Con l’intensificarsi della profonda crisi energetico-ambientale a scala planetaria (in atto fin dalla seconda metà del secolo scorso, ma solo negli ultimi decenni assurta a livelli drammatici), le potenzialità di efficientamento dei consumi, di controllo adattivo-predittivo delle funzioni operative, nonché di gestione dinamica delle fonti rinnovabili, hanno reso la cosiddetta smart readiness una qualità fondamentale per il settore edilizio.
Non solo una moda, dunque, ma un’esigenza imprescindibile ai fini della sostenibilità. Gli smart building, infatti, attraverso opportuni software e hardware (sempre più accessibili ed efficaci), riducono i propri consumi, garantiscono il comfort al variare delle condizioni al contorno, amministrano convenientemente i flussi di energia ed informazioni con i sistemi esterni.
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L’edificio dialoga con la rete: esempi e casi di successo
E proprio quest’ultimo aspetto rappresenta uno dei maggiori punti di forza: l’edificio dialoga con la rete, o meglio con la rete intelligente, la smart grid. La fluttuazione di eccedenze o insufficienze energetiche (che, ricordiamolo, nell’impiego massiccio di fonti rinnovabili è inevitabile) può essere condivisa con altri nodi/utenti, compensando e/o integrando i diversi fabbisogni con reciproco interesse.
Mai come ora il ruolo strategico di sorgenti come il fotovoltaico o l’eolico è stato così evidente. Il passaggio dalla generazione concentrata nelle grandi centrali a quella distribuita comporta una democratizzazione di tutto il mercato dell’energia, con indubbi vantaggi soprattutto per i consumatori. Ricordiamoci, però, che stiamo parlando di “fonti non programmabili”, che non operano secondo profili preimpostati, ma a seconda della disponibilità della risorsa naturale, non sempre in fase con le esigenze di consumo. Naturalmente si può contare sui dispositivi di stoccaggio, a patto di un aumento dei costi di realizzazione, gestione, manutenzione e dismissione. Se, invece, l’energia rinnovabile può essere sfruttata in maniera contestuale alla sua produzione, adottando modalità più oculate (ad esempio concentrando i carichi nelle ore di sovrabbondanza, quando ragionevole) oppure scambiandola con altre utenze (sulla base dell’incrocio dei diversi schemi di consumo), il suo valore cresce ulteriormente ed il contributo al sistema energetico globale può diventare preponderante.
Strategie, tecnologie ed opportunità sono quindi a disposizione del mercato e della collettività, e gli esempi ed i casi di successo sono sempre più numerosi, con una responsabilità non da poco: quella di aprire la strada all’innovazione ed indicare il percorso da intraprendere sulla via della transizione energetica ed ecologica.
Il primo smart district Italiano
In tal senso, un modello virtuoso è rappresentato dal primo smart district Italiano, attualmente in fase di sviluppo nell’hinterland milanese, e più precisamente nel Comune di Segrate, su un’area di oltre 300.000 m2. Il progetto “Milano 4 You”, il cui concept energetico-ambientale è stato sviluppato dal Politecnico di Milano, nasce infatti dall’idea di applicare sinergicamente le migliori tecnologie attualmente disponibili per lo sfruttamento delle risorse rinnovabili e per la building automation, al fine di garantire la massima sostenibilità dell’insediamento dal punto di vista ambientale, economico e sociale.
Le tecnologie utilizzate
Nel dettaglio, in abbinamento ad un’attenta progettazione urbanistica ed architettonica, l’assetto proposto sarà caratterizzato dalla presenza di microgenerazione energetica diffusa, basata su molteplici sistemi di generazione di energia elettrica, termica e frigorifera, interconnessi tra loro da un’infrastruttura energetica bidirezionale di quartiere, appositamente concepita allo scopo. Più precisamente, lo sfruttamento intensivo dell’energia solare attraverso impianti fotovoltaici, integrati architettonicamente e con una potenza superiore a 3 MWp, sarà abbinato all’utilizzo della risorsa geotermica a bassa entalpia, rappresentata dall’acqua di falda. Quest’ultima verrà estratta dal sottosuolo mediante pozzi di emungimento e distribuita alle sottocentrali di ciascun edificio attraverso un anello idronico di quartiere, il quale rappresenta una vera e propria smart grid termica, in grado di intercambiare flussi con ciascuna utenza in modo bidirezionale. L’acqua di tale anello sarà infatti utilizzata come fluido di scambio da pompe di calore del tipo acqua-acqua, alimentate prevalentemente mediante l’energia fotovoltaica generata localmente, in grado di coprire i fabbisogni di riscaldamento, raffrescamento e produzione di acqua calda sanitaria. Per sopperire al mismatch tra produzione solare e profili di utilizzo dell’energia da parte degli edifici, sono inoltre previsti sistemi di accumulo energetico delocalizzati, prevalentemente di tipo termico, più efficienti di quelli elettrochimici dal punto di vista economico ed ambientale.
