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Digital Twin delle città: la strada è ancora lunga



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La tecnologia al servizio delle comunità può cambiare la qualità della vita di tutti i cittadini. Tuttavia il modello di patchwork che stiamo inseguendo col PNRR non ridurrà la distanza del Paese a due velocità

Pubblicato il 17 mag 2023

Imma Orilio

Delegato Regionale Sicilia – pres. comitato editoriale – Cio Club Italia



La tecnologia al servizio delle comunità può cambiare la qualità della vita di tutti i cittadini. Sperimentare, in maniera controllata e virtuale, i rischi del territorio significa dare un contributo fondamentale nella prospettiva di pianificazione e sviluppo delle città. Tuttavia, questa svolta è ancora lontana proprio in quei territori dove sarebbe più necessaria.

La costruzione di un Digital Twin di una città o di un territorio avviene per gradi. Parte dal rilievo geografico, attraverso l’acquisizione di tutti i dati relativi alla terra su cui insiste la città, modello orogeografico, dati del sottosuolo eccetera. Dai dati disponibili si arriva all’elaborazione rischio sismico, rischio vulcanico, criticità idrogeografiche, operando di fatto una fotografia della complessità del territorio.

Il Digital Twin per le Smart Cities

Tutto questo processo nasce da una dematerializzazione completa degli enti pubblici deputati del governo di quel territorio e una digitalizzazione totale nella logica dell’interoperabilità e della collaborazione applicativa. Ecco perché il Digital Twin contribuisce a raggiungere gli obiettivi del PNRR per ridurre il divario di cittadinanza, anche sela strada è ancora lunga.

Il Digital Twin delle città

La tecnologia al servizio delle comunità può cambiare la qualità della vita di tutti i cittadini. Sperimentare, in maniera controllata e virtuale, i rischi del territorio significa dare un contributo fondamentale nella prospettiva di pianificazione e sviluppo delle città. Tuttavia, questa svolta è ancora lontana proprio in quei territori dove sarebbe più necessaria. Oggi ci sono termini entrati nel gergo comune, come quello di gemello digitale, il cui significato reale ha però dei profili molto sfumati e su cui vale la pena di mettere a fuoco il concetto.

Un gemello digitale è una rappresentazione virtuale del mondo reale, inclusi oggetti fisici, processi, relazioni e comportamenti. Costruito grazie all’utilizzo dei Big Data, il Digital Twin può essere ampio e complesso e alcune città potrebbero aver necessità di replicare intere aree metropolitane, mentre altre potrebbero preferire un focus mirato su alcuni quartieri.

Il valore del Digital Twin e del suo utilizzo risiede nel potenziale, volto ad evitare spese eccessive dovute a sviluppi non accuratamente pianificati e a mitigare rischi evitando disastri difficilmente recuperabili ex post.

Il gemello digitale di una città, quindi, propone un’immagine virtuale del territorio in esame, identico a quello fisico, realizzandone una copia di uno o più aspetti. Dalle dinamiche sociali alle infrastrutture reali, consentendo, alla politica così come ai tecnici deputati al governo del territorio, di verificare gli effetti di eventuali cambiamenti prima che questi abbiano effettivamente luogo.

La costruzione del gemello digitale di un territorio avviene per gradi

Parte dal rilievo geografico, attraverso l’acquisizione di tutti i dati relativi alla terra su cui insiste la città, modello orogeografico, dati del sottosuolo eccetera. Dai dati disponibili si arriva all’elaborazione rischio sismico, rischio vulcanico, criticità idrogeografiche, operando di fatto una fotografia della complessità del territorio.

Il mercato dei servizi di «osservazione della terra» utilizza sostanzialmente tre tipologie di piattaforme che offrono differenti prestazioni: dati da satellite, acquisizione aerea e droni. Quella che è preferibile a mio avviso è quella che usa velivoli di Aviazione Generale per acquisire aree vaste ad alta risoluzione e costi contenuti, ma sicuramente le tre sono complementari.

