La digitalizzazione, scrive Stefano Epifani (2020a), rappresenta un sottosistema dello sviluppo sostenibile insieme alla sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Ed è proprio l’interazione tra questi sottosistemi a fare della tecnologia digitale un alleato essenziale per lo sviluppo della sostenibilità nelle imprese, nelle istituzioni e nel governo dei territori (Epifani, 2020a). Il dibattito sul rapporto tra ambiente e tecnologie appare rilevante da anni.
Tuttavia, negli ultimi tempi e soprattutto dopo l’avvento della pandemia, si sono aperti scenari inediti di sviluppo sostenibile che vanno ben oltre un semplice legame positivo o negativo tra queste due variabili. É l’avanzata del paradigma della cosiddetta ‘sostenibilità digitale’ a livello nazionale, europeo ed internazionale ne è forse la prova più evidente (Epifani, 2020a).
L’intelligenza artificiale al servizio del pianeta: progetti in corso e opportunità
Digitalizzazione e sviluppo sostenibile
“Abbiamo ragionato per anni attorno al tema delle tecnologie chiedendoci se fossero positive o negative, dall’intelligenza artificiale al cloud, ma dovremmo chiederci piuttosto come progettarle affinché producano impatti positivi sulla vita delle persone e del pianeta” (Epifani, 2020a). “La tecnologia non è semplicemente uno strumento ma un sistema complesso all’interno del più ampio tema della sostenibilità”. Oltre all’economia, alla società e all’ambiente c’è infatti proprio la tecnologia, che interagisce con tutti e tre i sistemi ridefinendoli. In tal senso, i processi di digitalizzazione rappresentano la killer application per l’efficientamento di tutti i settori, dalla generazione elettrica all’agricoltura, dalla produzione industriale agli edifici (Epifani, 2020a).
La rivoluzione digitale è un fattore prioritario di sviluppo sostenibile perché legato ad una molteplicità di fattori di progresso e di sviluppo quali l’intelligenza artificiale, la connettività, l’informazione, l’internet of things, l’uso dei Big Data, il ricorso alla realtà virtuale, il machine learning, la blockchain, la robotica, l’informatica quantistica (IIASA, 2018, p. 22). Proprio in merito agli effetti pervasivi che può esercitare sui diversi domini dell’economia e della società, secondo l’International Institute for Applied System Analysis (2018, p. 22), la rivoluzione digitale rappresenta per la IV rivoluzione industriale quello che la macchina a vapore ha rappresentato per la I rivoluzione industriale.
L’impatto esercitato dalle nuove tecnologie sulla gestione e lo sviluppo sostenibile degli aggregati urbani e dei contesti di vita costituisce un modello esemplificativo: le conoscenze relative all’acquisizione e all’elaborazione dei big data così come all’utilizzo dell’intelligenza artificiale; la costruzione di modelli virtuali e di simulazione, il ricorso a tecnologie decentralizzate ed a processi di geo-localizzazione possono consentire una conoscenza approfondita delle dinamiche dei territori e di fare previsioni e interventi su fenomeni eccezionali di ordine naturale e sociale; possono egualmente facilitare la realizzazione di contesti di vita sostenibili e circolari grazie alla realizzazione di processi di produzione e di gestione poco inquinanti fondati su modelli di economia circolare e su un minore e più efficiente consumo di risorse, vale a dire su una gestione intelligente di acqua, illuminazione pubblica, rifiuti e trasporti.
