In un giorno qualsiasi gli italiani in rete si aggirano intorno ai 14,5 milioni. Quelli che danno un’occhiata a Facebook sono 14 milioni. Anche il tempo trascorso dai cittadini nelle nuove piazze digitali cresce e dunque, ad oltre un anno dalle linee guida del Ministero della Funzione Pubblica su PA e social media, qual è la situazione attuale?
Per comprenderlo, io e Giovanni Arata (ricercatore freelance già noto per i rapporti su Facebook e Twitter della serie #socialPA) abbiamo svolto un’indagine partendo dall’osservazione delle performance dei comuni capoluogo. Grazie allo strumento di analisi Social Analytics di Blogmeter, per la prima volta, siamo riusciti a raccogliere oltre 200.000 dati prodotti dalle attività di queste amministrazioni su Facebook e su Twitter nell’arco di 3 mesi (1 novembre 2012 – 31 gennaio 2013).
Ecco le evidenze principali emerse, che potranno essere appronfondite scaricando la ricerca completa.
I comuni capoluogo su Facebook e Twitter – 2013 – #PA140 from Me-Source S.r.l./Blogmeter
La presenza dei comuni capoluogo sui social media risulta ancora molto limitata. Sono poco più di uno su due, il 52%, quelli che hanno una pagina ufficiale su Facebook, mentre su Twitter la percentuale dei presenti scende al 37%. Non si riscontra segni di “digital divide” geografico in quanto quasi tutte le Regioni sono rappresentate. Per avere un’idea dei bacini di utenza raggiunti si consideri che su Twitter l’account più seguito, quello della città di Torino, aveva circa 60.000 follower alla data di chiusura dell’indagine. A gran distanza lo seguono il comune di Napoli (circa 15.000) e il comune di Firenze (circa 10.000).
Anche su Facebook è la pagina di Torino ad avere accumulato il maggior numero di fan, poco più di 23.000, seguita da quelle di Modena e Genova, entrambi con circa 13.000 sostenitori. Ampi i margini di miglioramento per tutte le municipalità se si pensa che i cittadini che frequentano la piattaforma sono molti di più (ad esempio i torinesi su Facebook sono circa 400.000). In termini di utilizzo, lo studio evidenzia due modi distinti e prevalenti di interpretare la propria presenza sui social media: c’è chi preferisce dare maggiore spazio a notizie sulla città e alle informazioni di pubblica utilità (modalità di servizio), c’è chi cerca il coinvolgimento dei cittadini attraverso elementi ludici e visivi (modalità display) sfruttando al massimo le possibilità offerte soprattutto da Facebook. Proprio le metriche di engagement offrono la possibilità di misurare questo coinvolgimento nei diversi ambienti. Su Twitter la Città di Milano fa registrare il maggior menzioni (5.427 in tre mesi), segno di elevato interesse, seguita da Roma (3.399) e da Firenze (2.832).
Se si guarda all’engagement per tweet, ossia al rapporto tra contenuti scritti e reazioni suscitate in termini di retweet e reply, si scopre che l’account della città di Torino genera circa 4 interazioni, in media, seguito da Milano con circa 3. Su Facebook, è la Città di Urbino a generare il coinvolgimento maggiore (in termini di like, commenti, condivisioni, post spontanei) grazie soprattutto alle immagini evocative pubblicate. Il post più di successo che rappresenta la piazza innevata raccoglie 2.460 interazioni. Il Comune di Milano segue a ruota, con post molto più di servizio e informativi: la mappa del bike sharing, i bandi per finanziamenti, le iniziative sociali.
Ciò che più preoccupa, però, è la limitata capacità di dialogo che abbiamo rilevato, attestata la grande opportunità di relazione che queste due piattaforme social consentono. Nella maggioranza dei casi le Amministrazioni impiegano Facebook e Twitter come estensione digitale dell’Ufficio Stampa, comunicando in modalità broadcast. Su Facebook, addirittura, solo 13 comuni su 57 permettono ai cittadini di scrivere spontaneamente sulla bacheca. Tra quelle che lo consentono il tasso complessivo di risposta è basso, con tempi di reazione agli input dei cittadini molto dilatati. Solo il comune di Milano spicca con 184 risposte date, mediamente, in circa 21 ore.
Le potenzialità di creare una sorta di URP online costituiscono un orizzonte ancora largamente inesplorato. Mentre le ipotesi di arrivare ad un vero e proprio Citizen Relationship Management, con la gestione trasparente di ticket di assistenza, appaiono, allo stato, futuristiche. C’è ancora tanto da fare per abbattere le barriere culturali e organizzative correlate alla percezione dei social media che ha la PA. Quelle culturali sono relative all’idea di Facebook e Twitter come luoghi ludici, di mera visibilità e cassa di risonanza di notizie. Quelle organizzative sono connaturate non solo alle pastoie burocratiche, ma anche all’incapacità di capire che la gestione dei social media non si improvvisa, ma richiede un approccio strategico e risorse dedicate.