Nel percorso verso la neutralità climatica prospettato da molte nazioni a livello mondiale e in particolare dall’Unione Europea, le aziende del settore ICT e in particolare i data center ricopriranno quindi un ruolo fondamentale.
L’impatto di queste aziende non è tuttavia limitato all’effetto serra causato dai consumi energetici; le attività del settore ICT generano infatti una serie di altri impatti sugli ecosistemi, sulla salute umana e sulle risorse naturali, per effetto dell’estrazione e del processamento delle risorse energetiche e minerarie impiegate nella produzione e nella gestione del fine-vita dei sistemi, nonché per l’effetto delle sostanze rilasciate in ambiente durante tali fasi.
Vista l’espansione dell’industria ICT e considerato che le stesse risorse sono impiegate anche in altri settori in forte sviluppo (si pensi ad esempio a quello dei veicoli elettrici, che richiederà sempre più materiali per la fabbricazione delle batterie), tali aspetti sono assolutamente rilevanti nel percorso verso la sostenibilità ambientale.
Una ricerca condotta dal Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell’Università di Padova mira a indagare, come il settore dei data center sta affrontando la sfida dello sviluppo sostenibile e dell’economia circolare.
Obiettivi e metodologia della ricerca
L’indagine è stata condotta nell’autunno 2021 nell’ambito di un progetto di ricerca che mira a indagare la sostenibilità ambientale del digitale, cofinanziato dalla Regione Veneto e dall’Università di Padova. Gli obiettivi prefissati erano quelli di analizzare le iniziative intraprese dai data center europei nell’ambito della sostenibilità ambientale, mettendo in luce le aree di miglioramento, e di indagare le priorità delle aziende e le opinioni di imprenditori e manager in merito agli impatti ambientali. Si è costruito un dataset delle aziende che gestiscono data center in Europa, individuando 549 operatori a cui è stato inviato, a settembre 2021, un questionario online indirizzato ai proprietari, manager e responsabili tecnici. Il tasso di risposta è stato del 13% (74 aziende).
Focus su efficienza energetica e rinnovabili per l’operatività del data center
L’analisi delle risposte raccolte mostra che gli sforzi di miglioramento verso la sostenibilità sono attualmente concentrati sull’energia necessaria al funzionamento dei data center. L’efficienza energetica emerge infatti come un fattore essenziale (importanza associata: 6,12 in una scala da 1 a 7) da considerare nella progettazione di queste strutture, assieme agli aspetti di connettività (6,12) e sicurezza (6,18), funzioni primarie di questo tipo di servizio. Gli sforzi verso l’efficienza energetica sono primariamente legati al costo dell’energia elettrica, assorbita costantemente e a elevati valori di potenza dai data center, in particolare principalmente dagli apparati IT e dai relativi sistemi di raffreddamento e di alimentazione elettrica.
Tra le iniziative di riduzione dei consumi più adottate dal campione di aziende rispondenti alla survey, vi sono la realizzazione di sistemi di raffreddamento dei sistemi IT a corridoi caldi/freddi (adottati dall’81% dei rispondenti), l’utilizzo del free cooling (52%) – quest’ultimo particolarmente efficace nei Paesi con clima freddo – e l’impiego di server a basso assorbimento di potenza (45%) e di data center modulari (40%). Anche il recupero del calore estratto dai sistemi di climatizzazione (ad esempio per l’impiego nel teleriscaldamento) trova una discreta applicazione (38%).
