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Mobilità sostenibile, scatta il countdown: abbiamo tempo (solo) fino al 2030

Approccio partecipativo, integrato e sostenibile. Su queste tre direttrici sarebbe opportuno ragionare per procedere alla ridefinizione di una roadmap atta al miglioramento della mobilità nei nostri territori. Il termine per mettere a sistema nuove strategie è il 2030. Ecco come

Pubblicato il 16 Mar 2018

Carlo Maria Medaglia

ProRettore alla Ricerca della Link Campus University

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Smog, traffico, emergenze climatiche. Le nostre città vivono giorni di caos e allerta costante. In un contesto in cui la fiducia nelle istituzioni, nei mercati e più in generale nel futuro sembra subire una battuta d’arresto è necessario che si intervenga. Del resto, non possiamo permettere che la qualità della vita dei nostri figli risenta dell’inerzia e della mala gestione di chi deve prendere decisioni.

La posta in gioco è alta, la sfida allettante e i tempi sono maturi. Si fa urgente un cambio di mentalità in primis e una visione della questione congiunta che agisca nell’immediato ma che sia anche di prospettiva.

La mobilità intelligente e sostenibile è un indice di sviluppo di un Paese; una direttrice inserita nei Sustainable Development Goals, le linee guida di indirizzo che perimetrano lo scenario politico ed economico nei prossimi anni. E’ da qualche giorno sul sito del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare la Bozza 2.0 della “Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile”, un documento che in circa 110 pagine corredate da otto allegati punta a mobilitare le energie di tutto il Paese nell’attuazione dell’Agenda 2030, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel dicembre 2015. La proposta verrà presentata martedì prossimo, 21 marzo, presso l’Auditorium di Roma nel corso di un incontro con rappresentanti della società civile, della ricerca, dell’economia e delle istituzioni (è necessario iscriversi qui).

Nel 2015 150 leader internazionali si erano incontrati alle Nazioni Unite per dare il loro contributo allo sviluppo globale, promuovendo il benessere umano e impegnandosi per proteggere l’ambiente. La sostenibilità dei nostri territori è uno dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS/SDGs, Sustainable Development Goals). Mi preme soffermarmi sull’obiettivo numero 11: “Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, flessibili e sostenibili”. L’urbanizzazione globale è un fenomeno inarrestabile, le previsioni parlano di un incremento della popolazione pari al 70% entro il 2050, tra poco più di 30 anni. Pur occupando solo il 3% della superficie terrestre le nostre città provvedono a consumare ¾ delle risorse globali oltre ad una percentuale vicina all’80% delle emissioni dell’intero pianeta. L’obiettivo 11 mira quindi a ridurre gli effetti negativi dell’impatto ambientale delle città, in particolare in termini di qualità dell’aria e gestione dei rifiuti. Essa richiede forme più inclusive e sostenibili di urbanizzazione, basate in particolare su un approccio partecipativo, integrato e sostenibile alla pianificazione urbana.

Approccio partecipativo, integrato e sostenibile

Su queste tre direttrici sarebbe opportuno ragionare per procedere alla ridefinizione di una roadmap atta al miglioramento della mobilità nei nostri territori. Il termine per mettere a sistema nuove strategie è il 2030. Entro questa data infatti sarebbe auspicabile fornire l’accesso ai sistemi di trasporto sicuri, accessibili, e sostenibili per tutti, (obiettivo 11.2); migliorare l’urbanizzazione e la capacità inclusiva e sostenibile per una pianificazione e gestione partecipative, integrate e sostenibili dell’ insediamento umano in tutti i paesi (11.3); ridurre il negativo impatto ambientale pro capite nelle città, con particolare attenzione alla qualità dell’aria e gestione dei rifiuti urbani e di altro tipo (11.6)

Se il percorso dettato dai leader mondiali è già delineato, noi in Italia partiamo come fanalino di coda sotto diversi aspetti. I dati italiani su qualità dell’aria, emissioni nocive e alternativa ai carburanti fossili non sono incoraggianti. Torino, Milano e Napoli occupano il podio della classifica delle città più inquinate d’Europa secondo il dossier annuale di Legambiente Mal D’aria 2018. È noto come in Italia si vendano più auto diesel (56% del venduto tra gennaio e ottobre 2017 contro una media europea del 45%), quanto il nostro parco auto e i mezzi per il trasporto su gomma siano tra i più vecchi d’Europa (quasi 20 anni di età media). L’ultima procedura d’infrazione per cui l’Italia è stata convocata in Commissione europea riguarda gli alti livelli di NOx, di cui i motori diesel sono i principali emettitori, oltre 60mila le morti provocate dall’inquinamento atmosferico all’anno secondo i dati pubblicati a fine 2017 dall’Agenzia Ambientale Europea.

Registriamo ripetuti sforamenti dei livelli massimi consentiti di PM10. Dello smog nella Pianura Padana ne abbiamo sentito parlare tutti, vedendolo anche addirittura dallo spazio. Purtroppo, la questione inquinamento non è circoscritta in un’unica area geografica del nostro Paese.

Quali soluzioni per una mobilità sostenibile

Quali soluzioni quindi? Lo sviluppo della mobilità elettrica ad esempio, valida alternativa alla mobilità tradizionale, in Italia non è ancora al passo con gli altri paesi europei. In Europa sono Olanda e Norvegia i paesi più virtuosi, una vettura elettrica su quattro è venduta in Olanda, segue la Norvegia, che rappresenta da sola circa il 18 per cento del mercato (che complessivamente conta 150mila veicoli). Francia, Regno Unito e Germania fanno, rispettivamente, il 12, il 14 e il 12 cento. Il mercato delle elettriche in Italia vale l’1 per cento del mercato europeo. Se guardiamo allo scenario del mercato mondiale è la Cina a detenere il primato con 225 mila auto elettriche vendute nei primi 3 trimestri 2016 e una crescita quasi del 120% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Negli Stati Uniti sono quasi 110.000 le unità vendute. Lo sviluppo dell’infrastruttura di ricarica in Italia è governato dal PNIRE (Piano Nazionale Infrastrutturale per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica), del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT). Tra due anni (2020) saranno installati tra i 4.500-13.000 punti di ricarica (con una potenza pari o inferiore a 22 kW) e 2mila-6mila “high power” (superiore a 22 kW), la copertura finanziaria al momento è di 33,5 milioni di euro.

Eppure, la tecnologia e il digitale oggi hanno tutto ciò che è necessario per agire come fattori abilitanti di quel processo di cambiamento dei modelli strutturali indispensabile per uno sviluppo più sostenibile e intelligente.

È tempo di adoperarsi per trovare soluzioni efficaci e risolutive, soluzioni che agiscano nell’immediato ma pensate in prospettiva. Ritroviamo la fiducia anche nell’ingegno italiano che quando dà il meglio di sé non ha uguali.

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