Negli ultimi anni, la sostenibilità è stata al centro delle strategie di comunicazione di molte aziende e brand, con campagne incentrate sulla riduzione dell’impatto ambientale e l’adozione di pratiche eco-compatibili e il lancio di prodotti e servizi green. Tuttavia, recenti studi, suggeriscono che questo focus sta perdendo peso nelle strategie di comunicazione, a favore di nuove direzioni.
Sono sempre di più, infatti, le aziende e i brand che scelgono di non inserire nelle loro strategie di marketing e comunicazione il loro impegno nei confronti dell’ambiente e dei cambiamenti climatici.
Secondo il report GreenItaly della Fondazione Symbola e di Unioncamere, il 57% delle imprese italiane ha adottato almeno una misura per ridurre l’impatto ambientale della propria attività, ma solo il 18% ha comunicato le proprie azioni verdi ai propri clienti, fornitori o partner. Questo significa che il 39% delle imprese italiane ha fatto green hushing, non rendendo noti i propri sforzi per la sostenibilità.
Il fenomeno del green hushing
Il green hushing, termine lanciato Treehugger, uno dei siti di informazione più importanti al mondo dedicati a diffondere la sostenibilità, è la tendenza delle aziende e dei loro brand impegnate nella sostenibilità a limitare la pubblicità dei loro sforzi e risultati, o addirittura a non comunicarli affatto e si tratta di un fenomeno in aumento.
In sostanza, sono sempre di più le aziende e i brand che praticano la sostenibilità senza parlarne pubblicamente, cioè senza inserire quest’aspetto nelle loro strategie di marketing e comunicazione.
Normative anti-greenwashing e incertezza
Alla base di questo comportamento le nuove norme europee anti-greenwashing che mirano a rendere la pubblicità più chiara ed attendibile. Anche la Federal Trade Commission degli Stati Uniti è pronta ad aggiornare le norme per limitare il greenwashing, con lo Stato della California che ad inizio 2024 ha introdotto una normativa anti-greenwashing che richiede agli inserzionisti di fornire prove a sostegno delle loro dichiarazioni ambientali.
“Le normative sono percepite adesso come motivo di incertezza”, ha sottolineato al Corriere della Sera Elisa Riva, responsabile marketing e comunicazione di Carbonsink, società italiana di consulenza specializzata in strategie climatiche per le aziende, dal 2022 entrata nel gruppo SouthPole: “Sta per essere implementata, ad esempio, la rendicontazione societaria di sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive — Csrd), si attende la versione definitiva della direttiva per il green claim, i questionari di Cdp (ex Carbon Disclosure Project), tante iniziative che possono generare in un’azienda un senso di spaesamento che la porta a preferire il silenzio”.
Difficoltà nella comunicazione degli obiettivi di sostenibilità
Secondo l’ultimo rapporto “Net zero and beyond” promosso dalla società svizzera di consulenza finanziaria South Pole, un’azienda su quattro non parla dei propri obiettivi di sostenibilità. Precisamente il 24% su un campione di 1200 compagnie private attive in 12 Paesi nel mondo e in rappresentanza di 15 settori differenti. Per quasi la metà degli intervistati comunicare i propri obiettivi climatici è diventato più difficile (44%) mentre più della metà sta diminuendo il flusso di comunicazione su questi temi (58%).
La preoccupazione cresce soprattutto tra le aziende quotate: il 70% delle società quotate in borsa ha già intrapreso un percorso di green hushing, ma – si legge nella stessa ricerca – che i budget associati alle politiche di abbassamento o annullamento dell’impatto ambientale siano state incrementate nell’86% dei casi.
I grandi gestori patrimoniali abbandonano le iniziative per il clima
Lo scorso 15 febbraio JP Morgan e State Street Global, due dei più grandi gestori patrimoniali al mondo hanno comunicato la loro uscita dal Climate Action 100+ l’iniziativa lanciata nel 2017 per spingere le aziende a ridurre le emissioni di gas serra e i rischi climatici. Anche Black Rock, il più grande asset manager al mondo, ha annunciato che ridurrà il suo coinvolgimento nell’iniziativa e tramite il CEO Larry Fink ha dichiarato che non avrebbe più utilizzato il termine ESG a causa della sua natura eccessivamente politicizzata anche se l’azienda continuerà a concentrarsi sulle questioni climatiche e sociali.
