La recente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (21 gennaio 2023) da parte del Ministero dell’Economia di un regolamento che definisce i requisiti per ottenere lo status di operatore bancario etico e sostenibile, con conseguente attribuzione alle organizzazioni che soddisfino questi requisiti di una serie di agevolazioni fiscali fornisce ulteriore supporto ed evidenza dell’attenzione e del favor del legislatore per le iniziative volte a favorire l’affermazione delle tematiche ESG anche in ambito finanziario.
Una lunga marcia, quella verso la sostenibilità, che l’Europa ha avviato ormai da un quinquennio.
ESG nelle mani della finanza, servono standard condivisi: tutti i nodi da sciogliere
Il framework normativo europeo
L’Unione europea si è, infatti, da subito distinta, impegnandosi nella transizione verso modelli di crescita includenti tematiche ambientali e coinvolgendo in questo sforzo anche il sistema finanziario quale uno dei veicoli diretti a convogliare gli investimenti verso finalità ESG (Environmental, Social and Governance); le mosse di questo processo sono da farsi risalire al lancio del Piano d’Azione (marzo 2018), con l’obiettivo di finanziare la crescita sostenibile, di incrementare gli investimenti in progetti sostenibili e di promuovere l’integrazione dei criteri ambientali, sociali e di governance.
Il Piano d’azione Ue
In particolare, il Piano d’Azione Ue ha introdotto un framework normativo nel settore finanziario comune a tutti gli Stati membri e finalizzato, fra l’altro, a:
- introdurre una “tassonomia” europea per la finanza sostenibile, utile alla definizione e classificazione delle attività economiche sostenibili;
- promuovere l’integrazione dei fattori ESG nelle scelte di investimento, nelle strategie di business, nelle scelte di governance e nelle politiche di remunerazione degli intermediari finanziari;
- modificare le Direttive MiFID II, AIFMD e IDD, nonché la Direttiva Delegata 2017/593 in tema di governance dei prodotti finanziari (POG) e le linee guida ESMA sulla valutazione di adeguatezza dei prodotti, per garantire che le preferenze in materia di sostenibilità siano tenute in considerazione nella valutazione di adeguatezza;
- introdurre specifici obblighi di disclosure e di condotta da parte di tutti gli operatori di settore che favoriscano la nascita di un mercato comune di prodotti “green”, rafforzando la fiducia degli investitori nella finanza sostenibile.
Il Regolamento SFDR
Sulla scorta delle priorità identificate dal Piano d’Azione, nel mese di maggio 2018, la Commissione europea ha pubblicato un pacchetto di proposte legislative volte a promuovere una “finanza sostenibile”. I principali atti legislativi scaturiti da queste proposte, ancora oggi rappresentanti una pietra miliare di riferimento nel panorama ESG, sono rappresentati dal Regolamento (UE) 2019/2088, pubblicato in data 9 dicembre 2019, relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari (SFDR – Sustainable Finance Disclosure Regulation). Tale Regolamento è stato successivamente integrato e modificato dal Regolamento (UE) 2020/852, relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili (cd. Regolamento sulla Tassonomia).
Vale la pena ricordare le principali finalità dei due provvedimenti sopra citati. Il Regolamento SFDR mira a contrastare il fenomeno del greenwashing e a favorire l’afflusso di investimenti verso la sostenibilità, attraverso la riduzione delle asimmetrie informative e creando uno standard europeo della “disclosure ESG” che impone a tutti gli attori coinvolti di adottare la stessa terminologia e di introdurre gli stessi parametri per dichiarare in che modo gli intermediari integrano i rischi di sostenibilità, considerano gli effetti negativi per la sostenibilità, e promuovono le caratteristiche ambientali o sociali degli investimenti, all’interno dei propri processi decisionali e dei propri prodotti finanziari.
Il Regolamento sulla Tassonomia
Il Regolamento sulla Tassonomia mira invece a porre al centro dell’attenzione i temi dell’ecosostenibilità e dell’ambiente, così da consentire di progettare meglio le caratteristiche di quei prodotti finanziari o di quelle obbligazioni societarie aventi “caratteristiche ambientali” o connotate da un “obiettivo sostenibile” di carattere ambientale.
