da consumer a prosumer

Le comunità energetiche per un futuro sostenibile: ecco come essere parte del cambiamento

Il futuro dell’energia sostenibile è mosso dal modello delle 3D: Decarbonizzazione: Digitalizzazione e Decentralizzazione. Questi tre paradigmi ci consentiranno di prendere parte al cambiamento in atto attraverso le comunità energetiche e la generazione privata dell’energia

Pubblicato il 09 Dic 2021

Antonio Grasso

Entrepreneur, technologist, sustainability passionate

Photo by Federico Beccari on Unsplash

La generazione dell’energia elettrica è una delle principali cause dell’inquinamento da CO2. Se per decenni ci siamo crogiolati sulla nostra abilità di creare progresso e sviluppo economico, perdendo il controllo qualitativo e quantitativo del fenomeno, oggi non possiamo più assistere inermi dinanzi a questo scempio e non possiamo più accettare un ruolo passivo nel pernicioso meccanismo che sta compromettendo il futuro del nostro pianeta.

Oggi, le tecnologie digitali ci consentano un ruolo attivo in ambiti, che fino a pochi anni fa, erano di dominio esclusivo delle organizzazioni centralizzate. Inoltre, la diffusione digitale sta portando la sostenibilità sulle nostre dita.

Dobbiamo, e possiamo, iniziare a considerare la disintermediazione. Una disintermediazione decentralizzata e digitalizzata per favorire la decarbonizzazione attraverso la creazione di comunità energetiche.

Sostenibilità e digitale, “coppia di fatto” della trasformazione energetica: l’Italia a un bivio

E la tecnologia degli smart contract per governare le nostre transazioni energetiche è il nostro asso nella manica.

Disintermediazione, il digitale è il fattore abilitante

Il ruolo centrale degli intermediari produttivi, che si frappongono tra noi consumatori di energia e le modalità con le quali essa è generata, non sembra aver creato grandi benefici ambientali, tanto per usare un eufemismo.

Vuoi la necessità di generare profitti o vuoi l’inadeguatezza della governance, sta di fatto che – da esseri umani coscienti e consapevoli – sentiamo sempre più l’esigenza di diventare parte attiva del processo, mossi dal desiderio di contribuire a mitigare i disastrosi effetti delle nostre azioni.

Ho affrontato spesso, con gli executive di alcune multinazionali con cui collaboro, il tema della disintermediazione e la profonda trasformazione strategica in atto nelle imprese. Abbiamo dibattuto sulla sostenibilità e su come le tecnologie possono aiutarci a combattere questa impervia battaglia, soprattutto in campo energetico.

Nel contesto della chimica, della fisica e della biologia, la “diffusione” è ciò che consente alla materia di diffondersi da un’area ad alta concentrazione a una a bassa concentrazione. Per estensione, la diffusione digitale sta riempiendo di bit e byte il nostro lavoro e la nostra vita personale e ora ci permette di assumere un ruolo attivo anche nel contesto economico.

La soverchiante disponibilità di connessioni e di applicazioni software ci consente di digitalizzare molte delle nostre attività. A partire dai social network – esistenti dalle origini del genere umano – che oggi abbiamo imparato a chiamare social media, questa dirompente forza che sta scuotendo la nostra società ci assegna un differente ruolo e una diversa responsabilità. Ci rende attori su un palcoscenico fino a poco tempo fa dominato da intermediari centralizzati.

Insieme alla tecnologia possiamo mirare al raggiungimento di obiettivi di autodeterminazione che, fino a pochi anni fa, erano assolutamente irraggiungibili o semplicemente indisponibili. Possiamo unirci come comunità di persone e provare a scrivere il futuro del nostro pianeta.

Le comunità energetiche: una collaborazione sostenibile

A breve capiremo il nesso che c’è tra gli smart contract e l’energia elettrica. Prima, però, bisogna introdurre un altro argomento pregnante di questa dissertazione sul tema: come la tecnologia avvicina la produzione di energia elettrica al consumatore attraverso l’accesso alle fonti rinnovabili e alla condivisione dell’energia in eccesso.

