La Cop28 si è concluso con un accordo storico, quello che sancisce, per la prima volta in trent’anni, l’uscita dalle fonti fossili per raggiungere le emissioni nette zero entro il 2050, ma ora è tempo di verificare i passi futuri per centrare l’obiettivo 1,5°C.
I governi inizieranno la preparazione della prossima serie di NDC (impegni di riduzione delle emissioni) nel 2024. La COP28 invita le Nazioni Unite ad ospitare una serie di workshop globali e regionali e sessioni di sviluppo delle capacità per aiutarli. Nel 2025, il Segretario generale delle Nazioni Unite ha in agenda un evento speciale per consentire ai Paesi di presentare i loro nuovi impegni.
Ecco i prossimi passi da compiere per accelerare nel mondo e anche in Italia il processo di decarbonizzazione.
Cop28: i prossimi passi
Attualmente le energie fossili soddisfano circa l’80% della domanda energetica globale. Entro il 2025 occorre tagliare le emissioni di gas serra del 43% entro il 2030 e del 60% entro il 2035, rispetto al 2019. Ma l’energia solare è oggi dieci volte più economica di dieci anni fa. Le tecnologie Ccs (Carbon capture and storage) coprono invece solo lo 0,12% delle emissioni mondiali.
La Cop 28 raccomanda di triplicare le fonti rinnovabili e raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030, riducendo gradualmente il carbone non abbattuto (“unabated”), tagliando le emissioni di metano (per la prima volta citato nell’accordo finale) e quelle sul trasporto su strada ed eliminando progressivamente, ma il prima possibile, i sussidi inefficienti ai combustibili fossili.
Sarà invece la Cop 29 di Baku, in Azerbaigian, a trattare il mercato del carbonio, sia sul fronte della cooperazione bilaterale sui crediti di carbonio sia nella costituzione di un meccanismo globale di scambio dei crediti di carbonio. Ma, alla Cop28, gli USA hanno annunciato l’ingresso nell’Alleanza contro il carbone, il Powering Past Coal Alliance, in base al quale chiuderanno le proprie centrali elettriche a carbone, per alzare la pressione sulla Cina, il più grande utilizzatore di carbone.
Il think-tank Commissione per la Transizione Energetica prevede che, per mandare in pensione gli impianti a carbone, il mondo ricco dovrà mettere a disposizione dei Paesi poveri circa 25-50 miliardi di dollari all’anno fra sovvenzioni ed altri finanziamenti agevolati per il resto di questo decennio.
I Paesi in via di sviluppo con riserve di combustibili fossili dovranno infatti rinunciare a una delle loro scarse fonti di reddito, ma senza ricevere aiuti per farlo non hanno incentivi a seguire questa strada. Bisogna rendere i combustibili fossili non competitivi, per ridurne la dipendenza.
I prossimi passi consistono dunque nel tradurre le parole in azioni. I testi scritti in fatti. L’accordo ricorda alle compagnie petrolifere, soprattutto dei Paesi ricchi, che potrebbe diventare più complicato fare affari, per esempio a causa delle sfide legali alle licenze di esplorazione.
Accordo finale
Il testo dell’accordo Cop28 invita ad “accelerare nelle tecnologie a zero e a basse emissioni, comprese, tra le altre, le energie rinnovabili, il nucleare, le tecnologie di abbattimento e rimozione, comprese la cattura, l’utilizzo e lo stoccaggio del carbonio, e la produzione di idrogeno a basso contenuto di carbonio, in modo da potenziare gli sforzi verso la sostituzione delle tecnologie fossili ‘unabated’ nei sistemi energetici”.
Accordo per il nucleare a Cop28: la dichiarazione per triplicare la produzione
A Cop28, ben 22 Paesi, tra cui Francia e Stati Uniti, hanno siglato anche un accordo per triplicare la produzione di energia nucleare.
Già definita una pietra miliare per abbattere le emissioni di gas serra, quelle all’origine dei cambiamenti climatici, la Declaration to Triple Nuclear Energy rilancia l’energia nucleare per semplificare la transizione energetica. Ecco quali Paesi hanno aderito e i termini dell’intesa.
Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Giappone, Bulgaria, Canada, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Finlandia, Ghana, Ungheria, Corea del Sud, Moldavia, Mongolia, Marocco, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia, Svezia, Ucraina, Emirati Arabi Uniti. Sono i 22 Paesi che hanno aderito alla dichiarazione per triplicare la produzione di energia nucleare entro il 2050. Lo scopo è quello di tagliare le emissioni di CO2 per centrare gli obiettivi di decarbonizzazione fissati dalla Comunità internazionale.
Come sostiene la Declaration to Triple Nuclear Energy, confermato anche dall’Agenzia internazionale dell’energia (IEA., l’energia nucleare rappresenta il modo più rapido ed efficace per cessare l’utilizzo di combustibili fossili, agevolando così la transizione energetica.
I 22 Paesi si impegnano nello sviluppo e nell’aumento della produzione di energia nucleare globale, attraverso l’investimento nella costruzione di nuove centrali nucleari, oltre ad apportare migliorie a quelle già esistenti.