Iniziative di questo genere hanno permesso, nel corso degli anni, di ridurre il valore medio annuale del PUE (Power Usage Effectiveness), indice di riferimento nel settore dato dal rapporto tra l’assorbimento di potenza da parte dell’intero data center e la potenza impiegata in esso dai soli apparati IT. Un valore del PUE pari a 1 è ideale ma nella pratica difficilmente raggiungibile, in quanto significherebbe riuscire a costruire un data center dotato di una tale efficienza da dedicare tutta l’energia ai soli apparati IT. Le imprese intervistate dimostrano nel complesso valori di efficienza non trascurabili: una buona percentuale (21%) rivela un PUE inferiore all’1,19 per il proprio data center più grande. La maggior parte (36%) dichiara invece un valore compreso tra 1,20 e 1,49; il 24% tra 1,50 e 1,99, mentre solo poco più del 2% indica un PUE maggiore, tra 2,00 e 2,49. Giusto per dare un riferimento, un gigante del settore ICT come Google, dichiara, per l’insieme dei suoi data center, un PUE medio annuale pari a 1,1 nel 2021.
Oltre ad intraprendere azioni di efficientamento e recupero energetico, la maggior parte delle aziende sta aumentando la quota di energia elettrica derivante da fonti rinnovabili, riducendo così ulteriormente il proprio impatto climatico. Solo il 19% circa dei rispondenti dichiara di non utilizzare alcuna quota di energia rinnovabile, mentre il 23% sta considerando tale opzione per l’alimentazione dei propri data center. Delle aziende che già impiegano energia da fonti rinnovabili, la maggior parte soddisfa in tale modo un’elevata percentuale dei consumi elettrici: ben il 46% copre infatti oltre il 90% del proprio fabbisogno annuale con energia rinnovabile. Il 16% consuma invece tra il 60% e il 90% di energia rinnovabile, l’11% tra il 30% e il 60% e il 27% per meno del 30%. Tra le fonti rinnovabili maggiormente impiegate nel mix energetico delle aziende, vi sono il solare fotovoltaico (45% dei rispondenti utilizza almeno una quota di energia proveniente da questa fonte) e l’eolico (42,55%), mentre il 34% impiega (anche) energia idroelettrica.
L’aumento degli impatti ambientali associati ai datacenter
Negli ultimi anni il settore ICT ha registrato uno sviluppo consistente, destinato a continuare nei prossimi anni, non solo per effetto della diffusione dell’uso di internet, dei social media, dell’archiviazione su cloud e della digitalizzazione dei servizi pubblici, ma anche per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e delle blockchain.
Si stima che tra il 2010 e il 2021 il volume di dati creati, copiati e utilizzati a livello mondiale sia aumentato da 2 a 79 zettabytes; secondo le previsioni, nel 2025 raggiungeranno i 181 zettabytes (fonte: Statista). Anche la capacità di archiviazione dei dati è destinata ad aumentare: a partire dai 6,7 zettabytes di capacità installata nel 2020, fino al 2025 si prevede un tasso di crescita annuale del 19,2% fino al 2025.
Una tale evoluzione implica una crescita nell’impiego di risorse, sia energetiche che materiali, per garantire un’operatività con standard di affidabilità molto elevati. Questa crescita ha come conseguenza anche l’aumento degli impatti ambientali associati. La maggior parte dei dati a riguardo sono relativi alle emissioni di gas serra, attualmente al centro dell’attenzione delle policy energetico-ambientali a livello internazionale.
I risultati di uno studio del 2018 di Belkhir e Elmeligi rivelano che nel 2010 il settore ICT contribuiva al totale delle emissioni globali di gas serra per una quota compresa tra l’1,4% e l’1,9%; lo stesso studio stimava che la quota sarebbe circa raddoppiata in un decennio, arrivando nel 2020 a una percentuale compresa tra il 3% e il 3,6% circa, addirittura superiore a quella attribuita ai trasporti aerei (2,8% delle emissioni globali nel 2019; fonte: IEA). All’interno del settore ICT, le quote maggiori delle emissioni sono attribuite ai data center (33% delle emissioni dell’intero settore ICT nel 2010, 45% nel 2020).