Quando una comunità di persone – oppure una singola famiglia con abitazione indipendente – decide di rendersi autonoma dal punto di vista energetico e vuole perseguire nobili obiettivi di sostenibilità, può pensare all’installazione di generatori di energia elettrica da fonti rinnovabili. L’energia prodotta la può utilizzare esclusivamente per i suoi consumi o decidere di vendere l’eccesso ad altre reti o alla rete Nazionale se la burocrazia e/o la regolamentazione normativa lo consente.

Micro grid e smart grid

Questo è un esempio pratico delle “micro grid”, ovvero reti elettriche con copertura locale, dove l’elettricità generata viene utilizzata per servire le utenze locali o poco più. Ritornando all’esempio, un parco residenziale dotato di una propria capacità di generare elettricità localmente e distribuirla ai vari condomini è una micro grid.

Innestando alcune tecnologie digitali, tali reti possono diventare intelligenti ed essere controllate e gestite a distanza da operatori qualificati, in questo caso parliamo di “smart grid”.

A voler essere precisi, l’aggettivo intelligente non è proprio corretto. Sono delle reti elettriche connesse alla rete Internet che generano e utilizzano anche dati. Di cognitivo hanno solo dei dispositivi smart che possono veicolare il flusso energetico interpretando, in maniera probabilistica, i consumi. In questo modo, possono ottimizzare la distribuzione energetica e, quando prevedono dei picchi di utilizzo possono, in autonomia, richiedere l’apertura di flussi energetici esterni. Stesso discorso vale in caso di eccesso di energia, ma questa volta il flusso è verso l’esterno e si distribuisce alle reti connesse.

Ecco una rappresentazione grafica del passaggio, dalla distribuzione energetica tradizionale a quella decentralizzata:

Image Credit Bartz/Stockmar, CC BY-SA 4.0

A sinistra abbiamo la classica architettura centralizzata che vede i grandi operatori generare e distribuire energia elettrica. A destra, invece, è rappresentata un’architettura decentralizzata dove tanti piccoli produttori generano energia per sé stessi e, eventualmente, per altri.

Si crea in questo modo una comunità energetica, ovvero un gruppo di utenti che volontariamente stipula un contratto con l’obiettivo di produrre, consumare e gestire energia sfruttando gli impianti energetici locali.

I pannelli fotovoltaici innestati in un’architettura con accumulatori, la fanno da padrone per la produzione di energia in prossimità. Quando c’è il sole generano energia e accumulano, quando l’energia solare non è sufficiente, gli accumulatori erogano.

Quando i consumi della comunità non superano la capacità generativa dell’impianto, l’energia può essere venduta ad altre comunità o essere veicolata sulla rete nazionale se la regolamentazione lo permette.

I vantaggi di far parte di una comunità energetica

Le comunità energetiche sono, a tutti gli effetti, dei soggetti giuridici e i membri, per poter accedere, devono installare generatori nuovi, alimentati da fonti rinnovabili, che abbiano singolarmente una potenza massima di 200 kW. Inoltre, dovranno essere connessi alla rete elettrica attraverso la stessa cabina di trasformazione media/bassa tensione da cui la comunità energetica preleva anche l’energia di rete.

I vantaggi di far parte di una comunità energetica sono molteplici. Oltre all’aspetto etico e alla consapevolezza di essere parte attiva del processo di cambiamento in atto, i benefici sono legati alla possibilità di acquistare energia rinnovabile ad un prezzo ridotto; ottenere agevolazioni fiscali come il contributo economico riconosciuto dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE); contribuire al risparmio energetico del pianeta; abbracciare una visione di economia collaborativa in cui la condivisione si traduce in un vantaggio collettivo.

