L’attenzione verso la sostenibilità e il rispetto degli standard ESG (Environmental, Social and Governance) è ormai un pilastro imprescindibile nella strategia di qualsiasi azienda che ambisca a una crescita duratura e responsabile.
Le tematiche legate alla sostenibilità non riguardano soltanto l’aspetto ambientale, ma permeano l’intera struttura aziendale, influenzando le decisioni della governance e modellando le interazioni con gli stakeholder.
Il ruolo della sostenibilità nella governance aziendale
Da questo scenario emergono nuovi ruoli per gli amministratori d’azienda, chiamati a integrare i principi ESG nelle loro decisioni strategiche, e nuovi orientamenti normativi che vedono la sostenibilità diventare parte integrante degli statuti societari. Di fronte a questi mutamenti, le imprese si trovano a dover ridefinire il proprio modello operativo in chiave di sostenibilità.
L’importante, e da qui partiremo, è che dopo tanto discutere, commentare e cercare di tracciare un confine tra il fine di lucro e l’utilità sociale voluta e dettata dagli standard ESG, le società hanno aperto definitivamente le porte ai principi di sostenibilità, convalidandone il ruolo combinato, e non alternativo, per il conseguimento dell’oggetto sociale e confermando, al contempo, la profonda rivisitazione in atto della classica architettura dei profili di governance aziendale.
Clausole di sostenibilità negli statuti societari: gli orientamenti notarili
Lo scorso ottobre, il Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie si è espresso, concretizzandone la direzione, con sei importanti orientamenti relativi alla legittimità delle clausole di sostenibilità negli statuti societari. Gli orientamenti notarili si inseriscono nel contesto normativo europeo tracciato negli ultimi anni, che nel luglio 2023 ha visto consacrare, con il set di principi comuni di rendicontazione di sostenibilità aziendale voluti dalla Commissione Europea (European Sustainability Reporting Standards – ESRS) per l’adempimento degli obblighi di reporting previsti con un’altra direttiva europea (la Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD), il passaggio da un approccio alla sostenibilità rimesso alla sfera dell’autoregolamentazione tipico della Corporate Social Responsability, a quello volto all’esigenza di una oggettiva verifica, misurazione e comparazione dei fattori ESG.
Questo quadro normativo ha reso ancor più urgente l’adeguamento effettivo della vita sociale agli standard ESG e velocizzato, quindi, l’ingresso delle clausole di sostenibilità negli statuti societari, consacrati dai notai del Triveneto con la legittimazione:
- dell’inserimento di “diversi interessi non economici”, di matrice etica e stakeholder oriented, in quelli coinvolti nell’esercizio dell’attività di impresa, tracciando anch’essi la direzione per il conseguimento dell’oggetto sociale, con l’unico limite del rispetto del carattere produttivo dell’attività di impresa e nello scopo di lucro;
- dell’eterodestinazione parziale degli utili al perseguimento di finalità di sostenibilità;
- della valutazione degli impatti sugli interessi degli stakeholder nella definizione delle strategie di impresa e nello svolgimento delle azioni deputate all’attuazione di queste da parte degli amministratori;
- dell’obbligo, per gli amministratori, di sistematica consultazione con gli stakeholder nonché le modalità attraverso le quali tale interazione deve concretamente avvenire;
- dell’affidamento ad esperti indipendenti della valutazione periodica della performance ambientale o sociale dell’impresa nonché la determinazione, sulla base di dati parametri di sostenibilità, di una parte del compenso degli amministratori in forza delle politiche adottate;
- della circolazione delle partecipazioni sociali subordinata al possesso di specifici e comprovati requisiti etici.
Impatti degli standard ESG sulla vita sociale delle aziende
Secondo gli orientamenti del Comitato Triveneto, dunque, l’implementazione proattiva dei temi di sostenibilità strategici per l’impresa potrà legittimamente avvenire attraverso il loro innesto nell’oggetto sociale e nel governo societario dell’impresa, anche se in modo integrato e connesso con la funzione di lucro tipica e preminente per l’impresa, e con l’efficienza produttiva, in un’ottica di strategia a lungo termine che integri i fattori ESG nelle performance aziendali attese, riconducendo gli stessi (fattori) a strumenti di creazione di valore nel lungo periodo.
Sotto questo profilo, gli orientamenti sono coerenti con la definizione di “successo sostenibile” elaborato e diffuso dal Codice di Corporate Governance, sancendone definitivamente il recepimento tra le finalità perseguite e perseguibili da qualsiasi società lucrativa, aldilà della natura di società benefit o quotata.
L’evoluzione del ruolo degli amministratori in un contesto ESG
L’incorporazione dei fattori ESG nell’esercizio dell’attività di impresa non cambia, tuttavia, solo le prospettive e le modalità del perseguimento del risultato economico ma incide anche sul ruolo degli amministratori e sull’attività di gestione influendo, in ultima analisi, anche sull’atteggiarsi delle regole a cui gli stessi devono attenersi per l’esercizio del loro incarico e sull’ampiezza della discrezionalità e insindacabilità nel merito delle scelte di gestione da essi operate.
Quindi, la verifica sull’attività gestoria non troverà più la propria cartina di tornasole nella sola generazione di utile a favore dei soci, dovendosi invece indagare il raggiungimento del più ampio concetto di “rendimento” in capo a tutti i portatori di interessi legati alla vita sociale.
Stakeholder engagement e remunerazione dei membri della governance
Indubbiamente, l’adozione di meccanismi di stakeholder engagement e di politiche di remunerazione di vantaggio per i membri della governance – in funzione delle performance aziendali su temi e obiettivi di sostenibilità – introduce un nuovo parametro valutativo dell’operato dell’organo di gestione che avrà una duplice direzione di indagine: non sarà più limitato agli aspetti strettamente economici e di breve periodo, ma dovrà integrare i fattori ESG nel perimetro d’azione con estensione necessaria della verifica sui risultati nel lungo periodo.
L’oggettiva analisi e misurazione dei risultati sarà rimessa, a garanzia dell’attendibilità e comparabilità dei dati e delle verifiche, all’applicazione di standard comuni di rendicontazione di sostenibilità, sempre più univoci e condivisi, i quali contribuiranno ad una maggior trasparenza delle informazioni fornite dalle imprese e a una effettiva e concreta verifica dell’implementazione e del perseguimento dei requisiti ESG.
Conclusioni
È sempre più evidente che l’impresa di qualsiasi tipo e dimensione ha ora un nuovo modello a cui tendere, il cui scopo ultimo è la remunerazione, non più limitata più agli shareholder (azionisti o soci che siano) ma è direzionata con forza prorompente verso tutti gli stakeholder coinvolti.
Governance e business devono essere sempre più orientati ai principi di sostenibilità, quale unica via per preservare la competitività dell’impresa, massimizzandone l’efficienza e la produttività nel lungo periodo, garantendo, in ultima analisi, la sopravvivenza e il perseguimento dell’utile.