Una delle condizioni per operare un “salto” significativo nelle competenze digitali della popolazione, che oggi, secondo lo Scoreboard dell’Agenda Digitale Europea, vede l’Italia con meno del 40% di popolazione in possesso di competenze digitali “di base” o superiori (la media europea è del 53%), e quindi in grado di partecipare attivamente alle attività della società contemporanea, è quella di progettare interventi articolati, diversificati e capillari, con una forte presenza sul territorio.
Le esperienze estere ci insegnano che un ruolo fondamentale da questo punto di vista rivestono le Scuole e le reti bibliotecarie, spesso in connessione tra loro, pur se operando su versanti e, in qualche caso, anche su target diversi. Soprattutto nei Paesi scandinavi e in quelli anglosassoni, le biblioteche rappresentano il cuore pulsante della comunità, luogo dove poter usufruire di svariati servizi, spazio emblematico di condivisione di bene comune finalizzato allo sviluppo della comunità.
Luogo anche di feconda contaminazione intergenerazionale e interculturale, e di supporto essenziale per avvicinarsi ad attività culturali. E questo non è secondario. Sappiamo che il problema italiano non è di competenza digitale ma, in realtà, di “competenza”, di contrasto all’analfabetismo funzionale. Non è un caso che il rapporto 2014 del BES, realizzato da Istat, ponga in rilievo come su tutte le più comuni pratiche culturali (lettura di libri, di quotidiani, visite di musei, di mostre, di siti archeologici, visioni di film) le percentuali 2013 registrino un peggioramento sulla situazione (già negativa) del 2012. È una regressione che aumenta, nonostante sia proprio la cultura (non solo digitale) uno dei presupposti per una società e una economia di benessere. Non solo, anche uno dei presupposti per mantenere e costruire l’occupazione, sviluppando le condizioni per i nuovi lavori in cui la componente digitale diventa essenziale in tutti i settori.
Infatti, una delle principali linee di azione del Programma Nazionale per la cultura, la formazione e le competenze digitali indirizza in modo specifico le reti delle biblioteche come attori fondamentali di “percorsi formativi orientati al lifelong learning, attraverso metodologie e in luoghi di formazione non formale, cioè contesti formativi fuori del sistema di istruzione formale, al fine di supportare gli apprendimenti individuali”.
In particolare, si tratta di azioni finalizzate allo sviluppo di competenze digitali e di competenza informativa (Information literacy education), informazione e messa a disposizione di libri e contenuti digitali, che saranno da realizzare superando l’attuale frammentazione e di “costruire una rete integrata – composta da biblioteche statali, comunali, di università, scuole, accademie e istituzioni pubbliche e private – che, in base a esigenze rilevate nelle diverse aree, si ponga obiettivi i cui risultati siano verificabili, offrendo ai cittadini un servizio formativo e informativo diffuso e uniforme su tutto il territorio”.
Le esperienze ci sono già, e molto significative. Su queste l’Associazione Italiana Biblioteche sta svolgendo un importante ruolo di stimolo e di supporto. Si tratta di azioni che, identificate come buone pratiche di riferimento nelle Linee Guida del Programma Nazionale, vanno dalla messa a disposizione per tutti i cittadini di libri e articoli digitali in una pluralità di formati (ad esempio vedi la Biblioteca di Cologno Monzese ) alla didattica ad un uso consapevole delle fonti Internet per temi di interesse per i cittadini (vedi la Biblioteca del Comune di Albino in particolare per le fonti sulla ricerca di lavoro) a progetti finalizzati all’apprendimento all’uso di strumenti digitali (vedi la Biblioteca di Pistoia). Centrale resta l’azione per un impiego consapevole di tutti i tipi di informazione, attraverso laboratori, corsi e consulenza che i bibliotecari offrono ai cittadini sulla ricerca di documenti e il loro uso per “imparare a cercare, trovare, valutare le informazioni con il fine ultimo di creare nuova conoscenza durante tutto l’arco della vita”.
Tra le altre, mi sembra utile focalizzarci su due esperienze emblematiche su diversi fronti e su diverse dimensioni: l’esperienza della rete bibliotecaria bresciana e quella della rete territoriale sviluppata dal Comune di Anzola dell’Emilia.
L’esperienza di Brescia
La Rete Bibliotecaria Bresciana, avviata alla fine degli anni ’80 e ufficialmente riconosciuta come una delle realtà di servizio più significative a livello nazionale, è stata, ed ancor più oggi è la concreta dimostrazione, afferma Raffaele Gareri, direttore Territorio e Innovazione della provincia di Brescia, di come “la biblioteca pubblica sia essa stessa protagonista del cambiamento culturale che la tecnologia comporta nella vita sociale di una comunità, nella fase di passaggio dai servizi tradizionali a quelli digitali e virtuali, proponendosi in forme nuove, con servizi al cittadino di alto livello (biblioteca digitale, wi-fi in biblioteca, connettività per gli utenti, utilizzo di tecnologia barcode e RFID per gestione prestiti e antitaccheggio, ecc.)”.
