina infatti benefici a livello di singolo membro o socio coinvolto, con un maggiore engagement relativamente ad un comportamento efficiente nell’uso delle risorse energetiche e al rapporto con il proprio territorio e la propria comunità.
E così ci si ritrova davanti a un sistema elettrico ed energetico che si sta evolvendo in modo irreversibile verso una nuova dimensione policentrica e diffusa; un insieme di territori di produzione-consumo caratterizzati da propri bilanci energetici autonomi che creano essi stessi infrastruttura energetica.
Le comunità energetiche come vettori di sviluppo locale
Le direttive comunitarie e i relativi decreti di recepimento in Italia prefigurano le comunità energetiche come possibili vettori di sviluppo locale, di creazione di nuova imprenditorialità e costruzione di filiere sul territorio. Tuttavia non possono non considerarsi le evidenti complessità della regolazione sottesa, la diversità dei soggetti coinvolti e la tecnicità dei meccanismi di incentivazione del modello implementativo scelto che rendono sempre più necessario un confronto e un dialogo fattivo anche con gli attori del mercato, tra cui le multiutility e le ESCo, al fine di creare delle soluzioni autoportanti di medio/lungo periodo che possano fornire alle comunità energetiche non solo risorse e competenze personalizzate, che non sempre possono essere detenute a livello locale, ma anche un potenziale ancora maggiore di investimento e di scalabilità.
Il percorso ideale di costituzione di una CER
Analizzando il percorso ideale di costituzione di una CER è possibile immaginare quattro fasi fondamentali in cui ciascun attore del mercato può ricoprire un ruolo accanto a quello della comunità energetica:
- una fase di progetto, in cui si definiscono la missione e gli obiettivi che più si adattano alla configurazione CER individuando le tecnologie da adottare e gli attori da coinvolgere;
- una fase di costituzione, in cui si individua lo strumento giuridico ideale per perseguire gli obiettivi individuati e si definiscono i set contrattuale e societario attraverso i quali regolare i rapporti di corporate governance;
- una fase realizzativa, in cui principale attenzione è data alla realizzazione degli impianti a servizio della comunità (ed eventualmente forniti gli strumenti di misurazione ai membri della CER) oltre alla gestione degli stessi attraverso i tipici contratti di progetto (EPC, O&M, PPU); ed infine
- una fase di gestione della CER nei rapporti interni e nelle relazioni con le autorità competenti (GSE), al fine di meglio raggiungere gli obiettivi individuali e collettivi identificati nella prima fase e garantire il monitoraggio dei flussi di energia della CER al fine del riparto degli incentivi e benefici fiscali, laddove previsti.
Le opportunità delle comunità energetiche
In ciascuna di queste quattro fasi è possibile interrogarsi sulle opportunità che le comunità energetiche possono offrire al territorio, sia in termini di coinvolgimento diretto di imprese del settore sia in termini di sviluppo di beni e servizi.
L’obiettivo del loro sviluppo è sicuramente economico, ma in modo altrettanto evidente risponde alla definizione di una politica di sviluppo locale in linea con il PNRR, dove si intende “focalizzarsi sulle aree in cui si prevede il maggior impatto socio territoriale. L’investimento, infatti, individua Pubbliche Amministrazioni, famiglie e microimprese in Comuni con meno di 5.000 abitanti, sostenendo così l’economia dei piccoli Comuni, spesso a rischio di spopolamento, e rafforzando la coesione sociale”.
Tale modello di investimento permette così di coinvolgere più direttamente i cittadini, le pubbliche amministrazioni e le imprese, fornendo loro asset intangibili (competenze in ambito energetico) che difficilmente potrebbero essere acquisite in modo differente rispetto alla sperimentazione in campo.
Comunità energetiche: tutti i benefici ambientali e sociali contro la povertà energetica
Per attivare meccanismi di questo tipo è tuttavia necessario che le CER vengano utilizzate in modo strumentale, per definire e perseguire politiche trasversali e multisettoriali, garantendo la partecipazione attiva di diversi stakeholder (amministrazioni, organizzazioni locali, piccole e medie imprese, cittadini) che dispongono di risorse conoscitive, economiche e autorizzative quantitativamente e qualitativamente diverse, al fine di definire insieme l’idea di sviluppo che metta al centro le comunità.
In una fase più matura di tale esperienza, anche in funzione dell’allargamento del perimetro d’azione e dell’aumento della potenza installabile prevista dalla normativa in sede di recepimento, è possibile immaginare che le comunità energetiche saranno maggiormente ambiziose in termini di obiettivi e missione da perseguire e quindi che la relazione tra gli attori sarà fondamentare per garantire una sempre più e una maggiore condivisione delle risorse a cui attingere, già in fase di progettazione (e altrettanto ovviamente in fase di gestione).