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Da Trude alla smart city: dati e IoT plasmano la città ideale



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Un viaggio tra le visioni utopiche di Italo Calvino e le realtà contemporanee, per comprendere come la tecnologia, dati e internet delle cose in primis, possa contribuire a modellare l’ambiente urbano del domani

Pubblicato il 14 dic 2023

Gea Arcella

Assessore al Comune Udine alla smart city ed innovazione digitale



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In un mondo sempre più interconnesso e digitalizzato, le città si trovano al centro di sfide cruciali.

L’evoluzione da semplici agglomerati urbani a vere e proprie “smart cities” richiede una gestione oculata ed efficace dei dati, che diventano il cuore pulsante delle metropoli del futuro.

Ma in che modo l’Internet delle Cose (IoT) e gli Open Data possono trasformare la vita quotidiana dei cittadini? E come può un governo dei dati efficiente servire realmente la comunità?

Questi sono solo alcuni degli interrogativi che emergono quando si parla di città intelligenti, un tema che non è solo tecnologico ma tocca aspetti sociali, politici ed economici.

La visione di Italo Calvino: città identiche o città intelligenti?

 “Puoi riprendere il volo quando vuoi — mi dissero — ma arriverai a un’altra Trude, uguale punto per punto, il mondo è ricoperto da un’unica Trude, che non comincia e non finisce, cambia solo il nome dell’aeroporto” – Italo Calvino —  1972, «Le città invisibili»: La città Trude.

Come sarà la città del futuro? Omologata a un modello unico? Straniante nella sua iper-tecnologicità, abitata da monadi sempre più isolate, che non comunicano se non attraverso dispositivi digitali, governata da algoritmi di intelligenza artificiale deterministici e alieni dai bisogni reali delle persone?

Non è questo il futuro che vogliamo per le nostre città. L’obiettivo è una città sostenibile, inclusiva, coesa, intelligente nel suo approccio ai problemi, ovvero una città che ha la capacità di adattarsi, imparare e prendere decisioni in situazioni nuove, senza dimenticare la sua storia e la sua identità.

L’importanza della consapevolezza dei dati nelle città del futuro

Il primo passo per avere una città “intelligente” è la consapevolezza dei dati che ha a disposizione: siamo immersi, infatti, in un mare di informazioni. Ciascuno di noi ne produce continuamente: foto, post, e-mail, la musica che ascoltiamo, i nostri commenti, uniti a dati di geo-localizzazione, le nostre ricerche. Persino i download rimasti incompleti vengono tracciati e rielaborati, studiati e classificati attraverso enormi data set sempre più estesi ed accentrati dalle grandi Big Tech.

Da tempo, però, non solo gli umani producono dati e le connessioni non riguardano esclusivamente le persone: le interazioni, ormai sempre più globali, interessano anche gli oggetti che ci circondano, a loro volta produttori di dati ed informazioni su se stessi, il loro funzionamento, il loro utilizzo.

Internet delle Cose e la sua applicazione nelle Smart City

L’obiettivo dell’internet delle cose è far sì che il mondo digitale tracci una mappa di quello reale, attribuendo un’identità virtuale alle cose e ai luoghi dell’ambiente fisico, creando gemelli digitali su cui sperimentare modelli, fare proiezioni, al fine di una pianificazione e gestione integrata del territorio.

Uno dei problemi principali è che non esiste un unico metodo per fare IoT, ma l’intera “famiglia” delle tecnologie IoT ha lo scopo di rendere qualunque tipo di oggetto, non necessariamente nato e predisposto per il digitale, un dispositivo collegato ad internet in grado di godere di tutte le caratteristiche degli oggetti nati per utilizzare la rete.

Monitoraggio e controllo degli oggetti connessi alla rete

In particolare le principali proprietà degli oggetti connessi alla rete sono essenzialmente due: il monitoraggio e il controllo.

Monitoraggio significa che l’oggetto può comportarsi come un sensore, in grado di produrre informazioni su di sé o sull’ambiente circostante. Ad esempio, un lampione IoT non solo può tenere sotto controllo la propria lampada, verificandone il funzionamento, ma potrebbe anche analizzare il livello di inquinamento dell’aria.

Controllo significa che gli oggetti possono essere comandati a distanza senza tecnologie particolari, ma attraverso internet.

Le persone diventano “oggetti” dell’IoT

A questo punto, gli “oggetti” dell’IoT possono essere le persone che indossano un indumento connesso oppure hanno un dispositivo che monitorizza le loro funzioni fisiologiche, gli animali e le piante con i biochip, le automobili con i sensori, i robot utilizzati nelle catene di montaggio che comunicano con l’esterno, ma anche le scale mobili di un supermercato, i bisturi che trasmettono informazioni, i giocattoli interattivi. In teoria, qualsiasi “oggetto”, vivo o inanimato, che disponga dell’IP e della connessione ad internet necessari per scambiare i dati raccolti fa IoT.

