Realizzare una smart city – o smart landscape come ora indicato dal Piano Triennale ICT per la PA di Agid – vuol dire massimizzare l’efficienza della città nel gestire le proprie risorse. Le città diventano intelligenti creando piattaforme in grado di collegare più set di dati e di prendere decisioni oculate basate razionalmente su una mole di informazioni che ne migliorino la precisione.
La città intelligente deve essere quindi Instrumented, Interconnected e Intelligent, cioè: capace di raccogliere dati in tempo reale da sensori e dispositivi personali, integrare i dati raccolti in un’unica piattaforma accessibile ai vari fornitori di servizi urbani, in grado di analizzare e visualizzare i dati al fine di ottimizzare il processo decisionale[1].
Spazi urbani intelligenti, funzionali, in grado di garantire benessere e migliorare la qualità della vita.
Ma ci sono anche delle questioni abbastanza delicate da tenere in conto sul piano etico: nelle città intelligenti si dovrà essere disposti a cedere un po’ privacy in cambio di servizi più efficienti ed essere consapevoli che senza gli opportuni bilanciamenti, il rischio è di venire controllati in ogni singola azione dalle autorità.
Smart city, la necessaria evoluzione delle città
Occorre, quindi, trovare un equilibrio, partendo comunque dal presupposto che le città devono evolversi e diventare sempre più intelligenti, per far fronte all’incredibile tensione che stanno subendo.
Il tema è rilevante e quindi non deve sorprendere che l’Agid nel piano triennale sia tornata appunto a parlare di smart city – ribattezzandole in smart landscapes, ossia “territori”, per abbracciare un significato più ampio (che includa anche le aziende, i porti…).
Certo è che quello che non molto tempo sembrava fantascienza – l’idea che una massiccia proliferazione di dispositivi avrebbe potuto conferire intelligenza al tessuto di un’area urbana – è diventata una realtà. In un futuro prossimo, il concetto sarà saldamente inserito nelle nostre società e i benefici delle città intelligenti saranno ampiamente percepiti.
Le città non possono rimanere immobili, i dati delle Nazioni Unite suggeriscono che entro il 2050 il 68% della popolazione mondiale vivrà in aree urbane, ragion per cui si pone impellente il problema di riorganizzare le città, per ottimizzare i servizi offerti ad un numero crescente di residenti attraverso l’utilizzo della tecnologia. L’urbanizzazione sta esercitando una pressione sempre maggiore su infrastrutture, trasporti, elettricità, strutture idriche e tutti i meccanismi della vita quotidiana.
In che modo i dati trasformano una città in Smart City
Che cosa significa “città intelligente”? Ci sono molte definizioni di Smart City, spesso riferite al numero di oggetti connessi. La mia idea di una città intelligente è un assetto dinamico che migliora la qualità della vita in un ambiente urbano ad alta densità, comodo per le amministrazioni incaricate di gestirlo e per gli utenti che vi si stabiliscono per viverci o per fare affari.
Le informazioni sono alimentate da un’enorme rete di sensori, telecamere, dispositivi wireless e data center, monitorando la densità e la velocità del traffico, i livelli di rumore, l’inquinamento atmosferico, le precipitazioni, i movimenti, i rifiuti, praticamente tutto. Questi dati vengono inviati ai server, analizzati e successivamente vengono estratte informazioni utili per assistere le amministrazioni nella gestione delle città. Per inciso, questa attività di intelligence può essere svolta anche da aziende private a fini commerciali, cioè per migliorare l’efficienza delle loro operazioni di marketing.
Allo stato attuale le città intelligenti stanno già mostrando come i dati provenienti da più soluzioni Internet of Things possano essere integrati per informare e migliorare il modo in cui vengono gestiti gli spazi urbani, con applicazioni su dispositivi mobili e nei trasporti, energia e sostenibilità, infrastrutture fisiche, governance e sicurezza.
Cosa cambierà nel prossimo decennio
Le parole chiave delle città intelligenti sono: connettività, dati e intelligence, che portano a efficienza, sostenibilità e convenienza.