Il passo successivo è l’integrazione delle informazioni relative all’urbanizzazione, alla pianificazione edilizia, i piani di recupero e riqualificazione, cui, poi, si aggiungono le infrastrutture (strade, acquedotti, fognature, opere igieniche e sanitarie, scuole, università, ospedali, uffici pubblici).

Il supporto dell’AI

Su questo substrato, geolocalizzato, si costruiscono quindi modelli di mobilità o si ottimizzano quelli preesistenti, ma con l’aiuto dell’intelligenza artificiale si può fare anche molto di più: simulazioni di evacuazioni straordinarie, riproducendo gli effetti del panico sulle folle; esempi di polizia preventiva. Quest’ultima è stata sperimentata con successo dalle Forze dell’Ordine in diverse città italiane, tra le quali Venezia, Napoli, Firenze e Prato, che favorisce un cambio di paradigma nella prevenzione dell’illegalità diffusa, consentendo di spostare il la strategia di controllo del territorio da una visione riparatoria del danno ad una visione probabilistica del rischio, quindi, da una logica di rincorsa dei problemi e degli effetti che essi generano (tipica della permanente emergenza) ad una che lavora sugli schemi della prevenzione.

Le sorgenti dati del territorio

Ma così non abbiamo ancora quello che tecnicamente è il vero Digital Twin, vanno determinate ancora le sorgenti dati del territorio (IoT, banche dati di applicativi verticali eccetera), quelle che individuano la caratteristica di Smart City, per capirci, e si elaborano nell’ottica di estrarne informazioni ulteriori creando quei modelli di integrazione che realizzano il passaggio da dato a conoscenza.

La tecnologia al servizio delle comunità può cambiare la qualità della vita di tutti i cittadini. Sperimentare, in maniera controllata e virtuale, i rischi del territorio significa dare un contributo fondamentale nella prospettiva di pianificazione e sviluppo delle città.

Criticità

Tuttavia, questa svolta è ancora lontana proprio in quei territori dove sarebbe più necessaria. Oggi ci sono termini entrati nel gergo comune, come quello di gemello digitale, il cui significato reale ha però dei profili molto sfumati e su cui vale la pena di mettere a fuoco il concetto.

Un gemello digitale è una rappresentazione virtuale del mondo reale, inclusi oggetti fisici, processi, relazioni e comportamenti. Costruito grazie all’utilizzo dei Big Data, il Digital Twin può essere ampio e complesso e alcune città potrebbero aver necessità di replicare intere aree metropolitane, mentre altre potrebbero preferire un focus mirato su alcuni quartieri. Il valore del Digital Twin e del suo utilizzo risiede nel potenziale volto ad evitare spese eccessive dovute a sviluppi non accuratamente pianificati e a mitigare rischi evitando disastri difficilmente recuperabili ex post.

Dematerializzazione

Il Digital Twin di una città propone un’immagine virtuale del territorio in esame, identico a quello fisico, realizzandone una copia di uno o più aspetti, dalle dinamiche sociali alle infrastrutture reali, e consentendo, alla politica così come ai tecnici deputati al governo del territorio, di verificare gli effetti di eventuali cambiamenti prima che questi abbiano effettivamente luogo.

A questo punto si può parlare di gemello digitale, ma è chiaro che tutto questo processo nasce da una dematerializzazione completa degli enti pubblici deputati del governo di quel territorio e una digitalizzazione totale nella logica dell’interoperabilità e della collaborazione applicativa.

I potenziali utilizzatori del Digital Twin

Tutti gli enti pubblici (città metropolitane, province, unioni di piccoli comuni, ARPA, Protezione Civile, vigili del fuoco eccetera), le aziende dei servizi (municipalizzate del sistema idrico, dello smaltimento rifiuti, mobilità eccetera), i gestori di grandi infrastrutture, i consorzi agricoli, i gestori della pubblica sicurezza e i cittadini come utenti finali di tutti i servizi che da questi possono discendere.