La valutazione del ciclo di vita e degli impatti su ecosistemi, salute umana e risorse naturali
Il livello di consumo e le emissioni di gas serra legate al tipo di energia elettrica utilizzata sono indubbiamente aspetti fondamentali nella definizione del grado di sostenibilità di un data center. Tuttavia, al complessivo impatto ambientale dei data center contribuiscono molti altri aspetti, quali ad esempio gli impatti associati alla costruzione della struttura, alla produzione e al trasporto degli apparati IT e dei sistemi elettrici e di climatizzazione e lo smaltimento delle apparecchiature giunte a fine vita. Questi possono generare diversi tipi di impatto, non solo sul clima ma anche sugli ecosistemi, sulla salute umana e sulle risorse naturali; si pensi ad esempio alla tossicità di alcune sostanze emesse, al consumo di suolo e risorse legato alle attività minerarie e all’impiego di acqua in alcuni tipi di sistemi di raffreddamento.
Per quantificare correttamente tali impatti, una delle metodologie più utilizzate a livello globale è la Life Cycle Assessment (LCA), normata dalle ISO 14040 e ISO 14044. Tale metodo di analisi permette di valutare e quantificare in modo oggettivo i carichi energetici e gli impatti ambientali generati durante l’intero ciclo di vita – dall’acquisizione delle materie prime al fine vita – di un qualsiasi prodotto, processo o attività.
Delle aziende partecipanti alla ricerca, il 33% ha dichiarato di applicare la metodologia LCA ai propri data center, mentre un altro 36% sta considerando di adottarla. Tuttavia, la valutazione del ciclo di vita da parte delle aziende utilizzanti la LCA appare disomogenea e in generale incompleta: la fase operativa del data center (funzionamento e manutenzione) risulta inclusa nel 38% delle analisi, mentre in pochi casi si tiene conto di una o più fasi pre-operative (produzione, trasporto e installazione dei componenti; 23% delle analisi) o post-operative (decommissioning, trasporto e gestione del fine vita dei componenti; 23%).
Un’analisi LCA completa è tuttavia necessaria per la quantificazione degli impatti rilevanti e per la corretta identificazione e valutazione delle misure prioritarie da implementare per la minimizzazione dell’impatto del ciclo di vita di un data center. Per esempio, la decisione di aumentare la frequenza di sostituzione dei server con tecnologie energeticamente più efficienti potrebbe sembrare sensata ai fini della sostenibilità ambientale, tuttavia l’effetto generato potrebbe risultare inferiore rispetto alle aspettative o addirittura negativo, se valutato all’interno dell’intero ciclo di vita del data center. Ciò è dovuto all’aumento del consumo di risorse e delle emissioni nei processi di produzione e di smaltimento dei server. Con tale decisione di fatto si riduce quindi l’impatto della fase di funzionamento del data center, aumentando però quello delle altre fasi del “ciclo di vita” (in inglese si parla di “environmental burden-shifting”). L’analisi LCA permette, in casi di questo genere, di quantificare entrambi gli effetti positivi e negativi derivanti dalla modifica di un processo o prodotto, in modo da individuare la soluzione ottimali per la minimizzazione dell’impatto ambientale complessivo.
Gli studi condotti nell’ambito del progetto di ricerca hanno inoltre messo in evidenza che un aspetto ancora molto trascurato all’intero delle valutazioni di impatto ambientale è proprio quello della gestione del fine-vita dei server e in generale dei rifiuti elettronici. Tra le pratiche più diffuse adottate dalle aziende intervistate vi è il riutilizzo o riciclo delle apparecchiature all’interno delle proprie strutture o la rivendita a terze parti, mentre molti altri dispositivi vengono ritirati da aziende specializzate nel riciclo (certificate o meno), oppure smaltite come rifiuti non riciclabili. Tuttavia, in generale si rileva una scarsa consapevolezza dell’impatto ambientale di tali pratiche rispetto al ciclo di vita dei data center.
