L’emergenza sanitaria causata dal Coronavirus e la conseguente crisi socio-economica hanno avuto, stanno continuando ad avere e in futuro avranno, gravi ripercussioni sul raggiungimento dell’Agenda 2030 da parte di tutte le Nazioni, in primis l’Italia. Rispetto a una piena sostenibilità già difficile da conseguire, la pandemia ha infatti allontanato Stati e comunità dal risolvere sfide globali di maggior interesse ed entità – tra tutte la lotta alla povertà e alle disuguaglianze, la crescita economica, la protezione dell’ecosistema e, naturalmente, lo sviluppo di settori cruciali quali istruzione e sanità.
L’impatto del covid sugli obiettivi di sviluppo sostenibile: la “lezione” da imparare
L’evoluzione della pandemia in Italia
Dal 20 febbraio 2020, quando l’ospedale di Codogno (LO) ha registrato il primo caso italiano di COVID-19, il Belpaese ha visto estendersi i primi focolai a macchia d’olio, diventando, su decisione dell’allora Presidente Conte, “zona protetta” il 9 marzo 2020.
Da allora in Italia ci sono stati 3.772.617 casi positivi, di cui 130.849 tra gli operatori sanitari, 115.557 deceduti e 3.178.976 guariti.
I seguenti grafici raccontano brevemente l’evoluzione del fenomeno. I dati sono tratti dal database pubblico della Protezione Civile (disponibile qui) ed elaborati da ricercatrici FEEM.
L’immagine sopra riportata mostra l’incremento giornaliero dei deceduti, calcolato sia in termini assoluti che percentuali. Dal grafico si evince chiaramente l’entità e la durata delle due ondate di Covid che hanno colpito l’Italia nel corso dell’ultimo anno.
La Figura 2 illustra i casi in base al numero e alle condizioni degli stessi, i.e. isolamento domiciliare, ricoverati con sintomi, in terapia intensiva. Nella lettura di questi dati occorre tenere a mente come la differenza dell’andamento dei positivi, cresciuti in maniera esponenziale negli ultimi due mesi del 2020, sia dovuta principalmente all’aumento di test e tamponi giornalieri effettuati grazie ad un miglioramento delle capacità di screening in Italia. In altre parole, un maggiore numero di tamponi implica automaticamente un maggiore numero di positivi rilevati.
Figura 3: Incidenza di positivi sul totale dei tamponi effettuati. Grafico interattivo disponibile qui
Infine, la cosiddetta incidenza, ovvero la percentuale dei nuovi positivi sui tamponi effettuati, supporta quanto già anticipato: mentre nella prima ondata un minor numero di tamponi tendeva a rilevare un alto numero di casi, nella seconda e terza ondata i nuovi positivi sono evidentemente calati, nonostante il maggiore numero di tamponi.
Gli interventi di Governo e Ue per arginare la crisi
Dallo scoppio della pandemia, numerosi sono stati gli interventi e i provvedimenti normativi stabiliti dal Governo italiano per contrastare la crisi, tra cui Leggi e Decreti-legge, Decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ordinanze del Ministero della Salute. Così come il Premier Conte dichiarava allora “non ci sarà più una zona rossa, non ci saranno più zona uno e zona due, ma un’Italia zona protetta. Saranno da evitare gli spostamenti salvo tre ragioni: comprovate questioni di lavoro, casi di necessità e motivi di salute”, esattamente un anno dopo il Premier Draghi ribadiva “dobbiamo moltiplicare ogni sforzo, il nostro compito è quello di salvaguardare, con ogni mezzo, la vita degli italiani. E permettere al più presto un ritorno alla normalità. Ogni vita conta. Non perdere un attimo, non lasciar nulla di intentato, compiere scelte meditate ma rapide.”
Se sul piano nazionale le scelte del Governo si sono intersecate (e talvolta alternate) con quelle degli amministratori regionali, sul lato internazionale l’Unione Europea sta coordinando una risposta comune all’epidemia, che vede in primis il rafforzamento della sua capacità di rispondere alle emergenze sanitarie, e in secondo luogo il tentativo di riparare i danni economici e sociali generati dalle prime.
La Commissione Europea, il Parlamento Europeo e i leader dell’UE hanno infatti concordato un pacchetto di 1.800 miliardi di euro che combina il bilancio dell’UE per il periodo 2021-2027 e NextGenerationEU, strumento temporaneo concepito per stimolare la ripresa. Il Recovery Plan sosterrà non solo la rinascita post-pandemica attenuando gli effetti causati dalla crisi, ma anche gli investimenti nelle transizioni verde e digitale, cogliendo quindi l’opportunità di creare un’Europa post-COVID-19 più sostenibile, resiliente e adeguata alle sfide presenti e future.
A tal proposito, in Italia è il neonato Ministero della transizione ecologica (MiTE) ad assumersi la responsabilità di gestire parte dei fondi in arrivo grazie al Recovery Fund, in ottemperanza a quanto stabilito dal Green Deal Europeo. Il MiTE, infatti, che sostituisce il vecchio Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM) del Governo Conte, guidato da Sergio Costa, avrebbe come primo incarico proprio il perseguimento di una rivoluzione verde e di una transizione ecologica.
In aggiunta, un nuovo programma per la salute, EU4Health, è stato introdotto nel piano europeo con l’obiettivo di rafforzare la resilienza dei sistemi sanitari e di promuovere l’innovazione nel settore sanitario. Anche il meccanismo di protezione civile europeo RescEU è stato ampliato mettendo a disposizione attrezzature mediche tramite la creazione di scorte europee comuni di dispositivi di protezione individuale e ventilatori. Parallelamente, il programma di ricerca Orizzonte 2020 è stato potenziato per finanziare la ricerca in materia di salute, ma anche di resilienza e transizioni verde e digitale.
Per consentire alle aziende di mantenere i propri dipendenti e per finanziare i regimi di riduzione dell’orario lavorativo in tutta l’UE, è stato inoltre varato lo strumento SURE, con l’obiettivo di mobilitare 100 miliardi di euro in prestiti.
Non da ultimo, anche la Politica di Coesione ha visto sostanziali modifiche negli orientamenti di spesa grazie all’introduzione della Coronavirus Response Investment Initiative (CRII) e la Coronavirus Response Investment Initiative Plus (CRII+). La prima ha dato la possibilità di reindirizzare i fondi europei per fronteggiare le conseguenze della crisi, permettendo di spostarli verso i sistemi sanitari, le PMI, e il mercato del lavoro; la seconda ha reso possibile il trasferimento di risorse tra il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR), il Fondo Sociale Europeo (FSE) e il Fondo di Coesione (FC), introducendo l’opzione di usufruire di un cofinanziamento da parte dell’UE pari al 100% per i programmi per l’anno 2021.
In sostanza, molti sono stati gli strumenti rafforzati e creati ex novo per fronteggiare i danni economici e sociali provocati dalla pandemia COVID-19, e, non a caso, direttamente collegati ai Goal dell’Agenda 2030 più impattati dalla crisi.