Il contrasto ai cambiamenti climatici è, finalmente, al centro dell’agenda e delle policy europee. Negli ultimi anni l’Unione ha assunto impegni ambiziosi, con l’obiettivo di porsi come leader globale nel processo di transizione sostenibile: la sfida principale è quella diventare il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050 e di ridurre le emissioni di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, rafforzando la propria resilienza ai cambiamenti climatici e invertendo la perdita di biodiversità.
Una condizione imprescindibile per raggiungere gli obiettivi prefissati consiste nella capacità di mobilitare un ingente volume di risorse finanziarie, sia pubbliche che private, in settori, imprese e attività che supportino la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici. Tale fabbisogno è stimato in 350 miliardi di euro per la decarbonizzazione dei sistemi energetici, cui si aggiungono 130 milioni per i restanti obiettivi ambientali (Comunicazione della Commissione “Stepping up Europe’s 2030 climate ambition – Investing in a climate-neutral future for the benefit of our people” del 17 settembre 2020).
Climate change, quanta confusione: tutte le sfide per i decisori politici
È in tale direzione che si muove la Strategia Europea per il Finanziamento alla Transizione verso un’Economia Sostenibile, approvata a giugno 2021 dalla Commissione in seguito a un percorso di consultazione degli stakeholder. L’atto estende le linee programmatiche contenute nel Piano di Azione per la Finanza Sostenibile del 2018, approfondendo alcuni interventi e aspetti relativi alle tematiche relative al climate change.
Il Piano di azione per la finanza sostenibile
Per apprezzare le direzioni intraprese dalla Strategia è opportuno riprendere gli elementi fondanti del Piano di Azione. Questi consistevano in:
- un sistema univoco e omogeneo di classificazione delle attività sostenibili, la cosiddetta Tassonomia europea delle attività sostenibili (Regolamento 2020/852). A giugno 2021 sono stati emanati gli atti delegati che definiscono i criteri di vaglio tecnico per 2 dei 6 obiettivi ambientali previsti (mitigazione e adattamento al cambiamento climatico), ai fini dei quali sono eleggibili le attività attualmente low carbon e quelle che contribuiscono alla transizione verso un’economia a emissioni zero nel 2050;
- un quadro regolamentare coerente in materia di informativa sulla sostenibilità per le imprese finanziarie e non finanziarie, volto ad aumentare la qualità e la trasparenza della disclosure dei rischi e degli impatti ESG connessi alle attività produttive e agli investimenti. I principali atti normativi in tale ambito sono:
- il Regolamento 2019/2088 (Sustainable Finance Disclosure Regulation) entrato in vigore il 10 marzo 2021, che impone a chi colloca prodotti finanziari sul mercato di divulgare informazioni circa l’integrazione dei rischi e degli impatti ESG nelle politiche di investimento e di remunerazione e riguardo alle caratteristiche ambientali o sociali promosse dagli stessi prodotti
- la proposta, approvata dalla Commissione a marzo 2021, di una nuova direttiva in materia di rendicontazione di sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD) in sostituzione della Non-Financial Reporting Directive del 2014. I cardini della proposta sono l’estensione degli obblighi di reporting a tutte le imprese di grandi dimensioni e quotate e la definizione di un nuovo sistema di standard europei di rendicontazione, tra i quali un framework rivolto specificamente alle PMI, che potranno adottarlo su base volontaria.
- Un set di strumenti identificativi volti a supportare l’allineamento degli investimenti verso gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Unione, garantendo la correttezza dell’informazione ai sottoscrittori: tra questi, gli EU climate benchmark per i fondi di investimento, il marchio Ecolabel per i prodotti finanziari e lo standard europeo per l’emissione di green bond. Mentre il Regolamento delegato 2020/1818 del 2020 ha sancito i criteri di definizione dei benchmark climatici allineati agli obiettivi dell’Accordo di Parigi elaborati dal Technical Expert Group nel 2019, la data di completamento dell’iter di definizione dei criteri tecnici per l’applicazione del marchio Ecolabel per i prodotti finanziari non è ancora stata divulgata, a causa delle complessità tecniche riscontrate e delle istanze divergenti poste dagli stakeholder durante le consultazioni; analogamente, il regolamento in materia di obbligazioni verdi europee è attualmente in fase di proposta.
