La Cop28, l’edizione 2023 della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, si tiene a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre 2023, per fare il “tagliando” dell’accordo di Parigi del 2015.
Il tagliando all’accordo di Parigi
L’intesa della Conferenza delle Parti (Cop) della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici, che si è tenuta a Parigi nel 2015, si è rilevata, in qualche misura, uno strumento impotente.
Come molti sottolinearono già all’epoca, non poteva imporre ai Paesi cosa fare, non aveva il potere di porre fine all’era dei combustibili fossili con un colpo di spugna, non era in grado di far indietreggiare i mari, placare i venti o oscurare il sole di mezzogiorno. Tuttavia almeno è riuscita a dettare le regole per le Cop successive, decretando che quella di quest’anno avrebbe dovuto mettere nero su bianco il primo “bilancio globale” di ciò che era stato compiuto per avvicinarsi agli obiettivi generali dell’accordo.
“Avendo partecipato alle Cop in tempi non sospetti, fin dal Cop8 e Cop9, quella di Milano – commenta Simone Molteni, direttore scientifico di LifeGate, società considerata il punto di riferimento della sostenibilità – dove abbiamo presentato il progetto Impatto Zero, il primo a combattere i cambiamenti climatici, il nostro contributo consiste nel sensibilizzare persone, aziende, scuole e politici ad andare nella direzione giusta, contrastando fake news e disinformazione con le informazioni scientifiche verificate”. Ecco a che punto siamo.
Cop28: Dubai rappresenta un progresso rispetto a Parigi
Mentre il mondo si riunisce a Dubai per la ventottesima conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, la valutazione della prima parte dell’inventario è per certi versi sorprendentemente positiva.
All’epoca della Cop di Parigi, il riscaldamento globale previsto entro il 2100, se le politiche non fossero cambiate, era di oltre 3°C rispetto ai livelli preindustriali. Se si seguiranno le politiche in atto oggi, le stime centrali lo collocano intorno ai 2,5-2,9°C, anche se il grado d’incertezza rimane ampio. Purtroppo questo valore è ancora così alto da essere disastroso per miliardi di persone, ma rappresenta anche un netto miglioramento rispetto al 2015.
Gran parte di questi progressi sono da attribuire alle energie rinnovabili, finalmente più economiche e sempre più diffuse. Nel 2015 la capacità solare installata a livello mondiale era di 230 GigaWatt, passata l’anno scorso ai 1.050 GW. Stanno guadagnando terreno anche politiche più efficaci.
Nel 2014 solo il 12% delle emissioni di biossido di carbonio legate all’energia rientrava nei programmi di tariffazione del carbonio e il prezzo medio per tonnellata era di 7 dollari. Oggi riguarda il 23% delle emissioni di gas serra e il prezzo è di circa 32 dollari.
Questi ed altri passi avanti spiegano perché l’Agenzia Internazionale per l’Energia, un think tank intergovernativo che, all’epoca di Parigi, registrava la crescita continua delle emissioni di biossido di carbonio fino al 2040. Oggi dice che probabilmente raggiungeranno il picco entro pochi anni. Ma il picco non è sufficiente. Infatti le emissioni dovranno poi diminuire molto rapidamente per ridurre il riscaldamento previsto a soli 2° Celsius.
L’aumento quasi incessante delle emissioni ha accompagnato la crescita economica per due secoli. Un’inversione di tendenza potrebbe segnare l’inizio della lotta contro i cambiamenti climatici.
I motivi dei passi avanti
Attribuire tutti questi progressi a Parigi sarebbe eccessivo e perfino velleitario. Ma il processo che ha innescato quella conferenza, ha messo in moto nuove aspettative. Ha messo al centro il clima, rendendolo un tema di cui i Paesi dovevano e devono parlare. Un clima stabile deve bilanciare le fonti residue di anidride carbonica con i “pozzi” che la rimuovono dall’atmosfera. Ha reso priorità l’idea dell’obiettivo Net Zero nel mainstream. Nel 2015 un solo Paese aveva un obiettivo di questo tipo, ora sono 101.