Sostenibilità ambientale, economica, sociale e istituzionale
La sostenibilità non è solo una questione ambientale, ma anche e soprattutto economica, sociale e istituzionale. Occorre essere consapevoli del fatto, osserva al riguardo Enrico Giovannini (2020a, p. 23), che i governi rischieranno di cadere non per i problemi del riscaldamento climatico, che sono di estrema gravità, ma a causa dell’insostenibilità sociale. La gente oggi sente ed ha paura di non avere più un futuro. E questo genera un cambiamento radicale nel modo in cui l’economia e la politica possono funzionare. A partire da questa prospettiva, “… lo sviluppo sostenibile è quello che consente alla generazione attuale di soddisfare i propri bisogni senza precludere il fatto che le generazioni successive possano fare altrettanto”. In tal senso, la sostenibilità ha a che fare con la giustizia tra generazioni e con la consapevolezza, da parte dei giovani, che avranno meno possibilità di coloro che li hanno preceduti (Giovannini, 2020b).
L’ASviS – Alleanza per lo Sviluppo Sostenibile – che impegna in Italia più di 200 organizzazioni ed istituzioni, per il raggiungimento dei 17 SDGs – Sustainable Development Goals – dell’Agenda ONU, parte anch’essa dal presupposto che nel sistema socio-naturale nessuna componente debba essere considerata più importante dell’altra poiché tutte sono indispensabili e interconnesse. L’idea che venga prima l’economia o l’ambiente, osserva Enrico Giovannini (2020a, p. 25), è priva di senso. Solo a partire da una visione sistemica e integrata del funzionamento del mondo è possibile ragionare ed impegnarsi per realizzare una società più equa e sostenibile.
È essenziale imprimere un’accelerazione al cammino verso lo sviluppo sostenibile ed è significativo sottolineare, al riguardo, che l’Unione europea abbia considerato alcuni dei principali obiettivi dell’Agenda 2030 quali l’economia verde, la digitalizzazione e l’inclusione come i pilastri per la ripartenza del Piano Next Generation EU. Nonostante la tendenza a considerare questi mesi troppo bui per lasciarsi prendere da ‘frenesie ambientaliste’, la sostenibilità può e deve essere una delle chiavi per superare la recessione globale garantendo la crescita nel lungo termine. Pensiamo al “digicircolare” come combinazione di una tendenza pervasiva al digitale e di sfide per rendere l’economia circolare competitiva, fluida e duratura. Sono due trend associati, anche il Piano Next Generation EU propone assieme i due termini green e digitale, nei prossimi anni sarà necessario puntare allo sviluppo sostenibile e all’economia circolare.
“La sostenibilità è intrinsecamente resilienza, competitività e riduzione del rischio: proprio quello di cui abbiamo bisogno per uscire dalla crisi economica scatenata dalla pandemia” (Sapio, 2020). Non ci sarà una decisa ripartenza, nelle parole di Sapio, senza un’economia green, una mobilità sostenibile, un’integrazione dei cicli industriali con tecnologie a basse emissioni. Le aziende più resilienti stanno investendo proprio in questo senso promuovendo i bilanci di sostenibilità e l’impact investment quali strumenti per combattere la disoccupazione, la crisi sociale e difendere l’ambiente. I governi, dal canto loro, dovranno portare avanti straordinari programmi di welfare per assistere gli indigenti e i disoccupati con sussidi eccezionali ma soprattutto dovranno cercare di sfruttare i finanziamenti disponibili per creare opportunità e posti di lavoro. Ed in questo senso proprio i settori ‘green’ potranno rappresentare una grande occasione di investimento, crescita e occupazione per l’intero sistema produttivo nazionale (Sapio, 2020). Non ci sarà una decisa ripartenza senza un’economia green, senza una mobilità sostenibile, senza una profonda integrazione dei cicli industriali con tecnologie a basse emissioni.