I falchi climatici, infatti, mettono da tempo in dubbio l’impegno del settore finanziario nei confronti degli investimenti sostenibili e prendono parte alle campagne di marketing on-line creando danni di brand reputation alle aziende.
Moda: critiche e difficoltà nella comunicazione della sostenibilità
Allontanandoci dal settore finanziario vediamo che la Changing Markets Foundations, l’associazione non-profit che si occupa delle strategie per velocizzare il cambiamento verso un’economia sostenibile, ha dichiarato che il 60% delle affermazioni in fatto di sostenibilità di 12 grandi brand della moda inglesi ed europei sono privi di riscontro oggettivo.
Tra questi H&M, North Face e Primark e il marketplace di fast fashion e cosmetici britannico ASOS.
I team marketing e comunicazione delle aziende e dei loro brand riscontrano sempre più difficoltà nel trasmettere concetti complessi in modo efficace, credibile, corretto. Così se da un lato inserire gli impegni di aziende e brand può migliorare la reputazione aziendale e la brand reputation, così come la fiducia dei consumatori sempre più orientati verso acquisti sostenibili, dall’altro il rischio di incappare in eccessive critiche da parte dei consumatori o essere accusati di non fare abbastanza per la sostenibilità.
“Molte aziende scelgono di non parlarne, semplicemente per paura che i clienti vedano il bicchiere mezzo vuoto e non mezzo pieno” ha spiegato Xavier Font, professore di marketing della sostenibilità presso l’Università del Surrey in Gran Bretagna.
Ma per le aziende e i loro brand, in fatto di marketing e comunicazione, il green hushing è davvero la strategia giusta?
Il digital strategist Cristiano Ferrari pensa che le aziende e i brand debbano comunicare i loro progetti green “ma solo a patto che l’azienda creda davvero in quell’impegno e lavori in maniera proattiva in campagne e valori da difendere. Se è solo una mossa strumentale o per seguire una moda allora prima o poi verrà smascherata e si rischia un effetto boomerang, dal punto di vista reputazionale, che di solito fa più male dei benefici che si pensava di ottenere”.
Sostenibilità: c’è bisogno di comunicazioni credibili, oneste e stimolanti
Sono tanti gli aspetti dei quali i team marketing e comunicazione devono tenere conto però. C’è un crescente bisogno di comunicazioni sulla sostenibilità credibili, oneste e stimolanti. Per le aziende che vogliono essere anche media company quella di comunicare i propri impegni in materia di sostenibilità può essere una sfida comunicativa interessante con ricadute positive anche per quanto riguarda il marketing.
L’esempio virtuoso di Pirelli
Un esempio virtuoso è quello di Pirelli, che ogni anno produce e racconta centinaia di storie sul proprio mondo, ognuna articolata in differenti modalità narrative.
Pirelli, come moderna media company, ha messo al centro delle sue strategie di comunicazione il racconto della sostenibilità aziendale e dell’impegno nelle sfide climatiche tanto da dedicare, al tema, un’area del proprio sito corporate puntando su articoli, racconti, infografiche dettagliate, report, video e immagini di qualità.
“Non dovrebbe mancare però un atteggiamento supportivo verso chi si sta impegnando” spiega Stefania Divertito, giornalista e comunicatrice ambientale, che aggiunge: “Più volte mi sono imbattuta in aziende, ma anche amministrazioni pubbliche, che hanno messo in pratica comportamenti virtuosi dal punto di vista ambientale senza comunicarlo. Questo atteggiamento è frutto di una lente di ingrandimento critica puntata che rende la comunicazione timorosa di esporsi. Un peccato che non possiamo proprio permetterci: da un lato queste aziende potrebbero fare anche di più se i loro passi nella direzione della sostenibilità fossero inseriti in un percorso aperto e conosciuto, che diventasse uno dei punti di forza del loro marketing, dall’altro la diffusione di queste pratiche potrebbe aumentare e implementare esempi positivi generando un circolo virtuoso”.