In questo senso la biblioteca pubblica è un luogo fisico-virtuale innovativo di accesso alla conoscenza: fisico nella singola entità e virtuale nella sua dimensione di rete e quindi distribuita su territori sempre più vasti – già ora la RBB è sovra provinciale sia in termini di catalogo, sia di prestito documentale, fisico e digitale. Oggi la rete bresciano-cremonese conta 275 biblioteche di cui 256 comunali, e una medialibrary online con 10000 utenti. “Oggi stiamo inoltre studiando come questo luogo possa essere trasformato per diventare anche sede di networking e di formazione tramite sistemi di telepresence o più in generale luogo di smart working o di sviluppo di servizi sociali per gli anziani”, ribadisce Gareri.
L’esperienza di una rete di associazioni sul territorio
L’esperienza del comune di Anzola dell’Emilia, è stata finalizzata all’attivazione di una rete di associazioni sul territorio che collaborano con il Comune, e che attraverso volontari – adeguatamente formati – possono raggiungere e fornire assistenza agli utenti che si trovano in condizioni svantaggiate o che hanno difficoltà nell’utilizzo delle nuove tecnologie.
Lo switch off della digitalizzazione previsto dal CAD per cittadini e imprese impone misure organizzative per diffondere la cultura digitale nel territorio; l’obiettivo è infatti quello di fornire dei punti di riferimento sul territorio per diffondere la cultura digitale nei cittadini, a partire dalle categorie svantaggiate (anziani, stranieri, ecc.) fornendo assistenza sull’utilizzo degli strumenti web e sull’utilizzo dei servizi online del Comune e di altre Amministrazioni. Afferma Patrizia Saggini, direttrice Amministrazione e Innovazione del Comune di Anzola, “La cultura digitale dei cittadini parte necessariamente dall’utilizzo del PC e della rete, ma deve comprendere necessariamente anche l’utilizzo dei servizi online, in modo da poter rendere tutti gli utenti autonomi nei propri rapporti con il Comune”.
Il progetto prende avvio dalla creazione di un punto di assistenza gestito dal Comune – presso la biblioteca comunale – per fornire assistenza all’utilizzo del web, sulla base del progetto “Pane e Internet”, promosso dalla Regione Emilia-Romagna. In un secondo tempo, si è pensato di declinare questo modello di esperienza comprendendo nell’assistenza anche i servizi online, e coinvolgendo il tessuto associativo del territorio, attraverso delle convenzioni, per attività di “educazione digitale” di livello base (navigazione, conoscenza dei motori di ricerca, usare la parola chiave, creare un account di posta elettronica, usare la posta, creare un file, salvarlo e inviarlo, far conoscere il sito del Comune), e anche di livello più avanzato. Il Comune mette a disposizioni i locali, collegamenti web ed eventuali attrezzature, oltre ovviamente ad incontri di formazione dei volontari che si dedicano all’attività, organizzati e tenuti da personale del Comune (servizio URP), che comprende anche la predisposizione di guide informative. Il servizio presso la biblioteca comunale (gestito dal Comune) è iniziato in Giugno 2012 e ad oggi gli utenti sono più di cento, con una prevalenza femminile, e un’età soprattutto sulla fascia 60-80 anni, con una presenza non trascurabile di stranieri. Quello legato all’associazione FEDERA è stato avviato nel 2014.
Una visione di territorio
È evidente il carattere strategico di queste reti, non solo perché possono capillarmente raggiungere proprio i milioni di italiani che rischiano di rimanere esclusi dalla nuova società digitale, ma anche perché possono rappresentare una leva fondamentale di reinterpretazione del territorio nella logica della creatività diffusa, dello sviluppo di quell’intelligenza connettiva che è una delle precondizioni e delle caratteristiche fondamentali della società della partecipazione.
Ma perché questo si realizzi, occorre una nuova strategia di sviluppo del territorio, con un’attenzione specifica al ruolo che possono svolgere le biblioteche, non solo quelle pubbliche (ci sono ottimi esempi di linee guida in questo senso e l’esperienza della rete bresciana sul coworking va in questa direzione), con lo sviluppo di professionalità e servizi anche specializzati, oltre che intervenire normativamente per “sdoganare” la lettura digitale in biblioteca, ancora discriminata in un contesto in cui la fruibilità pubblica degli eBook è sostanzialmente nelle mani degli editori.