Sostenibilità e occupazione
Il problema della sostenibilità sociale ed economica è legato anche alle interazioni ed alle variazioni dei rapporti tra occupazione e lavoro in diversi contesti territoriali e sociali. A partire da questa prospettiva, la sostenibilità può essere legata all’obsolescenza di alcune attività economiche o alla loro delocalizzazione da alcuni paesi del mondo verso altri per effetto del decadimento di alcuni bisogni, dell’insorgenza di nuove necessità, di processi di evoluzione e trasformazione dovuti all’introduzione delle nuove tecnologie. Nella prospettiva dello sviluppo sostenibile e dell’economia circolare, afferma Lanfranco Senn (2020, p. 47), è difficile concepire la propria attività lavorativa come prettamente individuale: nel mondo globale e interconnesso c’è sempre più bisogno di complementarità ed è sempre più difficile sentirsi autosufficienti. Alcune attività possono diventare dannose, obsolete o inutili all’interno di specifici contesti territoriali o sociali e spostarsi quindi in altri contesti. Chi era impegnato in quelle produzioni e in quei servizi deve potersi rimettere in gioco, muoversi sul territorio, deve trovare o crearsi un altro lavoro per far fronte ai propri bisogni e proprio all’interno di questa rinnovata prospettiva si riafferma l’importanza della formazione permanente.
Questo significa che alcuni lavori potrebbero scomparire da alcune aree del mondo per ricomparire in altre e che queste trasformazioni potrebbero trasformare radicalmente le dinamiche dell’occupazione e dell’occupabilità. Queste grandi sfide interesseranno le pubbliche amministrazioni, le imprese e i sindacati che dovranno ingegnarsi a prevedere forme di transizione da un’attività lavorativa all’altra, in termini di contenuti e modalità, nonché nuovi ‘ammortizzatori sociali’ che consentano le transizioni. Per le singole persone la sfida è il cambiamento dell’oggetto e del modo di ‘lavorare’, processo in cui entra in gioco la formazione lifelong come condizione necessaria per non soffrire troppo degli impatti del cambiamento. A partire da questa prospettiva, la “Commissione Globale sul futuro del lavoro” dell’Organizzazione mondiale del lavoro – ILO -, come prima raccomandazione ha richiesto ai governi l’introduzione di un nuovo diritto, quello alla formazione continua lungo tutto l’arco della vita. Ed occorre precisare al riguardo, osserva Giovannini (2020a, p. 22), che la Commissione non si è limitata a dare una raccomandazione sulle “politiche per la formazione continua”, ma ha esplicitamente chiesto “il riconoscimento di un nuovo diritto” perché questo diritto rappresenta probabilmente l’unico antidoto allo stravolgimento del mercato del lavoro.
Le dimensioni dello sviluppo sostenibile
L’International Institute for Applied System Analysis – IIASA – individua sei grandi trasformazioni legate allo sviluppo sostenibile: le conoscenze demografiche e scientifiche per il miglioramento della salute, dell’educazione e delle condizioni di vita e di lavoro dei popoli; il consumo e la produzione per l’adozione di modelli responsabili soprattutto nei domini della mobilità, dell’edilizia e dell’agroalimentare; la decarbonizzazione e gli studi sull’energia per l’incremento delle rinnovabili e di energia pulita; il cibo, la biosfera e l’acqua per poter rispondere ai bisogni di una popolazione in aumento ed a limitare gli impatti ambientali.
La pandemia ha mostrato la natura interconnessa dei sistemi sociali e di vita dell’intero pianeta e ha evidenziato l’estrema vulnerabilità ai rischi globali. Gli stati avvertono la necessità di un cambiamento sistemico, iniziano a capire cosa fare, ma sono consapevoli del fatto che la finestra per farlo continua a restringersi. La pandemia ha dato l’opportunità per iniziare a ‘costruire meglio’, per garantire che il mondo post-pandemia sia fondamentalmente più forte di quello pre-pandemia (WBCSD, 2020, p. 5). Il Covid-19 ha fatto emergere ed ha amplificato disuguaglianze sistemiche preesistenti. Ora dobbiamo sforzarci per poter allineare i nostri mercati ai sistemi naturali, sociali ed economici da cui dipendono. Si tratta di costruire una resilienza a lungo termine, promuovere una crescita equa e sostenibile, creare le condizioni abilitanti e aumentare la voce imprenditoriale collettiva per un sistema finanziario sostenibile e per poter ridefinire alcuni aspetti essenziali del capitalismo.
