Gli ecosistemi digitali permettono di rendere le città e i territori sempre più ricchi di dati e “aumentati”, all’insegna della sostenibilità digitale. Le tecnologie digitali possono infatti rendere sempre più vivibili le città e i territori, favorendo la nascita di nuovi servizi per cittadini e turisti e rendendo più efficienti le istituzioni che li amministrano.
I dati sono gli ingredienti base di questo processo di innovazione. Le app che i cittadini possono usare per la mobilità, vivere il turismo di prossimità, controllare i consumi energetici o la qualità dell’aria o accedere a prestazioni sanitarie: sono tutte attività che necessitano di informazioni costantemente aggiornate.
Anche le istituzioni o le aziende possono utilizzare dati aggiornati per prendere decisioni consapevoli o per semplificare i processi, eliminando la burocrazia.
In questo contesto si tende dunque a parlare di città “aumentata” grazie all’uso dei dati. L’utilizzo di sensori e oggetti connessi rende gli elementi della città comunicanti e grazie a queste informazioni si può semplificare la vita delle persone e promuovere comportamenti più attenti all’ambiente, come per esempio l’utilizzo della mobilità sostenibile o la riduzione degli spostamenti non necessari.
La Pubblica Amministrazione può essere un’importante beneficiaria di questi dati, ma quale ruolo può giocare.
Ecosistemi digitali: il ruolo della Pubblica Amministrazione
La Pubblica Amministrazione non possiede tutti i dati necessari, spesso generati o raccolti da aziende private nell’erogazione di servizi verso i cittadini. Soprattutto, non deve essere l’ente pubblico a costruire tutte le soluzioni digitali che i cittadini utilizzano, lasciando spazio alle aziende e all’imprenditoria innovativa di creare lavoro nella realizzazione di queste soluzioni.
Questo aspetto è importante, al fine di evitare che la Pubblica Amministrazione vada a soffocare la capacità attrattiva del territorio verso il sistema delle imprese. La Pubblica Amministrazione può essere un’importante beneficiaria di questi dati, poiché attraverso l’accesso per interoperabilità a banche dati può automatizzare i processi eliminando la burocrazia. Oppure può fornire ai propri decisori tecnici e politici strumenti data-driven per attività di programmazione e incentivazione.
Tuttavia, il ruolo primario della Pubblica Amministrazione non deve essere soltanto quello di consumatore di dati. La PA deve coinvolgere diversi attori, pubblici e privati, che devono fare squadra nella condivisione di dati e informazioni fondamentali per l’innovazione.
Ecco il ruolo che può giocare nello specifico la Pubblica Amministrazione, tenendo conto che non può agire in autonomia e deve lavorare insieme ad altre imprese e istituzioni. Partendo dall’esperienza pluriennale di Coordinatori Scientifici di E015, il Cefriel ha derivato alcune dimensioni di valore, su cui la Pubblica Amministrazione potrebbe muoversi per favorire la creazione di territori più “smart”.
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La valorizzazione del patrimonio informativo pubblico
Innanzitutto, la Pubblica Amministrazione può cogliere l’opportunità di valorizzare in ottica multicanale il proprio patrimonio informativo. In questo contesto in Regione Lombardia, all’esperienza degli Open Data si affianca, in sinergia e complementarità, la condivisione regolamentata di flussi dati attraverso tecnologie di interoperabilità (API) che garantiscono l’accesso a dati dinamici o ad avanzate funzionalità algoritmiche.
Questo permette ad aziende come Maggioli, per esempio, di portare a numerosi cittadini, attraverso app o portali delle municipalità, le informazioni real-time sui tempi di attesa dei pronto soccorso o sulle allerte di protezione civile. Inoltre, tali asset digitali abilitano l’imprenditoria innovativa delle startup. Si può menzionare per esempio Alpsolut sul monitoraggio nivologico o l’app Da Qui nel far conoscere ai cittadini soluzioni di trasporto pubblico intermodale.
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Le azioni di indirizzo verso il territorio
La Pubblica Amministrazione può promuovere il coinvolgimento degli altri soggetti, anche privati, agendo attraverso azioni di indirizzo normativo: una opportunità importante è data dall’adozione di un approccio Digital First all’interno dei bandi, chiedendo ai beneficiari di finanziamenti pubblici la condivisione di flussi dati, via API, relativi al bando in oggetto.
