L’utilizzo dei Big Data per la sicurezza e la protezione civile potrebbe migliorare le capacità di risposta preventiva, attiva e passiva nonché l’intera gestione delle emergenze. Per poter utilizzare la gran quantità di informazioni che ad oggi sono disponibili al fine di migliorare la gestione delle emergenze è necessario comprendere la qualità dei dati che si possono recuperare e soprattutto trasformarli in conoscenza, attraverso analytics in grado di rispondere ai precisi bisogni del caso. I Big Data sono caratterizzati da un elevato volume, un’elevata velocità e da una sostenuta varietà delle informazioni (data anche dalla provenienza da fonti eterogenee); pertanto è necessario dotarsi di strumenti che sappiano gestire queste peculiarità e trasformare tutto ciò in output comprensibili ed in grado migliorare le capacità di decision-making. Nel nostro caso in particolare l’utilizzo dei dati tradizionali, insieme ai Big Data recuperabili in maniera innovativa, permette di migliorare la reattività e le capacità di response e recovery rispetto agli incidenti ad uso della Protezione Civile. È necessario in questo contesto conoscere e valutare esattamente le tipologie di Big Data Analytics che può fornirci la piattaforma a cui ci affidiamo: non tutti i dati e non tutte le analisi sono adatte ad ogni scopo, ma è necessario che tali strumenti trasformino il dato grezzo e rumoroso in valore, in informazioni intellegibili e adatte agli scopi che ci siamo preposti.
Quando parliamo di Big Data è necessario però essere più specifici e sottolineare quali potrebbero essere le sorgenti di tali informazioni: nel caso della gestione delle emergenze si può distinguere tra i dati che sono già disponibili e che andrebbero messi a fattor comune ed elaborati, ed i dati acquisibili attraverso dispositivi ad hoc. Nel primo caso si può far riferimento a tutti i dati che le persone condividono attraverso i social media, in grado di darci informazioni dettagliate ed in tempo reale. Nel secondo caso è necessario pensare all’utilizzo di ulteriori sensori in grado di recuperare e comunicare informazioni particolarmente utili, da poter posizionare in luoghi fisici (come i sensori delle Smart City) o direttamente utilizzati dalle persone (i cosiddetti wearable device). Tali sensori possono essere ad esempio presenti anche sui veicoli, come la scatola nera del progetto I_HeERO, presentato il 4 aprile dalla Centrale Unica di Emergenza della Provincia Autonoma di Trento in un convegno dal titolo “Dati e automazione per un territorio più sicuro”. Tale evento ha offerto un focus sulle opportunità di migliorare la qualità della reazione della macchina di gestione delle emergenze e degli incidenti attraverso l’utilizzo di una eCall automatizzata, attivabile tramite una “scatola nera” in grado di attivarsi automaticamente in caso di incidente e comunicare al 112 informazioni precise sulla geo-localizzazione del sinistro e sui veicoli ed occupanti coinvolti.
Il ruolo dei Social Media
Il proliferare di dispositivi mobili e la disponibilità continua di una rete a banda larga ha permesso a molte persone nelle recenti crisi per la pubblica sicurezza – per cause naturali o antropiche – di testimoniare e documentare con immediatezza gli eventi che sono accaduti, dall’interno o dalle immediate vicinanze, trovandosi effettivamente lì prima dei reporter e dei servizi di sicurezza o di protezione civile. La partecipazione di queste persone e delle informazioni da loro fornite nel crisis management può diventare di fondamentale importanza per chi si occupa di gestire la crisi, aumentando la velocità, la precisione temporale e geografica della risposta, l’awareness tanto dei cittadini che dei servizi di sicurezza e di conseguenza la resilienza dell’intero sistema. Si tratta in questo caso di utilizzare i contenuti user generated adeguatamente analizzati ed incrociati con dati provenienti da rilevatori esperti, in grado di fornire informazioni fondamentali per comprendere un fenomeno in tempo reale e reagirvi con prontezza. L’utilizzo del “contribuire diffuso”, o più propriamente del crowdsourcing, si è dimostrato particolarmente efficace nell’era digitale. Un esempio particolarmente calzante lo si è avuto già in occasione dell’uragano Sandy che ha colpito la città di New York nel 2012. Numerosi cittadini si sono coordinati spontaneamente attraverso Twitter ed hanno condiviso le posizioni georeferenziate delle persone bisognose di aiuto e delle situazioni particolarmente critiche. Queste informazioni sono state utilizzate immediatamente dai servizi di sicurezza e di soccorso, nonché dalla popolazione stessa che ha deciso di mettere la propria esperienza a servizio dei bisognosi (specie nel caso di operatori sanitari). È stata di conseguenza creata una mappa di Manhattan e dei quartieri limitrofi aggiornata in tempo reale, in cui era possibile visualizzare le coordinate ed i link ai social network degli individui in difficoltà, i centri di evacuazione e soccorso dislocati per la città. Tale piattaforma è stata poi particolarmente utile al termine dell’emergenza per calcolare e documentare l’entità di dati, ma soprattutto per definire e migliorare i piani di disaster recovery. La user knowledge è di conseguenza fondamentale per avere dati puntuali nelle situazioni di crisi; i dati crowdsourced possono essere filtrati e controllati da un unico centro di comando e controllo (come le Centrali Uniche di Emergenza), facendo diventare ogni cittadino un potenziale sensore in grado di contribuire con le proprie informazioni alla gestione dell’emergenza.
Le Smart City
Tutto ciò applicato al contesto urbano permette di definire una Smart City – o ancor di più una Smart & Secure City – in grado di rispondere in maniera integrata ed immediata alle esigenze di sicurezza ed alle emergenze. In queste Smart City, grazie all’utilizzo diffuso della sensoristica e della tecnologia informatica, è possibile migliorare il coordinamento e lo svolgimento delle operazioni di sicurezza. Come già specificato tali sensori possono essere fisicamente integrati nelle infrastrutture urbane (videosorveglianza, droni, sensori perimetrali) o possono essere gli smartphone dei cittadini in grado di condividere specifiche informazioni in tempo reale. Nel Security Center della Smart City si potranno interpretare tutti questi dai contemporaneamente, analizzandoli, rappresentandoli e condividendoli in modo tale da risultare utili alla macchina delle emergenze. Ciò permetterebbe una più puntuale gestione di ogni tipo di evento, dal monitoraggio dei grandi assembramenti, alle calamità naturali, agli eventi terroristici localizzati e diffusi.
Nei grandi assembramenti uno sforzo in direzione dello sfruttamento dei big data provenienti dalla folla e dai sensori si sta notando in Arabia Saudita, dove ci si adopera per risolvere il problema degli incidenti dovuti alle masse molto numerose di persone in pellegrinaggio a La Mecca. In Italia si sta invece lavorando molto per rispondere alle calamità naturali, in particolare vi è il progetto Floodis, presentato da Microsoft in accordo con istituti di formazione e ricerca, in grado di monitorare in tempo reale l’andamento delle alluvioni. In seguito poi ai catastrofici eventi sismici che hanno colpito il nostro Paese, si sta ragionando su come utilizzare sensori nel monitoraggio strutturale e ambientale di edifici ed infrastrutture, al fine di migliorare il controllo sul territorio e la capacità di risposta ai terremoti.