minerali e conflitti

Il lato sporco dei videogame: alcuni minerali causano conflitti e sfruttamento

Lo sfruttamento delle risorse minerarie e la loro estrazione per produrre hardware e sostenere la domanda del settore tecnologico, gaming incluso, continuano a fomentare conflitti, discriminazioni, lavoro coatto. Come si stanno muovendo i Governi e le aziende del settore?

Pubblicato il 03 Mar 2023

Lorenza Saettone

Filosofa specializzata in Epistemologia e Cognitivismo, PhD Student in Robotics and Intelligent Machines for Healthcare and Wellness of Persons

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Cosa ne è dell’impatto dei videogame e della tecnologia in generale sull’ambiente e sull’umanità più povera?

Mentre si comincia a parlare della rappresentazione negativa delle donne e delle minoranze in generale e della tossicità delle community di gaming, come dei bias dell’intelligenza artificiale, troppo poco si discute sulle violazioni, sul finanziamento ai conflitti, sull’estorsione, sul lavoro schiavile che fomentano l’industria tecnologica.

Minare gli asteroidi per sostenere il nostro stile di vita

La battaglia per le risorse minerarie è una battaglia geopolitica in cui a rimetterci sono sempre la popolazione locale, quella sotto-rappresentata, e il pianeta. Da qualche tempo si sta facendo strada l’ipotesi di minare gli asteroidi, inviando robot come il cinese NEO-01, che, oltre a recuperare i detriti spaziali, sarà destinato a raggiungere gli asteroidi per recuperare da lì le risorse utili al nostro tenore di vita.

È un argomento caldo e di grande importanza non solo per sostenere l’industria tecnologica, ma per sostenerla in modo più etico, evitando che lo sfruttamento e l’estrazione sulla Terra continuino a fomentare conflitti, discriminazioni, lavoro coatto. Chiaramente anche la corsa allo spazio reca con sé possibili side effects: sappiamo bene che anche nello spazio è in corso la stessa tensione geopolitica tra Cina e Usa che troviamo in altri settori economici e tecnologici, ad esempio la cablatura dell’Africa o del Pacifico. Sta a noi impedire abusi, e l’unico modo è conoscere.

Questo il fine che si prefigge Scuola di Robotica attraverso i progetti che porta avanti.

Cosa fa l’industria del gaming per ridurre l’impatto sull’ambiente e sui diritti di chi vive vicino ai siti di estrazione

Per quanto concerne la battaglia per fermare il finanziamento delle milizie del Congo, legate all’estrazione di minerali, quelli legati più direttamente al gaming, Gameindustry ha passato in rassegna anche quest’anno le società di videogame, raccontandoci quali interventi sono stati fatti per ridurre l’impatto sull’ambiente e sui diritti di chi vive vicino ai siti di estrazione, quali passi avanti in campo legislativo e quali proposte per rispondere altrimenti alla domanda di minerali della tecnologia.

In generale diverse sono le misure attuabili perché ci sia meno impatto sull’ambiente e sullo sfruttamento delle risorse minerarie per produrre hardware e sostenere la domanda del settore.

Innanzitutto le software house possono investire in fonti di energia rinnovabile di modo da ridurre l’impronta di carbonio, così come incentivare il riutilizzo. Allo stesso modo possono efficientare il consumo, impiegando sistemi di illuminazione, riscaldamento e raffreddamento migliori, più nuovi.

Anche incoraggiare la distribuzione digitale dei giochi, invece dei supporti fisici, può ridurre i consumi e gli sfruttamenti dei luoghi da cui avviene il mining. Le software house possono infine collaborare con i fornitori per implementare pratiche sostenibili lungo tutta la catena di fornitura, dall’estrazione delle materie prime alla produzione del prodotto finale.

Per esempio Microsoft ha dichiarato ultimamente che richiederà ai propri fornitori di trovare a monte partner alternativi da quelli che si riforniscono da aziende non etiche, legate ai conflitti. Purtroppo se Sony nel 2020 aveva spinto per la fornitura da parte di aziende non legate ai conflitti nel Congo, quest’anno c’è stato un peggioramento. Da parte di Nintendo invece si registra il successo raggiunto nel 2020, confermando che il 100% delle proprie fonderie e raffinerie sono conformi e tracciate.

Minerali e conflitti, le contromisure di Onu, Usa e Ue

Negli anni 2000, le Nazioni Unite hanno identificato connessioni tra l’estrazione di stagno, tantalio, tungsteno e oro e il finanziamento di milizie armate non statali nella Repubblica Democratica del Congo (RDC).

