Nell’attuale scenario, la sostenibilità ambientale e la trasparenza della supply chain sono diventati temi cruciali per i player del settore fashion, i quali si trovano a dover gestire nuove pressioni e sfide legislative.
L’impatto delle normative UE sulla sostenibilità nel settore fashion
Nell’UE, la regolamentazione dell’impatto ambientale dei prodotti (PEF – acronimo di Product Environmental Footprint) entrerà in vigore nel 2025, imponendo alle aziende degli Stati membri di fornire ai consumatori informazioni dettagliate sull’impatto di ciascun prodotto.
Nello specifico, quando si parla di PEF si intende una metodologia di valutazione del ciclo di vita di un bene o anche di un servizio, considerando l’impatto ambientale di questo in tutte le fasi della filiera, dalla progettazione, all’approvvigionamento, fino allo smaltimento. Dunque, l’approccio va a disegnare un percorso comune indispensabile per effettuare valutazioni su beni e servizi aziendali.
Tali normative stanno modificando completamente le regole del gioco, rendendo la sostenibilità un vantaggio competitivo per le aziende della moda. Infatti, quanto più velocemente i brand si adegueranno a queste leggi e adotteranno pratiche più ecocompatibili e trasparenti, tanto più saranno preparati per il 2025, per bilanciare sostenibilità e profittabilità prima degli altri competitor.
Coloro che non riusciranno a tenere il passo in questo flusso di trasformazione potrebbero trovarsi ad affrontare ripercussioni legali e, al tempo stesso, perdere la fiducia dei propri clienti. Mentre i governi e gli enti regolatori impongono sempre maggiori normative e a un ritmo accelerato, i brand fashion paiono lenti a rispondere, a causa dei numerosi ostacoli da affrontare.
Uno dei principali è quello di comprendere come poter misurare e valutare la sostenibilità. In questo contesto entra in gioco l’Open Innovation, che permette di costruire relazioni più profonde con clienti e partner, dà la possibilità di comprendere meglio le complessità e crea ipotesi di soluzioni.
Open Innovation: il potere dell’intelligenza collettiva nell’innovazione
L’Open Innovation è un concetto diffuso all’inizio degli anni 2000 e si riferisce all’approccio aziendale non tradizionale di crowdsourcing di idee e conoscenze, che giungono da più stakeholder interessati, per la progettazione e lo sviluppo del prodotto collettivi. Tale metodo presenta numerosi vantaggi per le aziende di moda: permette di sviluppare una prospettiva olistica collettando opinioni da un’ampia varietà di professionisti ed esperti, per creare prodotti rilevanti attraverso il feedback diretto dei clienti, condividere conoscenze e diventare di conseguenza più competitivi.
Lo stato dell’arte dell’Open Innovation in Italia
Considerando che si tratta dell’attivazione di un alto livello di collaborazione, è importante capire nell’attuale scenario quale sia lo stato dell’arte nel Bel Paese in merito. In base al report realizzato da Sopra Steria con Ipsos e in collaborazione con l’Insead Business School emerge che le imprese lungo lo Stivale hanno registrato il più alto livello di progetti di collaborazione con le startup in tutta Europa (80,4%).
Se una volta era un fenomeno di nicchia, ora l’Open Innovation sta diventando sempre più parte della quotidianità. Tra le motivazioni del crescente interesse e consolidamento ci sono la maggiore consapevolezza dei modelli, una crescita generale della domanda di innovazione e un irrobustimento delle competenze sui tool tecnologici dovuta soprattutto alla normalizzazione del remote working.
I vantaggi dell’Open Innovation nel settore moda
L’obiettivo di un modello basato sull’Open Innovation è dunque quello di costruire relazioni più profonde con clienti e partner, comprendendo meglio i loro punti critici e creando insieme scenari “what-if” per risolvere insieme le sfide future.
La necessità di supportare i player del settore a identificare le best practice per rintracciare i propri fornitori e sviluppare pratiche di produzione sostenibili si fa sempre più urgente, ma non è l’unico punto chiave. Sebbene la tracciabilità della supply chain sia una parte vitale, la disponibilità e la gestione dei dati sono temi altrettanto centrali. Senza un quadro di dati standard fornito da governi e organismi di regolamentazione, le aziende stanno sviluppando diversi modelli in base alle differenti strutture già esistenti nelle loro tecnologie.
Le sfide della gestione dei dati per la sostenibilità
Finora sul mercato non sono state sviluppate molte soluzioni specifiche per la raccolta, l’archiviazione e l’analisi dei dati circa la sostenibilità. Dunque, le aziende che operano nel settore moda hanno finora dovuto ricorrere all’utilizzo di sistemi legacy come PLM, PIM, ERP, SCM e Microsoft Excel per recuperare i dati di prodotto richiesti e ordinarli secondo criteri di sostenibilità. Si tratta di processi lunghi e complessi, che richiedono un significativo investimento di tempo.
In tale contesto, è importante riunire clienti, importanti player del mondo del lusso, operatori dell’ambito fast fashion, accademici, esperti e consulenti interni ed esterni al fine di tessere una conversazione proficua sulla sostenibilità, attraverso sessioni di think tank, brainstorming, condivisione di case study e best practice.
La soluzione del ‘rebus’ della sostenibilità: un lavoro di squadra
Tra le proposte ad oggi emerse, quella di sviluppare insieme alle aziende un modello di dati standard, per raccogliere le informazioni di prodotto di un indumento simile da diversi player ed eseguire un test pilota su software. Si tratta di un lavoro in progress continuo, che porterà in futuro a più sessioni di gruppi di lavoro dove i partecipanti potranno valutare ripetutamente i risultati del test al fine di raggiungere i propri obiettivi. In quest’ottica, il think tank risulta essere uno strumento strategico, in quanto tutti i partecipanti – clienti, partner, grandi menti del mondo della moda – lavorano sinergicamente per fronteggiare una comune difficoltà. Ciò consente a tutti gli attori coinvolti di condividere e discutere apertamente le proprie sfide, generare idee e trovare soluzioni in tempi brevi per risolvere il “rebus” della sostenibilità, passaggio dopo passaggio.
In tale contesto, risultano strategici anche progetti come il Monitor for Circular Fashion (iniziativa congiunta del Sustainability Lab di SDA Bocconi ed Enel X, di cui anche Lectra è parte), che coinvolge i protagonisti del sistema fashion e i principali attori della filiera per promuovere e condividere le buone pratiche di moda circolare, contribuendo alla transizione verso modelli di business sostenibili.