L’adozione dell’intelligenza artificiale (IA) nei sistemi di welfare pubblico sta diventando un tema centrale nel dibattito globale, che coinvolge governi, istituzioni accademiche, organizzazioni non governative e aziende tecnologiche.
L’integrazione dell’IA nei meccanismi di distribuzione dei benefici sociali
L’integrazione dell’IA nei meccanismi di distribuzione dei benefici sociali promette di rivoluzionare il modo in cui i servizi sono erogati e gestiti, offrendo potenzialmente maggiore efficienza, personalizzazione e una gestione più equa delle risorse. Tuttavia, questa transizione solleva interrogativi e sfide giuridiche ed etiche che devono essere attentamente considerate.
Tra le preoccupazioni emergono la mancanza di trasparenza nei processi decisionali automatizzati, il rischio di bias e discriminazioni algoritmiche, le questioni relative alla privacy e alla sorveglianza dei cittadini, nonché la necessità di regolamentazioni adeguate e di un approccio etico all’uso dell’IA nel welfare.
Recenti studi e rapporti, come quelli di Amnesty International su Danimarca e Svezia, hanno evidenziato rischi concreti associati all’implementazione di sistemi di IA nei servizi sociali, amplificati dalla crescente dipendenza da fornitori privati di tecnologia. Questi temi sono stati affrontati anche al The Hindu AI Summit 2024, dove esperti di tutto il mondo hanno sottolineato l’urgenza di un consenso internazionale e di normative condivise per garantire che l’IA serva realmente il bene pubblico.
Opportunità e rischi dell’IA nel welfare pubblico
L’introduzione dell’IA nei sistemi di welfare è spesso motivata dalla necessità di migliorare l’efficienza amministrativa e ridurre i costi. Gli algoritmi possono semplificare le procedure burocratiche, identificare rapidamente situazioni di necessità e garantire una maggiore equità nella distribuzione delle risorse. Ad esempio, attraverso l’analisi avanzata dei dati, le amministrazioni possono individuare tempestivamente famiglie a rischio di povertà o persone bisognose di assistenza sanitaria, intervenendo in modo proattivo.
Tuttavia, l’implementazione di queste tecnologie non è priva di rischi. L’automazione dei processi decisionali può portare a errori sistematici, discriminazioni involontarie e violazioni della privacy, soprattutto se gli algoritmi non sono progettati e gestiti con la dovuta attenzione. Inoltre, l’utilizzo dell’IA potrebbe sostituire il lavoro umano in alcune fasi amministrative, riducendo il ruolo degli operatori sociali a meri esecutori. Questo cambiamento rischia di trasformare il welfare da strumento di supporto umano a meccanismo freddo e automatizzato, privo della capacità di comprendere le complessità individuali.
La mancanza di trasparenza nei processi decisionali automatizzati rappresenta uno dei problemi principali. Gli algoritmi di machine learning, in particolare quelli basati su reti neurali profonde, possono essere così complessi da risultare incomprensibili anche per gli stessi sviluppatori. Questa opacità rende difficile, se non impossibile, capire come e perché vengono prese determinate decisioni, soprattutto quando queste hanno un impatto significativo sulla vita delle persone. Nel contesto del welfare pubblico, ciò significa che i beneficiari possono vedersi negare assistenza senza una spiegazione chiara, rendendo complicato contestare o correggere eventuali errori. Questa situazione solleva importanti questioni riguardo al diritto alla trasparenza e alla possibilità di ricorso.
Bias algoritmici: quando l’IA amplifica le disuguaglianze
Gli algoritmi apprendono dai dati che vengono loro forniti. Se questi dati riflettono pregiudizi storici o discriminazioni sistemiche, l’IA finirà per replicarli e, in alcuni casi, amplificarli. Ad esempio, un algoritmo addestrato su dati che mostrano una maggiore richiesta di assistenza in determinate aree geografiche o tra specifici gruppi etnici potrebbe erroneamente considerare queste caratteristiche come indicatori di rischio o frode. Ciò può portare a penalizzazioni ingiuste di individui appartenenti a quei gruppi, perpetuando e amplificando le disuguaglianze esistenti.
Un caso emblematico è quello del sistema di welfare danese. Un rapporto di Amnesty International ha messo in luce come l’implementazione dell’IA abbia portato a pratiche discriminatorie nei confronti di gruppi marginalizzati. Gli algoritmi utilizzati per identificare potenziali frodi hanno preso di mira in modo sproporzionato cittadini di origine straniera, basandosi su correlazioni ingiuste tra etnia e rischio. Questo non solo mina la fiducia tra cittadini e istituzioni, ma crea anche un ambiente ostile in cui le persone appartenenti a minoranze etniche o sociali si sentono sorvegliate e discriminate, scoraggiandole dal richiedere l’assistenza a cui hanno diritto.
Simili preoccupazioni sono emerse in Svezia, dove le autorità hanno implementato sistemi di IA nel settore del welfare. Anche in questo caso, Amnesty International ha evidenziato come tali sistemi possano perpetuare discriminazioni, sottolineando la necessità di interrompere l’uso di tecnologie che non rispettano i diritti umani. L’organizzazione ha chiesto alle autorità svedesi di garantire che qualsiasi sistema di IA utilizzato nel welfare sia trasparente, equo e soggetto a controllo umano.
Privatizzazione silenziosa del welfare: i casi di Danimarca, India e Stati Uniti
Il caso danese rappresenta un monito significativo per le nazioni che intendono adottare l’IA nei sistemi di welfare. Il sistema, progettato per identificare potenziali frodi nei sussidi pubblici, ha contribuito a creare un clima di sorveglianza di massa lesivo dei diritti fondamentali. L’uso di algoritmi con bias incorporati ha amplificato le discriminazioni sistemiche, colpendo in modo ingiusto gruppi già vulnerabili.