Tutto ciò sembra incoraggiante per urbanisti ed architetti, che si ritrovano con un potente strumento di feedback per indirizzare il proprio operato. Dunque cosa possiamo aspettarci di cambiare nel prossimo decennio?
In primo luogo, la popolazione mondiale continuerà a crescere. Le Nazioni Unite prevedono che, dai 7,2 miliardi di oggi, raggiungerà gli 8,1 miliardi nel 2025. Anche il numero di città intelligenti nel mondo aumenterà e, di conseguenza, il numero di oggetti connessi all’interno dovrebbe raggiungere i 9,7 miliardi entro il 2020. Luoghi, persone ed oggetti saranno collegati in ogni aspetto della società urbana.
Invece di un insieme lineare di raccolta, analisi e reazione dei dati, ci sarà uno scambio di impulsi e risposte in tempo reale. Ad esempio, gli edifici per essere intelligenti saranno dinamici e reattivi a ciò che sta accadendo intorno a loro: adatteranno il riscaldamento e l’illuminazione in risposta al tempo, conserveranno energia quando i costi sono bassi per utilizzarla quando la domanda aumenta ed i prezzi salgono. I tetti cattureranno l’acqua piovana, fungendo da serbatoi durante le forti piogge per prevenire le inondazioni, creando al contempo una riserva idrica per i periodi di siccità.
Singoli edifici e spazi pubblici dovrebbero far parte di una rete altamente reattiva. Al suo interno, una serie di sensori raccoglieranno dati, che saranno analizzati e messi in campo per rispondere alle esigenze degli abitanti e della città in generale. Le risorse alimentari, energetiche ed idriche saranno prodotte per soddisfare la domanda e utilizzate in modo più efficiente. Nelle smart cities, i canali di comunicazione attraverso i social network diventeranno sempre più aperti, ciò consentirà alle amministrazioni di condividere i cambiamenti delle politiche e le storie di successo, così da incoraggiare il feedback. In questo modo, possono coinvolgere i propri stakeholder per farli sentire parte del processo decisionale. A mio avviso è un aspetto positivo.
Smart city: meno privacy, servizi più efficienti
In un futuro prossimo, le città intelligenti basate sui dati diventeranno la norma. A quel punto, le prove dei benefici apportati alla società saranno tangibili e visibili, il che si tramuterà in un’accettazione sociale da parte dei cittadini della condivisione delle informazioni sul modo in cui viviamo e interagiamo con gli ambienti urbani.
Ovviamente è legittimo che la gente sia gelosa della propria privacy e che voglia una seria vigilanza sull’acquisizione e sull’utilizzo di dati che li riguardano, che li fotografano e che descrivono i propri comportamenti. D’altronde queste preoccupazioni verranno progressivamente meno man mano che ci si renderà conto di quale ricaduta positiva possa avere nella profilazione di servizi pubblici più efficienti dando accesso ai propri dati.
Teniamo presente che in tempi non troppo remoti ci si vergognava a spogliarsi davanti al dottore, poi si è iniziato a pensare che valeva la pena cedere un po’ sulle proprie remore per ottenere una diagnosi più accurata.
Tuttavia resta aperta la questione sul livello di controllo che le autorità dovrebbero avere sulle abitudini dei cittadini, se sia eticamente corretto essere onnipresenti e misurare ogni cosa sotto ogni aspetto quantitativo per trarne conclusioni qualitative, o se sia opportuno chiedere sempre il permesso per accedere alle informazioni concernenti i consumi quotidiani, che verrebbero rilevati comunque con i metodi attualmente utilizzati dai privati per stimare le fasce di mercato.
Ad ogni modo, si incoraggerà l’emergere di più comunità collaborative, pienamente consapevoli di come funziona una città, con la capacità di lavorare insieme per obiettivi condivisi e chiedere migliorie supportati da informazioni e dati attendibili e concreti.
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- Harrison C., Eckman R., Hamilton R., Hartswick P., Kalagnam J., Paraszczak J., Williams P., Foundations for Smarter Cities in IBM Journal of Research and Development, v. 54, n. 4, luglio/Agosto 2010, pp. 1-16 ↑