Le città italiane e gli attori della mobilità sostenibile stanno cercando nuovi modi per ripartire dopo il Covid-19. Il divario tra le città italiane e le metropoli europee rimane significativo, ma gli operatori sono pronti a contribuire al rilancio con soluzioni basate su modelli di business innovativi.
Mobilità intelligente, perché è una leva per città più sostenibili
Il terzo Rapporto del progetto OSMM
È il quadro che emerge dal terzo Rapporto del progetto OSMM (Optimal Sustainable Mobility Mix) “La svolta della mobilità. Business models e politiche pubbliche per accelerare la transizione verde” di Agici Finanza d’Impresa.
La presente edizione, in continuità con le precedenti, si pone due obiettivi. Il primo è di approfondire i modelli di business nella mobilità sostenibile, con lo scopo di identificare gli elementi di successo e le criticità – insieme con le possibili soluzioni – che caratterizzano i nuovi business emergenti.
Il secondo obiettivo è di aggiornare ed estendere l’Indice di Mobilità Sostenibile, così da poter valutare – a distanza di un anno – alcune tendenze in atto all’interno delle Città Metropolitane e allargare il perimetro a nuove città. Nello specifico, sono state aggiunte sette città capoluogo di provincia, portando così il campione analizzato a 21 città, ovvero quasi la metà della popolazione italiana.
Il presente Rapporto è quindi diviso in tre parti: la prima è dedicata allo studio dei modelli di business, la seconda all’Indice di Mobilità Sostenibile, la terza contiene una serie di proposte, fondate sulle evidenze emerse dalle analisi svolte, focalizzate su possibili strategie di business e scelte di policy.
I business model più innovativi per la mobilità sostenibile
Agici, grazie a un confronto puntuale con alcuni tra i principali attori del comparto, ha quindi analizzato 9 business model (BM) tra i più innovativi per la mobilità sostenibile. Da questi è emerso come i protagonisti del settore si stiano adattando rapidamente ai rapidi mutamenti della domanda legati alla crisi economica e pandemica, all’evoluzione del contesto competitivo, ma anche alla sfida della decarbonizzazione, con nuovi servizi, prodotti e parternship.
I BM analizzati sono i seguenti (tra parentesi è indicata l’azienda che ha attivato tale modello):
- Elettrificazione della flotta TPL (ATM);
- Infrastrutture di ricarica veloce per il TPL (Hitachi ABB Power Grids);
- Bus as a Service (Enel X);
- Infrastrutture di ricarica pubblica (CVA, Enel X, IREN);
- Conversione a idrogeno di tratte ferroviarie non elettrificate (FNM);
- Car Sharing (ShareNow);
- Integrazione tra ferrovia, TPL e sharing (RFI, FNM);
- Ticketing integrato (Hitachi);
- Sistemi di gestione digitale avanzata (Cisco).
Alla luce delle informazioni raccolte grazie alle interviste e articolate nei BM, è emerso con chiarezza che le aziende per creare valore nel contesto della mobilità sostenibile possono attivarsi su più fronti, sfruttando diverse leve. Queste sono la digitalizzazione, la conversione a nuovi fuel (elettrico e idrogeno) e l’intermodalità. I progetti sui nuovi fuel, ad esempio, sono orientati all’elettrificazione della flotta bus, alla ricarica veloce del TPL, ma anche allo sviluppo di treni ad idrogeno. Attraverso il digitale si mira a sviluppare servizi di ticketing integrato e sistemi di gestione avanzata delle infrastrutture. Per l’intermodalità, invece, i grandi operatori infrastrutturali ferroviari mirano a trasformare le stazioni in veri e propri hub della mobilità condivisa.
Le tendenze evolutive
Dall’integrazione di due o più di queste leve è stato possibile isolare 4 trend evolutivi:
- Digitalizzazione dei nuovi fuel: introdurre sistemi per incrementare la fruibilità e l’accessibilità delle infrastrutture a sostegno della decarbonizzazione e aumentarne anche l’efficienza. Ad esempio, attraverso l’introduzione di sistemi interoperabili per la gestione delle ricariche elettriche.