La strategia europea per finanziare la transizione verso un’economia sostenibile
Gli sforzi messi in campo per raggiungere gli obiettivi del Piano, le complessità riscontrate e la crescita di consapevolezza riguardo agli impatti reciproci tra la finanza e la sostenibilità hanno spinto la Commissione a rilanciare ulteriormente la propria azione attraverso la definizione di una Strategia di medio termine, articolata in quattro assi di intervento:
- Finanziare la transizione dell’economia reale verso la sostenibilità
- Favorire il passaggio verso un quadro della finanza sostenibile più inclusivo
- Migliorare la resilienza del settore finanziario e il contributo alla sostenibilità
- Promuovere l’ambizione globale.
Gli assi di azione individuati sono, a propria volta, percorsi da due obiettivi trasversali:
- un’estensione delle politiche di investimento sostenibile alle attività coinvolte nel percorso di transizione energetica;
- una più efficace integrazione dei rischi e degli impatti legati alla sostenibilità e ai cambiamenti climatici nelle politiche di investimento delle imprese e degli operatori finanziari.
Esemplificativa della prima direzione è la proposta, nell’ambito del primo asse, di estendere il ventaglio di attività sostenibili contemplato dall’attuale versione della Tassonomia includendo i settori coinvolti nelle fasi intermedie del processo di transizione energetica. In tale ampliamento potrebbero trovare spazio, all’interno degli obiettivi di mitigazione e adattamento al climate change, la distribuzione di gas naturale e le attività produttive caratterizzate da prestazioni ambientali inferiori rispetto a quanto richiesto dagli attuali criteri di vaglio tecnico ma interessate da un percorso di decarbonizzazione, quali l’agricoltura. In una direzione analoga si muove l’annunciata definizione di standard di riferimento europei per le emissioni di transition bond e le obbligazioni ancorate al raggiungimento di target di sostenibilità (sustainabilility-linked bond)[1], maggiormente accessibili anche alle imprese attive in settori industriali non riconducibili alla green economy.
Relativamente alla seconda direzione, l’asse III delinea un insieme di misure volte a normare i processi di individuazione e gestione dei rischi di sostenibilità – e, in particolare, quelli climatici – da parte di banche e assicuratori e ad accelerare il contributo del settore finanziario agli sforzi per la transizione, attraverso l’obbligo di rendicontare gli obiettivi di decarbonizzazione e i progressi compiuti per conseguirli. In questo senso, la Commissione ha annunciato di voler incentivare l’adozione di obiettivi basati su dati scientifici in materia di sostenibilità e clima (Science-based Target) da parte degli istituti finanziari, approfondendo al contempo la credibilità delle relative metodologie di determinazione.
Una condizione abilitante: la disponibilità di dati e informazioni ESG
Un’effettiva convergenza delle risorse finanziarie verso gli obiettivi di sviluppo sostenibile e di contrasto al cambiamento climatico non può prescindere dalla disponibilità di una maggiore e migliore base di dati sui profili ESG delle imprese e degli investimenti e sulla loro esposizione ai rischi climatici, tale da permettere agli operatori di effettuare scelte di investimento più fondate e consapevoli. La rilevazione e sistematizzazione delle informazioni costituisce a sua volta un obiettivo esplicito di alcuni degli interventi previsti dal Piano di Azione e dalla Strategia. In particolare, la nuova CSRD mira espressamente allo scopo di rendere accessibili agli investitori informazioni più attendibili e comparabili circa le strategie, i rischi e le performance sociali, ambientali e di governance.
Allo scopo di facilitare la raccolta dei dati è prevista, contestualmente all’elaborazione dei nuovi standard di rendicontazione, la definizione di una tassonomia digitale che permetta di contrassegnare in modo univoco le informazioni ESG e di rintracciarle facilmente all’interno del report di sostenibilità tramite appositi formati di tagging, alimentando una repository centralizzata a livello europeo (European Single Access Point). Tale sforzo di unificazione delle informazioni, se contestualizzato all’interno dell’impresa, chiama in causa indirettamente il ruolo potenziale delle soluzioni di digital governance che mirano a supportare e centralizzare la raccolta dei dati di performance ESG dalle diverse funzioni e business unit aziendali, facilitandone il monitoraggio e garantendone la tracciabilità.
