sostenibilità ambientale

Lotta ai cambiamenti climatici, la guerra in Ucraina cambia tutto: i rischi da evitare

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha posto la transizione energetica davanti a un bivio. Tuttavia, i responsabili politici devono comprendere l’abbandono dei combustibili fossili è fondamentale per evitare uno scenario climatico catastrofico. Il punto

Pubblicato il 29 Giu 2022

guerra vetro rotto

Gli effetti del cambiamento climatico si stanno facendo sentire in tutto il mondo in modo sempre più evidente.

I segnali che il Pianeta in crisi sta mandando ai suoi abitanti, come vedremo, sono evidenti. Ma in che modo la guerra in corso in Ucraina influenzerà i piani di decarbonizzazione e il necessario processo di abbandono delle fonti fossili?

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L’attrito tra gli obiettivi di sicurezza e climatici

Se prima della guerra della Russia in Ucraina, l’obiettivo della politica energetica più urgente dell’Europa era la riduzione delle emissioni di carbonio che causano il cambiamento climatico ora i funzionari europei sono fissati sulla riduzione rapida della dipendenza del continente dal petrolio e dal gas naturale russi, e ciò significa attrito tra gli obiettivi di sicurezza e climatici, almeno a breve termine.

Infatti, la Commissione ha cercato di reagire lanciato una Strategia chiamata RePower EU (REPowerEU: Joint European Action for more affordable, secure and sustainable energy) che chiede di eliminare nel tempo la necessità di combustibili fossili russi, sostituendoli con idrogeno, biometano, nonché con l’energia eolica e solare. Il piano della Commissione mira a sostituire 101,5 miliardi di metri cubi di gas russo entro la fine dell’anno; anche tramite l’aumento delle importazioni di gas naturale in Europa, nonché l’aumento dell’uso di centrali elettriche a carbone per garantire che le luci rimangano accese e le case rimangano calde il prossimo inverno.

Non è erroneo pensare quindi che la guerra in Ucraina probabilmente accelererà l’allontanamento dell’Europa dai combustibili fossili, potrebbe rallentare la transizione verso l’energia pulita e aumentare le emissioni di gas serra.

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Il sud-est asiatico, in particolare, potrebbe tornare indietro verso il carbone se l’Europa sbarrasse effettivamente il mercato internazionale del gas naturale liquefatto. Senza considerare la stessa Russia, che ha rappresentato quasi il 5% delle emissioni globali nel 2020 ed è improbabile che vada avanti con la decarbonizzazione in assenza di impegno politico ed economico internazionale[2]. Anche negli USA le difficoltà del Presidente Joe Biden sono evidenti e il piano di decarbonizzazione sta subendo dei rallentamenti.

Siamo al punto quindi in cui l’invasione della Russia ha posto una transizione energetica pianificata davanti a un bivio. Tuttavia, i responsabili politici devono comprendere l’abbandono dei combustibili fossili è fondamentale per evitare uno scenario climatico catastrofico: il rischio che si corre è quello di volgere lo sguardo in un’altra direzione mentre le temperature corrono e gli eventi calamitosi si susseguono.

I numeri impressionanti del cambiamento climatico

Proviamo di seguito a evidenziare qualche dato per comprendere la gravità della situazione, sulla base di un rapporto del WEF che riporta i segni evidenti del clima che cambia[1].

Gli indicatori rilevati nell’ultimo anno, in estrema sintesi, indicano come:

  • Gli ultimi sette anni, tra il 2015 e il 2021, sono stati gli anni più caldi mai registrati, ha avvertito l’OMM.
  • il livello del mare ha raggiunto un nuovo record nel 2021. A livello globale, il livello del mare è aumentato in media di 4,5 mm all’anno tra il 2013 e il 2021
  • Il buco dell’ozono sopra l’Antartide nel 2021 era “più grande e profondo” del 70% dei buchi dell’ozono misurati dal 1979, rileva l’OMM
  • Le precipitazioni sono state registrate per la prima volta in assoluto nel punto più alto della calotta glaciale della Groenlandia. Questa è la Summit Station, una stazione di ricerca che si trova a più di 3.200 metri sul livello del mare.
  • Nel Nord America occidentale e nel Mediterraneo, sono state rilevate “ondate di caldo eccezionali” a battere i record, osserva lo Stato del clima globale 2021.
  • L’uragano Ida ha colpito la Louisiana negli Stati Uniti il ​​29 agosto dello scorso anno, i suoi venti a 240 km orari hanno eguagliato l’approdo più forte mai registrato per lo stato, afferma l’OMM.
  • A metà luglio 2021, l’Europa occidentale ha assistito ad alcune delle peggiori inondazioni mai registrate. La Germania occidentale e il Belgio orientale sono stati i più colpiti.
  • La siccità ha portato a un nuovo livello dell’acqua basso per il lago Mead, un bacino idrico sul fiume Colorado nel sud-ovest degli Stati Uniti. A luglio, il bacino è sceso a 47 metri al di sotto della sua piena capacità, il livello più basso mai registrato.
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I paesi più poveri pagano il prezzo più alto

Le diverse parti del globo sono attrezzate a rispondere agli effetti del cambiamento climatico in modo diverso; chi ne paga maggiormente le conseguenze sono infatti Paesi più poveri, in modo particolare quelli africani e asiatici che sono anche i più vulnerabili dal punto di vista alimentare a seguito della guerra in corso in Ucraina.

Per farsi un’idea di quanto queste comunità sono nel mezzo di un cambiamento devastante cui non possono porre rimedio vi consiglio di leggere il report basato sul Notre Dame Global Adaptation Initiative (ND-GAIN)[3].