Il Digital Twin di una città è un processo integrato

La costruzione di un Digital Twin di un territorio non è quindi un intervento spot, ma un processo integrato. Va progettato in toto, realizzato attraverso passi precisi e ben coordinati perché il risultato sia realmente efficace.

Fondamentale la scelta del team, che deve essere costituito da reali esperti di dominio, architetti di sistema in grado di progettare il modello di interoperabilità necessario e sufficiente, system integrator in grado di padroneggiare le tecnologie e i linguaggi informativi esistenti. I sistemi da integrare saranno i più vari e non necessariamente utilizzeranno degli standard. Ed infine, esperti di modelli organizzativi, che dovranno ridisegnare ruoli e competenze degli operatori che dovranno poter poi gestire uno strumento così potente.

Il problema più importante sarà dunque elaborare e gestire il cambiamento. Il problema di base delle aziende, pubbliche o private che siano, consiste nella necessità di recuperare efficienza nell’uso delle risorse e di migliorare la qualità dei servizi prestati. In tale contesto la maggiore difficoltà è la determinazione dei ruoli, degli strumenti e delle responsabilità declinati in termini di autonomia, controllo e valutazione.

Pertanto, andranno definiti:

  • un modello evolutivo;
  • un piano per la transizione;
  • un elenco di priorità;
  • l’architettura applicativa da realizzare;
  • un modello di governo dei dati e il rispettivo piano di tutela degli stessi;
  • il disegno dell’organizzazione delle risorse umane deputata a gestire e governare il Digital Twin;
  • il piano di formazione iniziale e poi continua, perché le risorse umane siano adeguate al ruolo che devono poi ricoprire e capaci di espletare le funzioni necessarie.

PNRR: la sostenibilità del processo di digitalizzazione

Ma perché il processo di digitalizzazione sia sostenibile, e sia inquadrabile in un modello ESG, secondo il quale le tre pilastri di sostenibilità ambientale, economica e sociale partecipano insieme alla definizione di benessere e progresso, deve essere realizzabile, cioè avere un appropriato impatto economico ed ambientale, deve essere equamente fruibile da pubblico e privato, e deve produrre nuovo impiego e vantaggi per la comunità.

Il Digital Twin in questa accezione contribuisce al raggiungimento degli obiettivi del PNRR per la riduzione del divario di cittadinanza. Squilibri nella qualità della vita e nell’erogazione dei servizi però non caratterizzano soltanto la dicotomia nord-sud o tra aree interne e centri maggiori.

Anche all’interno delle città stesse, infatti, il divario può essere notevole, ad esempio tra chi vive in centro e chi invece risiede in periferia. È per questo motivo che nel PNRR è prevista una specifica misura che punta a riqualificare le periferie delle principali aree metropolitane del nostro paese con l’obiettivo primario di ridurre l’emarginazione e le situazioni di degrado (Missione 5 “Inclusione e Coesione”, Componente 2 “Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore”, Investimento 2.2. “Piani Urbani Integrati”).

Tale misura punta a finanziare progetti volti alla riduzione di situazioni di degrado, in particolare nelle periferie delle aree metropolitane, attraverso interventi di rigenerazione urbana, con il recupero, la ristrutturazione e la rifunzionalizzazione ecosostenibile delle strutture edilizie e delle aree pubbliche, interventi per l’efficientamento energetico e idrico degli edifici e la riduzione del consumo di suolo, anche attraverso operazioni di demolizione e ricostruzione, realizzazione di progetti legati alla città cablata, fondata sull’ottimizzazione della mobilità, sulla sostenibilità ambientale e sull’efficienza energetica, progettata per migliorare la qualità della vita dei cittadini.

La mappatura delle fragilità sociali

Ma la riqualificazione urbana deve essere legata alla mappatura delle fragilità sociali e solo georeferenziando tutte le informazioni esistenti nelle banche dati dei comuni o provenienti dalla loro dematerializzazione di può creare una mappatura di tali fabbisogni e potenziare la programmazione attraverso interventi mirati e ottimizzati. Il Digital Twin può essere dunque un potentissimo strumento per progettare interventi mirati e fare una programmazione dei rischi del territorio su dati reali e soprattutto dinamicamente aggiornati.