L’ottava edizione di Reporting matters pubblicata dal World Business Council for Sustainable Development – WBCSD – e dall’agenzia Radley Yeldar – RY-, nell’ottobre 2020, si concentra proprio sull’impatto che il Covid-19 ha avuto sul modo di operare di imprese, mercati finanziari e sulla stessa economia globalizzata. Specificamente Reporting matters 2020 mette in relazione la realtà economica con specifiche questioni di sostenibilità rivolgendo una particolare attenzione al modo in cui le aziende di tutto il mondo si stiano attrezzando per monitorare l’impatto della produzione sull’ambiente naturale e sociale (Valentini, 2020). Lo sviluppo economico dovrebbe essere indirizzato nell’ottica della sostenibilità e il rendimento del capitale finanziario dovrebbe tener conto del capitale ambientale e sociale nei modelli di allocazione e valutazione degli obiettivi. “La trasformazione dovrebbe essere supportata da un sistema finanziario sostenibile, scrive Peter Bakker, Presidente di WBCSD, e per questo abbiamo bisogno di indicatori significativi sugli SDGs” (Valentini, 2020).
Lo scomodo lascito della crisi pandemica fa ancora più paura se si analizzano le prospettive di ripresa economica (Sapio, 2020). In Italia e negli altri Paesi, la pandemia e le conseguenti misure d’emergenza hanno causato un crollo significativo del PIL sebbene le previsioni della Banca Centrale Europea sull’area euro segnino un recupero nel 2021 e nel 2022. Ci si domanda, in particolare, come far ripartire l’economia e se sia ancora possibile perseguire obiettivi di sostenibilità nel breve così come nel medio-lungo termine.
Il concetto di sostenibilità, come si è detto, non è monodimensionale ma multidimensionale nella misura in cui comprende non solo la tensione bipolare fra sviluppo economico e protezione dell’ambiente, ma anche una terza componente, lo sviluppo sociale da considerarsi un pilastro fondamentale interdipendente con gli altri due. Ne è prova il fatto che la lotta alla povertà è inquadrata, dal Goal n. 5 dell’Agenda ONU 2030, come requisito indispensabile per lo sviluppo sostenibile. Anche le politiche demografiche sono considerate un importante strumento di sviluppo sostenibile, così come le politiche per il trasferimento e lo scambio di tecnologie e per la crescita culturale dei paesi e dei popoli (Battisti, 2018, p. 49).
Gli impegni della Coop 21
La Conferenza sul clima tenutasi a Parigi nel 2015, la Coop 21, ha preso uno storico impegno politico ed economico per reimpostare e correggere le disfunzioni e le distorsioni del modello di sviluppo attuale e per raggiungere tre obiettivi interdipendenti: la riduzione dell’impatto dei cambiamenti climatici, la lotta contro la povertà e il rispetto della dignità umana. In altre parole, la dimensione sociale dello sviluppo, dell’equità e della povertà sono strettamente connesse e l’auspicio è che venga garantita una particolare attenzione alle popolazioni più vulnerabili, ai Paesi più poveri e con meno capacità tecnologiche in modo da essere supportati con investimenti da parte di quelli più sviluppati, nel segno di una solidarietà che diventi sempre più fattiva (Battisti, 2018, p. 51). Analisi svolte nel corso degli anni evidenziano che il concetto di sviluppo sostenibile è indefinito e sfuggente al punto che non se ne conoscono i valori soglia relativi alla disoccupazione, alla povertà, all’esclusione sociale oltre i quali il sistema diventa insostenibile. Il che non significa che non vi siano le soglie, ma che è molto più difficile misurare la sostenibilità sul versante sociale che non su quello ambientale (Battisti, 2018, p. 52). A questo proposito è significativo rilevare come, negli ultimi anni, sia cresciuto il dibattito attorno alla necessità di superare il Pil, un indicatore meramente economico oramai inadeguato a valutare lo sviluppo sociale.