Dall’indice che viene pubblicato ogni anno e che indica quali Paesi sono maggiormente esposti al rischio climatico (che può essere definito come una combinazione di esposizione al pericolo, sensibilità all’impatto e capacità di adattamento) emerge in sintesi che:

  • L’Africa subsahariana ha 35 dei 45 paesi a livello globale a più alto rischio climatico.
  • Ciad, Somalia, Repubblica Centrafricana, Eritrea e Repubblica Democratica del Congo sono le meno capaci di adattarsi all’impatto del cambiamento climatico.
  • Circa 490 milioni di bambini di età inferiore ai 18 anni in 35 paesi africani corrono il rischio più elevato di subire l’impatto del cambiamento climatico.
  • Dei 750 milioni di bambini in 45 paesi che potrebbero essere più colpiti dal rischio climatico, 210 milioni si trovano in tre nazioni dell’Asia meridionale: Pakistan, Bangladesh e Afghanistan.

Il dramma del Madagascar

Un esempio su tutti che aiuta a comprendere la drammaticità della situazione è quello del Madagascar, isola che si sta letteralmente trasformando in un deserto. La scorsa estate e autunno, nel sud del Madagascar, più di un milione di persone erano sull’orlo della fame a causa di successive siccità; le condizioni erano così aride che le persone ricorrevano a mangiare locuste e cactus morti, finché anche quelli si avvizzirono e morirono.

I funzionari del Programma alimentare mondiale hanno affermato che la nazione insulare di 27 milioni di persone stava vivendo la prima carestia al mondo indotta dai cambiamenti climatici. David Beasley, capo del WFP ed ex governatore della Carolina del Sud, ha detto ai giornalisti che 38 milioni di persone sono state sfollate a causa di “shock climatici, cambiamenti climatici”[4].

Gli impatti dei cambiamenti climatici in Italia

L’Italia non è certamente esente dagli impatti del clima che cambia, ogni anno che passa batte il record del precedente in termini di picchi di temperatura e di riduzione della pioggia caduta e gli scenari futuri non sono certo rassicuranti (si legga Analisi del rischio, I cambiamenti Climatici in Italia, CMCC, 2022) infatti:

  • In generale, sul territorio italiano, gli impatti attesi dei cambiamenti climatici contribuiranno ad intensificare la pressione sul territorio per quel che riguarda il dissesto geo-idrologico, amplificando e aggravando una situazione già di per sé molto complessa
  • L’analisi, effettuata a livello di distretto e di bacino idrografico, evidenzia una riduzionesia della quantità che della qualità della risorsa idrica in seguito ai cambiamenti climatici. Per effetto dei cambiamenti climatici (aumento della temperatura media, conseguente aumento di evapotraspirazione e scarse precipitazioni) è attesa nei decenni a venire una sensibile diminuzione della portata, fino al 40% in meno nel 2080.
  • I risultati delle analisi evidenziano, per le colture arboree e per quelle erbacee, una condizione di rischio più elevato per le aree del Sud Italia, con possibili maggiori costi legati alle coltivazioni irrigue, a causa di una minore disponibilità idrica, che aumenterà il conflitto tra diversi settori per l’utilizzo della risorsa, mettendo a rischio i processi produttivi soprattutto nelle aree a valle dei principali bacini idrici.
  • In Italia si attende nei prossimi decenni un incremento del rischio incendi superiore al 20% in tutti gli scenari climatici e un allungamento della stagione degli incendi compreso tra i 20 e i 40 giorni. Questi fenomeni potranno causare in Italia un aumento delle superfici percorse compreso tra 21% e 43%, a seconda dello scenario considerato.

Secondo il copresidente del Working Group III dell’IPCC, Priyadarshi Shukla, “senza tenere conto dei vantaggi economici della riduzione dei costi di adattamento o dell’evitare gli impatti climatici, il prodotto interno lordo (PIL) globale sarebbe solo di pochi punti percentuali inferiore nel 2050 se intraprendessimo le azioni necessarie per limitare il riscaldamento a 2°C o inferiore, rispetto al mantenimento delle politiche attuali”.

Conclusioni

Possiamo concludere con le parole del Segretario Generale delle Nazioni Uniti António Guterres.

“L’unico vero percorso verso la sicurezza energetica, la stabilità dei prezzi dell’energia elettrica, la prosperità e un pianeta vivibile sta nell’abbandono dei combustibili fossili inquinanti, in particolare il carbone, e nell’accelerare la transizione energetica basata sulle rinnovabili”. La finestra per prevenire i peggiori impatti della crisi climatica si sta chiudendo rapidamente, ha avvertito il capo delle Nazioni Unite, e per mantenere a portata di mano l’obiettivo di 1,5 gradi di limitare il riscaldamento globale, le emissioni devono essere ridotte del 45% entro il 2030, con emissioni nette zero entro il 2050.

“Ma gli attuali impegni nazionali porteranno a un aumento di quasi il 14% in questo decennio”, ha affermato, mentre le emissioni di CO2 legate all’energia sono aumentate del 6% solo l’anno scorso, “quando dovrebbero diminuire”[5].

Note

  1. 8 climate change records the world smashed in 2021, WEF
  2. What the war in Ukraine means for energy, climate and food, Nature 2022
  3. University of Notre Dame Global Adaptation Index, Country Index Technical Report, 2021
  4. How climate change is turning once green Madagascar into a desert, Euronews.green, 2022
  5. Climate change: More fossil fuel investment, just ‘delusional’, warns Guterres, United Nation, 2022

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