- Decarbonizzazione dei servizi intermodali: convertire servizi di mobilità a nuovi fuel o realizzare nuovi servizi direttamente decarbonizzati. Un esempio in questo senso è l’attività delle Utilities che, oltre a gestire un’ampia rete di colonnine, estendono l’offerta a diversi mezzi di micromobilità: bici elettriche, monopattini e scooter in sharing.
- Digitalizzazione dei servizi di intermodalità: integrare aspetti digitali e servizi intermodali. Ad esempio, gli operatori di servizi condivisi possono sfruttare i servizi di connettività e intelligenza distribuita di fornitori di tecnologie come Cisco e Hitachi ottimizzando le proprie operazioni, rendendole maggiormente resilienti a costi contenuti.
- MAAS Sostenibile: dall’integrazione delle tre leve emerge il paradigma MaaS sostenibile, che può essere considerato l’obiettivo di un sistema di mobilità evoluto. Questo armonizza e massimizza l’efficacia delle tre leve realizzando un sistema di mobilità integrata a tutti i livelli, sia digitale che infrastrutturale, e basata su mezzi e infrastrutture sostenibili.
Per sfruttare al meglio i trend individuati, occorre che ci sia il giusto supporto delle istituzioni pubbliche. Innanzitutto, è fondamentale istituire una governance centrale a livello metropolitano o regionale, coordinata da un mobility manager d’area e partecipata da istituzioni pubbliche e operatori privati. Questo potrebbe essere sostenuto da una revisione del contratto di servizio in un’ottica di qualità del servizio. È necessario, inoltre, che le politiche e le attività riguardanti la mobilità sostenibile siano allineate a tutti i livelli decisionali anche al fine di standardizzare il lato tecnologico e digitale, introducendo, ad esempio, protocolli IT aperti e interoperabili ad alto livello.
Il gap italiano sulla mobilità sostenibile
In tal senso, infatti, il contesto in cui si trovano ad operare gli attori della mobilità sostenibile è tutto fuorché roseo. L’Indice di Mobilità Sostenibile (IMS) mostra un quadro di arretratezza delle città italiane rispetto alle sorelle europee. Sono 21 le città italiane analizzate, che rappresentano quasi la metà della popolazione italiana (28 mln di persone). Milano, Firenze e Bologna risultano, nell’ordine, le tre migliori. La prima ha un tasso di motorizzazione di 561 auto per mille abitanti, Firenze di 528, Bologna di 614. La prima ha un tasso di motorizzazione di 561 auto per mille abitanti, Firenze di 528, Bologna di 614. Ma la media europea è 513, Parigi ne ha 570, Londra 488. Nelle tre città italiane la quota di spostamenti urbani in auto va dal 51% (Milano) al 58% (Bologna), la media europea è del 33%, Londra sta al 37% e Parigi al 25%. A queste cifre corrisponde un andamento opposto negli spostamenti con il trasporto pubblico locale (TPL). Milano è a quota 21%, Firenze e Bologna all’11%, mentre la media europea è del 30%, Londra è al 35% e Parigi al 25%.
Il divario nord-sud
Dall’analisi contenuta nel Rapporto OSMM emergono infatti vari problemi. Uno dei più importanti è la forte differenza Nord-Sud. Nel ranking complessivo formulato dall’Indice di mobilità sostenibile, le ultime posizioni sono tutte occupate da città meridionali, e anche nelle sette classifiche relative alle macro aree tematiche (trasporto privato, trasporto pubblico, mobilità dolce, sharing, integrazione e accessibilità, salute e sicurezza, logistica last-mile) primeggiano quasi esclusivamente le città del Nord.
Le tendenze positive
Ma sono emerse anche alcune tendenze positive. Ad esempio, lo svecchiamento del parco auto: la percentuale di auto di classe inferiore a Euro 4 è passata dal 66% al 60%, mentre i veicoli ecologici sono cresciuti dal 17% al 22%. Ma all’ammodernamento del parco circolante si accompagna un suo incremento numerico: il tasso di motorizzazione è cresciuto da 604 a 618. Sono positive la leggera crescita della domanda di TPL (da 224 a 228 viaggi per abitante) e il modesto incremento di piste ciclabili: nel complesso nelle 14 Città Metropolitane l’estensione media della rete è passata da 65 km a 68 km. L’estensione delle aree pedonali al contrario si è leggermente ridotta.
