l’analisi

Una strategia digitale sostenibile: cosa bilanciare in azienda



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La trasformazione digitale non garantisce automaticamente la sostenibilità. Anzi, il rapporto tra digitalizzazione e sostenibilità è complesso e richiede considerazione degli impatti economici, sociali e ambientali delle nuove tecnologie. Un approccio olistico è necessario per una strategia digitale veramente sostenibile, bilanciando profitto, persone e pianeta

Pubblicato il 9 ott 2024

Laura Brandimarte

Assistant Professor of Management Information Systems, University of Arizona



sostenibilità e digitale (1)

La trasformazione digitale, che in alcuni casi sarebbe più accurato chiamare rivoluzione digitale, specialmente per le tecnologie più innovative e potenti come l’intelligenza artificiale, ha rappresentato un elemento fondamentale delle strategie aziendali moderne, non solo per il suo potenziale di redditività, ma anche perché consente approcci alla decisione aziendale che altrimenti non sarebbero possibili.

In particolare, secondo alcuni la trasformazione digitale rappresenterebbe il mezzo necessario e sufficiente per raggiungere la sostenibilità (Del Río Castro et al. 2021; Ghobakhloo 2020). Questo articolo vuole essere una riflessione critica sulla tutt’altro che chiara connessione tra “digitale” e “sostenibile” (Guandalini 2022).

Quando una strategia aziendale può dirsi sostenibile

Parte del motivo per cui è difficile dimostrare una causalità diretta tra trasformazione digitale e sostenibilità è che quest’ultima è un costrutto multidimensionale che può implicare compromessi profondi, tanto che alcuni la percepiscono come in aperto conflitto con altri obiettivi o missioni aziendali (Markman et al. 2016).

Sebbene sembri mancare una solida base teorica per una sua concettualizzazione (Purvis et al. 2019), la letteratura più rilevante descrive la sostenibilità come basata sui tre pilastri di economia, società e ambiente: in altre parole, una strategia è sostenibile se attribuisce lo stesso livello di priorità alle tre P di Profitto, Persone e Pianeta.

La trasformazione digitale non si pone necessariamente questo problema di ottimizzazione come obiettivo; quindi, affermare che il digitale implica sostenibilità non ha fondazione teorica e l’aspettativa che il digitale sia la soluzione a tutte le preoccupazioni di sostenibilità è, nella migliore delle ipotesi, ingenua.

Piuttosto, suggeriamo che la trasformazione digitale possa essere sfruttata intenzionalmente per raggiungere la sostenibilità in ambito aziendale in tutte le sue dimensioni. Ispirata dal manifesto del web sostenibile, una visione moderna della sostenibilità impone infatti la considerazione di tante diverse dimensioni.

Pratiche aziendali pulite, efficienti, di positivo impatto sociale

La trasformazione digitale, e l’innovazione tecnologica in generale, è un fattore fondamentale per la redditività, poiché influisce sulla funzione di produzione di un’organizzazione: ottimizzando l’utilizzo delle risorse disponibili, consente di produrre di più, in maniera più veloce ed efficiente. Nel quadro complesso della sostenibilità, tuttavia, la massimizzazione del profitto non è l’unico obiettivo che un’organizzazione persegue: poiché persone e pianeta condividono lo stesso livello di priorità, le organizzazioni dovrebbero considerare l’impatto sociale e ambientale delle tecnologie che sviluppano ed impiegano.

Esempi di tecnologie con alto impatto su profitto, persone e pianeta

Esempi di tecnologie con un alto impatto su tutti e tre i pilastri di profitto, persone e pianeta includono:

  • Tecnologie basate sull’intelligenza artificiale, con particolare enfasi sui modelli generativi che recentemente stanno dominando la scena. ChatGPT, DALL-E e prodotti simili possono senz’altro avere un impatto positivo sulla produttività ma sollevano preoccupazioni di varia natura. Ambientale ad esempio, in quanto necessitano di una quantità non trascurabile di risorse non rinnovabili, dall’acqua all’elettricità e ai minerali rari o di conflitto (necessari per la produzione di hardware). E come non pensare alle preoccupazioni di natura sociale: da un lato, l’addestramento di questi complessi algoritmi richiede a monte lo sfruttamento del lavoro umano, spesso di categorie deboli della popolazione, come il Sud del mondo o le minoranze, alle quali viene di fatto imposto di catalogare contenuti, assegnare etichette, visionare testi ed immagini a volte violenti, creando un ambiente di lavoro stressante e, per di più, sottopagato. Dall’altro lato, queste stesse tecnologie possono avere un costoso impatto economico e sociale sul mercato del lavoro, generando nei lavoratori la paura di essere rimpiazzati, perdendo sia la propria fonte di sostentamento sia la motivazione intrinseca che consegue dalla consapevolezza che il proprio lavoro contribuisce all’economia e al benessere della società.
  • Blockchain, che offre alcuni vantaggi di trasparenza e tracciabilità rispetto ai database centralizzati e ad altre soluzioni di tracciamento, ma si è dimostrata meno sicura del previsto in diverse applicazioni (Lin & Liao 2017) e solleva preoccupazioni legate al consumo energetico.
  • Calcolo quantistico, che promette di aumentare l’efficienza produttiva esponenzialmente ma a costo, anche qui, di un consumo energetico ancora più elevato per il raffreddamento e la manutenzione delle macchine.

Priorità agli investimenti nella sicurezza delle soluzioni open-source

In un mondo socialmente sostenibile dove le tecnologie sono create per le persone, ciò che creiamo e distribuiamo dovrebbe idealmente essere accessibile a tutti (o al maggior numero di persone possibile) e consentire lo scambio aperto di informazioni. Un modo per raggiungere questo obiettivo è incentivare la creazione e la manutenzione di tecnologie open-source.

Le tecnologie open-source sono diventate un’infrastruttura critica per l’economia globale, con la stragrande maggioranza delle applicazioni che utilizza almeno alcune librerie open-source, consentendo una vasta gamma di servizi, dai servizi bancari alla sanità e all’energia. Tuttavia, esiste ancora un dibattito molto attivo, sia nel mondo della ricerca che nell’industria, sulla superiorità delle soluzioni open-source rispetto a quelle proprietarie (chiuse), sia in termini di efficienza che di sicurezza.

Un mondo tecnologico davvero sostenibile dovrebbe dare priorità agli investimenti nella sicurezza delle soluzioni open-source, mirando a ridurne le vulnerabilità; dovrebbe incentivare l’innovazione tramite crowdsourcing, vale a dire coinvolgendo i contributi di quante più (diverse) persone possibili; dovrebbe riflettere sulle implicazioni politiche delle soluzioni open-source, inclusi governance, diritti e responsabilità, e effetti sulla concorrenza del mercato; dovrebbe favorire cambiamenti culturali all’interno delle organizzazioni – e della società in generale – promuovendo l’open-sourcing come filosofia di produzione, puntando sulla trasparenza, attribuendo meriti a chi contribuisce e costruendo un senso di comunità e collaborazione.

Tecnologie sostenibili, oneste e affidabili

Le tecnologie sostenibili non dovrebbero ingannare o sfruttare gli utenti tramite design o contenuti fuorvianti o ingannevoli, perché gli utenti che mettono la loro fiducia in chi quelle tecnologie le ha costruite e distribuite meritano di non vedere le loro aspettative disattese. Tutte le problematiche relative alla privacy e, in generale, all’etica della tecnologia rientrano pertanto nelle considerazioni di una strategia tecnologica e digitale sostenibile.

Se i dati sono potere, allora le organizzazioni hanno chiari incentivi a raccogliere quanti più dati possibili sui consumatori, specialmente poiché le nuove tecnologie smart stanno rendendo semplice e conveniente farlo. Sebbene questo argomento sembri quasi banale se considerato concettualmente, quando viene tradotto in azioni che le aziende possono intraprendere, che hanno significative ripercussioni pratiche nella vita delle persone, diventa molto più sfumato e complesso.