L’impianto normativo per le banche
L’impianto normativo è ancora più complesso per quanto riguarda le banche.
Nell’aprile 2015, i ministri delle finanze del G20 e i governatori delle banche centrali hanno chiesto al Financial Stability Board (FSB) di convocare i partecipanti del settore pubblico e privato per esaminare come potesse il settore finanziario affrontare le tematiche legate al clima. Nell’ambito dell’incarico ricevuto, il FSB ha individuato la necessità di una migliore informazione per supportare le decisioni di investimento, finanziamento e garanzia e migliorare la comprensione e la gestione dei rischi legati al clima. A tal fine, ha istituito una task force sul clima (TCFD) che nel 2017 ha pubblicato una serie di raccomandazioni riguardanti l’informativa finanziaria relativa al clima. I lavori della TCFD sono tutt’ora in corso, tanto che nel corso degli anni la Task Force ha continuato a pubblicare orientamenti per l’attuazione delle sue raccomandazioni e a monitorare lo stato del reporting climatico nelle diverse giurisdizioni, in linea con la roadmap tracciata dal FSB per affrontare i rischi finanziari derivanti dai cambiamenti climatici.
A livello europeo, la Direttiva sulla rendicontazione non finanziaria (Direttiva 2014/95/UE, NFRD) – che integra la direttiva 2013/34/UE (la cd. Accounting Directive) – impone alle imprese di dimensioni significative (i.e. società non finanziarie quotate e altre istituzioni finanziarie quotate, nonché banche e imprese di assicurazione quotate e non) di pubblicare una dichiarazione di carattere non finanziario sugli impatti e come vengono gestiti e misurati i rischi relativi alle tematiche ESG. Nel 2017 e nel 2019, allo scopo di fornire alle imprese una metodologia utile per comunicare in modo efficace informazioni non finanziarie su tematiche ESG, la Commissione europea – come supplemento alla NFRD – ha pubblicato due linee guida non vincolanti volte a supportare le aziende nella comunicazione di informazioni non finanziarie con contenuti di alta qualità, pertinenti, utili, coerenti e più comparabili in relazione alle tematiche ESG, a integrazione del quadro europeo di riferimento.
Il concetto di “doppia materialità”
Le linee guida hanno introdotto il concetto di “doppia materialità”, prevedendo che la rendicontazione delle informazioni relative al clima e alla sostenibilità abbiano una duplice prospettiva: i) sociale e ambientale (ovvero come le organizzazioni influiscono sulle persone o sull’ambiente); ii) finanziario (cioè come è probabile che il cambiamento climatico influisca sulle organizzazioni, con particolare attenzione ai possibili rischi finanziari, impatti sulla società, sulle sue performance e sul posizionamento aziendale, con particolare riferimento a rischi fisici e di transizione). Tuttavia, viene anche evidenziato come questi rischi possono essere trasformati in opportunità attraverso azioni appropriate e la fornitura di prodotti e servizi che contribuiscono al cambiamento climatico.
La proposta di Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD)
Nel 2021 la Commissione Europea ha pubblicato il Regolamento Delegato 2021/2178, ai sensi Articolo 8 del Regolamento sulla Tassonomia, nonché la proposta di Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) volta a rafforzare il quadro informativo previsto nella NFRD e dando mandato all’European Financial Repoting Advisory Group (EFRAG) per lo sviluppo di standard europei di sostenibilità. Questi standard di sostenibilità vengono sviluppati attraverso una costruttiva cooperazione bidirezionale con le principali iniziative internazionali, tenendo conto delle specificità dell’Europa.
Infine, a inizio 2022 l’EBA ha pubblicato norme tecniche specifiche (ITS) in materia di disclosure prudenziale dei rischi ESG, al fine di richiedere agli enti creditizi di fornire informazioni qualitative in merito a come stanno prendendo in considerazione i fattori ESG nella loro governance, modello di business, strategia e quadro di gestione del rischio e informazioni quantitative sulla transizione legata ai cambiamenti climatici e rischi fisici.