In una direzione analoga si colloca anche l’inclusione nella Tassonomia delle attività sostenibili di una frontiera dell’innovazione quale lo sviluppo di soluzioni basate sui dati per la riduzione delle emissioni di gas serra – in cui sono ricomprese, con un’accezione estensiva, le tecnologie decentralizzate di registro distribuito, l’Internet of Things, il 5G e l’intelligenza artificiale, purché principalmente finalizzate alla fornitura e all’analisi di dati per ridurre le emissioni di gas serra.
Gli stessi nuovi regolamenti europei, d’altra parte, stanno generando un fabbisogno crescente di dati, i quali necessitano tipicamente di rilevazioni ad hoc: la valutazione del rispetto dei criteri di vaglio tecnico previsti dalla Tassonomia, in particolare, richiede informazioni puntuali sulle performance ambientali delle attività provenienti perlopiù da studi di valutazione di impatto o da analisi della carbon footprint. Non è un caso che, per semplificare tale processo, provider di servizi finanziari e agenzie di rating ESG stiano lanciando sul mercato tool digitali che consentono di effettuare uno screening delle emittenti e/o del portafoglio in base al rispettivo allineamento agli obiettivi della tassonomia. Il principale limite di tali soluzioni consiste nell’estensione del campione di emittenti, circoscritto generalmente alle imprese quotate a medio/alta capitalizzazione, con l’esclusione pressoché totale delle PMI.
Le tecnologie digitali nella transizione sostenibile: potenzialità ed elementi di attenzione
Su questo sfondo è possibile cogliere perché la Strategia europea, all’interno dell’asse II – Favorire il passaggio verso un quadro della finanza sostenibile più inclusivo, riconosca il contributo che le tecnologie digitali possono apportare fornendo “soluzioni essenziali ai cittadini, agli investitori e alle PMI affinché compiano la loro transizione verso la sostenibilità” e la funzione ricoperta dall’innovazione tecnologica – intesa in senso ampio, “come l’intelligenza artificiale, la blockchain, i megadati e l’Internet delle cose” – nell’ambito della finanza sostenibile. A tale riconoscimento corrisponde un impegno, che dovrà essere circostanziato, a sostenere le piccole e medie imprese nell’utilizzo degli “strumenti digitali della finanza sostenibile”.
L’attenzione rivolta dalla Commissione alla data industry e alle tecnologie digitali non si limita, tuttavia, a evidenziarne le potenzialità di supporto alla finanza sostenibile ma si estende anche ai relativi impatti ambientali. Da un lato, infatti, le attività di elaborazione e hosting dei dati e programmazione IT risultano ammissibili ai fini della Tassonomia in base ai rispettivi livelli di efficienza energetica; dall’altro, la Strategia afferma l’intenzione di approfondire le “preoccupazioni in merito all’impatto ambientale e alle crescenti esigenze energetiche da parte dei centri dati e delle tecnologie di registro distribuito, soprattutto per quanto riguarda le cripto-attività”. I temi oggetto di attenzione in ambito IT comprendono le azioni di recupero dei rifiuti elettronici, inserite tra i criteri di vaglio tecnico relativi all’obiettivo Circular Economy per le attività di data processing, e potrebbero ampliarsi alla tracciabilità e alla sostenibilità della filiera dei metalli rari, sotto la spinta della presa di consapevolezza degli impatti socioeconomici e ambientali generati dalle attività di estrazione.
La richiesta di un intervento regolatorio e finanziario in materia da parte dell’Unione si colloca, peraltro, al centro delle istanze degli stakeholder, come esemplificano il parere di iniziativa “L’attività estrattiva digitale in Europa: nuove soluzioni per la produzione sostenibile di materie prime” prodotto nel 2020 dal Comitato economico e sociale europeo e il White Paper “Agenda for a resilient European metals supply for the green and digital transitions” pubblicato nello stesso anno da Eurometaux, l’associazione europea dei produttori e riciclatori di metalli non ferrosi.
In sintesi, come è già avvenuto per i settori della green economy, il riconoscimento della funzione di traino che le tecnologie digitali possono ricoprire nella svolta sostenibile intrapresa dall’Unione si coniugherà sempre più strettamente con un innalzamento delle aspettative in materia di sostenibilità nei confronti degli operatori.
Note
https://altis.unicatt.it/altis-2021-finanza-sostenibile-sustainability-linked-bond. ↑