Ovviamente, per la caratteristica intrinseca dei dati che esso raccoglie e delle informazioni che esso elabora, trova naturale inserimento del Polo Strategico Nazionale, che per costituzione ospiterà i dati ed i servizi critici e strategici di tutte le amministrazioni centrali (circa 200), delle Aziende Sanitarie Locali e delle principali amministrazioni locali (Regioni, città metropolitane, comuni con più di 250 mila abitanti).

Quanto siamo lontani

Oscar Wilde diceva “sogna come se dovessi vivere per sempre, vivi come se dovessi morire domani”. Sarebbe bello applicarlo alla politica dell’innovazione. Il pragmatismo ci porterebbe a realizzare subito un livellamento del minimo livello di digitalizzazione funzionale a creare quel data lake senza il quale i Digital Twin sarebbero scatole vuote.

È inutile andare a parlare di AI e virtualizzazione in quei comuni dove le ricevute delle multe vengono spillate al verbale cartaceo. Ma è difficile parlare di dati geolocalizzati, laddove da anni non vengono emessi i piani urbanistici e il catasto è un termine figurativo delle pile di fascicoli ammassati in uno sgabuzzino.

L’esecuzione della Misura 1 del PNRR nei comuni delle nostre regioni è partita attraverso una “candidatura” delle PA alla ricezione dei fondi. I comuni si sono registrati su PAdigitale2026 e una percentuale altissima di loro ha proposto almeno un progetto per il finanziamento.

Misura 1 del PNRR

I due obiettivi principali sono la migrazione in cloud e la realizzazione dei portali web con la creazione di servizi online, cui seguono, di conseguenza, progetti sulla “digital experience” dei cittadini e sull’adozione dell’identità digitale e della piattaforma PagoPA, per poi arrivale al fanalino di coda che è l’adesione alla Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND, che è una piattaforma di interoperabilità su cui sono stati sviluppati una serie di servizi digitali.

La PDND definisce un processo standard per l’accesso agli eService e il riutilizzo delle istruttorie, riducendo notevolmente gli oneri amministrativi a carico degli enti; autentica e autorizza erogatore e fruitore, garantendo la legittimità di uno scambio di informazioni, permettendo così di instaurare un canale sicuro; registra e conserva tutti i passaggi amministrativi tra erogatori e fruitori. Queste attività sono svolte attraverso i team del Dipartimento per la Trasformazione Digitale che hanno avviato attività di supporto e accompagnamento dei comuni alla costruzione dei capitolati tecnici per la realizzazione dei punti prima elencati.

Conclusioni

Quello che lascia perplessi è che si parla di migrazione in cloud di verticali. Ma non di strutturazione di ERP o CRM per i servizi al cittadino, formazione del personale e creazione di unioni di comuni che possano creare massa critica sulla gestione dei servizi informativi, di piattaforme che possano governare i servizi sociali e sociosanitari in interazione con le aziende sanitarie locali e regioni. Ovvero di tutta quell’architettura di sistema che in interoperabilità è in grado di alimentare un data lake con produzione di dati certificati e rappresentarli in maniera significativa perché siano fruibili per la programmazione efficiente dei servizi pubblici, ma siano altresì utili a generare servizi aggiuntivi, da parte dei privati, complementari a questi.

Un Marketing intelligence, applicato al welfare o a qualunque altro settore, potrebbe generare lavoro e far emergere dal nero tutta una serie di professioni che oggi navigano in un sottobosco di sfruttamento ed evasione fiscale.

In conclusione, il Digital Twin, fatta eccezione per alcune realtà che creano l’eccezione alla regola, è ancora lontano. E deve passare per un processo capillare di analisi e ottimizzazione dei processi, che ancora sembra lontano dalla realizzazione. Il modello di patchwork che stiamo inseguendo col PNRR non ridurrà così la distanza del Paese a due velocità.

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