La finanza sostenibile e il Green Deal europeo sono due pilastri della ripartenza in Europa, e anche in Italia, e svolgono un ruolo di leva strategica per promuovere la transizione verso un’economia sostenibile e competitiva.
Dall’audace piano proposto dalla Commissione Europea – con l’obiettivo generale di raggiungere la neutralità climatica in Europa entro il 2050 – fino ad arrivare allo storico risultato del partito verde alle elezioni tedesche, tale da influenzare le scelte del futuro esecutivo in Germania, emerge come l’Europa si stia sempre più orientando verso un piano di crescita e rilancio che tenga sempre più in considerazione le tematiche ambientali.
Una manifattura “verde” grazie al digitale: è possibile, ma la politica si svegli
Cos’è la finanza sostenibile
Questo orientamento ha condizionato anche il mondo della finanza. Il termine finanza sostenibile fa riferimento a decisioni di investimento che integrano, all’interno dell’analisi finanziaria tradizionale, aspetti ambientali, sociali e di governance (ESG), generalmente connessi alla creazione di valore a lungo termine.
Le considerazioni ambientali premiano le attività che favoriscono il contrasto al fenomeno del cambiamento climatico, l’utilizzo efficiente di risorse naturali e dei fattori produttivi, lo sviluppo di modelli di business circolari.
Le tematiche sociali più̀ rilevanti includono la valorizzazione del capitale umano, la promozione della diversità, la tutela della sicurezza sul lavoro e delle condizioni contrattuali, l’impatto sulle comunità con cui l’impresa intrattiene rapporti.
Il rispetto di principi di etica e trasparenza nella conduzione del business e nei processi di scelte aziendali, da cui deriva una corretta gestione del governo societario, sono spesso alla base della creazione di valore sostenibile per l’ambiente e la società nel suo complesso.
Gli investimenti ESG
Gli investimenti ESG sono nati come mercato di nicchia, ma ben presto si sono trasformati in una componente importante del panorama mondiale degli investimenti. Per molti investitori l’etica e la sostenibilità sono di primaria importanza.
Gli asset gestiti secondo i principi ESG continuano a crescere poiché fondi previdenziali, fondi sovrani ed altre istituzioni danno sempre maggiore importanza agli investimenti ESG.
Il piano di rilancio UE
Dopo un’emergenza sanitaria che ha gravemente colpito le persone e le comunità e indebolito il sistema produttivo, l’Italia e i partner dell’Unione europea stanno avviando un piano di rilancio che non ha precedenti per ampiezza di visione e per dimensione delle risorse impegnate.
Si è diffusa la consapevolezza che le scelte che ci attendono e l’efficacia con cui le attueremo avranno conseguenze di lungo termine. Determineranno l’equilibrio economico, sociale e ambientale del mondo futuro, le prospettive di vita delle prossime generazioni.
La crisi provocata dalla pandemia è tutt’altro che conclusa. Anzi, nei prossimi mesi si verificheranno le maggiori conseguenze sulla tenuta delle imprese e sull’occupazione. La posta in gioco è dunque molto importante: il 2021 può segnare l’avvio di una ripresa robusta, capace di dare slancio alle imprese, ridurre il divario tra Nord e Sud, rafforzare la coesione sociale e accelerare la transizione ecologica; ma esiste anche il rischio di un protratto periodo di stagnazione con connessi effetti negativi sui conti pubblici e conseguenze sulla tenuta del Paese.
I record della finanza sostenibile
Nell’ultimo anno gli strumenti sostenibili hanno fatto segnare nuovi record, specialmente sul mercato europeo, in termini di asset, flussi e sviluppo di prodotti. Ad oggi in Europa si contano 3.196 fondi ESG, dato che equivale al 77% del totale degli strumenti di questa tipologia censiti e all’81% delle masse gestite secondo criteri di sostenibilità. Nel corso del 2020, fondi aperti ed ETF sostenibili operanti in Europa hanno ricevuto 233 miliardi di euro di flussi netti, di cui circa 100 miliardi nel solo quarto trimestre.
L’Italia alla prova della finanza sostenibile
In sintesi, possiamo dire che il mondo finanziario italiano si distingue a livello globale per l’impegno sui temi della sostenibilità, anche se restano margini di miglioramento in tema di governance e aspetti sociali.
Questo è il responso dell’EY Sustainable Finance Index, il benchmark globale che confronta oltre 1100 società di servizi finanziari (banche, assicurazioni, società di gestione patrimoniale e del risparmio) in tutto il mondo in relazione ai parametri ESG e alla qualità dell’informativa sulla sostenibilità.
Come funziona EY Sustainable Finance Index
L’Indice EY classifica i progressi dei diversi Paesi nel loro percorso verso la sostenibilità, assegnando un punteggio da 1 a 10; inoltre, misura l’ampiezza e il dettaglio dell’informativa relativa alle attività ESG, esprimendo una percentuale di copertura dei parametri inclusi nell’indice.
Ebbene, con un punteggio di 8,4 su 10 le assicurazioni italiane dominano quelle di tutti gli altri Paesi in termini di attività volte a limitare o ridurre il loro impatto ambientale e si comportano bene anche nella gestione dell’energia e nell’attività sui cambiamenti climatici.
Bene anche le banche, che registrano performance superiori alla media globale sui parametri ambientali, anche se dovranno intensificare l’impegno sugli aspetti sociali e di governance.