Il governo dei dati al servizio dei cittadini: l’esempio dell’Ue

Sapere governare tutte queste informazioni al fine di trarre valore per i cittadini è la sfida che abbiamo di fronte.

Seguendo la definizione dell’Unione Europea “Una smart city è un luogo in cui le reti e i servizi tradizionali sono resi più efficienti con l’uso di soluzioni digitali a beneficio dei suoi abitanti e delle imprese.”

Una città intelligente non si limita ad un uso passivo delle tecnologie digitali, ma elabora tutte le informazioni che ha a disposizione per migliorare l’utilizzo delle risorse e produrre minori emissioni, ottimizza la mobilità dei suoi cittadini, mettendo in rete trasporto pubblico,  bike sharing, car sharing, auto ibride o elettriche e regolando  gli incroci con semafori intelligenti; grazie all’Internet of Things i beni e servizi primari usufruiti dai cittadini – come acqua, luce, gas, smaltimento dei rifiuti – costantemente monitorati attraverso sensori, che producono e si scambiano informazioni, sono gestiti in modo integrato al fine di dare efficienza ad altrettanti servizi come l’illuminazione pubblica o il riscaldamento degli edifici.

Governo dei dati significa anche, sempre per l’Unione Europea, “un’amministrazione cittadina più interattiva e reattiva, spazi pubblici più sicuri e un migliore soddisfacimento delle esigenze di una popolazione che invecchia”.

Una Smart City, dunque, non è semplicemente una città che adotta le innovazioni tecnologiche disponibili, ma vuole promuovere una visione diversa della realtà urbana, tesa al benessere dei cittadini e l’efficienza di tutte le sue risorse, energetiche, educative, ambientali.

Ciò non può prescindere dall’affrontare tematiche come gli open data, l’interoperabilità, le modalità di raccolta, d’accesso e la tutela dell’informazione.

Smart city: open data e valorizzazione dell’informazione pubblica

I domini applicativi interessati dallo sviluppo di una smart city sono: la salute, l’ambiente, la logistica, la sicurezza urbana, le analisi sociologiche ed economiche, le infrastrutture la mobilità.

I dati della Pubblica amministrazione, infatti, costituiscono informazione “primaria ed originale” proveniente da fonte affidabile e per ciò stesso dotata una qualità essenziale per compiere qualsiasi analisi.

I dati pubblici sono un bene comune tra i più importanti nel mondo contemporaneo: il patrimonio informativo della pubblica amministrazione è fondamentale per lo sviluppo del Paese e la sua valorizzazione deve essere rivolta a migliorare la macchina comunale per i servizi per la comunità, definendo flussi e responsabilità, ma il medesimo patrimonio va e reso disponibile ai cittadini e alle imprese, in forma aperta e interoperabile al fine di sviluppare da un lato la partecipazione e dall’altro servizi innovativi.

La gestione dei dati nel Codice dell’Amministrazione digitale (CAD)

Un primo strumento per avere a disposizione le informazioni da rielaborare viene fornito dal Codice dell’Amministrazione digitale (CAD) all’art. 52 rubricato “Accesso telematico e riutilizzo dei dati” dove è previsto al comma 3 che : “ Nella definizione dei capitolati o degli schemi dei contratti di appalto relativi a prodotti e servizi che comportino la formazione, la raccolta e la gestione di dati, i soggetti di cui all’articolo  2, comma 2, prevedono clausole idonee a consentirne  l’utilizzazione  in conformita’ a quanto previsto dall’articolo 50.” Prevedere, dunque, in tutti i propri contratti una efficiente gestione dei dati e soprattutto la loro utilizzazione anche per le finalità istituzionali dell’ente pubblico, è una leva importante spesso non utilizzata.

Smart city: i dati da soli non sono sufficienti

Ovviamente i dati da soli non sono sufficienti, implementare le attività legate alla smart city significa necessariamente avere a disposizione adeguate infrastrutture di calcolo e di storage; l’integrazione con reti di sensori (inclusi dispositivi video/audio) distribuiti nella città; la disponibilità e l’accesso a fonti di dati pertinenti, diversificate e interoperabili; modelli di simulazione e tecnologie basate sul concetto “gemello”; modelli e algoritmi di intelligenza artificiale idonei per l’analisi dei dati, la previsione e la stima dei possibili rischi a supporto delle decisioni.

Conclusioni

Riuscire a coinvolgere i diversi attori del territorio – istituti superiori, università, enti di ricerca pubblici e privati, aziende innovative – è l’ulteriore passo per una realizzare una vera città intelligente che sappia valorizzare le sue vocazioni e la sua identità, innovando senza diventare una nuova Trude.

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