Per esempio, in Regione Lombardia, gli operatori della mobilità elettrica che ricevono finanziamenti per l’installazione di colonnine di ricarica ad accesso pubblico devono condividere un flusso dati su E015, costantemente aggiornato, con i dati anagrafici e tecnici dell’infrastruttura da loro gestita in tutto il territorio nazionale; in questo modo si agevola la Pubblica Amministrazione nelle azioni di programmazione e si offre un’opportunità di visibilità e costruzione di relazione di business per gli operatori.
L’approccio Digital First applicato ai bandi presenta l’importante vantaggio di essere a costo zero per gli enti pubblici, quando viene adottato all’interno di bandi già previsti, semplicemente integrando la richiesta di condivisione dati all’interno del testo del bando.
Talvolta non è nemmeno necessario inserire vincoli forti verso il sistema delle imprese come obblighi all’interno dei bandi, ma creare servizi di valore per i cittadini co-erogati insieme ad operatori locali: è quanto avviene per esempio in Lombardia con l’Ecosistema Digitale del Turismo, che ha ispirato il Tourism Digital Hub del Ministero, dove il palinsesto eventi e punti di interesse è costruito integrando i flussi dati E015 condivisi da associazioni, fondazioni, consorzi turistici e infopoint del territorio. In questo caso è importante però agire sulla comunicazione dell’opportunità.
La crescita spontanea dell’ecosistema digitale
L’esperienza di E015 ha però dimostrato che ciò che è più importante non è tanto un intervento diretto o un’attività specifica della Pubblica Amministrazione, ma la creazione da parte della PA delle
fondamenta di ecosistemi digitali che siano utili e attrattivi per i diversi attori, pubblici e privati.
Grazie a regole e processi comuni, infatti, come avviene in natura nell’equilibrio fra flora e fauna, imprese e istituzioni possono trovare il proprio spazio di collaborazione nel digitale, senza perdere al tempo stesso la spinta vitale della competizione del libero mercato.
Numerosi sono i casi di successo di collaborazione fra enti e aziende, in cui Regione Lombardia ha svolto esclusivamente il ruolo di abilitatore giuridico, organizzativo e tecnico come gestore di E015: si possono menzionare i tanti casi di integrazione reciproca di informazioni sul trasporto pubblico fra i diversi player della mobilità (ferrovia, trasporti urbani, aeroporti) e l’aggregazione delle stesse per i visitatori di Fiera Milano. Oppure l’integrazione di informazioni turistiche nei portali e app locali o da parte di startup come Stendhapp.
Non bisogna però pensare che questo ruolo di abilitatore della Pubblica Amministrazione sia “passivo”. Gli ecosistemi richiedono, innanzitutto, una governance strategica per monitorarne la crescita e indirizzarne l’evoluzione. Inoltre, è importante favorire la diffusione degli Ecosistemi non solo verso i referenti tecnici ma soprattutto verso i decisori all’interno di aziende e istituzioni, che possano così compiere un salto culturale, imparando a ripensare le proprie linee di sviluppo, sfruttando il potenziale pieno del digitale e facendo squadra con tutti i diversi attori del territorio.
Le tre leve di azione
Il Cefriel ha osservato che queste tre leve di azione possono portare valore se replicate anche all’interno del contesto privato e del mondo delle imprese. Sia che si considerino ecosistemi digitali aziendali, una filiera come l’aeroporto di Cargo Malpensa o un distretto come MIND, è infatti possibile generare valore:
- mettendo direttamente a sistema, come owner di ecosistemi digitali, gli asset digitali trasversali che possono generare valore per i diversi attori;
- indirizzando la condivisione di flussi dati, inserendo vincoli all’interno dei contratti di procurement o i framework legali;
- definendo regole, processi e ruoli organizzativi che rendano vantaggiosa per i diversi attori la partecipazione all’ecosistema digitale e diffondendo all’interno dell’azienda, filiera o distretto, la cultura collaborativa promossa dagli ecosistemi.