Le nostre città non hanno messo in soffitta il paradigma smart city, ma navigano a vista perché non hanno un punto di riferimento stabile e univoco a livello politico né certezze in tema di risorse economiche. È così che la vitalità sui temi dell’innovazione urbana, che anima molte amministrazioni locali coinvolgendo anche i cittadini più attivi, rischia di spegnersi di fronte alle difficoltà riscontrate nel trovare un interlocutore certo. In questo momento di assenza di direttive nazionali sul tema delle politiche urbane, è invece proprio su queste energie che dobbiamo puntare: con questa convinzione usciamo da Smart City Exhibition 2015, la tre giorni bolognese che ha portato in primo piano le difficoltà presenti nel nostro Paese per fare veramente innovazione e ci ha dato nuovi spunti per il lavoro dei prossimi mesi. Siamo sempre più convinti, infatti, che si debba mettere l’accento su un approccio dal basso e che le parole chiave siano collaborazione e advocacy: partire cioè dai problemi, dalle esigenze, dalle richieste che arrivano dai territori per mettere insieme visioni e proposte da portare all’attenzione della politica nazionale.
Quanto sia importante mettere in rete chi si occupa di questi temi ce lo ha confermato l’incontro tra una quarantina di assessori all’innovazione di altrettante città (di cui dieci città metropolitane) che si è svolto proprio all’interno di Smart City Exhibition. Un evento inedito, che ha messo uno di fronte all’altro amministratori in molti casi giovanissimi…‘nativi digitali’ che hanno energie, competenze e idee per fare bene, ma reclamano attenzione da parte del governo centrale, coerenza delle politiche e costanza delle risorse. Sarebbe davvero un peccato se la loro propositività venisse sopraffatta dalla sfiducia nei confronti di una politica di Governo che, spesso non li sa ascoltare e finisce così per ostacolare la loro voglia di fare con norme e vincoli che di smart hanno davvero ben poco.
Chi ha in carico infatti le politiche per le città? Chi si occupa dell’Agenda Urbana? Tanti sono i dicasteri che si occupano del tema, ma nessuno ha una delega specifica e manca un luogo deputato a fare una sintesi delle varie proposte che ogni singolo ministero, ogni singolo ufficio porta avanti. Il Mise ha, ad esempio, attivato una task force sulle smart city, ma l’area di competenza non sembrerebbe a 360 gradi bensì concentrata sulle misure di politica industriale da attivare, con un focus particolare su alcuni temi come la banda larga e le Smart Grid. Abbiamo poi l’AgiD che dovrebbe occuparsi per legge della governance sull’innovazione urbana, ma questa prescrizione per ora è rimasta sulla carta. Il Ministero per le Infrastrutture e i Trasporti ha una delega specifica per il “piano città”, ma è limitata alle infrastrutture e alle “opere pubbliche”. Abbiamo infine iniziative in sé molto valide, ma ancora poco valorizzate, come la piattaforma italiansmartcity.it attivata dall’ANCI che mette a disposizione delle città schede con i progetti più interessanti già avviati
La sensazione, in generale, è che i diversi soggetti coinvolti lavorino ognuno per sé e che la politica nazionale sottovaluti l’innovazione che può arrivare dalle città. Proprio il contrario di quello di cui il nostro Paese avrebbe bisogno in questo momento.
Le premesse per migliorare, comunque, ci sono ed è su questo che come FPA vogliamo lavorare nei prossimi mesi. Dobbiamo favorire tutte le forme di partecipazione che arrivano dal basso, incentivare il confronto e la collaborazione tra le città e all’interno delle città, innescare processi inclusivi che consentano a tutti i livelli – vertici politici e dirigenti amministrativi – di fare co-progettazione, rendere duplicabili e scalabili le buone pratiche, accelerando la messa a sistema di competenze e progettualità, favorendo la condivisione e il dialogo. Lo strumento che FPA mette in campo per fare tutto questo si chiama “Cantieri della PA digitale”: tavoli di incontro tra le amministrazioni più smart, le aziende più innovative e il sapere delle Accademie che lavorano su temi di frontiera.
Partiremo quindi dalla conoscenza condivisa per andare a togliere i sassolini che bloccano gli ingranaggi dell’innovazione. Perché la smart city non è affatto uno slogan abusato, ma un paradigma quanto mai attuale, che ha bisogno di concretezza: una grande opportunità di crescita che ha bisogno di essere governata.