Dal 2010 è legge federale (U.S. CONFLICT MINERAL LAW) l’obbligo per le aziende quotate in borsa negli USA di sottoporsi a controllo indipendente periodico, per ravvisare eventuali legami con le milizie militari e i siti di estrazione mineraria. Le fonderie e aziende di estrazione che riforniscono le aziende occidentali devono ottenere un certificato di conformità, rilasciato da vari audit indipendenti, per poter vendere ai fornitori di minerali necessari alle produzioni tecnologiche. Insomma l’indotto deve dimostrare di essere etico per entrare nei giochi commerciali.

Anche nell’UE è entrato in vigore nel 2021 un regolamento (2017/821) che impone l’obbligo di monitorare le aziende di approvvigionamento dai Paesi dove si trovano conflitti, i quali, come abbiamo detto, finanziano le milizie e tracciare anche i metalli la cui estrazione mette in atto discriminazioni di altro tipo, come la violazione dei diritti umani e il lavoro forzato. Insomma in Europa si è regolamentato non solo l’indotto legato ai minerali di conflitto (3TG) ma anche tutti quelli che coinvolgono le popolazioni locali in altri tipi di sfruttamento, i metalli che erano stati lasciati in sospeso dai regolamenti in USA.

All’inizio non era semplice mappare la fornitura e valutare l’impatto di ogni singola software house e società di tecnologia, perché spesso le fonderie e industrie minerarie erano molteplici e ramificate. Spesso, tra l’altro, le aziende di estrazione si rifiutavano di essere tracciate e monitorate, non rispondendo ai sondaggi su quali fossero i contratti per l’estrazione in loco. Oggi la situazione è cambiata e per molte aziende la risposta dei fornitori è pari al 100 percento. Tuttavia quello che è peggiorato è l’interesse verso i minerali cosiddetti 3TG: stagno, tantalio, tungsteno e oro. La moda è stata sostituita con quella per il cobalto, portando l’opinione pubblica e i gruppi di pressione a essere meno accorti sui materiali della game industry. Non è un minerale di conflitto propriamente detto, rientra tra quelli che sono non etici per severe violazioni dei diritti umani (sebbene comunque non sia chiaro quanto anche questa industria mineraria non lo leghi comunque alle milizie congolesi visto che i giacimenti sono diffusi anche in questa regione).

Il cobalto è impiegato in diversi settori, come colorante oppure come additivo e in particolare nelle batterie al litio, oggi sempre più indispensabili alle tecnologie. Io stessa su Earth2 (promessa di Metaverso precoce a cui mi iscrissi comprando alcune terre virtuali) decisi di accaparrarmi qualche rettangolino collocato su luoghi di estrazione mineraria, scegliendo di acquistare quelli di oro e di litio, conoscendo bene cosa voglia dire possedere certe risorse sulla Terra1.

Cosa stanno facendo le aziende tech

Molte aziende tecnologiche (Apple e Google) stanno portando avanti iniziative personali per migliorare la trasparenza e l’affidabilità del controllo sull’indotto minerario (estrazione, raffinazione, trasporto), per i metalli necessari all’industria tecnologica. Una soluzione è la blockchain, che però, secondo esperti quali Raffaello Deberdt, potrà essere in futuro una possibilità di monitoraggio solida, per adesso i dati di cui disponiamo non sono sufficienti a rendere questa tecnologia un valore aggiunto.

Sempre Deberdt ci ricorda che i conflitti hanno un impatto sull’industria mineraria anche per l’accesso alle risorse. Il conflitto in Ucraina ci ha dimostrato quanto la pace sia essenziale al capitalismo. Il nichel, di cui la Russia è massimo fornitore, è lievitato di prezzo, rendendo difficilissimo il suo approvvigionamento. La borghesia, in effetti, nel suo emergere nella storia, ha richiesto razionalità su più fronti: amministrazione politica efficiente, vie di comunicazione aperte e gestione diplomatica dei conflitti con regolamenti netti e funzionari, questo per evitare quelle guerre che invece infiammavano l’Ancient Regime e rendevano impossibile uno sviluppo economico pari a quello che la classe in ascesa pretendeva. Insomma, la pace ha un interesse economico molto forte.

Sempre su gameindustry si parla di una possibile estrazione dai fondali oceanici. Non solo lo spazio, allora, ma anche le terre sommerse. Deberdt puntualizza che sempre di giochi di potere si parlerebbe, indicando come via più equa ed etica il riciclo e il riutilizzo dei materiali e uno spreco minore di risorse.

Voi eravate a conoscenza di questo retroscena dei software e dei dispositivi tecnologici? Quali soluzioni adottereste?

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