TRANSIZIONE ENERGETICA

Geoscienza digitale, così il supercomputer HPC6 contribuisce alla transizione energetica



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L’innovazione contribuisce la transizione energetica, favorendo processi più sostenibili e la ricerca sulle fonti rinnovabili: i supercomputer, analizzando i big data e sfruttando algoritmi specifici, supportano le aziende verso gli obiettivi di decarbonizzazione

Pubblicato il 30 mag 2024



Geoscienza digitale

Favorire la ricerca sulle energie rinnovabili, adottare processi più sostenibili per le esplorazioni, diminuire gli impatti. Digitalizzazione e tecnologia sono gli elementi su cui fare affidamento per affrontare la transizione energetica puntando alla decarbonizzazione.

L’obiettivo posto dall’Unione Europea è la neutralità carbonica entro il 2050 e l’innovazione è una leva fondamentale nel percorso di avvicinamento a questo risultato. In particolare, i supercomputer supportano la ricerca e la produzione del gas naturale con processi sempre più efficienti ma spingono anche la ricerca sulle fonti rinnovabili già conosciute ed utilizzate e su altre, del tutto nuove.

Geoscienze digitali, a cosa servono

In questa direzione va la digitalizzazione dei processi legati alle scienze della terra. Lo studio e la ricerca delle risorse vengono trasformati grazie alla tecnologia, permettendo di ottenere risultati più precisi, in meno tempo e con maggiore efficienza. Per esempio, la realizzazione di modelli 3D delle rocce del sottosuolo, partendo dalla conformazione di quelle di superficie e dall’interpretazione dei dati geologici e geofisici raccolti, consente ai ricercatori di individuare con maggior precisione i giacimenti di gas naturale anche a grande profondità, migliorando significativamente il processo di esplorazione. Se in passato era necessario agire per forza fisicamente, dopo i rilievi superficiali, scavando pozzi con un impatto ambientale maggiore, costi operativi superiori e incertezza del risultato, ora grazie alla tecnologia di supercalcolo si possono ridurre e ulteriormente razionalizzare gli interventi di prospezione, proprio grazie all’interpretazione avanzata dei dati acquisiti dalle campagne di esplorazione.

Questo processo può essere svolto anche grazie ai supercomputer, macchine dotate di un’enorme potenza di calcolo, capaci di processare una gigantesca mole di dati, consentendo così di analizzare e rappresentare, grazie all’impiego di algoritmi specifici, le caratteristiche degli strati di roccia che si trovano nel profondo. .

I vantaggi di un supercomputer per la transizione energetica

I benefici che ne derivano sono di natura ambientale ed economica. L’uso del supercomputer, come detto, permette di indagare il sottosuolo in maniera precisa, con maggiore rispetto per l’ambiente in quanto consente di ridurre le perforazioni. Fauna e flora dei territori coinvolti non subiscono sconvolgimenti in questo processo. Si riducono anche i costi, sia legati ai rilevamenti che alle attività di perforazione per l’esplorazione, in quanto queste sono limitate grazie al contributo delle informazioni messe a disposizione dagli algoritmi di analisi del giacimento.

Non solo. Il supercomputer supporta anche le attività di ricerca sulle fonti rinnovabili, per esempio indagando come migliorarne l’efficienza, oltre ad aiutare i ricercatori in attività sperimentali che puntano a individuare nuove risorse dal grande potenziale, come la fusione a confinamento magnetico. Si tratta di un processo che libera un’enorme quantità di energia senza emettere gas a effetto serra e con il vantaggio di essere sicuro e virtualmente illimitato, imitando la reazione naturale che alimenta le stelle.

Il caso di Eni: come funziona HPC6

Per perseguire tutti questi obiettivi, Eni da anni si serve di supercomputer. Nel corso del 2024 è in arrivo HPC6, un nuovo modello più potente degli attuali HPC5 e HPC4, che avrà performance maggiori. Una volta in funzione, ci si aspetta che diventi uno dei supercomputer più potenti al mondo. Avrà una potenza di calcolo di picco pari ad almeno 600 milioni di miliardi di operazioni matematiche al secondo (PFlop/s); come riferimento, la capacità computazionale di picco complessiva dei due supercomputer attuali è di 70 PFlop/s. La capacità di storage di HPC6 sarà di circa 100 PetaByte.

Fornitore del sistema e del suo storage è Hewlett Packard Enterprise (HPE), che si è aggiudicato una gara a livello mondiale. Le tecnologie impiegate da HP sono HPE Cray EX4000 e HPE Cray ClusterStor E1000, mentre CPU AMD EPYC e GPU AMD Instinct costituiscono il sistema di calcolo. Il sistema è inoltre interconnesso tramite la soluzione HPE Slingshot.

Il nuovo supercomputer si troverà nel Green data center di Eni a Ferrera Erbognone, sito che in questi mesi viene riadattato per ospitare HPC6, ad esempio con la realizzazione di un sistema di raffreddamento a liquido per smaltire il maggior calore che verrà prodotto dal sistema HPC6 rispetto ai due sistemi attuali. Inoltre, la struttura in cui si troverà HPC6 è realizzata con un solaio rinforzato, in modo che sopporti un carico fino a 3 tonnellate per metro quadrato. La sala avràuna capacità elettrica di 15 MW.

Gli obiettivi

Il supercomputer HPC6 sarà installato nelle prossime settimane ed entrerà in funzione entro fine anno. Con questo strumento, Eni punta ad accelerare la transizione energetica, per cui HPC6 sarà impiegato in attività di:

  • fluidodinamica computazionale, in relazione agli impianti industriali e in particolare per la loro operatività e dimensionamento,
  • simulazione atmosferica nell’ambito delle scienze climatiche,
  • ricerca sulla fusione a confinamento magnetico, soprattutto per migliorare i processi per la stabilità del plasma,
  • sviluppo di materiali per catturare l’anidride carbonica e attività concernenti la chimica di origine biologica.

Come approfondito in precedenza, HPC6 fornirà anche supporto operativo a Eni nelle attività di esplorazione, in particolare nell’imaging sismico. In questo ambito, il supercomputer supporterà la gestione dei dati sismici raccolti attraverso la metodologia OBN – Ocean bottom node, che prevede il posizionamento di sensori sul fondo dell’oceano. HPC6, infatti, consentirà di ottenere anche in scenari complessi, come appunto quelli abissali, immagini del sottosuolo con una risoluzione migliore, incrementando l’efficienza delle operazioni e diminuendo l’incertezza dei risultati attesi.


Articolo realizzato in partnership con Eni

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