Le imprese sono state molto attive nel corso dell’ultimo anno sia per sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi dello sviluppo sostenibile che per offrire risposte alla crisi da pandemia (ASviS, 2020, pp. 39 – 40). Facendo seguito alla Call to Action for a New Deal for Europe, lanciata nel 2019 per spronare l’Europa a mettere la sostenibilità, l’azione contro il cambiamento climatico e l’inclusione al centro delle proprie politiche, l’European Business Network for Corporate Sustainability and Responsibility – CSR Europe – ha proposto un Patto europeo per l’industria sostenibile. A partire dal 2020, le imprese e le federazioni imprenditoriali si sono impegnate a collaborare costruttivamente e continuamente per poter raggiungere alcuni obiettivi particolarmente rilevanti: prendersi cura della salute delle persone, delle famiglie, dei posti di lavoro, dell’ambiente e del clima; aumentare la resilienza delle imprese e sostenere nuove forme di leadership, di imprenditorialità e di finanza sostenibile che crei valore per la società; proteggere e creare posti di lavoro; innovare le attività economiche nel quadro di una transizione che sia giusta e socialmente inclusiva.
Reporting matters 2020 mostra in quale percentuale, dal 2017 al 2020, i diversi Goals dell’Agenda ONU sono stati scelti dalle aziende monitorate: il Goal 13 – Azione per il clima – nell’88% dei casi; il Goal 12 – Città e comunità sostenibili – nel 79%; il Goal 8 – Lavoro dignitoso e crescita economica – è stato scelto con una percentuale del 73%; il Goal 6 – Peace and Justice – con una percentuale del 29%; il Goal 1 – Sconfiggere la povertà – compare nel 24% dei casi; infine il Goal 14 – Vita sott’acqua – nel 24%.
Nel 2010, WBCSD ha pubblicato Vision 2050 con l’obiettivo di progettare un mondo in cui nove miliardi di persone potessero vivere bene entro la metà del secolo. Covid-19 potrebbe aver anticipato gli sforzi ed i progetti già delineati costringendo i governi e le comunità ad affrontare i problemi demografici, politici e culturali esistenti. A questo riguardo, il World Business Council for Soustainable Development (WBCSD, 2020, p. 8) auspica che le imprese possano raggiungere entro gennaio 2023 alcuni obiettivi essenziali:
- impostare le attività umane in modo da arrivare ad emissioni zero entro il 2050;
- fissare obiettivi che contribuiscano ad un’effettiva salvaguardia della natura entro il 2050;
- dichiarare il sostegno ai Principi guida delle Nazioni Unite sul business e sui diritti umani;
- dichiarare sostegno all’inclusione e all’equità; operare al massimo livello di trasparenza.
Il programma di ridefinizione del valore – VR – delineato dal WBCSD nel 2020 suggerisce anche nuove strategie per poter passare dal capitalismo finanziario al capitalismo degli stakeholder, nei prossimi cinque anni, e poter dare in tal modo un ulteriore contributo al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile: gli stakeholder sono rappresentati infatti dai cittadini, in primo luogo, ma anche dai dipendenti delle imprese pubbliche e private, da tutti coloro che hanno rapporti economici con le imprese come i fornitori, ma anche dalle autorità locali e la stampa.
Ovviamente il raggiungimento degli SDGs rappresenta un obiettivo fuori dalla portata di una singola azienda; occorrono coordinamento e sforzi collettivi da parte di interi settori industriali perché i Goals della sostenibilità possano essere in qualche misura raggiunti e attuati. È quindi fondamentale che le aziende leader, nei diversi settori, si uniscano per tracciare una visione comune e sviluppare roadmap dettagliate per guidare la transizione verso lo sviluppo sostenibile. Questa roadmap riunisce in primo luogo aziende del settore chimico e forestale, le utilities elettriche, le industrie del petrolio e del gas. In una prospettiva più generale, il WBCSD ritiene che gli SDGs siano più facilmente raggiungibili dalle imprese grazie a specifiche azioni strategiche: fornire alle aziende un supporto sostanziale grazie alla comunicazione; rendere disponibili analisi e approfondimenti di esperti e creare un forum per lo scambio delle migliori pratiche; introdurre una voce imprenditoriale progressista nelle discussioni intergovernative chiave sugli SDG, in particolare a livello delle Nazioni Unite.
