La forza pervasiva del digitale e delle tecnologie, esplosa con il Covid anche al livello dell’economia reale, della finanza e della società civile, impone alle aziende di ripensare la responsabilità d’impresa che non può più limitarsi a considerare il digitale come semplice fattore abilitante della organizzazione aziendale e/o dei modelli di business, ma deve soppesare l’impatto ambientale, sociale e di governance nelle sue modalità applicative.
Quanto è di moda l’ESG: perché la sostenibilità è diventata un valore aggiunto per le aziende
La Corporate Digital Resposability (CDR)
La Corporate Digital Resposibility (CDR) diventa così il braccio armato per l’implementazione dei criteri ESG nelle aziende – non solo le tech-company – che intendono declinare i fattori di sostenibilità anche attraverso la lente del digitale, andando quindi a scandagliarne le implicazioni a partire dalle infrastrutture IT, alla gestione dei dati e della privacy della propria forza lavoro, clienti e consumatori, fino ai processi aziendali da quelli manifatturieri e di automazione a quelli di vendita con meccanismi di autodeterminazione dei consumatori nella fase di acquisto.
L’Italia è ancora in ritardo in termini di digitalizzazione e innovazione tecnologica, come evidenziato dall’ultimo aggiornamento dell’indice DESI, che vede il nostro Paese al 24° posto fra i 27 Stati membri dell’UE; per questa ragione e per raggiungere gli obiettivi fissati dalla Commissione Europea nella Comunicazione “2030 Digital Compass: the European Way for the Digital Decade”, i temi del digitale e della innovazione permeano il PNRR con una specifica allocazione di trenta miliardi per l’innovazione del sistema produttivo.
L’importanza dei fattori ESG
Che lo sviluppo sostenibile passi per l’innovazione lo dice l’obiettivo 9 dell’agenda 2030 delle Nazioni Unite, che l’innovazione diventi lo strumento essenziale per il perseguimento di tanti altri obiettivi di sostenibilità quali il consumo e produzione responsabile (goal 12), la lotta contro il cambiamento climatico (goal 13), ridurre le diseguaglianze (goal 10), lavoro dignitoso e crescita economica (goal 8), energia pulita e accessibile (goal 7) deve essere lo scopo di tutte le aziende che intendono accostare al proprio rendimento economico un virtuoso impatto sociale, ambientale e di governance. L’importanza sempre più crescente dei fattori ESG, promossi in maniera dirompente dalla Commissione Europea nell’ambito del Green Deal e dell’Action Plan sulla finanza sostenibile (cfr. Regolamento Disclosure UE 2019/2088 e Regolamento Tassonomia UE 2020/852), non lascia spazio a molti compromessi se si intende rendere la propria azienda rispondente a una serie di criteri e logiche che ogni giorno sono sempre più indispensabili nella creazione di un valore non più solo finanziario ma che mira anche alla valorizzazione dell’ impronta ambientale, sociale e di governance, ormai essenziale per il mercato dei capitali, per gli investitori e ormai anche per le banche e le assicurazioni.
La trasformazione digitale comporta sia opportunità che minacce. Le nuove tecnologie possono migliorare così come impedire l’efficienza energetica e l’impatto ambientale, così come possono portare all’inclusione di molti gruppi sociali svantaggiati e al contempo all’accesso ineguale di cittadini anziani o residenti in zone a scarsa digitalizzazione. A tanto si aggiungono i temi etici legati agli effetti sulla occupazione della automazione e della robotica, dell’intelligenza artificiale, nonchè il pericolo di violazioni di dati e attacchi informatici. Problematiche queste ultime che trovano una risposta diametralmente opposta a seconda di come la digitalizzazione possa, invece, diventare una nuova modalità di lavoro (lo smart – working docet) e di formazione, un nuovo sistema di condivisione di dati, di conoscenze, di informazioni ai fini di un migliore sviluppo economico dell’azienda.
CDR come elemento di differenziazione e valore
La bussola di ogni azienda sarà la CDR che se implementata diventerà probabilmente un elemento di differenziazione e di valore capace di guadagnare e mantenere la fiducia degli stakeholder e un reale vantaggio competitivo in periodi di resilienza economica come quelli che stiamo vivendo.
