transizione energetica

I dazi fanno male anche al pianeta: ecco i danni



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Il settore cleantech statunitense è vulnerabile a una recessione che minerebbe i progressi del Paese nella riduzione delle emissioni di gas serra e comprometterebbe la sua leadership in un’industria essenziale e in crescita

Pubblicato il 23 apr 2025

Mirella Castigli

ScenariDigitali.info



L'impatto dei dazi sulla tecnologia per la sostenibilità

I massicci e globali dazi imposti dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump hanno fatto crollare i mercati azionari globali per una settimana, prima della moratoria di novanta giorni (a tutti tranne che alla Cina), ponendo le basi per una guerra commerciale mondiale e aumentando i rischi di una recessione.

Gli esperti temono che il settore cleantech statunitense sia particolarmente vulnerabile a una frenata che minerebbe i progressi del Paese nella riduzione delle emissioni di gas serra e comprometterebbe la sua leadership in un’industria essenziale e in crescita.

“Dazi o non dazi, Trump rallenterà il percorso verso la decarbonizzazione dell’economia?”, si chiede Francesco Ferrante, vicepresidente del Kyoto Club, “a domanda non è retorica perché se è vero che ogni atto politico del Presidente USA sembra andare in quella direzione, non è certo che l’ecomnia reale lo seguirà”. Ecco qual è l’impatto dei dazi sulle tecnologie per la sostenibilità.

L’impatto dei dazi di Trump sulla sostenibilità

“Sarebbe difficile per me pensare a settori cleantech o climate tech che non stiano affrontando rischi enormi”, afferma Noah Kaufman, ricercatore senior presso il Center on Global Energy Policy della Columbia University, intervistato dal MIT Technology Review, che ha fatto parte del Consiglio dei consulenti economici sotto il presidente Joe Biden.

“Penso che a questo punto siamo un Paese senza una strategia federale per il clima, con un’economia che va nella direzione sbagliata, quindi non vedo molte ragioni per essere ottimisti”, aggiunge.

La profondità e l’ampiezza dell’impatto dei prossimi cambiamenti economici dipendono da molte variabili ancora in gioco e dalle reazioni che si verificheranno. In questi novanta giorni di moratoria, molte cose potrebbero succedere, dunque, è soprattutto l’incertezza a dominare il quadro odierno.

In particolare, i negoziati in corso al Congresso sul bilancio determineranno il destino dei sussidi per i veicoli elettrici, la produzione di batterie e altre tecnologie pulite. Molti di questi programmi sono stati istituiti dalla legge sul clima firmata dall’ex presidente Biden, l’Inflation Reduction Act.

La sfida dei dazi cinesi

Ma ci sono sfide crescenti e rischi in aumento in tutti i settori cleantech e climate tech. In particolare, qualsiasi rallentamento dell’economia in generale minaccia di ridurre i finanziamenti delle imprese e dei capitali di rischio per le startup che lavorano all’eliminazione della CO2, ai carburanti sintetici per l’aviazione, alle auto elettriche per le consegne e ad altre tecnologie che aiutano le aziende a raggiungere gli obiettivi di azione per il clima.

Inoltre, i dazi di Trump, in particolare quello del 145% sulle merci cinesi, faranno lievitare i costi dei componenti chiave per molte aziende.

In particolare, gli Stati Uniti hanno importato dalla Cina batterie agli ioni di litio per un valore di 4 miliardi di dollari nei primi quattro mesi dell’anno scorso. Dunque l’aumento dei dazi imporrebbe un’enorme tassa sui prodotti all’interno di veicoli elettrici, computer portatili, telefoni e molti altri dispositivi.

L’inflazione, come i dazi frenano la sostenibilità

L’aumento dei prezzi dell’alluminio, dell’acciaio, del rame, del cemento e di numerosi altri beni e materiali farà salire anche i costi di ogni tipo di attività, compresa la costruzione di turbine eoliche, parchi solari e impianti geotermici. Se la Cina, il Canada, l’Unione Europea ed altri Paesi risponderanno con contro-dazi, misure commerciali di ritorsione, diventerà più difficile o più costoso per le aziende statunitensi esportare beni come i veicoli elettrici o i componenti delle batterie nei mercati esteri.

L’effetto dei dazi sui titoli energetici: un altro ostacolo alla sostenibilità

Anche i titoli energetici tradizionali hanno subito una battuta d’arresto a Wall Street giovedì, per il timore che un rallentamento economico più ampio possa far diminuire la domanda di elettricità.

I tagli dell’amministrazione Trump al Dipartimento dell’Energia e ad altri programmi federali potrebbero anche togliere i fondi ai progetti dimostrativi che aiutano le aziende cleantech a testare e scalare le loro tecnologie. E se il Congresso eliminerà alcuni sussidi previsti dall’Inflation Reduction Act, potrebbe bloccare progetti miliardari in fase di pianificazione o forse anche alcuni già in costruzione.

La crescente incertezza politica e l’indebolimento delle condizioni economiche, da sole, potrebbero già causare alcuni di questi fenomeni.

La battuta d’arresto per la filiera dell’energia pulita

Da quando Trump si è insediato, le aziende hanno cancellato, ritardato o ridimensionato almeno nove sviluppi o operazioni della “filiera dell’energia pulita” negli Usa, secondo la Big Green Machine, un database gestito da Jay Turner, professore di studi ambientali al Wellesley College, e da studenti ricercatori.