La grande novità dell’ultimo anno è sicuramente il boom dei monopattini in sharing passati da fenomeno di nicchia a realtà affermata: a dicembre 2019 erano presenti in sole 4 città italiane per un totale di 4.900 mezzi, a settembre 2020 in ben 18 città per un totale di oltre 27.000 mezzi.
Qualche segnale importante anche sul fronte salute e sicurezza. Le Città Metropolitane mostrano un miglioramento in tutti e 3 gli inquinanti considerati: la concentrazione di NO2 e PM10 fa registrare un -3%, il PM2,5 un -7%. Ma il fatto che nelle prime 9 posizioni, in questo settore, troviamo 8 città di mare – Genova, Reggio Calabria, Cagliari, Trieste, Napoli, Salerno, Messina e Palermo – ci dice che per ora la brezza marina conta più delle scelte urbanistiche.
La congestione dovuta al traffico si era ridotta nel 2020 per le restrizioni agli spostamenti, letteralmente crollati nei periodi dei lockdown più severi. Ma con la riapertura delle attività si è assistito a una nuova esplosione del traffico: mentre gli spostamenti pedonali e in auto sono ritornati rapidamente ai livelli pre-covid, il trasporto pubblico è stata la modalità colpita più duramente dalla pandemia. Solo a partire da giugno 2021 si inizia a osservare un ritorno consistente all’impiego del mezzo pubblico.
Tuttavia, si prevede che il livello di passeggeri trasportati non ritornerà ai livelli pre-pandemia per diversi anni. Con conseguenze negative sulla vivibilità delle città, le emissioni e quindi la qualità dell’aria e della vita.
Le politiche che servono per la svolta
Come uscire da questa situazione? Le scadenze degli obiettivi comunitari (2030), diventati vincolanti nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), si avvicinano e richiedono un drastico taglio a consumi ed emissioni nel settore dei trasporti, a sua volta non raggiungibile senza un cambiamento radicale del comparto.
Per raggiungere questi obiettivi serviranno politiche coraggiose, che riescano a rimuovere la centralità dell’auto fornendo alternative credibili basate sui servizi di mobilità tradizionali (trasporto pubblico) e innovativi che si stanno sviluppando sull’onda della digitalizzazione.
In tal senso, anche quest’anno, sono state selezionate alcune politiche e misure che possono contribuire a facilitare la transizione verso una mobilità più sostenibile, integrata e intelligente, il Manifesto OSMM:
- Costruire modelli di business a piattaforma, attraverso tecnologie digitali, per favorire l’incontro tra domanda e offerta, anche attraverso nuove forme di partnership con gli altri attori del mercato.
- Convertire l’offerta da una logica di prodotto a una di servizio e adottare un approccio consulenziale verso il settore pubblico.
- Per competere in un contesto in continuo mutamento, gli operatori, privati e pubblici, dovranno dotarsi di solide competenze in diversi ambiti, in particolare quello digitale
- Estensione delle reti per il trasporto rapido di massa, così da potenziare la capacità del TPL
- Infrastrutture per il rifornimento e ricarica di veicoli privati e pubblici alimentati con fuel sostenibili
- Incremento degli spazi dedicati alla mobilità attiva, attraverso la crescita di piste ciclabili e aree pedonali, e all’intermodalità
- Definire ruoli e responsabilità per il governo della mobilità sostenibile, così da allineare gli sforzi di tutti i livelli istituzionali: governo e ministeri, regioni, amministrazioni locali.
- Rivedere i contratti di servizio nell’ottica di favorire un approccio più sistemico e flessibile per soddisfare le reali esigenze di mobilità della popolazione.
- Rimodulare gli incentivi per l’acquisto di veicoli a basse emissioni, dedicando la maggioranza delle risorse ai veicoli a zero emissioni.
- Attuare strategie di limitazione e disincentivo dell’impiego dell’auto privata, come l’introduzione di misure di road pricing e l’aumento del costo della sosta.
- Regolare i flussi legati alla logistica last-mile, per spostare gli orari delle consegne al di fuori delle ore di punta del traffico passeggeri
- Modificare gli orari delle attività cittadine e permettere maggiore flessibilità, così da decongestionare i mezzi pubblici e il traffico nelle ore di punta.