Sempre più le nostre città si stanno trasformando in smart city, diventando veri e propri ecosistemi digitali che integrano le più avanzate soluzioni di intelligenza artificiale.
Questa rivoluzione urbana non è solo un fenomeno tecnologico, ma comporta anche una rilettura del concetto stesso di città, come suggerisce l’approccio di Rudolph Giffinger. Al centro di questo nuovo scenario emerge la figura del “City Brain“, un sistema intelligente capace di gestire e ottimizzare le risorse urbane. Una funzione che coinvolge attori chiave come le Big Tech e che pone nuove sfide in termini di governance anticipatoria e predittiva.
Le 6 diverse declinazioni di smart city di Rudolph Giffinger
Smart è un concetto ampio e dibattuto. Quando viene associato alla città, buona parte delle persone immagina una infrastruttura o una pubblica amministrazione digitale, un’entità che, nell’esercizio delle proprie funzioni, viene appoggiata o supportata dalla tecnologia del momento. Nella letteratura moderna, la smart city racchiude diverse dimensioni abbracciando la governance socio-economica della città e la gestione democratica dei dati.
Rudolph Giffinger individua 6 diverse declinazioni di smart city: smart people, smart economy, smart environment, smart living, smart governance, smart mobility.
Per ciascuna di esse sono stati individuati n fattori ed n indicatori, utili per misurare il grado di competitività di una città, della qualità di vita e ambientale, come del suo livello di partecipazione e inclusività nella propria definizione urbana. Gli stessi fattori e indicatori oggi sono alla base delle rilevazioni di ranking nazionali e internazionali.
Lo status di smartness – intelligenza – oltre il concetto di smart, viene riconosciuto a quei governi cittadini che, da un lato, hanno adottato un processo di restyling, investendo sulla gestione dei servizi in capo all’amministrazione e, dall’altro, hanno guidato un percorso di cambiamento dell’intero ecosistema urbano e periurbano.
Il cambiamento non è casuale e men che mai disordinato. È disegnato da una strategia di lungo periodo, in cui i territori, la persona e le comunità scelgono il proprio ruolo; la governance, le infrastrutture e l’edge AI – intelligenza artificiale ai margini della rete – ne determinano, insieme, il livello di resilienza quotidiana e di sostenibilità universale.
Il concetto di “City Brain” nel panorama delle città intelligenti
La contaminazione tra questi due movimenti ha generato una nuova visione e, per estensione, un nuovo modo di “programmare” lo sviluppo della città. Sempre più frequentemente sentiamo parlare di progetti di city brain e sempre maggiore è la probabilità di importazione di questo modello di città intelligente.
City Brain è il cervello cittadino, una piattaforma su larga scala, capace di gestire, in modo autonomo, i dati e le informazioni generate dentro l’ecosistema urbano.
L’infrastruttura di un City Brain: un nuovo modo di gestire la città
L’infrastruttura di un city brain non è ancora chiara, di base si fonda sull’internet brain: abbiamo una suite centrale che racchiude più strutture periferiche, applicazioni di IA, sistemi operativi, centri di calcolo ad alte prestazioni e centri di big data.
La suite centrale restituisce informazioni e conoscenza da grandi set di dati, provenienti da una sensoristica fissa, collegata a piattaforme, spazi ed edifici che risiedono nella città, oppure, in caso di suite avanzate, dai sistemi di intelligenza artificiale periferici, indossati dagli agenti che vivono nella città.
Il cervello cittadino diventa esso stesso una nuova infrastruttura urbana che usa l’IA per supportare tutte le altre infrastrutture, materiali e immateriali. Ogni città sarà caratterizzata dal proprio gene di sistema intelligente, insieme umano e artificiale, pubblico e privato.
City Brain: il ruolo delle Big Tech
Queste infrastrutture nascono con le big tech, dalle GAMAM -Google, Apple, Meta, Amazon, Microsoft- alle BATH -Baidu, Alibaba, Tencent, Huawei-.
City brain è anche una nuova forma di governance, anticipatoria e predittiva, attraverso cui l’intelligenza artificiale entra nei processi decisionali, interagendo con la policy, i suoi rappresentanti eletti e la macchina amministrativa; promuove alcuni futuri urbani e ne boccia altri; orienta il presente verso un ideale urbanista sfumato, più o meno liberale, più o meno socialista.
La governance anticipatoria e predittiva nelle Smart City
Governance anticipatoria rispetto ai modelli di sviluppo della città, dei suoi distretti e comunità, che vanno dalla costruzione di edifici intelligenti alla creazione di spazi analogici e digitali, capaci di generare nuova economia e nuovi standard di vita,
Governance proattive o predittive in relazione al governo dei problemi complessi, come la sicurezza, la mobilità, la salute e i servizi di welfare che comunque condizionano il sentimento o la domanda di residenzialità.
L’importanza dell’intelligenza artificiale nel futuro delle città
Il passaggio all’urbanistica del XXI secolo risiede proprio nel ruolo dei dati, nella relazione tra il pensiero umano e l’intelligenza artificiale riproduttiva, che tira fuori risposte a sfide complesse ed ha già superato, in molti contesti statistici e gestionali, quella umana. Difatti, considerando che, entro il 2050, le aree urbane ospiteranno il 70% della popolazione mondiale, stimata intorno ai 10 miliardi di persone, si capisce come già oggi le città devono essere pensate come organismi intelligenti, laboratori privilegiati per la sperimentazione delle politiche di sviluppo, da riportare su scala nazionale.
Conclusioni
Da qui ai prossimi anni, la sfida è costruire ecosistemi urbani in grado di far coesistere scale socio-generazionali diverse, implementare un’infrastruttura abile nella gestione di cloud e di relazioni uomo-cose, garantire una sostenibilità delle risorse proiettata verso il futuro
Dentro questo cambiamento l’intelligenza artificiale si è già presa la scena.