In un mondo in cui le stagioni stesse sono sempre più sfasate – basti pensare alla straordinaria ondata di caldo primaverile che ha colpito il Brasile le scorse settimane -, le Cop offrono uno spazio annuale nel calendario internazionale per accordi collaterali e nuove espressioni di intenti. Una recente dichiarazione di Joe Biden, presidente americano, e del suo omologo cinese, Xi Jinping, ha contribuito a ridare slancio a un accordo sulle emissioni di metano. I due Paesi si sono inoltre impegnati a fare la loro parte per triplicare la capacità di generazione rinnovabile entro il 2030, un altro obiettivo che gli Emirati Arabi Uniti vogliono attribuire al Cop28.
La lotta ai cambiamenti climatici: dai fondi alle tecnologie da adottare
Tutto ciò non significa che le conferenze climatiche abbiano salvato il mondo. Tuttavia Parigi ha fornito un contesto per il boom delle energie rinnovabili, pur non fornendo gli investimenti per rendere questo successo possibile. Il raddoppio dei livelli di investimento che Bloombergnef, una società di dati, ritiene necessario, per triplicare la capacità proposta, dovrà provenire dal settore privato. Attirare i fondi non è facile: i Paesi dovranno ridisegnare i mercati dell’energia, affrettare i permessi, migliorare enormemente le reti e cancellare le politiche che ancora favoriscono i combustibili fossili.
“Anche LifeGate, con la radio, il network, gli eventi e gli speech – continua Molteni – dà il suo contributo sensibilizzando, con tante iniziative come il progetto Impatto Zero che ha coinvolto 700 milioni di prodotti di cui abbiamo calcolato l’impronta carbonica, prima ridotta e compensata. Dal 2006 produciamo e vendiamo energia esclusivamente da fonti rinnovabili. Siamo stati anche pionieri del progetto LifeGate Solar Share, dove abbiamo creato una cooperativa con 1600 famiglie che non potevano permettersi il fotovoltaico sul tetto, ma che, tutti insieme, hanno comprato un grande impianto fotovoltaico in Puglia”.
Ma il cambiamento climatico continua. Il principale motore del riscaldamento globale è la quantità cumulativa di anidride carbonica nell’atmosfera. Finché le emissioni nette continueranno, le temperature aumenteranno. Dopo Parigi, questo riscaldamento ineluttabile ha raggiunto un livello tale da non poter più essere considerato un problema del futuro. Ma è una tragedia del presente, da risolvere ora. Quest’anno il cambiamento climatico si è fatto sentire in modo particolarmente acuto: il mese di agosto più caldo al mondo è seguito al luglio più caldo, il settembre più caldo all’agosto più caldo, l’ottobre più caldo al settembre più caldo.
L’importanza di mettere a terra i progetti
“L‘impegno italiano alla Cop28 di Dubai di triplicare l’uso dell’energia rinnovabile – mette in guardia Molteni – è il benvenuto, ma sono problemi globali che richiedono una soluzione globale: l’Europa vale il 10% delle emissioni e serve il contributo e il coinvolgimento di tutti. Inoltre, saranno le economie di scala che continueranno ad abbassare i prezzi a rendere le rinnovabili più competitive”.
“Dunque è fondamentale riuscire a mettere a terra i progetti, facilitando gli aspetti normativi: non servono i titoli (roboanti ndr) dei giornali, ma serve rendere operativi i progetti nel minor tempo possibile. Un’adozione su economie di scala più importanti e maggiori investimenti in ricerca per abbattere i costi sono i fattori che sposteranno l’equilibri di chi ancora va a combustibili fossili”, conclude Molteni, parlando anche della messa a terra del Pnrr per la transizione energetica e la sostenibilità.