Fra i firmatari dell’accordo, gli USA producono il 18% della propria elettricità dall’energia nucleare. Ma è la Francia è il più grande produttore europeo di energia nucleare, generando il 70% della propria elettricità dalla fissione. Parigi si è già impegnata a costruire sei nuovi reattori nucleari, non solo per contrastare la crisi energetica, ma anche per raggiungere una maggiore indipendenza dal petrolio e dal gas della Russia. Il presidente francese Emmanuel Macron ritiene l’energia nucleare una “soluzione indispensabile” nella lotta al cambiamento climatico. L’Italia non aderisce all’iniziativa, ma rimane aperta al dialogo.
Macron e il primo ministro svedese Ulf Kristersson, insieme ad altri leader, hanno chiesto contributi alla Banca mondiale ed altre istituzioni finanziarie internazionali, per risolvere i maggiori ostacoli dell’implementazione del nucleare. Gli elevati costi, saliti anche per effetto dell’inflazione, e i tempi lunghi per installare gli impianti.
Accordo per triplicare le rinnovabili
Per la prima volta l’accordo finale della Cop28 stabilisce l’uscita dalle fonti fossili per raggiungere le emissioni nette zero entro il 2050, accelerando fino al 2030. L’Europa risponde alla sfida, triplicando le rinnovabili e raddoppiando l’efficienza energetica.
Gli obiettivi da centrare sono:
- triplicare la capacità globale di energia rinnovabile e raddoppiare il progresso dell’efficienza energetica entro il 2030;
- un accordo sulla graduale eliminazione dei combustibili fossili non soggetti ad abbattimento;
- garantire che il picco di consumo di combustibili fossili avvenga prima del 2030;
- eliminaziomne graduale ldele sovvenzioni ai combustibili fossili che non fronteggiano la povertà energetica o la transizione giusta.
Accordo Loss and Damage
L’accordo perdite e danni serve a compensare, almeno in parte, i Paesi in via di sviluppo più vulnerabili agli impatti dei cambiamenti climatici. L’intesa Loss and Damage prevede che nel primo quadriennio a ospitare e gestire il Fondo operativamente sarà la Banca mondiale sulla base delle disposizioni del board del fondo che avrà comunque potere decisionale in piena autonomia, fin da subito.
Il fondo finora si attesta a quota 655,9 milioni di dollari, a cui l’Italia promette un contributo pari a 100 milioni di euro. Secondo la Cop 28, la finanza climatica dovrebbe ammontare a 4mila 300 miliardi di dollari l’anno per mitigare e 215-387 miliardi di dollari all’anno (fino al 2030) per adattarsi.
Nel 2022 l’Ue ha offerto contribuiti record di 28,5 miliardi di euro ai finanziamenti pubblici per il clima (circa 30 miliardi di dollari), mentre dai dati preliminari dell‘Ocse emerge che si è raggiunto l’obiettivo di 100 miliardi di dollari nel 2022, ma che bisogna accelerare
Confermata l’importanza dell’accordo di Kunming-Montreal
Il documento vuole fermare la deforestazione e il degrado delle foreste entro il 2030, riconoscendo così il ruolo determinante degli ecosistemi per il benessere umano e nello stoccaggio dei gas serra, in linea con quanto già sancisce l’accordo di Montreal della Convezione sulla diversità biologica dello scorso anno.
Conclusioni
Oggi è ancora possibile raggiungere gli obiettivi climatici europei al 2030 (-55% di emissioni rispetto al 1990) e la neutralità carbonica al 2050. Non è vero che sia utopistico centrare questi obiettivi, tuttavia in Italia occorre la revisione del Pniec e del Pnacc, i Piani per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici, ri-orientando le politiche economiche, sociali e ambientali verso lo sviluppo sostenibile.
Inoltre serve maggiore chiarezza sul ruolo delle comunità energetiche, sull’utilizzo dell’energia rinnovabile proveniente da idrogeno verde, sulla riduzione delle emissioni gas serra e sull’addio ai veicoli inquinanti.
La conferma della chiusura delle centrali a carbone al 2025 è una buona notizia ma bisogna indicare alternative con le fonti rinnovabili. Il Pniec deve migliorare, diventando uno strumento efficace nell’indirizzare l’Italia verso la decarbonizzazione. Prima possibile occorre approvare e finanziare il Pnacc (Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici), dedicando risorse a questo Piano di adattamento alla crisi climatica.
L’Italia dovrà anche votare una Legge per il clima, sulla scia degli altri Paesi europei, dove indicare obiettivi di neutralità climatica entro il 2050, elencando traguardi intermedi e budget settoriali, definendo una governance istituzionale con il coinvolgimento del governo, del Parlamento e delle Regioni, istituendo un Consiglio scientifico per il clima.
Il varo di una Legge sul clima entro maggio 2024, prima delle elezioni europee, la modifica dei Sussidi ambientalmente dannosi e la revisione del Piano nazionale integrato clima ed energia sono i prossimi passi che l’Italia deve compiere per allinearsi all’Europa e accelerare il processo di decarbonizzazione.