L'iniziativa

Gli startupper delle smart city: diffondere la conoscenza

Solo il 7 per cento degli italiani sa che cosa è una smart city. Ma una piena comprensione da parte delle persone favorisce la partecipazione, perché le città intelligenti vivono di innovazione che parte dal cittadino. Si può iniziare anche da una mappa interattiva, come ha scelto di fare Cisco per immaginare la Milano del 2015

Pubblicato il 13 Mag 2013

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Il primo passo per trasformare le comunità in ambienti intelligenti è mettere in campo iniziative che permettano ai cittadini di comprendere le nuove opportunità, che possono nascere dalla disponibilità di un insieme di tecnologie capaci sia di migliorare processi ed esperienze della realtà quotidiana, sia di trasformare i cittadini stessi in utenti attivi e protagonisti di innovazione.

Anche grazie ad alcune scelte istituzionali, che hanno individuato nel tema delle comunità intelligenti uno degli elementi centrali per diffondere la digitalizzazione ed i suoi effetti positivi, nel nostro paese i progetti “smart” si moltiplicano. Un fattore comune che caratterizza molte di queste proposte è il coinvolgimento di numerosi stakehoder – singole persone, imprese, organizzazioni – attraverso varie forme di “call for idea”, bandi, consultazioni.

Si tratta di modalità che interessano inizialmente partner del settore privato e segmenti abbastanza ristretti di popolazione che già dispongono di mezzi e conoscenze adeguati: potremmo definirli gli “startupper” delle città digitali, coloro che sono in grado di aderire operativamente alle proposte che vengono dalle istituzioni, di integrare nelle iniziative istituzionali le proprie attività, o di creare nuovi servizi.
Nella gran parte dei casi, invece, i comuni cittadini – che pure sono di fatto gli stakeholder più importanti di una città smart – devono ancora essere messi in grado di sapere, di interagire, di utilizzare strumenti e servizi digitali, così da poter assumere un ruolo attivo, partecipativo nella trasformazione della comunità in cui vivono.

Questa dicotomia appare chiaramente nella ricerca Gli Italiani e l’Agenda Digitale, che Cisco ha commissionato a fine 2012 all’ISPO per comprendere quanto sanno, cosa pensano e cosa si attendono gli italiani rispetto alla digitalizzazione del paese, a livello individuale e collettivo. Una parte dello studio – che ha coinvolto sia un campione rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne, sia un panel di opinion leader selezionato dalla società di ricerca – è stata dedicata al tema smart city, ed in particolare al tema della trasformazione di Milano in una “città intelligente” nel quadro del progetto Expo Milano 2015

E’ emerso che il 77% della popolazione non ha mai sentito parlare di smart city, e gli altri ne sono a conoscenza piuttosto vagamente; solo il 7% ha dichiarato di sapere bene di cosa si tratta. Più numerosi (il 32%) coloro che hanno sentito parlare del progetto di trasformare Milano, sul percorso verso Expo 2015, in una smart city. Resta comunque un 68% di popolazione che non ha idea dell’eredità di innovazione che si intende creare al traino di un evento di grandissima importanza per il rilancio del nostro paese.

Ben diversa la questione per quanto riguarda gli opinion leader, selezionati fra personalità di spicco del mondo economico, dei media, della cultura e delle istituzioni. Il 70% di essi conosce il tema smart city – oltre la metà dichiara di conoscerlo molto bene – ed il 66% è al corrente dei progetti per Milano smart legati a Expo 2015. Riguardo ad essi, praticamente tutti coloro che ne sono al corrente (il 98%) ritengono che la vera sfida sia legata al far sì che l’innovazione nata intorno ad Expo sia utile per i cittadini anche dopo il 2015; ed il 91% ritiene che il darsi l’obiettivo di far nascere una Milano più smart per Expo sia uno stimolo importante per la nascita di nuove idee e progetti innovativi.

Queste evidenze dimostrano che è necessario che i soggetti maggiormente coinvolti e che hanno i mezzi per agire con efficacia si impegnino per diffondere conoscenza fra i cittadini, tenendo in considerazione ciò che le persone stesse chiedono rispetto al digitale: essere maggiormente informate attraverso canali che già conoscono, quali la radio, la televisione e il web stesso, come è emerso dalla stessa ricerca ISPO citata poc’anzi.

In questo senso, anche piccole iniziative possono essere utili: sommandosi e diffondendosi in modo virale, possono suscitare attenzione e avviare uno scambio positivo di interessi e di informazioni. A tale scopo, ad esempio, Cisco Italia ha creato una mappa interattiva dedicata a far scoprire tutte le tecnologie che, da qui al 2015, potranno rendere Milano una vera smart city; la mappa è stata diffusa su Facebook, il social media cui sono iscritti quasi 24 milioni di italiani (fonte: http://vincos.it/osservatorio-facebook). La mappa consente di condividere con i propri amici esempi concreti di opportunità quali: nuovi modi di orientarsi e vivere la città – grazie all’evoluzione degli strumenti di geolocalizzazione Wi-FI ed alla diffusione di pannelli informativi e interattivi digitali; nuove forme di collaborazione, lavoro, comunicazione in remoto; nuove forme di assistenza sanitaria, attraverso strumenti per visite e consulenze mediche a distanza; nuovi modi per risparmiare energia, grazie a sistemi digitali che gestiscono i consumi in modo integrato.

Naturalmente, il compito di fare sì che il gap sia colmato – e magari anche il 30% di opinion leader che ancora non si interessa a questi temi inizi a farlo – non è cosa che possa essere realizzata solamente da un’azienda, o da un qualunque soggetto che abbia la volontà di farlo.

La presenza di un persistente digital divide informativo sui temi più caldi per il nostro futuro richiede un impegno di sistema che coinvolga le istituzioni, coloro che fanno informazione, il mondo educativo affrontando le diverse problematiche, non ultime quelle di natura più prettamente infrastrutturale. Va fatto tutto quanto possibile per eliminare gli ostacoli alla conoscenza, all’utilizzo delle tecnologie, alla capacità di creare e innovare di ciascuno dei cittadini: per non temere la partecipazione e coltivarla con cura.

Se il futuro delle nostre comunità digitali si costruirà intorno a reti sempre più fitte di scambi, connessioni, interazioni che renderanno più efficiente e intelligente l’ambiente in cui viviamo – ed il modo con cui possiamo relazionarci con esso – dobbiamo far in modo che ogni abitante delle città sia un “sensore di innovazione” – in grado di vedere esigenze che dall’alto possono essere trascurate, e capace di esplorare i contesti più vicini a sé per individuare nuovi spazi in cui un utilizzo intelligente e consapevole delle tecnologie possa migliorare la qualità della vita individuale e collettiva.

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