I progetti colpiti rappresentano circa 8 miliardi di dollari di investimenti pubblici e privati e più di 9.000 posti di lavoro:

  • tra questi, il previsto impianto di batterie di KORE Power in Arizona, che l’azienda ha interrotto;
  • l’espansione in pausa di Envision Automotive Energy Supply nella contea di Florence, in Carolina del Sud;
  • la chiusura di due impianti di Akasol in Michigan.

La Volkswagen ha anche ridotto la produzione del suo stabilimento EV recentemente ampliato a Chattanooga, nel Tennessee. I motivi sono un rallentamento delle vendite superiore al previsto. E, forse, si teme che l’amministrazione Trump cerchi di ridurre i crediti fiscali per l’acquisto di veicoli.

“La sfida più grande per le aziende che fanno investimenti di capitale da centinaia di milioni o miliardi di dollari è gestire l’incertezza”, afferma Turner. “L’incertezza è un vero deterrente per fare grandi scommesse”.

I dati del rapporto Pitchbook

Gli investimenti in capitale di rischio nell’energia pulita sono in calo da un po’ di tempo. Hanno raggiunto un picco di 24,5 miliardi di dollari nel 2022 e si sono assestati a circa 18 miliardi di dollari all’anno negli ultimi due anni, secondo i dati forniti da Pitchbook.

I dati del primo trimestre di quest’anno non sono ancora disponibili, ma gli osservatori del settore sono ansiosi di vederne l’andamento.

Alcuni comparti del settore cleantech potrebbero resistere meglio di altri all’amministrazione Trump e a qualsiasi imminente crisi economica.

Il rapporto Pitchbook, per esempio, ha rilevato che l’impennata nello sviluppo dei centri dati AI sta alimentando la domanda di “fonti energetiche in grado di essere trasformate per soddisfare la domanda elettrica”.

Ciò significa che il tipo di energia che può funzionare 24 ore su 24, come la fissione nucleare, la fusione (non prima del 2050) e la geotermia. Tuttavia, nella realtà, il boom dei data center ha spesso comportato la messa in funzione o l’affidamento a impianti di gas naturale che producono emissioni climalteranti.

Dazi o no, Trump contro rinnovabili e tecnologie sostenibilità

Il nuovo segretario all’energia di Trump, Chris Wright, in precedenza amministratore delegato dell’azienda di servizi petroliferi Liberty Energy, ha parlato in modo favorevole anche dell’energia nucleare e geotermic. Ma in modo piuttosto sfavorevole, ed ideologico, delle energie rinnovabili come il solare e l’eolico.

Ma gli osservatori temono che siano più i settori che perderanno che quelli che vinceranno in un’eventuale recessione economica. Inoltre Turner prevede che le decisioni di questa amministrazione potrebbero durare ben oltre il mandato di Trump.

La preoccupazione a breve termine è che l’industria emergente dell’energia pulita negli Usa subisca un calo significativo e che gli Stati Uniti cedano questo mercato ad altri Paesi, in particolare alla Cina, che stanno lavorando attivamente per posizionarsi come leader nel futuro dell’energia pulita”, afferma Turner.

Prospettive future

La preoccupazione a lungo termine, secondo Turner, è che se le politiche governative sulle tecnologie pulite si limitano ad avanzare e arretrare con i capricci di ogni amministrazione, le aziende smetteranno di cercare di fare investimenti a lungo termine. Questi infatti si basano su sussidi, sovvenzioni o prestiti.

Catherine Wolfram, docente di energia ed economia applicata presso il MIT, osserva che la Cina e l’Unione Europea stanno facendo passi da gigante nello sviluppo di politiche volte a ridurre le emissioni e a creare settori decarbonizzati. Entrambi stanno passando al lavoro più difficile di ripulire le industrie pesanti come l’acciaio. Invece gli Usa “stanno perdendo terreno persino nella produzione di elettricità pulita. È il peggior tipo di eccezionalismo statunitense”, afferma.

Tuttavia, se negli Usa lo scenario è questo, ben diverso è il panorama altrove. “Trump appena eletto, così come aveva promesso, esce dagli Accordi di Parigi. Ma questo non rallenta gli investimenti in rinnovabili nel mondo (già nel 2024 oltre il 90% dei nuovi impianti di produzione di energia erano da fonti rinnovabili e il trend non pare cambiare).

Recentemente Trump decide di eliminare ogni impedimento di legge alla ripresa dell’estrazione di carbone. Ma già durante il suo primo mandato in realtà si registrò il record di chiusure di centrali a carbone.

Trump vuole impedire che gli Stati e le Città USA emanino regolamenti ‘green’, ma sarà difficile piegare California & co. che su quei regolamenti hanno basato le proprie politiche industriali“, avverte Ferrante.

“Insomma, più che mai quando si tratta di Donald, bisogna ricordarsi che se ‘tra il dire e il fare c’é di mezzo il mare’, allo stesso modo, tra l’odio ideologico del trumpismo contro tutto ciò che è green e le dimaniche reali dell’economia, c’è grande distanza. Un po’ la stessa storia di queste settimane convulse sui dazi, quando la dura realtà dei mercati lo ha costretto a più miti consigli“, conclude Francesco Ferrante.

Il nuovo presidente Usa può continuare a lanciare diktat, ma poi la propaganda deve fare i conti con lo zoccolo duro del reale. Infatti la domanda di prodotti sostenibili cresce soprattutto fra i giovani e le aziende continuano ad adottare agende sostenibili per soddisfare le richieste di mercato. Dazi o non dazi, il mondo deve fare le scelte giuste in ambito tecnologico per salvare il Pianeta.

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