Possiamo fidarci di tecnologie che non sono trasparenti per quanto riguarda le politiche sui dati (raccolta, utilizzo, condivisione, ecc.)? Possiamo fidarci di tecnologie che producono risultati a noi inspiegabili? E d’altra parte, esiste un compromesso tra risultati spiegabili ed efficaci? Vale a dire, dovremmo costringere le tecnologie costruite per produrre risultati spiegabili per le macchine ma non per gli esseri umani (che in alcuni casi è proprio ciò che le rende più efficienti e precise degli esseri umani) a produrre effettivamente risultati che possano essere compresi secondo il tipico ragionamento causa-effetto che caratterizza gli esseri umani?

Pratiche rigenerative e resilienti

Le tecnologie sostenibili sono quelle che, consentirete il gioco di parole, sostengono un’economia che nutre persone e pianeta e che funziona nei momenti e nelle circostanze in cui le persone ne hanno più bisogno.

Pensate ad esempio al potenziale delle iniziative di crowdfunding, che consentono anche a piccoli innovatori con un’idea di raccogliere le risorse finanziarie necessarie alla sua realizzazione grazie alla partecipazione del grande pubblico.

Pensate alla cosiddetta gig economy, ovvero alle piattaforme che consentono a chi ha bisogno di un certo servizio di trovare chi vuole offrirlo ad un determinato prezzo, piattaforme che aggiungono un valore considerevole alla società.

Pensate alla possibilità di usare un social network per coordinare un movimento sociale o per rispondere a disastri ambientali o terroristici. Pensate ai protocolli di comunicazione anonima e i sistemi di comunicazione decentralizzati che resistono alla censura, e a quanto siano importanti per un giornalista o un dissidente politico in un Paese non democratico.

Le implicazioni sociali e politiche delle tecnologie

Tutte queste tecnologie, e quindi le organizzazioni che le creano e le gestiscono, giocano un ruolo cruciale per la società, ma occorre pensare alle loro implicazioni sociali e politiche. Uber è una piattaforma straordinaria per chi fatica a trovare altre forme di trasporto pubblico o per chi si trova in un paese straniero, senza conoscere la lingua e senza avere moneta locale in tasca, ma quali sono le condizioni in cui versa chi offre il proprio servizio di trasporto? Facebook è utilissimo per comunicare in fretta ai propri amici e familiari che si è al sicuro quando nella propria città c’è qualche emergenza, ma quanti problemi sta causando il mondo dei social media – dalla dipendenza, alla depressione, alla diffusione incontrollata di fake news? Grazie alle sue infrastrutture, Amazon consente a tante piccole e grandi aziende di gestire il proprio business online, con server e software potenti, ma quali squilibri politici e di sicurezza risultano da un mondo in cui, di fatto, la stragrande maggioranza di Internet è gestita da un unico colosso aziendale?

È superato il tempo in cui sostenibilità vuol dire semplicemente attenzione all’ambiente. Nel mondo di oggi una strategia digitale sostenibile implica attenzione a tutte le dimensioni della tecnologia: quelle economiche, quelle sociali e quelle ambientali. Ed è fattibile. Se lo vogliamo.

Bibliografia

Del Río Castro, G., Fernandez, M. C. G., & Colsa, A. U. (2021). Unleashing the convergence amid digitalization and sustainability towards pursuing the Sustainable Development Goals (SDGs): A holistic review. Journal of Cleaner Production, 280, 122204.

Ghobakhloo, M. (2020). Industry 4.0, digitization, and opportunities for sustainability. Journal of Cleaner Production, 252, 119869.

Guandalini, I. (2022). Sustainability through digital transformation: A systematic literature review for research guidance. Journal of Business Research, 148, 456-471.

Lin, I. C., & Liao, T. C. (2017). A survey of blockchain security issues and challenges. Int. J. Netw. Secur., 19(5), 653-659.

Markman, G. D., Russo, M., Lumpkin, G. T., Jennings, P. D., & Mair, J. (2016). Entrepreneurship as a platform for pursuing multiple goals: A special issue on sustainability, ethics, and entrepreneurship. Journal of Management Studies, 53(5), 673-694.

Purvis, B., Mao, Y., & Robinson, D. (2019). Three pillars of sustainability: in search of conceptual origins. Sustainability Science, 14, 681-695.

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