L’Impatto delle tecnologie digitali sulla sostenibilità
Infine, l’adozione massiccia di strumenti digitali e di intelligenza artificiale sta creando un paradosso. Da un lato, queste tecnologie offrono opportunità senza precedenti per la personalizzazione e l’efficacia delle campagne pubblicitarie. Dall’altro, la loro implementazione comporta un elevato consumo di energia e risorse, contravvenendo ai principi della sostenibilità.
Secondo la ricercatrice Kate Crawford ChatGpt, il chatbot creato da OpenAi “sta già consumando l’energia di 33mila case” e utilizzerebbe – secondo il Guardian – fino a 500 ml di acqua – una bottiglia d’acqua di dimensioni standard – ogni 20 domande e risposte corrispondenti.
Sasha Luccioni, ricercatrice di intelligenza artificiale etica e sostenibile presso Hugging Face, che è diventata, de facto, la coscienza dell’industria dell’intelligenza artificiale ha spiegato che: “Non ha senso bruciare una foresta e poi usare l’intelligenza artificiale per monitorare la deforestazione”.
Il digitale, con la sua capacità di raggiungere un vasto pubblico in tempo reale, è diventato un elemento cruciale nel marketing moderno. Tuttavia, l’adozione massiccia di strumenti digitali e di intelligenza artificiale sta creando un paradosso. Da un lato, queste tecnologie offrono opportunità senza precedenti per la personalizzazione e l’efficacia delle campagne pubblicitarie. Dall’altro, la loro implementazione comporta un elevato consumo di energia e risorse, contravvenendo ai principi della sostenibilità. Un bel dilemma soprattutto per i team marketing e comunicazione.
La sfida della comunicazione sostenibile
“Le due grandi transizioni, quella ambientale e quella digitale, devono dialogare. La sfida al cambiamento climatico non può non passare dal digitale e dalle abitudini di ognuno di noi. Su un’automobile produce circa 150 grammi di CO2 per Km è come dire che 5 mail al giorno mandate da 50 dipendenti in una settimana lavorativa equivalgono a quasi un viaggio in auto da Milano a Reggio Emilia (che distano 154 km)” spiega la Climate Pact Ambassador della Commissione Europea Benedetta Brighenti.
“Il green marketing può rafforzare il valore del brand” spiega Luca Pelati CEO dell’agenzia di comunicazione Ventie30 che ha progettato – e recentemente presentato – un sito web a ridotto impatto ambientale. “Le aziende devono continuare a fare green marketing, devono farlo però senza l’abuso che c’è stato negli ultimi anni. Gli sforzi in termini di sostenibilità però non devono essere sfruttati solo a fini di marketing, vanno comunicati se rappresentano davvero i valori aziendali. Abbiamo presentato un sito che ha costi di realizzazione e gestione più alti, ma che è stato sviluppato con una metodologia tecnica e uno studio per cui l’impatto ambientale è il minore possibile. Sono le piccole cose che fanno la differenza” dice Pelati.
Conclusioni
In conclusione, in Italia si approccia il green marketing e la comunicazione sostenibile unicamente come un’attività di marketing e comunicazione tradizionale, orientata alla persuasione, ai risultati e vantaggi. In questo caso diventa molto difficile raccontare le proprie iniziative, soprattutto se virtuose, perché il valore è nel percorso e i risultati sono misurabili e comunicabili nel medio/lungo periodo. Il rischio è di rimanere in silenzio o di orientare energie e risorse verso attività accessorie ma sicure sul piano comunicativo (ad esempio la classica foresta aziendale) con il rischio di perdere l’opportunità di essere creativi e differenziarsi. A mio avviso la comunicazione sostenibile è maggiormente legata alla strategia e al brand e dovrebbe raccontare un percorso unico. Una volta impostato il lavoro tecnico di analisi, azioni e misurazione dei risultati, si apre la possibilità di presentarli in modo unico e personale, che rappresenti la propria visione e che è – alla fine di tutti i ragionamenti – il vero plus utile alle aziende e i loro brand.