Professioni e “costellazioni di professioni” per l’innovazione
Le strategie e le politiche per la crescita del lavoro in un quadro di ripresa legato anche al post pandemia richiederanno flessibilità, capacità di adattamento, dovranno formare cittadini e aziende a saper superare gli shock anche nel lungo periodo attraverso comportamenti adattivi, resilienti e sostenibili. Le imprese pubbliche e private dovranno avere conoscenze ampie e competenze digitali molto avanzate. La formazione dovrà sostenere e spingere le aziende verso queste direzioni.
Lo sviluppo sostenibile, inteso nelle sue diverse dimensioni, porterà molte trasformazioni nel mondo del lavoro ed una tra le più rilevanti di queste trasformazioni riguarderà non tanto la nascita di nuove professioni e di nuove competenze quanto la nascita di “costellazioni di nuove professioni”[1] e competenze. Nella misura in cui si afferma che la sostenibilità è un processo multidimensionale ne consegue che i lavori, le attività, le competenze legati alle dinamiche dello sviluppo sostenibile non evolvono distintamente ma coevolvono in un unico processo. Consideriamo la gestione di un contesto estremamente complesso come può esserlo una città o un aggregato umano. In questo caso, il ricorso a processi di geo-localizzazione ed a tecnologie decentralizzate, l’utilizzo dei big data e dell’intelligenza artificiale, la costruzione di modelli virtuali e di simulazione possono consentire una conoscenza approfondita delle dinamiche dei territori e di fare previsioni e interventi su fenomeni eccezionali di ordine naturale e sociale; possono egualmente facilitare la realizzazione di contesti di vita sostenibili e circolari basati su un uso efficiente delle risorse, su una gestione intelligente di acqua, illuminazione pubblica, rifiuti e trasporti. Lo studioso Sergio Farruggia (2021) ci ricorda al riguardo il ruolo e l’importanza degli Urban Digital twin, gemelli digitali delle città che grazie a competenze geo-spaziali e digicircolari possono consentire una gestione intelligente di tanti aspetti della realtà: dal problema dei rifiuti al risparmio energetico attraverso il controllo dell’illuminazione pubblica, dal controllo del consumo di acqua alla gestione della sicurezza.
Costellazioni di professioni e competenze possono così trovarsi ad agire in uno stesso ambito: geologi, agronomi, informatici, ingegneri e innovatori possono operare insieme per la difesa del suolo. Conoscenze, competenze e lavori tendono ad ampliare il loro raggio di azione, a contaminarsi ed a costruire ponti e connessioni tra loro. Da queste connessioni nascono discipline quali la bioinformatica, l’economia comportamentale, le neuroscienze computazionali, il neuro marketing. La contaminazione avviene il più delle volte tra professioni tradizionali e competenze legate alla digitalizzazione nella misura in cui soprattutto il digitale può offrire conoscenze, soluzioni e nuove possibilità; può aprire le porte verso nuove e innumerevoli possibilità per l’economia, l’ambiente, la società.