Volendo riassumere il contenuto principale di questa messe di provvedimenti legislativi, si può affermare che i nuovi requisiti normativi imporranno alle banche di preparare e fornire un importante set di informazioni sulla capacità di gestione dei rischi climatici ed ambientali. Agli istituti di credito sarà dunque richiesto di accedere ai dati relativi ai cambiamenti climatici così come ai fattori di rischio legati al climate change con dati di qualità adeguata all’esposizione e al tipo di attività dei propri clienti.
Posto che nella maggior parte dei casi gli obblighi di informativa ESG si applicano ad imprese quotate o a quelle di maggiori dimensioni, evidente appare come ancor prima della individuazione di un corpo di regole definito si ponga un problema di raccolta di dati completa ed affidabile. Fondamentale sarà infatti il reperimento e la divulgazione di informazioni rilevanti relative al clima a tutela degli stakeholder finanziari ma anche per quelli non finanziari.
Le iniziative della Banca d’Italia
Negli ultimi anni, anche la Banca d’Italia ha contribuito attivamente alle iniziative internazionali in materia di ESG. Nel 2021, in collaborazione con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, l’autorità di vigilanza ha collaborato con il FSB per stabilire uno standard minimo globale per le informazioni relative al clima; l’iniziativa rientrava in uno sforzo generale della Banca d’Italia volto a porre la finanza sostenibile al centro dell’agenda globale.
A livello europeo, Banca d’Italia ha inoltre collaborato con l’EBA, e sono state inoltre condotte analisi con riferimento alle novità introdotte dalla proposta CSRD della Commissione europea, nonché sui progetti di standard EFRAG.
A livello nazionale, nel 2022 Banca d’Italia ha pubblicato un primo insieme di Aspettative di Vigilanza in materia di rischi climatici sia per le istituzioni meno significative che per le altre istituzioni finanziarie non bancarie rientranti sotto la sua diretta supervisione. Tali aspettative non sono vincolanti e mirano a fornire indicazioni su come la Banca d’Italia si aspetta che le imprese bancarie e finanziarie affrontino i rischi climatici e ambientali nell’ambito dei propri assetti organizzativi di gestione del rischio. Ciascun ente è tenuto a svolgere una propria valutazione, individuando le soluzioni più coerenti con la loro esposizione al rischio climatico, a seconda della tipologia, dimensione e la complessità della loro attività. Il documento si articola in cinque aree: 1) governance; 2) business model e strategia; 3) sistema organizzativo e processi operativi; 4) sistema di gestione dei rischi; 5) informativa al mercato.
Sempre in ambito domestico, nel contesto di un’azione più ampia volta ad agevolare il settore finanziario nel processo verso la sostenibilità finanziaria, la Banca d’Italia promuove un dialogo tecnico con l’industria finanziaria italiana, al fine di monitorare e valutare la capacità del sistema di adeguarsi alla normativa di prossima entrata in vigore in materia di informativa ESG e, più in generale, il grado di allineamento alla vigilanza.
Con specifico riguardo al sistema bancario, si può rilevare come il settore delle istituzioni meno significative italiane (LSI) ha iniziato a intensificare i propri sforzi per attuare correttamente i nuovi obblighi di informativa, anche se il grado di variabilità tra le banche è ancora molto elevato. Inoltre, l’indagine tematica condotta dalla Banca d’Italia su un campione di LSI mostra ancora un valore basso sul grado di allineamento alle aspettative di vigilanza, pur registrandosi, al contempo, una diffusa e crescente consapevolezza dell’importanza del tema per la sostenibilità prospettica dei modelli di business.
La disponibilità dei dati e dei sistemi informativi
La maggiore criticità, come prevedibile, riguarda la disponibilità dei dati e dei sistemi informativi in grado di gestirli adeguatamente. I risultati principali hanno evidenziato che gli approcci quantitativi nella misurazione dei rischi climatici sono ancora limitati; i processi di gestione del rischio sono scarsamente strutturati; gli obiettivi espressi in termini di indicatori quantitativi di rischio (KRI) e indicatori di performance (KPI) non sono ancora molto diffusi.