Una strategia integrata CDR/ESG deve mirare non solo a prevenire le potenziali conseguenze negative della digitalizzazione, ma anche a sfruttare i vantaggi della stessa. Gli esempi di usi sostenibili delle tecnologie si sprecano e hanno la loro più comune applicazione nei sistemi di innovazione sociale digitale (DSI), che comporta lo sviluppo e l’implementazione di prodotti innovativi, servizi, processi, modelli di business (in cui la tecnologia digitale gioca un ruolo centrale) che cercano di affrontare problemi sociali o ambientali. [1]
I livelli su cui agisce una politica di CDR sono i medesimi della piramide della CSR (economico, legale, etico e discrezionale) con l’unica differenza che hanno una declinazione diversa vista la peculiare lente:
- l’economica deve mirare a modelli di business innovativi capaci di resistere all’evoluzione dei mercati in maniera competitivo,
- la legale deve integrare la compliance tradizionale con la normativa sulla protezione dei dati, cybersecurity, IP, ESG,
- l’etica deve tenere in debita considerazione gli impatti ad esempio dell’intelligenza artificiale, del digital waste,
- la discrezionale può consistere in programmi filantropici ad esempio di istruzione a distanza, di education STEM, di innovazione sociale.
Come implementare una policy CDR integrata ai fattori ESG
Tanto presupposto, una azienda che intende implementare una policy CDR integrata ai fattori ESG deve partire da un’analisi dei processi, delle aree e funzioni aziendali con un approccio che deve essere proporzionale alle dimensioni dell’impresa, al settore di riferimento, al mercato di competenza, e soprattutto agli obiettivi che si intendono perseguire.
Qualsiasi adeguamento in ottica CDR/ESG richiede un percorso graduale, capillare e capace di dettare un cambio di passo e di visione dell’azienda che deve individuare obiettivi di sostenibilità che siano realmente raggiungibili e soprattutto compatibili con la propria realtà aziendale, tanto per consentire nella transizione a un modello di impresa CDR/ESG un continuo monitoraggio con check & balance periodici da parte di specifici organi preposti (Cda, comitati, CDR/ESG Officer) che conducano alla misurazione periodica di quanto fatto, sulla base di una precisa rendicontazione che può avvenire solo scegliendo standard di riferimento consoni agli obiettivi prescelti, alle policy adottate e a quei KPI’s / indicatori, che devono essere in grado annualmente di dare la fotografia del grado di adeguamento raggiunto.
Solo una analisi approfondita “delle maglie” della propria azienda può portare a individuare quali siano i fattori ESG in chiave digitale a poter essere integrati nella propria policy CDR. Facciamo qualche esempio.
L’aspetto della “E” comprende ambiente/lotta ai cambianti climatici ed è rinvenibile nell’uso di energia rinnovabile e nella misurazione dell’emissione di gas serra, che è un effetto ambientale diretto prodotto dall’azienda e riguarda l’intero ciclo di vita dell’hardware a partire dalla produzione e funzionamento (ad esempio, il consumo di energia), fino allo smaltimento e riciclaggio di dispositivi e infrastrutture ICT.
L’aspetto della “S” e dell’impatto sociale può comprendere dall’ormai sdoganato smart working in chiave work-life balance, al “digital wellbeing” che consiste nella promozione per forza lavoro, clienti e utenti di un uso responsabile e di un giusto equilibrio nell’ utilizzo dei prodotti digitali, al “digital empowerement” a favore di fornitori, dipendenti.
Per finire, l’aspetto della “G” come governance è incentrato nella gestione dei sistemi IT in chiave anche di cybersecurity, nella gestione, modalità di trattamento, accesso dei dati e della privacy con graduazioni e complessità diverse a seconda delle dimensioni e del settore dell’azienda.
I fattori ESG in chiave digitale arricchiscono – non sostituiscono – i tradizionali fattori ambientale/sociale e di governance che sono lo scheletro di una azienda sostenibile e che hanno per pilastri il sistema di buon governo societario, la gestione degli effetti diretti e indiretti che l’attività di impresa ha sull’ambiente e rispetto al cambiamento climatico, l’impatto sociale dai dipendenti, al territorio, agli stakeholder esterni; tutti fattori improntanti a precisi indicatori di sostenibilità dettati da norme primarie e di condotta (soft law) nazionali e internazionali.
Conclusioni
In conclusione, essere CDR/ESG compliant vuol dire ridurre, minimizzare e gestire quei rischi di impatto negativo sui fattori sostenibilità che una azienda potrebbe causare anche involontariamente, con danno non solo di rendimento economico/finanziario ma anche di reputazione verso stakeholder interni che esterni.
Il valore di una azienda non è più solo strettamente economico/produttivo e la promozione di un valore volto allo sviluppo sostenibile è la garanzia di competitività, a cui ogni impresa oggi deve mirare in questo momento epocale di passaggio dalla shareholder economy alla stakeholder economy, investire oggi in politiche CDR/ESG è investire sul presente e sul futuro della propria azienda a beneficio di un nuovo modello di economia responsabile.
Note
- Herden, C.J., Alliu, E., Cakici, A. et al. “Corporate Digital Responsibility”. ↑