Un esempio di comunità energetica italiana è GECO, Green Energy Community, il progetto dell’ENEA nato per sviluppare la produzione sostenibile di energia nella zona Pilastro-Roveri di Bologna.

Tale unione tra i soci di una comunità energetica avviene attraverso la stipula di contratti giuridici e per aumentare la sicurezza e l’immutabilità degli accordi sarebbe utile affidarsi agli smart contract.

L’uso degli smart contract per tutelare la condivisione energetica

Oggi si fa largo uso della parola blockchain, ovvero l’applicazione pratica della Distributed Ledger Technology (DLT). Un ingegnoso uso della crittografia, che attraverso indissolubili evidenze informatiche, assicura immutabilità, trasparenza, decentralizzazione e disintermediazione.

Il focus di questo articolo non è la blockchain ma il suo braccio operativo, ovvero lo strumento che rende fluidi e autonomi i processi di business grazie alle sue qualità: parliamo di smart contract.

I contratti intelligenti (smart contract) sono piccole parti di codice informatico che contengano precise regole e istruzioni. Tali norme si attivano quando, durante una sequenza prestabilita e automatica, si verificano determinate condizioni.

Ed ecco che ritorniamo agli smart contract. Il loro ruolo, all’interno di un’architettura di reti elettriche decentralizzate, è quello di applicare le regole contrattuali definite dal quadro normativo e in linea con il sistema economico scelto.

Un po’ come se gli algoritmi di fatturazione dell’Enel fossero estrapolati dai loro software e distribuiti a tutti i partecipanti del sistema mantenendo le regole di calcolo delle transazioni in entrata o in uscita dalla rete locale. Tanto per semplificare.

Abbiamo detto che gli smart contract sono dei pezzetti di codice informatico pre-programmati che però funzionano in maniera decentralizzata e disintermediata. Senza i sistemi informatici centralizzati e senza l’Enel per intenderci.

Le regole di transazione sono affidate alle logiche software e i pagamenti possono essere fatti anche utilizzando dei token crittografici che, se aderenti a un particolare circuito, possono anche essere delle criptovalute. Ethereum, ad esempio, nasce proprio per esaltare le caratteristiche degli smart contract.

La seguente immagine di Allen Institute mostra chiaramente il concetto espresso:

I Prosumer nella sfida alla riduzione del riscaldamento globale

Lo spostamento dalle reti elettriche centralizzate alle reti elettriche decentralizzate può sembrare una piccola differenza, poco più di una digitalizzazione del processo, ma in realtà rappresenta un cambiamento epocale per i consumatori.

Noi, che grazie al digitale stiamo diventando sempre più attivi in cose che, fino a pochi anni fa, erano appannaggio di pochi, grandi operatori, ci ritroviamo, anche nel campo energetico, a esprimere noi stessi non solo come semplici consumatori, ma anche come produttori.

È proprio qui che avviene il cambiamento. Da semplici consumatori ci stiamo trasformando in produttori in erba: rivestendo, in molti casi, entrambi i ruoli.

È stato, infatti, coniato un neologismo per esprimere questa trasformazione, unendo i due termini: Produttore + Consumatore = Prosumer.

Si stima che, in vista della riduzione delle emissioni di carbonio nel settore elettrico prevista per il 2050, saranno 264 milioni i cittadini dell’Unione Europea che approcceranno da prosumer il mercato dell’energia elettrica, generando fino al 45% dell’elettricità rinnovabile complessiva del sistema.

Conclusioni

Tale cambiamento non deve interessarci solo in quanto ci rende liberi dai produttori o perché ci offre una nuova opportunità di monetizzazione, ma anche perché mostra una presa di coscienza utile a combattere la battaglia contro i cambiamenti climatici in atto. All’interno delle parti che compongono il puzzle possiamo inserire anche la nostra volontà di aumentare la quota di energia generata da fonti rinnovabili, per ridurre le emissioni di carbonio nell’atmosfera e salvaguardare il futuro del nostro pianeta.

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