In Svezia, un sistema simile ha sollevato preoccupazioni analoghe. Le autorità hanno utilizzato l’IA per analizzare grandi quantità di dati dei beneficiari del welfare, nel tentativo di individuare frodi e abusi. Tuttavia, la mancanza di trasparenza e la possibilità di discriminazione hanno portato alla richiesta di sospensione di tali sistemi da parte di organizzazioni per i diritti umani.
In India, un errore algoritmico ha avuto conseguenze drammatiche nello stato di Telangana. Migliaia di persone indigenti sono state escluse dal programma di distribuzione di generi alimentari essenziali a causa di un algoritmo che le ha erroneamente classificate come non aventi diritto. Questo episodio evidenzia non solo la vulnerabilità tecnica dei sistemi automatizzati, ma anche l’urgenza di implementare adeguati meccanismi di controllo umano. Molti degli individui colpiti, spesso appartenenti alle fasce più povere della popolazione, non avevano i mezzi per contestare l’errore, rimanendo senza sostegno alimentare per mesi.
Negli Stati Uniti, il rapporto “Inescapable AI” ha esaminato l’influenza crescente delle corporazioni tecnologiche nell’implementazione dell’IA nei sistemi di welfare pubblico. Questa tendenza può minare i diritti dei beneficiari, con algoritmi che determinano l’accesso a servizi essenziali senza adeguati meccanismi di ricorso o trasparenza. La concentrazione del potere decisionale nelle mani di poche aziende tecnologiche solleva questioni sulla democraticità dei processi e sulla possibilità di conflitti di interesse.
Questo fenomeno è stato definito da alcuni esperti come una “privatizzazione silenziosa” del welfare, che mina il principio di responsabilità pubblica. Le corporazioni potrebbero essere incentivate a massimizzare l’efficienza economica a scapito dell’equità e del benessere sociale, influenzando le politiche pubbliche in modo non trasparente. Questa situazione richiede un’attenta riflessione sulle dinamiche di potere e sull’importanza di mantenere il controllo pubblico sui sistemi di welfare.
La normativa europea e il contesto italiano
In Europa, l’AI Act rappresenta il primo tentativo di regolamentare in modo specifico l’uso dell’intelligenza artificiale. Questo regolamento classifica i sistemi di IA utilizzati nei servizi pubblici come “ad alto rischio”, imponendo obblighi stringenti in termini di trasparenza, supervisione umana e rispetto dei diritti fondamentali. L’AI Act richiede che gli sviluppatori e gli utilizzatori di tali sistemi garantiscano che gli algoritmi siano trasparenti, che i dati utilizzati siano di alta qualità e che esistano meccanismi per prevenire discriminazioni.
In Italia, il Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36) introduce all’art. 30 disposizioni specifiche sull’utilizzo di tecnologie automatizzate nei procedimenti amministrativi, richiedendo che esse rispettino i principi di proporzionalità, trasparenza e non discriminazione. Il legislatore italiano riconosce l’importanza di garantire che le decisioni automatizzate non ledano i diritti dei cittadini e che vi sia sempre una supervisione umana nei processi decisionali.
Sul piano giurisprudenziale, il Consiglio di Stato si è espresso più volte sull’utilizzo di algoritmi nella pubblica amministrazione. Nella sentenza n. 2270/2019, ha affermato che l’uso di sistemi automatizzati deve sempre garantire una supervisione umana e il rispetto dei diritti degli individui, stabilendo che “nessuna decisione amministrativa può essere completamente delegata a un algoritmo”. Questa posizione rafforza la necessità di un equilibrio tra l’innovazione tecnologica e la tutela dei diritti fondamentali.
Le raccomandazioni dell’OCSE e il futuro del welfare
L’OCSE, nel suo report “Roadmap to Equality in AI Ecosystems“, sottolinea la necessità di adottare politiche che garantiscano un uso etico e inclusivo dell’intelligenza artificiale. Tra le raccomandazioni principali vi è l’introduzione di standard globali per la trasparenza degli algoritmi, la creazione di meccanismi di controllo indipendenti e il coinvolgimento attivo delle comunità locali nel processo decisionale.
Il The Hindu AI Summit 2024 ha ulteriormente ribadito l’urgenza di un consenso internazionale, evidenziando come l’IA, se utilizzata correttamente, possa diventare uno strumento straordinario per migliorare il welfare globale. Tuttavia, senza una regolamentazione adeguata, il rischio è che essa amplifichi le disuguaglianze e favorisca gli interessi privati a scapito del bene pubblico.
Conclusioni
L’integrazione dell’intelligenza artificiale nei sistemi di welfare pubblico rappresenta un’opportunità straordinaria per migliorare l’efficienza e l’equità dei servizi sociali. Tuttavia, questa transizione deve essere accompagnata da un quadro normativo robusto, che garantisca trasparenza, responsabilità e tutela dei diritti fondamentali. I casi di Danimarca, India e Stati Uniti dimostrano che l’adozione indiscriminata dell’IA può avere conseguenze gravi, evidenziando la necessità di un approccio etico e inclusivo.
Solo attraverso un equilibrio tra innovazione tecnologica e protezione dei diritti umani sarà possibile costruire un welfare pubblico che sia realmente al servizio di tutti. È essenziale che governi, istituzioni, aziende e società civile collaborino per sviluppare soluzioni che siano efficaci, eque e rispettose dei diritti di tutti. L’IA ha il potenziale per trasformare positivamente i sistemi di welfare, ma solo se utilizzata con responsabilità e attenzione ai valori fondamentali della nostra società.