Le principali sfide da affrontare sembrano essere le seguenti: 1) ridurre le lacune nei dati e aumentare la qualità delle informazioni ESG; 2) aumentare la resilienza del portafoglio bancario; 3) valutare l’impatto contabile dei fattori ESG.
Le lacune in termini di disponibilità e qualità delle informazioni richieste sono ancora sostanziali, anche a causa del fatto che il costo della raccolta dei dati necessari per soddisfare i requisiti di informativa ESG è ancora piuttosto elevato. Ciò è particolarmente vero in Italia, dove l’economia è in gran parte basata sulle PMI, sulle quali informazioni ESG affidabili non sono facilmente disponibili.
Inoltre, attraverso prestiti e investimenti le banche sono in un’ottima posizione per facilitare la transizione delle loro controparti finanziate verso un’economia sostenibile. Per fare questo, è importante che ricevano da società non finanziarie metriche appropriate relative ai rischi e alle opportunità ESG (soprattutto fattori legati al clima) a cui le aziende sono esposte.
L’attuale tassonomia dell’UE e la dimensione settoriale rappresentano due elementi importanti che le banche devono considerare in tale processo. Tuttavia, entrambi i fattori devono essere presi in considerazione con una certa cautela in questa fase. L’attuale tassonomia lascia infatti un’ampia varietà di attività economiche come non classificate. In questo contesto, le banche possono svolgere un ruolo chiave consigliando e supportando le società non finanziarie, aumentando la loro resilienza al rischio climatico, indipendentemente dal loro settore economico e dall’inclusione all’interno dell’attuale quadro tassonomico. Ciò, a sua volta, avrà effetti positivi sul raggiungimento degli obiettivi del piano di transizione e consentirà di aumentare la resilienza del portafoglio bancario.
La valutazione dell’impatto contabile delle tematiche ESG
L’ultima sfida per le banche è rappresentata dalla difficoltà di procedere ad una valutazione dell’impatto contabile delle tematiche ESG. Le norme contabili non fanno esplicito riferimento alle questioni legate al clima. Tuttavia, le aziende devono considerare le questioni relative al clima nell’applicazione degli standard IFRS quando l’effetto di tali questioni è rilevante nel contesto del bilancio nel suo complesso. Ciò è stato ribadito dall’ESMA, secondo la quale gli enti creditizi sono tenuti “a rivelare se rilevanti i rischi legati al clima e all’ambiente presi in considerazione nella gestione del rischio di credito, tra cui le informazioni sui relativi giudizi significativi e sulle incertezze di stima”. Quindi, diventa di fondamentale importanza per le istituzioni finanziarie valutare adeguatamente le implicazioni contabili derivanti dai fattori ESG e le questioni legate al clima.
Conclusioni
La divulgazione dei fattori ESG sta diventando un ingrediente essenziale dell’ampio processo per guidare il mercato globale economico verso un percorso sostenibile. Il quadro normativo sulla disclosure è in rapida evoluzione; a livello europeo, gli obblighi informativi sono per lo più finalizzati e coinvolgono sia gli operatori finanziari che le imprese non finanziarie. Il processo di creazione del quadro regolamentare non è tuttavia ancora del tutto completo; diverse istituzioni internazionali stanno iniziando solo ora a sviluppare possibili standard di disclosure a livello globale mentre la tassonomia dell’UE è ancora in fase di finalizzazione.
Tuttavia, l’attuale stato dell’arte fornisce già una cornice normativa sufficientemente solida per permettere a stakeholder finanziari e non finanziari di valutare adeguatamente i rischi ESG.
Confortante appare soprattutto il ruolo dei regulators che hanno avviato una serie di iniziative volte a creare le condizioni ottimali per consentire agli operatori un corretto adempimento normativo e per garantire la competitività del settore bancario e del suo rapporto con le imprese.