Gli impegni (crescenti) verso la sostenibilità
Le risposte ad alcuni quesiti posti alle aziende all’interno del questionario loro proposto permettono di rilevare un impegno crescente verso la sostenibilità ambientale. Il 64% del campione di aziende dichiara di possedere già una policy ambientale esplicita, mentre un altro 22% la sta sviluppando o sta almeno pensando di adottarne una. Relativamente al primo gruppo inoltre, 8 aziende su 10 negli ultimi due anni hanno applicato o perlomeno considerato degli aggiornamenti delle policy verso obiettivi di sostenibilità più sfidanti.
Tra gli impegni per la sostenibilità ambientale più dichiarati, vi sono l’adozione di certificazioni in ambito energetico-ambientale (il 40% ha dichiarato di seguire almeno una tra le norme ISO 14001, ISO 50001 o ISO 14040) e l’adesione a progetti di riduzione delle emissioni climalteranti (26%) e all’iniziativa RE100 che impegna all’utilizzo di energia 100% da fonti rinnovabili (23%). Tuttavia, quasi il 30% dichiara di non aver assunto alcun impegno in fatto di sostenibilità. Per quanto riguarda invece la comunicazione dei propri consumi energetici e della propria impronta carbonica, il 32% afferma di pubblicare tali informazioni, mentre il 26% sta valutando di farlo in futuro.
Infine, relativamente all’interazione con clienti e fornitori in merito ad aspetti ambientali, risulta che il 45% dei clienti delle aziende rispondenti richiedono il possesso di certificazioni o il rispetto di specifici standard di sostenibilità ambientale. Oltre l’80% delle aziende crede inoltre che tali richieste spingeranno verso standard ambientali più rigorosi nel prossimo futuro. D’altra parte, le stesse aziende di data center richiedono spesso ai propri fornitori l’adeguamento a standard ambientali: il 61% dei rispondenti hanno dichiarato infatti di aver in passato chiesto, al momento dell’acquisto di prodotti, il rispetto di schemi legislativi o volontari (EU Code of Conduct for Energy Efficiency, EU ENERGY STAR, Blue Angel e il Green Grid Data Center Maturity Model)
Conclusioni
La ricerca ha mostrato come, nell’ambito della sostenibilità ambientale, i data center stiano lavorando principalmente sugli aspetti energetici e in particolare sull’efficienza dei sistemi di raffreddamento, visto il costo elevato di acquisto dell’energia elettrica; anche il ricorso all’energia elettrica da fonti rinnovabili ha portato alla riduzione degli impatti ambientali – in particolare associati ai cambiamenti climatici – generati dal funzionamento dei data center. Minore sensibilità e consapevolezza è invece emersa nei confronti dell’intero ciclo di vita del data center, che include le fasi pre- e post- operative, quali l’estrazione dei materiali, la produzione e il trasporto dei componenti e la gestione del fine-vita, i quali generano numerosi tipi di impatto non solo sul clima ma anche sugli ecosistemi, sulla salute umana e sulle risorse naturali.
La sfida che si trovano oggi di fronte le aziende del digitale sta proprio nell’affrontare tali aspetti, tramite metodologie che consentano di valutare l’intero ciclo di vita delle proprie attività e di individuare così le strategie più efficaci verso la minimizzazione degli impatti e quindi una maggiore sostenibilità ambientale.
Bibliografia
Statista (2021), Amount of data created, consumed, and stored 2010-2025 https://www.statista.com/statistics/871513/worldwide-data-created/ (ultimo accesso: 04/03/2022).
Belkhir L., Elmeligi A. (2018), Assessing ICT global emissions footprint: Trends to 2040 & recommendations, Journal of Cleaner Production.
IEA (2020), Tracking Aviation 2020 https://www.iea.org/reports/tracking-aviation-2020 (ultimo accesso: 04/03/2022).
Google, Google Data Center PUE performance https://www.google.com/about/datacenters/efficiency/ (ultimo accesso: 04/03/2022).