Questo dato è sicuramente un ottimo risultato, considerando che l’Italia si è sempre trovata in difficolta ad allinearsi ai livelli europei, soprattutto con riferimento a tematiche ambientali.
Certamente gli intermediari finanziari giocano un ruolo fondamentale nel promuovere un’economia più sostenibile. Questi, oltre chiaramente a fornire un arco di prodotti finanziari sostenibili ai propri clienti, possono favorire l’integrazione di fattori ambientali, sociali e di governance nei processi decisionali, contribuendo a indirizzare e accelerare la transizione ecologica delle imprese e incentivando gli individui a stili di vita più sostenibili.
Il pessimismo di Banca d’Italia
Ma, se andiamo ad analizzare quale è la vera situazione del mercato italiano, da un report della Banca d’Italia, emergono dati meno confortanti. Spesso, come descritto dall’istituto centrale nel proprio report, il “sistema Italia” non è in grado di attirare questa massa di risparmio ESG che vuole coniugare le esigenze di rendimento con quelle di sostenibilità.
Secondo le analisi della Banca d’Italia, alla fine del 2020 i fondi ESG investivano quasi l’80% del risparmio raccolto dalle famiglie in azioni e obbligazioni estere. Il 59,8% degli asset dei fondi ESG è investito in azioni estere, contro il 2% in azioni italiane, il 19,5% è in obbligazioni estere e soltanto il 3,4% in obbligazioni italiane. I titoli pubblici stranieri attirano il 7,3% del patrimonio dei fondi ESG e quelli tricolore solo il 4,3%.
Il vero problema di una ridotta partecipazione nei mercati finanziari delle PMI italiane, che rappresentano l’ossatura dell’economia del Paese, si traduce quindi in un’offerta ancora più marginale delle aziende sul fronte dell’emissione di strumenti green.
Gli strumenti di finanza sostenibile per le PMI
Quando parliamo di strumenti alternativi a disposizione delle imprese italiane, dobbiamo sicuramente menzionare i sustainable bond come strumenti a cui sono associati i medesimi termini finanziari e contrattuali di una tipica obbligazione senior, ma con l’impegno da parte dell’emittente di destinare i proventi ad attività o progetti con sostanziali benefici ambientali e/o sociali.
Secondo le linee guida redatte a livello internazionale dall’ICMA (International Capital Markets Association), è necessario che gli obiettivi selezionati dall’emittente siano identificati, comunicati e misurati in modo chiaro, così che emerga l’effettiva allocazione dei fondi, successivamente monitorata tramite una rendicontazione annuale dei progressi ottenuti.
Purtroppo, l’implementazione totale di questo sistema finanziario innovativo è da considerare ancora difficoltosa, forse proprio a causa della mancata univocità dei metodi di misurazione degli impatti degli investimenti sostenibili nella società contemporanea.
Green bond e social bond
In Italia, la grande maggioranza degli emittenti che sono stati attivi sul mercato ha fatto ricorso a green bond. Le principali eccezioni sono costituite dai social bond emessi da Cassa Depositi e Prestiti, alcuni dei quali impiegati per affrontare l’attuale emergenza economica e sociale.
Infine, una terza gamma di strumenti è quella delle obbligazioni legate agli SDG (sustainable development goals). La peculiarità di queste emissioni è che non viene richiesto di allocare fondi per progetti predefiniti, ma i titoli sono piuttosto legati al raggiungimento di obiettivi di performance, che a loro volta possono essere ricondotti a uno o più̀ degli SDG fissati dalle Nazioni Unite nel 2015.
Quindi, per esempio, qualora Enel non fosse per esempio in grado di raggiungere la capacità di energia rinnovabile e i livelli di riduzione delle emissioni di gas serra posti come target, sarebbe costretta a pagare maggiori interessi agli investitori.
Le PMI italiane e i criteri ESG
Ma nonostante un ampio catalogo di nuovi strumenti finanziari sostenibili, le PMI, che rappresentano il cuore del sistema produttivo italiano, sono ancora restie ad abbracciare i criteri ESG. Un esempio su tutti: dalla terza edizione del Rapporto “La percezione del rischio climatico delle società quotate al Ftse Mib e Ftse Italia Mid Cap” emerge come solo il 31% del campione dia evidenza nella propria disclosure alle opportunità climate-related e solamente il 10% ne quantifica i rischi finanziari.
Se dunque la strada per un futuro della finanza e più in generale del mondo industriale caratterizzato da una crescente importanza di tematiche legate alla sostenibilità sembra segnata, vi è da rilevare come l’implementazione totale di questo sistema finanziario innovativo è da considerare ancora difficoltosa.
Conclusioni
La mancanza di un generale approccio culturale alla sostenibilità resta il principale ostacolo da rimuovere. A fronte della crescita di consapevolezza e interesse di tutti – operatori finanziari, aziende, società civile e consumatori – cresce anche l’esigenza di una maggior trasparenza, di definire comuni obiettivi, per evitare fenomeni di scarsa chiarezza o, nella peggiore delle ipotesi, di opportunismo in grado di creare danni all’intero processo di trasformazione in corso.
L’ormai inflazionato termine di “transizione sostenibile” passa anche e soprattutto da questo mutamento culturale, che in Italia appare ancora un po’ lontano da una completa attuazione.