Gli esordi della building automation
La storia dell’intelligenza artificiale applicata al settore edilizio è recente, ma caratterizzata da una rapidissima evoluzione, come del resto quella di tutte le tecnologie legate al settore ICT.
Nel 1984 l’articolo “Wiring buildings for intelligence”, pubblicato a firma di Frank J. Prial sul New York Times, introduce “una nuova generazione di edifici che quasi pensano da soli […] chiamati edifici intelligenti”. Vi si parla di “un matrimonio tra due tecnologie: la gestione vecchio stile degli edifici e le telecomunicazioni”. Il processo di informatizzazione degli edifici è già in atto, ma per la prima volta viene riconosciuto ufficialmente.
La liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni, il rapido sviluppo tecnologico, gli indubbi vantaggi gestionali associati, spingono imprenditori ed amministratori immobiliari ad adottare rapidamente le innovazioni ed i servizi disponibili nel campo della building automation, inevitabilmente a scopo commerciale. I margini di guadagno sono tuttavia inizialmente contenuti e l’entusiasmo della prima ora, temporaneamente, si smorza. Gli sviluppi tecnologici, invece, si incrementano esponenzialmente, tanto che nel 1995 il Conseil International du Bâtiment formula la definizione tecnica di Edificio Intelligente: “Un’architettura dinamica e reattiva che fornisce ad ogni occupante condizioni produttive, economiche ed ecologiche, efficaci dal punto di vista dei costi e sostenibili dal punto di vista ambientale, attraverso l’interazione continua tra i suoi quattro elementi di base: luoghi (materiali, strutture, spazi), processi (automazione, controllo, sistemi), persone (servizi, utenti) e gestione (manutenzione, prestazioni) e la interrelazione tra loro”. A questo punto, resta da porre l’attenzione su di un fattore ancora non completamente risolto: quello umano. L’edificio intelligente, infatti, regola, controlla, registra, ma richiede un minimo coinvolgimento da parte dell’utente, che viene alleggerito, nelle intenzioni, dall’onere della gestione, ma di fatto ne viene praticamente escluso.
L’ultimo passo evolutivo, fondamentale, si accompagna all’introduzione del termine smart (intelligente sì, ma nel senso di attivo, brillante, intraprendente). Nell’ottimo trattato “What is a smart building?” (Buckman et al., 2014) si definiscono gli Smart Building come “edifici che integrano e sfruttano intelligenza, servizi, controllo, materiali e costruzione come un unico sistema, ponendo l’adattabilità, non la reattività, al centro, al fine di soddisfare i driver per il progresso edilizio: efficienza energetica, durabilità, comfort e soddisfazione degli utenti”. La differenza sostanziale è proprio la capacità di dialogare ed interagire con l’utente, al fine di ottimizzare gestione e prestazioni.
Obiettivo: azzeramento dei costi energetici
Tutte le tecnologie finora citate, tuttavia, non sarebbero in grado di garantire il raggiungimento di uno degli obiettivi attesi, ovvero quello del sostanziale azzeramento dei costi energetici per il funzionamento del quartiere, in assenza di un’avanzata logica di gestione e controllo. Per l’appunto, una smart logic. Tutti gli elementi di generazione, accumulo ed utilizzo dei flussi energetici a scala di quartiere, tra i quali vengono incluse anche le stazioni di ricarica dei veicoli elettrici, saranno infatti gestiti da un innovativo sistema di controllo adattivo-predittivo in grado di effettuare un servizio di dispacciamento energetico locale (sia a livello di edificio che di quartiere), ottimizzando le prestazioni globali e sfruttando le potenzialità di comunicazione delle moderne smart grid termiche ed elettriche. In aggiunta, si prevede di sfruttare le potenzialità offerte dai meccanismi dell’autoconsumo collettivo e delle comunità energetiche per consentire la possibilità di utilizzo dell’energia prodotta dagli impianti fotovoltaici condominiali anche presso le utenze domestiche/commerciali dell’insediamento.
Mediante tali strategie, si prevede che l’interscambio con la rete elettrica nazionale dello smart district possa essere minimizzato, consentendo un autoconsumo istantaneo dell’energia fotovoltaica prodotta superiore al 70% a livello annuale. Si pensi che in assenza di logiche di controllo avanzate e di sistemi di accumulo, come quelli previsti dal progetto, tale quota risulta mediamente non superiore al 30% nel settore residenziale. Chiaramente la building automation, mediante interfacce fisiche e mobile, consentirà anche al singolo utente la massima interazione con il sistema, sia dal punto di vista del controllo che del monitoraggio dei flussi energetici e dei parametri operativi relativi alla singola utenza.
Conclusioni
Lo schema descritto consente, dunque, un’elevata flessibilità gestionale, poiché permette di utilizzare in maniera sinergica le diverse fonti energetiche al fine di garantire la minimizzazione dei consumi in tutte le condizioni d’uso.
In estrema sintesi, l’elevato livello di smart readiness si traduce in benefici tangibili per gli utenti del quartiere, soprattutto dal punto di vista economico, dimostrando concretamente le potenzialità dalle soluzioni tecnologiche avanzate adottate.