Geoingegneria solare
Questo ritmo non continuerà per sempre. Ma l’unico modo per fermare il riscaldamento prima di raggiungere l’obiettivo Net Zero è ridurre la quantità di irradiamento solare che il pianeta assorbe, magari inserendo particelle nella stratosfera o sbiancando le nuvole sull’oceano. L’idea della “geoingegneria solare” allarma molti scienziati del clima, attivisti e politici, però alcuni la considerano degna di essere oggetto di studio. La ricerca necessita di un dibattito internazionale sulle giuste limitazioni e sulle possibilità a cui potrebbe portare. I Cop non sono il luogo adatto per queste discussioni, ma, prima di fare il prossimo bilancio previsto per il 2028, occorre trovare un forum dove discutere delle innovazioni e delle tecnologie a supporto della sostenibilità.
I meccanismi di rimozione dell’anidride carbonica rientrano più comodamente nelle competenze delle Cop. Come la geoingegneria solare, anche questo processo preoccupa molti. In particolare, colpisce sentire le compagnie petrolifere parlare di rimozione dell’anidride carbonica come giustificazione per mantenere la produzione, perché potrebbe consentire alle emissioni di continuare mentre la rimozione avviene solo in minima parte. Questo approccio rientra nella storia dell’industria.
Per fugare questi legittimi timori, i Paesi dovranno essere espliciti sui loro piani di rimozione nel prossimo ciclo di Contributi nazionali determinati, le proposte di ulteriori azioni che dovranno presentarsi l’uno l’altro entro il 2025. Per evitare confusione, si dovrebbe anche chiedere loro di tenere separati gli obiettivi di rimozione e di riduzione delle emissioni.
Può sembrare una priorità minore rispetto alle emissioni e all’adattamento, ma gli assorbimenti iniziano ad acquisire importanza solo quando le emissioni scendono molto al di sotto del loro picco. Ma a quel punto l’entità degli assorbimenti necessari sarà migliaia di volte superiore a quella ottenibile oggi. Dunque occorre darsi da fare.
Conclusioni
Alla fine, chi inquina dovrà pagare per la rimozione dei propri rifiuti, stimolando così gli investimenti nelle tecnologie. Ancora una volta, un processo delle Nazioni Uniti non può forzare i cambiamenti che il mondo richiede. Ma quando una conferenza come Cop28 inquadra i dibattiti con saggezza e stabilisce regole appropriate, può contribuire a galvanizzare il progresso. Ed è giusto così, visto che c’è bisogno di molto di più.
In questi primi giorni è stato raggiunto l’obiettivo di triplicare la produzione di energia nucleare: i 22 paesi firmatari, tra cui Francia e Stati Uniti, lo definiscono una tappa cruciale per ridurre le emissioni di gas serra. Altro obiettivo raggiunto è quellodi rendere operativo il fondo Loss & damage, per offrire aiuti ai Paesi più poveri e vulnerabili del mondo, per le perdite e danni subiti a causa dei cambiamenti climatici: il fondo per il clima vale 30 miliardi di dollari e l’Italia contribuirà con 130 milioni di euro, gli Emirati Arabi con 100 milioni di dollari, altri 100 milioni sono promessi dalla Germania, 10 milioni dal Giappone e 60 milioni di sterline dalla Gran Bretagna.
Infine, per rendere gli obiettivi di decarbonizzazione alla propria portata, è necessario coinvolgere le compagnie petrolifere. Anche per qyuesto motivo una Cop nel cuore dell’area geopolitica dei maggiori produttori di petrolio, è importante: per coinvolgerli. I colloqui sul clima delle Nazioni Unite sono un momento di svolta per le compagnie petrolifere e del gas. Le aziende produttrici di combustibili fossili devono poter offrire il loro contributo al progresso climatico, senza il quale forse sarà difficile non riuscire a centrare gli obiettivi.