Nelle riflessioni sul lavoro sta prendendo sempre più spazio il concetto di “ibrido”, riferito a professioni che devono integrare le competenze tecnico-professionali tradizionali con nuove e diverse abilità. In tal senso, un manager del ciclo integrato dei rifiuti urbani dovrà avere conoscenze e competenze relative ai territori, capacità di interazione con gli stakeholder; competenze nel dominio della data science per poter acquisire e gestire informazioni su diversi tipi di rifiuti e sulle tecnologie che ne consentono il trattamento e il riciclo. Nel settore dell’industria tessile, che rappresenta una delle industrie che sprecano maggiori risorse, l’attenzione alla sostenibilità consente di porre l’attenzione non solo sul prodotto ma anche sull’utilizzo di risorse come l’acqua, l’aria, i materiali e le condizioni di vita dei lavoratori; nello specifico l’uso di tecnologie intelligenti, di nanotecnologie e di stampanti 3D può consentire la produzione di tessuti e colori ecosostenibili, il risparmio di risorse preziose come l’acqua, ma anche una maggiore sicurezza nei luoghi di lavoro o in condizioni di rischio.
L’economia circolare e la digitalizzazione sono due megatrend che segneranno l’evoluzione del lavoro in maniera decisiva e fortemente interdipendente. I Piani di ripresa e resilienza elaborati, dagli Stati europei, in risposta al Next Generation EU per il superamento della crisi post pandemica contemplano l’estrema rilevanza dei due termini green e digitale. Se, da un lato, la digitalizzazione potrà favorire lo sviluppo dell’economia circolare, dall’altro lato, l’economia circolare potrà incoraggiare l’innovazione tecnologica. Così, ad esempio, l’esigenza tipica dell’economia circolare volta a combattere l’obsolescenza programmata di molti artefatti umani ed apparecchiature elettroniche, può consentire di migliorare le caratteristiche tecniche di riparabilità e migliorabilità dei prodotti stessi.
Conclusioni
“Transitare verso la sostenibilità, osserva Enrico Giovannini (2020b), è una scelta che si fa non per sé, ma per chi verrà dopo. Lo sviluppo sostenibile è quello che consente alla generazione attuale di soddisfare i propri bisogni senza precludere il fatto che le generazioni successive possano fare altrettanto. Messa in questi termini, la sostenibilità ha a che fare con la giustizia tra generazioni e con l’impegno, ormai inderogabile, di offrire ai giovani le stesse opportunità delle generazioni che li hanno preceduti”. Anche l’Enciclica “Laudato si’”, scritta da Papa Francesco nel 2015, afferma che la sostenibilità è legata alla questione intergenerazionale e presenta un modello di ecologia integrale nel momento in cui sostiene che tutto è connesso: la salvaguardia del creato così come l’ecologia umana. Laudato si’, osserva Anna Maria Battisti (2018, pp. 52 – 53), afferma altresì le interazioni fra “… scienze esatte, politica, economia, cultura, organizzazione sociale e visione antropologica se si considera ad esempio il rapporto tra i cambiamenti climatici e l’aumento della povertà”. Bergoglio parla di medesimo male nell’indicare la causa delle ferite all’ambiente naturale e all’ambiente sociale, cioè quell’idea per cui la libertà umana non ha limiti. “Vi è insomma una crisi morale all’origine dell’avidità umana che genera eccessi nella tecnologia, nell’economia, nella finanza e nel consumo e scarica i costi di un agire irresponsabile sull’ambiente, i più poveri, i deboli, le generazioni future” (Battisti, 2018, p. 53). Proprio in questo senso è importante sostenere le giovani generazioni, nel progetto di un mondo sostenibile, e fornire loro gli strumenti perché le attività umane diventino più intelligenti, meno impattanti sull’utilizzo di risorse e sulla vita del pianeta.
Bibliografia
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Sapio R., 2020, “Green e sostenibile, ecco l’economia perfetta per il post-Covid”, Il sole 24ore, 26 novembre, testo accessibile al sito: www.econopoly.ilsole24ore.com /2020/11/26/green-sostenibile -economia/
Senn L. (2020), “Il futuro del lavoro”, in in M. Carvelli e G. Vittadini (a cura di) op.cit.
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- Il concetto di “costellazione di professioni”, sviluppato in questo articolo, nasce da un confronto con esperti del Randstad Research Institute avvenuto nel marzo 2021. ↑