La transizione energetica è un complesso processo di trasformazione del sistema di produzione, distribuzione e consumo dell’energia che per concretizzarsi deve coinvolgere molti attori a diversi livelli. I tre pilastri fondamentali sono: elettrificazione, decentralizzazione, digitalizzazione.
Comunità energetiche rinnovabili (CER): cosa sono, come si creano, i vantaggi per il territorio
Elettrificazione, decentralizzazione, digitalizzazione: i tre pilastri della transizione energetica
Elettrificazione, ovvero il cuore della decarbonizzazione. Significa superare l’utilizzo di combustibili fossili (carbone, petrolio, gas, idrocarburi) come fonti di energia, con l’obiettivo di passare a una produzione interamente elettrica basata su fonti rinnovabili (non solo eolico e fotovoltaico ma anche idroelettrico, geotermico, idrogeno).
Decentralizzazione, che va di pari passo con l’autoproduzione. Il 2022 ha definitivamente dimostrato quanto dipendere dall’estero per l’approvvigionamento di energia sia un problema che mina la stabilità economico-produttiva di un paese. Per questo le agende dei governi si orientano a spingere la produzione interna per raggiungere l’autosufficienza energetica. Oltre alla questione geopolitica, c’è anche un risvolto pratico rilevante: più la fonte di energia e il luogo di consumo sono lontani, più alti saranno i costi legati alla realizzazione e mantenimento dell’infrastruttura di rete, alla perdita di potenza lungo il tragitto, alle tariffe dovute ai distributori. Non solo su ampia scala, questo modello è virtuoso anche su corto raggio e applicato a realtà locali.
Digitalizzazione: la trasformazione digitale è il motore capace di favorire la transizione dell’intera filiera energetica a partire dall’esercizio degli impianti di produzione fino all’erogazione di nuovi servizi per i consumatori, passando per le reti intelligenti e la gestione ottimizzata dei consumi. Per essere realmente efficaci, questi processi devono coinvolgere non solo la dimensione residenziale e privata, ma anche la pubblica amministrazione.
Digitalizzazione dell’energia: meno consumi e più efficienza
È utile ricordare che, secondo dati comunicati dall’Unione Europea, gli edifici sono responsabili di circa il 40% del consumo energetico dell’UE. In questo contesto la tecnologia offre l’opportunità di monitorare e ottimizzare i consumi energetici di un edificio grazie a sistemi di gestione degli impianti di riscaldamento e raffrescamento, migliorandone l’efficienza energetica e l’impatto ambientale. Si tratta di soluzioni basate su sensori IoT e algoritmi che affiancano al monitoraggio dei dati ambientali ed energetici il controllo delle prestazioni dei sistemi HVAC (Heating, Ventilation & Air Conditioning). Questo tipo di intervento permette di diminuire i consumi innanzitutto perché individua e corregge le inefficienze, e poi perché attiva un controllo intelligente dei sistemi rispondendo alle reali esigenze di temperatura e qualità dell’aria richieste dai singoli ambienti e degli utenti che li abitano.
C’è poi un rilevante valore aggiunto di questi interventi di digitalizzazione. Con essi, infatti, gli edifici sono capaci di comunicare tra loro e con un pannello centrale di controllo che facilita il lavoro agli energy e facility managers, permettendo loro di governare parchi multi-edifici come: complessi scolastici e ospedalieri, aggregati residenziali, aziende operanti su più sedi, uffici della pubblica amministrazione. È su questo meccanismo che si innestano i modelli di gestione condivisa e intelligente dell’energia.
Condividere l’energia: modelli di energy community
Se è vero che gli edifici rappresentano un problema da ottimizzare, è altrettanto vero che possono diventare una risorsa. Un edificio che viene digitalizzato può essere messo in connessione con altri edifici per creare comunità e distretti energetici basati su autoproduzione e consumo collettivo dell’energia. Ecco che in questo modello sono inclusi tutti e tre i pilastri di cui si parlava all’inizio.
Dotando i tetti di pannelli fotovoltaici, viene prodotta energia pulita che può essere distribuita tra gli immobili che fanno parte della comunità per essere consumata nell’immediato oppure, se l’impianto è abbinato a batterie d’accumulo, stoccata e utilizzata in un secondo momento in base alla regolazione intelligente comandata da algoritmi e IoT.
Ulteriore vantaggio si ricava quando a questo apparato viene abbinata una piattaforma digitale di energy management, la quale permette un coordinamento centralizzato di tutti gli immobili appartenenti alla stessa energy community, aiutando i gestori a tenere sotto controllo consumi ed emissioni, e gli utenti a rendicontare i benefici economici ricavati. Così facendo gli edifici diventano prosumer: produttori e consumatori di energia allo stesso tempo. Si tratta di un modulo che in molte regioni si sta concretizzando nella forma delle comunità energetiche rinnovabili (CER) e che si applica perfettamente ai contesti multi-edificio di natura residenziale, commerciale, industriale e anche al terziario (scuole, ospedali, pubblica amministrazione).
Dai distretti energetici alle smart city
Replicando questi moduli sul territorio, gradualmente è possibile creare un tessuto tecnologico-sociale dove la tecnologia fa da catalizzatore a una trasformazione radicale del modo in cui viviamo la dimensione urbana. Le città diventano smart: sono più a misura d’uomo e tecnologicamente resilienti; riducono il proprio impatto ambientale in termini di emissioni e sprechi; il costo economico dell’energia da che era un onere si trasforma in risorsa per cittadini e imprese; infine, la sfera sociale ne beneficia in ottica di condivisione e spirito di comunità.
Tuttavia se per le comunità energetiche sempre più territori stanno concretamente lanciando iniziative, le smart city sono ancora allo stadio della sperimentazione. Le prospettive sono molto promettenti, infatti non mancano progetti pilota che testano applicativi pratici.
I progetti pilota
Un esempio è il progetto “AI4cities”, finanziato dall’Unione Europea con l’obiettivo di studiare soluzioni per aiutare le città nella transizione verso la neutralità carbonica attraverso tecnologie innovative. Alcuni esempi di soluzioni pilots: per le città di Helsinki e Stavanger, il consorzio BEE ha sviluppato una soluzione che migliora l’efficienza energetica degli edifici e li utilizza come capacità di accumulo nella rete energetica impiegando l’energia in base ai periodi con elevata disponibilità di fonti rinnovabili; per Amsterdam e Copenhagen Enerbrain ha sviluppato e testato un kit di dispositivi scalabile che ottimizza i consumi degli edifici e migliora del 90% del tempo di comfort per gli occupanti; Holoni, con la sua soluzione basata sull’IA e un pilot a Copenaghen, consente a amministrazione, imprese locali e rivenditori di energia di valutare il surplus di produzione solare urbana così da poterla scambiare e utilizzare dove necessario, facilitando le relazioni commerciali tra i prosumer verso un impatto sostenibile collettivo.
Conclusioni
Nell’attuale scenario urbano in rapido cambiamento sotto il profilo ambientale, la tecnologia è un valido strumento capace di favorire lo sviluppo di modelli virtuosi il cui obiettivo/beneficio può così essere riassunto: far sì che le risorse energetiche non siano più scarse ed economicamente onerose (come sono ora), ma diventino rinnovabili, distribuite e condivise.